Titolo originale Cry Macho.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 104 min.
- USA 2021.
- Warner Bros Italia
uscita giovedì 2dicembre 2021.
MYMONETROCry Macho - Ritorno a casa
valutazione media:
3,19
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Può mai un novantenne domare cavalli selvaggi cavalcandoli, accendere di desiderio giovani procaci, far innamorare a prima vista piacenti vedove, trasformare in pochi giorni la personalità di un ragazzo cresciuto per strada in quella prossima ad un giovane educato nei migliori college? E può un muscoloso guardaspalle farsi intimorire e chiedere aiuto dopo aver ricevuto un pugno dal novantenne, perdere la pistola (!!) per l'attacco di un gallo e farsi beffare a più riprese in una caccia all'uomo tra le più sconclusionate della storia del Cinema? La verità è che in tutto c'è un limite, che è dato semplicemente dalla natura delle cose, e quando quel limite viene ripetutamente superato, la storia si tramuta in favola.
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Può mai un novantenne domare cavalli selvaggi cavalcandoli, accendere di desiderio giovani procaci, far innamorare a prima vista piacenti vedove, trasformare in pochi giorni la personalità di un ragazzo cresciuto per strada in quella prossima ad un giovane educato nei migliori college? E può un muscoloso guardaspalle farsi intimorire e chiedere aiuto dopo aver ricevuto un pugno dal novantenne, perdere la pistola (!!) per l'attacco di un gallo e farsi beffare a più riprese in una caccia all'uomo tra le più sconclusionate della storia del Cinema? La verità è che in tutto c'è un limite, che è dato semplicemente dalla natura delle cose, e quando quel limite viene ripetutamente superato, la storia si tramuta in favola. Fin qui nulla di male, le favole hanno la loro suprema dignità, ma devono sapersi riconoscere come tali. "Cry Macho" invece fa il grande errore di prendersi sul serio, di narrare una vicenda umana che, nel ricercare una sua credibilità, accumula nel suo sviluppo più buchi di uno scolapasta. Il grande Clint confeziona in realtà un senescente monumento a se stesso, del tutto privo di ironia e consapevolezza, e se in "Gran Torino" il rapporto tra il vecchio e il giovane assumeva tratti talmente veri e profondi da rasentare la poesia, questa volta la narrazione sconfina del ridicolo involontario. A peggiorare la situazione contribuisce la presenza di tutti gli stereotipi: i messicani sempliciotti, gli anziani saggi che sanno sempre dire la parola giusta, la madre ricca e indifferente al figlio ovviamente dedita al sesso con chi capita. Insomma, anche i migliori possono sbagliare, l'importante è comprendere l'errore e non ripeterlo più: "Cry Macho" rimane quindi un neo e, siccome le storie personali sono più belle quando finiscono bene, questo non deve essere il canto del cigno del grande Clint.
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In Cry Macho, si racconta un' intensa vita in meno di due ore grazie alla maestria di Clint E. Incomprensibile che questo lavoro venga ignorato dall'establishment cinematografico a favore di film meno degni di nota, ma che cavalcano lo stupidario comune.
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In Cry Macho, si racconta un' intensa vita in meno di due ore grazie alla maestria di Clint E. Incomprensibile che questo lavoro venga ignorato dall'establishment cinematografico a favore di film meno degni di nota, ma che cavalcano lo stupidario comune... e se ne potrebbero elencare molti. Questo film, ambientato negli anni settanta, invece risulta molto piacevole e all' apparenza romantico ma tocca profondamente alcune verità che solo un saggio veterano come Eastwood, con all' attivo quasi un secolo di vita può trasmettere. Seguiamo invece con trepidazione Mike il protagonista, questo anziano ex cow boy da rodeo dall'apparenza fisica fragile, che ha visto i sogni di gloria e il suo cuore spezzarsi in gioventù, e per il resto della vita dover subire un umiliante ruolo in subordine rispetto a uomini meno valorosi ma più scaltri e pragmatici di lui. Occasione tardiva di riscatto sarà un viaggio a cui lo costringe il ricco proprietario del ranch, suo datore di lavoro, allo scopo di risolvergli un problema familiare, cioè ripescargli il figlio meticcio, abbandonato alla madre ritornata in Messico. Così il protagonista si ritrova all'estero proiettato in un mondo fatto di violenza, corruzione e soprusi, dal quale deve districarsi per allontanarsi con un ragazzino ormai cresciuto in stato di semiabbandono, per ridargli una diversa prospettiva di vita. I messicani chiamano " Gringo " tutti i bianchi americani, dunque per il vecchio significa andare al di là dei luoghi comuni delle due culture, americana e messicana, che costituiscono la diversità e fanno nascere atteggiamenti razzisti anche al contrario. È un tema delicato che l'autore ha già toccato nella sua lunga filmografia e che anche qui affronta in modo diretto e senza pregiudizi. Il Gringo porta con sé un mito che il ragazzo gli punta addosso. Ma cosa fa di un uomo un vero uomo?! Non è il colore della pelle o un abito a disegnarlo ma qualcos'altro che nascerà tra i due compagni di viaggio, che