I Care a Lot e mescola un po’ di crimine a un po’ di gangster ad un po’ di umorismo con sfacciataggine e noncuranza.
Il raro film in cui gli eventi prendono pieghe sufficientemente impreviste da lasciare nello spettatore una continua sete di più informazioni, più scene, più svolgimento e più minutaggio.
Al centro di tutto c’è Rosamund Pike seduta sulle sue stesse spalle, cioè sulla parte interpretata in Gone Girl, per cerca di arrivare un po’ più in là. È una donna in carriera, ben vestita e posata, falsa come ogni manager spietato e intelligente, ha lo sguardo di chi è pronto a tutto e il viso d’angelo per truffare chiunque.
Non è la storia di un boss mafioso che vuole riprendersi quello che è suo quella di I Care a Lot, ma di una truffatrice che non ha intenzione di farsi mettere sotto da nessuno, nemmeno da gente armata. Una donna manager che ha sudato per quel che ha ottenuto e adesso è pronta a tutto.
Risponde prima colpo su colpo legalmente, poi si passa all’azione. Perché c’è solo un certo quantitativo di “No” che un boss può ricevere prima di decidere di uscire allo scoperto e passare ai metodi forti. Qui ancora il film stupisce per coerenza e costanza.
Come la sua protagonista I Care a Lot non molla mai, tiene duro fino alla fine rendendo quasi impossibile allo spettatore prendere uno schieramento. Difficile stare con la protagonista, così bieca, bastarda e così pronta a truffare chi non può difendersi, ma del resto è quasi peggio stare con i mafiosi, arroganti, violenti e soprattutto più maldestri e meno scaltri di lei.
Il dettaglio eccezionale di questo film che punta tutto sulla recitazione della sua protagonista è che per tutto il tempo Rosamund Pike fuma una sigaretta elettronica, e proprio quello le dà un che di sbagliato e inquietante.
Non ci sono personaggi che incarnino dei valori in cui identificarsi, i migliori sono solo ingenui.
Tutti sono odiosi e quindi oscilliamo prendendo le parti di volta in volta di chi sembra più in difficoltà, è un mondo di predatori in cui vince chi morde più a lungo. Un dialogo anche troppo sbattuto in faccia lo dirà chiaramente, che questa protagonista lasciva e altera, così determinata e spaventosa è il prodotto perfetto dell’etica americana, è il sogno americano fatto persona. Farsi strada da sé con un’idea imprenditoriale forte schiacciando la concorrenza. Lavorare, lavorare, lavorare e ingrandirsi, sempre di più, come metodo per arrivare al successo.
È facile vedere in questi personaggi la rappresentazione di una cupidigia senza fine e di un desiderio di potere che prende strade incredibilmente legali. Rosamund Pike è brava nello spostarsi sul confine dell’insopportabile e dell’inquietante, arrabbiata con la mafia perché gioca sporco portando pistole, invece di battersi con lei nelle aule di tribunale come fanno i truffatori e criminali civili. Non sfuggirà a nessuno poi il fatto che la società intorno a lei la osanni come una grande donna manager, un esempio di come in America si possa sempre realizzare i propri sogni e sia giusto non fermarsi davanti a nulla.
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