L'antica Roma rivive nella New York del futuro. Coppola realizza un film a lungo rincorso e da sempre sognato. Drammatico, Fantascienza - USA2024. Durata 138 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Un architetto vuole ricostruire un'utopica New York City in seguito ad un disastro devastante. Ma il progetto è enorme e le conseguenze saranno difficili da affrontare. Espandi ▽
Cesar Catilina è un architetto che ha inventato il Megalon, un materiale da costruzione assolutamente straordinario che gli permette di avere una visione futura delle città, a partire da New York, assolutamente rivoluzionaria. A contrastare questa progettualità apparentemente utopica si erge il sindaco della città Franklyn Cicero il quale è un paladino della conservazione. Sua figlia Julia però finisce con l’innamorarsi proprio di Cesar in un’America che rimanda dichiaratamente e sotto tutti gli aspetti alla Roma vicina alla decadenza. Dopo decenni di incubazione Coppola realizza un film da sempre sognato e ormai divenuto ipertrofico. Nel corso delle innumerevoli revisioni di sceneggiatura, la tecnologia ha messo a disposizione del progetto sempre nuovi ‘megalon’ in grado di compiere miracoli sul piano della creazione di effetti. Accade così che un film che ha una sua base profondamente morale e una finalità di messa in allarme nei confronti di un futuro sempre più cupo, che necessita di sognatori anche se dalla personalità egocentrica e tormentata (e questo depone a suo favore) si espanda in maniera quasi incontrollata. La visione della città e della sua vivibilità come luogo del contendere è sicuramente interessante e il film potrà diventare materia di studio per gli aspiranti architetti. Recensione ❯
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Una donna decide di aderire a un programma che le permette di essere a settimane alterne la versione più giovane di se stessa. Espandi ▽
La regista francese Coralie Fargeat torna a raccontare il femminile facendo leva su quello sguardo maschile che ha raccontato le donne al cinema (e le ha tenute in ruoli preconfezionati in ogni settore). L’egocentrismo di quello sguardo, che vuole le donne eternamente giovani e sorridenti e non dà alcun valore alla loro maturità, è stato completamente interiorizzato dalle due protagoniste, perché entrambe sono disposte a qualunque diavoleria per mantenere bellezza e gioventù, nonché il piccolo potere che ne deriva loro in un mondo gestito dagli uomini. Fargeat gestisce con lucidità e senso dello spettacolo la messinscena di questa storia estrema improntata all’esasperazione davanti ad una cultura che relega le donne in un ruolo funzionale al maschile. La regista stroppia, tira troppo in lungo la metafora, entra a gamba tesa nel trash e nel camp, sottolinea ogni dettaglio facendo di ogni smagliatura una sconfitta e di ogni centimetro di pelle tonica un punto d’onore: e ha il coraggio di creare momenti comici e satirici che più che al body horror sembrano puntare alla parodia di una società che mette una pressione insostenibile sul corpo femminile, e lo fa attraverso una costruzione filmica audace, solida e puntuale. Recensione ❯
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Davanti all'ascesa di Donald Trump si respira tutto l'orrore di Abbasi. Una freccia avvelenata contro l'ethos americano. Biografico, USA, Danimarca, Irlanda, Canada2024. Durata 120 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Il giovane Donald Trump inizia il suo apprendistato con Roy Cohn, un avvocato che gli insegnerà come costruire il suo impero. Espandi ▽
Donald Trump non ha ancora trent’anni ma è già divorato dal desiderio bruciante di diventare il re dell’immobiliare nella Grande Mela. Viene preso d’occhio da Roy Cohn che vede nel giovane Trump un suo alter ego ancora da sviluppare. Nel film dell’iraniano-danese Ali Abbasi il giovane Donald è nella posizione di essere promosso o bocciato, e per la prima parte della storia viene ritratto in modo favorevole, come un giovane ambizioso in una città fortemente competitiva animato dal desiderio di rivalsa. La scelta di Abbasi, da osservatore non americano, è quella di avvicinarci al suo soggetto con gentilezza e solo più avanti affondare il coltello per rivelarcene la natura sempre più crudele. Il grande pubblico penserà di trovarsi davanti ad una innocua, e a tratti persino benevola, biografia. Invece gradualmente si respira l’orrore di Abbasi davanti ad una figura della quale non ha potuto raccontare ascesa e caduta ma solo ascesa e irriducibilità, nonché mancanza totale di rimorsi. Ed è contro l’ethos americano (e occidentale) del successo a tutti i costi che il regista punta la sua freccia avvelenata. Recensione ❯
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Un film delicato che racconta la storia d'amore tra Kafka e Dora Diamant, nell'ultimo anno di vita del grande scrittore ceco. Drammatico, Germania, Austria2024. Durata 98 Minuti.