da distanze abissali, di esperienza, di estrazione e d'età, troveranno il modo di conoscersi profondamente arrivando ben oltre il rispetto. Il ritorno a casa - sotteso nel titolo - sottoporrà entrambi ad un bivio.Nello scambio reciproco che avviene tra i due paradossali compagni, c'è un luogo sul percorso dove sono costretti a fermarsi e fare i conti con se stessi e il proprio passato; è un paese come sospeso nel tempo e nello spazio, che gli consente di sciogliere dei nodi emotivi anche attraverso il contatto con la gente del posto, che li fa aprire ad un sentimento di generosità e dolcezza, dove ritrovano entrambi la propria umanità e senso di equilibrio interiore.Il vecchio finalmente ricollocato e apprezzato per la sua preziosa esperienza.Il giovane determinato ad essere se stesso senza eccessi e condizionamenti.Sullo sfondo si sono ben tracciate le passioni e pulsioni di una guerra tra i sessi rappresentata dai rapporti dei due genitori.A questa guerra né il giovane né l'anziano vogliono appartenere.La donna avida e fatale seduttrice e l' uomo accumulatore di beni materiali, sono in guerra anche per il possesso del figlio e le loro armi sono volte solo a schiacciare l'altro. A queste mostruosità il vecchio Clint dice no.Troppo ci si è invischiati ed è tempo di trarre l'attimo dorato da vivere per il resto dei giorni.Ormai piangi Macho!
ADRIANO [-]
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Siamo negli anni ‘80. Non fa molte cose, ormai, Mike Milo (Clint Eastwood), al crepuscolo della sua vita. Passati i tempi dei rodei, nei quali era una leggenda; dopo 5 vittorie nell’All-American, c’è stata una brutta caduta sotto il peso di un cavallo selvaggio. Ancora la sua gamba non ne vuole sapere di riprendersi e forse ha ragione lei: tanto cosa deve fare Mike, uomo solitario, che vive solo ai confini con il Messico? Eh no. C’è da fare: il suo amico e capo, Howard (Dwigt Yoakam), proprietario del ranch nel quale “lavora”, gli dice che deve recarsi in Messico per andare a prendere il figlio tredicenne, Rafael (Eduardo Minett), che vive con la vulcanica madre.
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Siamo negli anni ‘80. Non fa molte cose, ormai, Mike Milo (Clint Eastwood), al crepuscolo della sua vita. Passati i tempi dei rodei, nei quali era una leggenda; dopo 5 vittorie nell’All-American, c’è stata una brutta caduta sotto il peso di un cavallo selvaggio. Ancora la sua gamba non ne vuole sapere di riprendersi e forse ha ragione lei: tanto cosa deve fare Mike, uomo solitario, che vive solo ai confini con il Messico? Eh no. C’è da fare: il suo amico e capo, Howard (Dwigt Yoakam), proprietario del ranch nel quale “lavora”, gli dice che deve recarsi in Messico per andare a prendere il figlio tredicenne, Rafael (Eduardo Minett), che vive con la vulcanica madre. L’adolescente, in effetti, è abbandonato a se stesso: è sempre in giro a fare danno con il suo gallo da combattimento, che ha chiamato Macho, perché non è enorme, ma – sostiene - è fortissimo. Appena arriva la polizia se la fila, perché i combattimenti ormai sono vietati. Ma per i due non è semplice uscire dal Messico, se l’auto li abbandona perché è una carretta e li cercano per riportare indietro il ragazzo. I due pernottano anche in una minuscola chiesa in attesa di trovare un’auto abbandonata, un’altra carretta. Per fortuna c’è Marta (Natalia Traven) che gestisce una locanda; Mike le ripara il juke-box e lei lo inserisce nelle attività produttive del paesino di frontiera: il cowboy doma i cavalli selvaggi e cura gli animali feriti con la sapienza di un veterinario senza laurea … Un po’ on the road, un po’ come ti erudisco il pupo. E Clint erudisce Rafael, ma istruisce anche gli spettatori. Il suo Mike Milo sa farsi rispettare, quando serve. Ma il Macho - dice - è un falso eroe, sopravalutato, perché quando sei giovane credi di avere tutte le risposte alle domande, ma quando invecchi capisci che non ne hai nessuna. E più vai avanti nella vita, più devi operare delle scelte. E Clint non ha più solo due espressioni quando recita (col cappello e senza cappello, così sosteneva ingenerosamente Sergio Leone), tira fuori anche qualche sorriso (!): alla sua età non ha più niente da dimostrare, oltre a quello che ha già raccontato. Non è più – se pure lo è stato – l’ispettore Callaghan, dopo i capolavori che come regista ha snocciolato negli ultimi 35 anni; questo ultimo film che serve per smontare un personaggio duro e imbattibile non è un capolavoro, perché questo ragazzo 91enne deve riprendere fiato. Gli va concesso, magari ci tira fuori un’altra bella storia. Valutazione *** FabioFeli
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1979. Mike Milo è una vecchia stella del rodeo con un passato pieno di lati oscuri. Raggiunta forzatamente la pensione, causa il licenziamento dal ranch dove lavorava, Mike riceve la visita del suo ex capo e amico Howard il quale gli domanda di recarsi in Messico per entrare in contatto con Rafo, il figlio tredicenne che non vede da molti anni, e che vorrebbe che Mike portasse al suo ranch. In debito con Howard per avergli dato una mano quando la sua vita stava andando allo sbando, Mike parte alla volta del Messico.
