Un eroe

 Se vogliamo cercare una convergenza almeno nei messaggi e nei contenuti trasmessi con il cinema di tipo sociale in Occidente ed in Oriente, il film “Un eroe” dell’iraniano Ashgar Farhadi si presta ottimamente a questo fine .In uno scenario costruito su un episodio fortuito quanto poco probabile il regista porta alla luce in un crescendo di tensione,aspettative e colpi di scena, raccontati con garbo e schematicità scenica, i vizi endemici di una società corrotta ed ipocrita. Da contraltare rispetto a queste forme di finto perbenismo che rivela ,tra l’altro, la fragilità dei rapporti interpersonali che si basano su apparenze e convenienze di facciata, spicca con sempre maggior evidenza l’ossatura imprenscindibile su cui cominciare a costruire finalmente una società orientata al progresso ed al miglioramento dei canoni di convivenza civile. Un’ossatura che conta su due formidabili archetipi , diversamente declinabili quanto essenziali ed irrinunciabili: si chiamano amore e coscienza. Amore per la vita e per l’altro, sia esso figlio o fratello o futura moglie, coscienza come unico baluardo a compromessi e dinamiche di “mercato”, tanto più esecrabile quanto più condiziona e soffoca la libertà e la vita stessa delle persone. Un’accusa diretta e decisa che non concede assoluzione alcuna ai valori deleteri dell’ attaccamento al denaro che,se posto al disopra degli affetti e dei sentimenti , è in grado, con modi talvolta subdoli( un prestito per una impresa) , talvolta manifesti ( una cauzione per salvare un condannato a morte) di distruggere la vita. Ma, con il tocco finale da maestro, l’autore ci invia un messaggio nobile e profondo: siamo responsabili solo davanti alla nostra coscienza , che giace in fondo al nostro essere ma che ove chiamata a forza ad una scelta definitiva, emerge in tutta la sua decisiva incorruttibilità.