Il film sentimentale che ci trasporta nella tormentata esistenza del genio letterario boemo di lingua tedesca. Espandi ▽
1923. In vacanza con la famiglia della sorella a Graal-Müritz, sul Mar Baltico, Franz Kakfa conosce Dora Diamant, aspirante ballerina tedesca di famiglia ebrea ortodossa, volontaria in una colonia di bambini. Colpito dalla vitalità di Dora, Kafka, all’epoca quarantenne e già malato di tubercolosi, contro il parere della famiglia si trasferisce a Berlino e passerà con la donna che di cui si è innamorato l’ultimo anno di vita, riscoprendo le radici ebraiche e lavorando a un nuovo racconto. L’aggravarsi delle condizioni di salute lo costringeranno a farsi ricovera in un sanatorio in Austria, dove morirà accudito da Dora. La bellezza dei due interpreti protagonisti, Sabin Tambrea e Henriette Confurius, non rende molto onore alla veridicità della vicenda ma la trasporta su un piano ideale e astratto: «La gloria della vita», del resto, è il titolo originale del film. Nonostante l’intento agiografico e celebrativo – il film arriva nel centenario della morte di Kafka, che spirò il 3 giugno 2024 – L’amore secondo Kafka mantiene una giustezza di tono e una delicatezza che favoriscono l’identificazione nei personaggi e tengono a bada gli eccessi di retorica nell’inevitabile descrizione dello scrittore consunto dalla vita e dell’abnegazione del suo angelo custode. Recensione ❯
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Una commedia realistica divertente e amara, che ha un tono apparentemente leggero ma sa andare in profondità. Commedia, Drammatico - Germania2024. Durata 115 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Un dramedy che affronta in maniera coinvolgente e realistica il tema del nostro rapporto quotidiano con l'alcool. Espandi ▽
Mark ha una dipendenza dall’alcol anche se lo nega. Durante il giorno è un apprezzato capo cantiere edile ma appena esce dal lavoro sente il bisogno di bere e trascorre la sua vita notturna nel suo locale preferito di Berlino assieme agli amici. Una notte però viene fermato dalla polizia e gli viene ritirata la patente. Per riaverla deve seguire un corso per superare un esame medico-psicologico. Qui conosce Helena, un’insegnante con cui spesso si ubriaca spesso. Ma con il suo migliore amico Nadim aveva anche scommesso che non avrebbe più toccato nessun alcolico fino a quando non avrebbe riavuto la patente. Pensa di rimettersi presto in carreggiata ma si accorge di perdere colpi, soprattutto sul lavoro. Così si rende conto che il suo problema è più serio di quanto credeva. L’ultimo drink ha la struttura di una commedia realistica. Non forza la mano e si tiene lontano da giudizi moralistici. Accompagna soltanto il suo personaggio verso la consapevolezza della propria dipendenza che viene mostrata in maniera credibile proprio per come mette in evidenza l’incapacità di riuscire a seguire la volontà di cambiare vita. Il tono sembra leggero ma in realtà sa andare in profondità. Ottima la prova dei due protagonisti Frederick Lau e Nora Tschirner. Nelle scene in cui sono insieme, sembrano trovarsi ad occhi chiusi. Recensione ❯
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Una storia semplice e poetica di riscoperta dei valori della vita e insieme un'immersione profonda nella natura. Drammatico, Avventura - Italia2024. Durata 100 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Un'avventura famigliare ambientata nel mondo del Tartufo Bianco. Espandi ▽
Dalia è una ragazza londinese in difficoltà, spedita dalla madre italiana in un paesino nelle Langhe a prendersi cura del nonno Igor. La vita rurale non è facile da apprendere, ma piano piano la ragazza si apre alla vita, alla natura e a un rapporto con il nonno cercatore di tartufi sempre migliore. La demenza senile è la notifica di sfratto incombono, resta poco tempo per scovare in quella terra fertile il tartufo della salvezza, così Igor sceglie di tramandare i segreti da trifolaio a sua nipote, con la speranza di poter salvare la casa. Una storia semplice e poetica di riscoperta dei valori della vita e insieme un'immersione profonda nella natura. È il poetico e colorato Trifole - Le radici dimenticate di Gabriele Fabbro, in cui la ricerca del tartufo è palese metafora della ricerca della felicità, tanto più preziosa quanto più difficile da trovare, proprio come il tartufo d'Alba detto "trifola" in dialetto piemontese. Scritto insieme all'attrice protagonista Ydalie Turk, vanta nelle location spettacolari, nella fotografia e nel sonoro i suoi punti forti. Impossibile non restare magneticamente attratti da quei paesaggi da fiaba, non innamorarsi dei suoni e delle meraviglie delle Langhe. La regia di Fabbro sa sorprendere, osa alcuni movimenti inaspettati, e lascia il segno, mostrando uno stile e una potenza visiva che restano impressi e sul finale mescola amarezza e incanto. Recensione ❯
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Un grido di rivolta contro un regime oppressivo. Un film dalla scrittura solida e dalla recitazione intensa. Thriller, Germania, Austria2024. Durata 100 Minuti.
