L'imperituro sogno americano di Tony Driver
di Luigi Abiusi Il Manifesto
Quest'anno gli indizi sparsi qui a Venezia, spesso immagini di grande profondità espressiva e novità formale, che si sedimentano anche molto tempo dopo la visione, essendo già passati un buon Martone e il magnifico Martin Eden di Marcello, finora il capolavoro di tutta la Mostra, e in attesa di un Maresco che non ha mai deluso lasciano pensare che sia l'anno buono per il cinema italiano, a prescindere se poi il leone d'oro sarà, come sarebbe giusto, di Marcello. E ciò avallato anche dalla presenza di due opere prime: Sole di Carlo Sironi in Orizzonti, che però appare come un film fragile sul piano formale, qua e là sabotato proprio da quegli stilemi autoriali che avrebbero dovuto fortificarlo e che comunque lo ancorano alla categoria del film -da -festival, e soprattutto Tony Driver di Ascanio Petrini, passato in concorso alla Settimana della Critica, sempre più riserva e vetrina forse pure specchio di certe pratiche produttive internazionali - per un cinema vitale, audace, il più delle volte sperimentale, che però stenta a essere visto altrove (ad esempio nelle sale) e, in questo caso, con compartecipazione di Apulia Film Commission e MIBAC. [...]
di Luigi Abiusi, articolo completo (3300 caratteri spazi inclusi) su Il Manifesto 4 settembre 2019