Villetta con ospiti |
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Un film di Ivano De Matteo.
Con Marco Giallini, Michela Cescon, Massimiliano Gallo, Erika Blanc.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 88 min.
- Italia 2020.
- Academy Two
uscita giovedì 30 gennaio 2020.
MYMONETRO
Villetta con ospiti
valutazione media:
2,45
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Se un estraneo sconvolge la vita familiare
di Roberto Nepoti La Repubblica
Sesta regia di Ivano De Matteo, Villetta con ospiti è un film difficile da definire. Intanto perché mescola (consapevolmente, ma troppo) i generi; poi perché istituisce una specie di par condicio tra pregi e difetti. La prima, lunga parte ci presenta i personaggi di quella che sembrerebbe una commedia, poi si rivelerà un dramma. Una ricca coppia di una cittadina del Nordest, l'ereditiera Diletta (Michela Cescon) e il suo infedele marito Giorgio (Marco Giallini), la nonna tirchia (un'ottima Erika Blanc), la figlia adolescente e arrabbiata Bea, la cameriera tuttofare Sonja. Intorno alla famiglia altoborghese, un microcosmo di figurine molto tipizzate, chiamate a rappresentare le diverse facce dell'autorità in una località di provincia: il poliziotto, il prete, il dottore, uno meno irreprensibile dell'altro. Lo scenario ricorda il Pietro Germi di Signore e signori, col suo mix di vizi privati e pubbliche virtù e l'analoga collocazione geografica. Qui il tono è da commedia; anche se si intravedono le tensioni della coppia, l'antagonismo di Bea, la prepotenza padrona della matriarca. Però De Matteo introduce nel film (come in altri suoi: La bella gente, La vita possibile) un elemento etnicamente estraneo: perché la cameriera Sonja è romena e suo figlio, Adrian, un adolescente indeciso tra l'onestà materna e pulsioni meno legali. A un certo punto Villetta con ospiti (e qui il titolo prende un senso ironico) ha una brusca svolta narrativa, dalla commedia al dramma: un po' come avveniva nel precedente I nostri ragazzi, però più repentina e introdotta da un colpo di scena. Qualcuno si insinua nella villa e Diletta, spaventata e obnubilata dagli ansiolitici, lo abbatte con un colpo di pistola. L' estraneo è un immigrato. Non era entrato in casa per rubare, ma per consolare la triste Bea. Da questo punto in poi tutto avviene all' interno dell'abitazione, dove convergono il prete, il dottore e il poliziotto, lanciandosi in una gara di cinismo in sinergia con i padroni di casa. È evidente che lo schema di home invasion è usato a contrario rispetto al cinema americano: non parteggiamo per i borghesi, che si autoassolvono e offrono soldi in risarcimento, ma ci rendiamo conto di come i personaggi della finzione rispecchino un atteggiamento diffuso, se non dominante, nel nostro presente. E che il film ci sta parlando, in fondo, dei famigerati "decreti sicurezza" e delle loro conseguenze. Però è a questo punto che si concentrano i difetti della sceneggiatura. La lunga, seconda parte, non confligge con la prima solo per la differenza di tono narrativo, ma assume un andamento stranamente monotono, insistito per scrupolo dimostrativo, dialogato come un pezzo di teatro e che, pur nell' esperta regia (vedi la scena dello sparo) e nell'ottima fotografia di Maurizio Calvesi, sottrae gradualmente interesse alla vicenda. Viene da chiedersi (sadicamente?) che cosa avrebbe potuto rendere un soggetto simile nelle mani di un Claude Chabrol.
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