Co-scritto e montato da Jafar Panahi, il dramma di una donna coraggiosa che sfida il potere. Espandi ▽
Tarlan è un'anziana insegnante e sindacalista che ha adottato, quando era ancora una bambina, Zara. Ora costei è una donna che ha una scuola di danza, attività che il marito ritiene disonorevole. Un giorno Zara viene uccisa e Tarlan sa che l'assassino è il marito. Ha infatti visto ciò che non doveva vedere e questo la rende una testimone che va tacitata.
Jafar Panahi, qui co-sceneggiatore e montatore, dà ancora una volta il suo contributo ad un grido di rivolta contro un regime pervasivo ed oppressivo.
Sviluppando una trama che potrebbe, in altri contesti, finire con il limitarsi al genere del cosiddetto giallo qui veniamo portati oltre. Le minacce, più o meno velate, la consapevolezza dell'impunità, un universo femminile che cerca, nonostante tutto, una solidarietà che si tenta costantemente di dissolvere. Tutto questo e anche di più emerge grazie ad una scrittura solida e ad una recitazione, quella di Maryam Gobani nel ruolo di Tarlan, che ci offre, spesso anche solo con sguardi e silenzi, tutta la drammaticità di una società in cui le donne hanno solo i diritti che gli uomini 'magnanimamente' concedono loro. Recensione ❯
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Un film intenso, elegante e fortemente sensuale in cui la regista si dimostra eccezionale nel cogliere ogni sfumatura. Drammatico, Francia, India, Paesi Bassi, Lussemburgo, Italia2024. Durata 110 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Un'infermiera di Mumbai Prabha si immerge nel lavoro per sopprimere ricordi dolorosi, finché un regalo non riapre le ferite del suo passato. Espandi ▽
All We Imagine As Light, opera seconda della regista indiana 38enne Payal Kapadia, coprodotta da Roberto Minervini, è una storia che ha il sapore dei romanzi di Jane Austen. Racconta con immensa tenerezza la storia di due donne (anzi tre, perché c’è anche un’infermiera più anziana, Parvati, sfrattata dalla casa in cui ha vissuto per 22 anni) i cui desideri e aspirazioni si scontrano con un assetto sociale che le relega in un angolo e preclude loro soddisfazioni e sentimenti. Un film intenso, elegante e fortemente sensuale senza essere esplicitamente sessuale (ma l’unica scena di sesso del film è una delle più realistiche e commoventi viste nel cinema recente). Kapadia si dimostra una regista eccezionale, capace di cogliere ogni sfumatura dell’universo narrato, ogni luce, ogni sguardo, ogni dettaglio, ogni piccolo spostamento dell’anima. Le corrispondono in bravura le due attrici protagoniste, Divya Prabha nei panni di Anu e soprattutto Kani Kusruti, la cui intensità recitativa fa di Prabha un magnete irresistibile, e un grido soffocato che è impossibile non ascoltare. Recensione ❯
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Un'opera sul femminismo prima ancora che un biopic. Si sente tutta la passione e la sincerità della regista. Biografico, Drammatico - Francia, Italia2024. Durata 100 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Lili d'Alengy, cortigiana con una figlia disabile, incontra Maria Montessori e insieme uniscono le forze per creare un luogo accogliente per i bambini più in difficoltà. Espandi ▽
Cortigiana di successo, Lili d’Alengy è sicura del suo valore sociale e tiene in pugno la fervente Parigi del 1900. All’improvviso, però, riemerge la figlia che Lili si vergogna di avere: una bambina disabile di nome Tina. Lili scappa quindi a Roma, dove c’è un istituto che si dice possa prendere in cura bambini con difficoltà. Lì incontra Maria MontessoriI. Jasmine Trinca dona volto e profonda dignità alla figura di Maria Montessori nell’esordio alla finzione della regista francese Léa Todorov, che inquadra la famosa pedagogista all’inizio della carriera. È un’opera sul femminismo prima ancora che sull’istruzione e sul trattamento della neurodiversità, perché – come dice Montessori stessa – un mondo più aperto alle donne metterebbe l’esperienza femminile e la maternità al centro di tutto. Non è quindi un biopic ad ampio spettro c’è però abbastanza del suo lavoro così pionieristico in quell’epoca. Per la regista è una buona transizione verso il cinema di finzione, girata con diligenza e senza fronzoli; occhi dritti verso l’obiettivo, verso il quale si sente tutta la sua passione e sincerità. Recensione ❯
