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La semplicità della narrazione e lo stile asciutto sono la cifra di questo ennesimo capolavoro, ispirato alla vera storia di Richard Jewell, firmato dal novantenne Clint Eastwood, che ancora denuncia, commuove, informa, mai stanco di esaltare i valori fondativi dell’America, a cui ormai credono in pochi: la Giustizia, l’Onestà, il Patriottismo, l’Ordine. Valori in cui spesso non credono nemmeno gli scialbi rappresentanti delle istituzioni, che, in questo caso, complici i mass media, non esitano a distruggere la vita di un cittadino onesto pur di realizzare i loro squallidi interessi personali.
Richard Jewell è uno di noi. Non è propriamente ciò che si definirebbe un tipo comune, forse è troppo grasso, alla sua età non conduce una vita del tutto “normale”, vive ancora con la madre in un modesto appartamentino, non ha una donna, ha un solo amico e un arsenale nell’armadio.
Ma Richard Jewell è uno di noi, perché ha una fede incrollabile nel Paese in cui vive nonostante tutto, nonostante il cinismo e l’insolenza degli uomini di potere che occupano indegnamente i loro posti nelle istituzioni, nonostante l’invadenza e l’arroganza dei giornalisti, dei maitre a penser, dei tuttologi che sparano giudizi dalle emittenti-pulpito pubbliche e private, nonostante la teppaglia che prevale senza freni in ogni contesto civile.
Il cast è semplicemente magnifico. Paul Hauser, Kathy Bates e Sam Rockwell, interpretano in modo superbo, rispettivamente, il protagonista, sua madre ed il suo avvocato.
Kathy Bates, in particolare, meriterebbe il suo secondo Oscar dopo quello memorabile di Misery non deve morire.
Ancora una lezione dal vecchio Clint, che ridà un senso alla parola cinema in America, come Polanski ha fatto con L’ufficiale e la spia in Europa.
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