Quarantesima pellicola di un Eastwood che valicata la soglia dei 90 non vuole assolutamente appendere il cinturone al chiodo e si rimette alla guida sia di un’auto, capace di fargli divorare chilometri d’asfalto in direzione Messico, ma anche alla direzione di una pellicola che decreta il crepuscolo di un uomo e di uno stile di vita che se non tramandato alle nuove generazioni potrebbe facilmente perdersi: il mito del confine americano, il tutto mentre il paesaggio che si srotola davanti agli occhi stanchi di un ex stella del rodeo segnata da una vita e da quello che lui vi ha aggiunto, è il medesimo che si dipana di fronte allo sguardo speranzoso di un tredicenne con due genitori che probabilmente non lo meritano e che forse troppo sopravvaluta e identifica in Mike Milo il depositario di quel machismo cui da sempre anela.
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1979. Mike Milo è una vecchia stella del rodeo con un passato pieno di lati oscuri. Raggiunta forzatamente la pensione, causa il licenziamento dal ranch dove lavorava, Mike riceve la visita del suo ex capo e amico Howard il quale gli domanda di recarsi in Messico per entrare in contatto con Rafo, il figlio tredicenne che non vede da molti anni, e che vorrebbe che Mike portasse al suo ranch. In debito con Howard per avergli dato una mano quando la sua vita stava andando allo sbando, Mike parte alla volta del Messico.
Quarantesima pellicola di un Eastwood che valicata la soglia dei 90 non vuole assolutamente appendere il cinturone al chiodo e si rimette alla guida sia di un’auto, capace di fargli divorare chilometri d’asfalto in direzione Messico, ma anche alla direzione di una pellicola che decreta il crepuscolo di un uomo e di uno stile di vita che se non tramandato alle nuove generazioni potrebbe facilmente perdersi: il mito del confine americano, il tutto mentre il paesaggio che si srotola davanti agli occhi stanchi di un ex stella del rodeo segnata da una vita e da quello che lui vi ha aggiunto, è il medesimo che si dipana di fronte allo sguardo speranzoso di un tredicenne con due genitori che probabilmente non lo meritano e che forse troppo sopravvaluta e identifica in Mike Milo il depositario di quel machismo cui da sempre anela. Queste le chiavi di lettura di un romanzo che nei classici d’oltre oceano affonda le radici: dal mito della frontiera, al viaggio sia fisico che catartico, e che sulla metà degli anni ‘70 venne tradotto su carta da N. Richard Nash, coautore anche della sceneggiatura. Eastwood aggiunge a questa pellicola la solita profondità d’animo declinata con poche e semplici battute alle quali si aggiunge il quindicenne Eduardo Minett, giunto alla sua terza interpretazione. Film di certo meno efficace di altri diretti dall’ex ispettore Callaghan ma comunque dotato della medesima introspezione e deriva malinconica.
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Il tema principale (ormai a decorrere da Gran Torino, ma anche prima...Million Dollar Baby) e' il tentativo di emancipazione di (giovani "reclute"), in questo caso, come in Gran Torino, un ragazzino, che si innamora del fascino del "vecchio" Clint.
Naturalmente questa trama, che è la storia del film, è solo un pretesto per indagare la sua inarrestabile ricerca introspettica visione della società moderna, che accetta ma non condivide.
Gli Uomini veri ("humanitas") sono sempre più rari, quelli che non rincorrono le mode e si adattano ai luoghi comuni, come lui sempre ha cercato, non nelle finzioni sceniche, ma nella vita reale; già nel titolo c'è l'ossimoro dell'uomo che piange (solo nascondendosi), mai pubblicamente col rischio di perdere la mascolinità.
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Cry Macho-2021 Clint Eastwood.
