Noi

Certamente vi sono elementi di satira che in Italia sfuggono: nel 1986 oltre 6 milioni di americani si posero in catena da una costa all’altra per raccogliere milioni in beneficenza, e questi replicanti in tunica rossa, messi in fila nella panoramica finale, appunto sono detti i “tethered” / incatenati, ma hanno massacrato ciascuno il proprio originale, come ad affermare che ciascuno, buono o cattivo che fosse stato, ha un doppio / demone che lo travolge, e a tornare al nocciolo abusato che solo una madre, per salvare i figli, riesce a uscire dai traumi dell’infanzia e attrezza i figli a resistere; meglio se ha gli occhioni kenyoto-messicani della bravissima Nyong-o. Mito vitalistico-femministico-terzomondistico che fa tabula rasa di ogni ricerca di altro valore (sociologico: solidarietà o ciascuno-per-sé?; esistono ancora dei poveri?), politico (qui nessuno governa o lotta né richiama a un dovere), religioso (è pregare il citare il profeta Geremia che preannuncia una calamità?), culturale (questi rossi non sanno parlare, salvo un poco la madre-demone). Almeno “It” enunciava una società concreta e la sua morale immorale. Dunque, salvo che per i fanatici del genere, non compensa due ore di splatter misto ad allegorie fumose (la bambina nera stava nel tutù bianco; conigli bianchi in gabbia con qualcuno grigio, poi tutti liberi; il rosso del terrorismo/ comunismo, o di fanatici asiatici). Condivido un pezzo di recensione in Rete di Federico Gironi: se Get Out /Scappa “il film che è valso a Peele l'Oscar per la miglior sceneggiatura originale era un film chiaramente connotato dal punto di vista della questione razziale, demistificando l'illusione di un'America post-razziale negli anni dell'obamismo, qui il regista sembra quasi contraddirsi, eliminando ogni riferimento a quella questione per raccontare qualcosa di diverso ma ugualmente complesso, e più universale”. Ma qui siamo non in ipotesi di trapianti inter-razziali di cervelli, ma nella paranoia; lasciamo stare l’horror “politico”, o “Shining”. Siamo nella bravura tecnica ma anche in un nichilismo che -dispiace- non porta da nessuna parte se non a fare cassetta, come tenta il distributore Paramount. Poco conta che noi europei e “umanisti” possiamo pensare che così sono solo gli americani (leggo “Noi è la traduzione letterale del titolo Us che, volendo, possiamo leggere anche come la sigla di United States”) e che i neri, mostrati da un regista nero, ormai non hanno nessun valore distintivo. O che la scheda di mymovies sentenzi che qui si mostra una ”prigionia della povertà” e il postulato che ”anche se questo secondo l'autore è un film sull'America e non sulla questione razziale, quest'ultima è tanto radicata nel Paese che semplicemente non se ne può prescindere. Chi ha sentito i commenti in sala non teme di dire che schifezza non equivale a divertimento; e il primo commento dice “non fa paura per niente”. Siete avvertiti, ora vedetevelo pure, ma non “assolutamente”.