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Ritmo serrato e una solida costruzione narrativa per una contemporanea Odissea a rotta di collo per le strade di Parigi. Drammatico, Francia2024. Durata 93 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Un ragazzo richiedente asilo ha due giorni per prepare il colloquio decisivo per ottenere la residenza. Espandi ▽
Immigrato a Parigi dalla Guinea, il giovane Souleymane attende con ansia il colloquio con l'ufficio immigrazione locale per ottenere asilo e regolarizzare la presenza in Francia. Nel frattempo sbarca il lunario sfrecciando per la città in bicicletta e facendo consegne, subaffittando il profilo su un'app da un conoscente. Per dormire, deve prenotare ogni giorno un posto letto nella sistemazione provvisoria statale e presentarsi in tempo la sera alla partenza del pullman, schivando i vari ostacoli umani e istituzionali che cercano di mettergli i bastoni tra le ruote.
L'analisi delle storture indegne della gig economy si unisce all'esplorazione della vita di un migrante nell'Europa di oggi: dall'unione dei due temi il regista francese Boris Lojkine trae una contemporanea odissea a rotta di collo per le strade di una Parigi notturna, dal ritmo serrato e dalla solida costruzione narrativa.
La storia di Souleymane è il migliore dei tre film di Lojkine , perché limita lo sguardo al terreno di casa, e attraverso quella componente didascalica costringe lo spettatore a fare i conti con le urgenti contraddizioni del loro mondo. Recensione ❯
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Il primo capitolo viene rovesciato e i generi mescolati. Un instant cult movie sulle spalle di Joaquin Phoenix. Azione, Drammatico - USA2024. Durata 138 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Arthur Fleck è in carcere e deve affrontare il processo. L'incontro con Lee stravolgerà la sua prospettiva. Espandi ▽
Arthur Fleck è in carcere per aver commesso cinque omicidi (in realtà sei, ma di uno la polizia non è al corrente), fra cui quello più clamoroso in diretta tv nazionale, ed è in attesa del processo che deciderà della sua pena: la sua avvocatessa vuole chiedere per lui l'attenuante dell'infermità mentale che riconosca la personalità doppia Arthur/Joker, il viceprocuratore distrettuale Harvey Dent invece vuole la sua testa, invocando la pena di morte. I suoi carcerieri (e aguzzini) lo deridono e lo umiliano, ma uno di loro gli permette (a titolo di scherno) di entrare in un coro di internati di cui fa parte Lee, la giovane donna di cui Arthur si innamora all'istante, intravvedendo in lei la sua prima opportunità di essere realmente visto e accolto: ma Lee è innamorata di lui o del Joker? Recensione ❯
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Una favola sul rapporto tra natura e tecnologia con uno stile di disegno digitale che guarda all'impressionismo. Animazione, Avventura, Commedia - USA2024. Durata 102 Minuti. Consigli per la visione: Film per tutti
Adattamento di una straordinaria opera letteraria, l'amato e pluripremiato bestseller del New York Times n. 1 di Peter Brown, Il Robot Selvatico. Espandi ▽
Precipitato dal cielo su una scogliera dalle colonne basaltiche, un robot viene attivato incidentalmente attivato dalla fauna locale. Programmato per servire, cercherà di fare amicizia con gli animali, imparando persino la loro lingua, ma tutti lo considerano una sorta di mostro. Le cose cambiano quando un orso lo spinge giù da un dirupo, facendolo cadere su un nido e uccidendo così una famiglia di oche... a parte per un uovo. Quando l'oca nascerà, per via dell'imprinting, inizierà a considerare il robot Rozzum 7134 come fosse sua madre. Per educarlo, “Roz” si affiderà ai consigli di un'astuta e golosa volpe di nome Fink e cercherà di insegnargli a volare in tempo per la migrazione, un'impresa non facile perché l'oca ha ali minute e gli altri membri della sua specie non vedono di buon occhio che sia cresciuta dal “mostruoso” robot. I veri problemi però arriveranno quando altri robot giungeranno sull'isola…