Il tema principale (ormai a decorrere da Gran Torino, ma anche prima...Million Dollar Baby) e' il tentativo di emancipazione di (giovani "reclute"), in questo caso, come in Gran Torino, un ragazzino, che si innamora del fascino del "vecchio" Clint.
Naturalmente questa trama, che è la storia del film, è solo un pretesto per indagare la sua inarrestabile ricerca introspettica visione della società moderna, che accetta ma non condivide.
Gli Uomini veri ("humanitas") sono sempre più rari, quelli che non rincorrono le mode e si adattano ai luoghi comuni, come lui sempre ha cercato, non nelle finzioni sceniche, ma nella vita reale; già nel titolo c'è l'ossimoro dell'uomo che piange (solo nascondendosi), mai pubblicamente col rischio di perdere la mascolinità.
Clint non ha più l'età né la voglia di nascondersi, per "piangere" le sue lacrime "di coccodrillo" dei suoi tanti errori, ma lui non lo ha mai fatto.
Il "terreno" del suo ultimo film, non trascurato anche nella sua precedente fatica (The Mule) é quello di confine, Texas- Mexico, per riappropriarsi della natura, non certo in senso ambientalista-chic, oggi di gran moda, bensì pervaso dal bisogno di ridare un senso al West, selvaggio incontrastato e riordinare un caos senza freni. Che poi è esattamente il mestiere di Mike, domatore di cavalli selvaggi che in qualche modo sembra «parlare» agli animali. A tutti, tranne "ai vecchi"- per i quali non ha ancora rimedi (chiara la riflessione autocritica), diventando quasi un veterinario-sciamano agli occhi degli indigeni. Ma c'è anche il mito del «ritorno al ranch», mai abbandonato da Clint, che in questo caso simboleggia il meritato riposo dopo una vita vissuta al limite, nel momento in cui si decide di trovare la quiete, ormai troppo vecchio per continuare a essere "macho" dichiarato (meglio lasciare quel nome al Gallo da combattimento del ragazzino), ma ancora col suo arcinoto fascino di vero Uomo.
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[+] di "machi" non se ne può più di lia lenzetti (di lia lenzetti)[ - ] di "machi" non se ne può più di lia lenzetti
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Da un romanzo di N.Richard Nash e su sceneggiatura del fido Nick Schenk("Gran Torino", "The mule"),il nuovo film del 91enne Eastwood è una summa dei temi delle opere precedenti(il cowboy controtendenza e dalla parte dei deboli di "Il texano dagli occhi di gjiaccio" o ormai senescente ma ancora in missione come in "Gli spietati";il punto di vista dei reietti e delle vittime in "Coraggio...fatti ammazzare";il confronto tra vecchio e giovane da "Gran Torino" e il discorso multietnico da quest'ultimo e "Fino a prova contraria" o "Debito di sangue").Con premesse che sembrano un curioso richiamo(incruento e senza cupezza) a "Rambo:Last Blood".
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Da un romanzo di N.Richard Nash e su sceneggiatura del fido Nick Schenk("Gran Torino", "The mule"),il nuovo film del 91enne Eastwood è una summa dei temi delle opere precedenti(il cowboy controtendenza e dalla parte dei deboli di "Il texano dagli occhi di gjiaccio" o ormai senescente ma ancora in missione come in "Gli spietati";il punto di vista dei reietti e delle vittime in "Coraggio...fatti ammazzare";il confronto tra vecchio e giovane da "Gran Torino" e il discorso multietnico da quest'ultimo e "Fino a prova contraria" o "Debito di sangue").Con premesse che sembrano un curioso richiamo(incruento e senza cupezza) a "Rambo:Last Blood".Non tutto è azzeccato:il regista s'interroga sulla necessità di essere macho quando una volta giunti alla fine si realizza di "non avere nessuna risposta" e riflette sull'inelluttabilità della(propria )vecchiaia,ma finisce col prediligere altro,puntando su toni leggeri e scanzonati senza raggiungere quella profondità che lo ha sempre contraddistinto.La giovane spalla di turno Minett è poco azzeccata,quasi perennemente col broncio,e certe marpionate tipiche dell'Eastwood attore che a dispetto dell'età continua a scazzottarsi e ad essere concupito da donne procaci si fanno ridicole e fuori luogo.Ma tra le altre cose Eastwood ha sempre saputo rendere accettabile ciò che in altri contesti e con altri registi risulterebbe pessimo,forzature incluse come il gallo Macho(da cui il titolo)che sbroglia una brutta situazione.E ovviamente vince in partenza puntando sul proprio carisma:la brevissima sequenza in cui beve whisky al tramonto è la metafora perfetta del suo cinema e di se stesso.Il tramonto di una leggenda che vorremmo non avesse mai fine.Un film piacevolmente imperfetto e che forse non poteva essere diverso considerando che pur maestro immenso,a 91 anni uno comincia anche un pò a vacillare...
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