Ora che l’ho visto capisco perché ha diviso così tanto, sia tra il pubblico che tra i critici. ‘Hammamet’ non è un film biografico, non è storico, né di cronaca e neanche fiction, ma è anche un po’ di tutte queste cose insieme. Ovviamente chi si aspettava solo o l’una o l’altra cosa può esser rimasto deluso, io personalmente sapevo un po’ di questa modalità bridge, sapevo di grandi elogi e di grandi bronci, quindi con tutte le riserve del caso mi sono imbattuto nella visione scegliendo di assistere alla storia così come si presentava, senza confrontarla con la realtà dei fatti e senza però neanche dimenticarli del tutto. Il risultato è una storia liberamente ispirata agli ultimi mesi di vita di Bettino Craxi (ex presidente del Partito Socialista Italiano) con i nomi dei personaggi tutti cambiati rispetto alla realtà, con un personaggio che nella realtà non è mai esistito (Fausto), con storie e testimonianze che attingono dalla vicenda vera ma che poi fantasticano secondo la volontà del regista. Questa era la nota incerta, quella che ancora non ho né promosso né bocciato, semplicemente l’ho accettata, come licenza poetica di Gianni Amelio (il regista) e della sua lettura dell’ultimo Craxi. La nota dolente è il ruolo di Luca Filippi, non tanto perché Fausto sia un personaggio (e parte di una trama) di fantasia, ma perché non è stato minimamente in grado di reggere quel ruolo. La sua malattia mentale ed i suoi traumi passati non giustificano una mono espressione per tutto il film, non giustificano la non capacità di cambiare intonazione a prescindere dal discorso. La nota non positiva, ma eccezionale, è Pierfrancesco Favino. È senza alcun dubbio la performance più bella che ci abbia mai regalato, occupa lo schermo per più di tre quarti di film praticamente da solo e non si ha mai la sensazione di vederlo recitare: è lui, è Craxi, parla come lui, si muove come lui, e (grazie al magnifico trucco) è esteticamente identico. Alcune velocizzazioni nella sceneggiatura o libertà che il regista si prende passano così in secondo piano, restando (attori non protagonisti compresi) un contorno carino ad una performance colossale.
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