Una favola sul rapporto tra natura e tecnologia, con un grande colpo di scena e soprattutto con uno stile di disegno digitale che guarda all'impressionismo. Il robot selvaggio, tratto dal primo di tre libri illustrati di Peter Brown dedicati a Rozzum 7134, non è infatti il solito film d'animazione in CGI: a un look iperdefinito e tondeggiante preferisce una leggera sfocatura e colori applicati senza contorni, creando immagini quasi pittoriche e di certo più artistiche e affascinanti del solito standard di questo filone. Un adattamento senz'altro destinato ad avere dei sequel, perché di certo il pubblico vorrà rivedere la tenera, tenace e materna Rozzum. Recensione ❯
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Un affresco sociale, individuale e politico, dalla perfetta realizzazione grafica. Animazione, Azione, Fantascienza - Giappone2024. Durata 110 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Quarto film del franchise ispirato agli omonimi manga e anime. Espandi ▽
L'avvento dell'epoca dei supereroi non è stata la salvezza del Giappone quanto la sua rovina, con le città ridotte a un cumulo di macerie e i pochi esseri umani rimasti privi di poteri continuamente attaccati da chi è più forte, più potente e più spietato. Perfino All Might, il supereroe per eccellenza, il Simbolo della Pace, è ora privo delle sue facoltà sovraumane dopo uno scontro terribile con il suo arcinemico, All for One. Ma non tutto è perduto, perché a pattugliare le strade e a garantire l'ordine ci sono l'erede di All Might, Izuku Midoriya, e i suoi compagni del liceo Yuei, tutti aspiranti eroi. Un giorno, però, appare sulla scena un misterioso individuo, Dark Might, con l'intento di spazzare via All Might e tutti i suoi discepoli per instaurare un nuovo ordine mondiale.
Best-seller manga, anime tra i migliori degli ultimi anni, My Hero Academia non è da meno neanche al cinema.
Un affresco sociale, individuale e politico sempre al centro del lavoro di Horikoshi, ma che qui, ancora una volta e sempre sulla scia dell'anime, trova perfetta realizzazione grafica grazie alle sequenze di lotta e distruzione nelle battaglie tra i detentori di quirk, dove l'uomo comune - lo spettatore? - non può far altro che assistere a bocca aperta. Impietrito o stupefatto che sia. Recensione ❯
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Il racconto di un mondo antico osservato con grande attenzione e restituito con commovente naturalezza. Drammatico, Italia, Francia, Belgio2024. Durata 119 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Tre sorelle, Lucia, Ada e Flavia: non più bambine, non ancora donne, nell'ultimo anno del conflitto mondiale, un unico sparo segna la fine della loro innocenza Espandi ▽
Lucia, Ada e Flavia sono le tre figlie femmine della famiglia Graziadei che ha contato dieci nascite, non tutte purtroppo andate a buon fine. Quando i Graziadei ospitano un soldato siciliano che ha disertato l’esercito si innesca una reazione a catena che l’unità famigliare dovrà gestire, e che si svilupperà lungo le quattro stagioni dell’ultimo anno di guerra.
Vermiglio è l’opera seconda di Maura Delpero e dà già prova di una sorprendente maturità espressiva che affonda le sue radici nel cinema di Ermanno Olmi, ma ancor di più in una realtà osservata con grande attenzione e restituita con commovente naturalezza.
Delpero e i suoi personaggi (si) raccontano con la calma e l’apparente semplicità di un tempo e uno schema di relazioni domestiche ben codificate dal costume sociale e dall’abitudine, ma sempre in procinto di aprire il fianco al nuovo, e non sempre al meglio. Agli spettatori riserva il privilegio di seguire passo passo il suo racconto, assaporandone il gusto e annusandone gli odori, godendosi la musicalità di un dialetto montanaro e i suoi vocaboli desueti, il calore di una tazza di latte fra due mani giunte o di tanti corpi giovani assembrati in una sola stanza e un letto, anche posizionandosi testa e piedi. Recensione ❯
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Un'opera il cui punto di forza è la regia con un finale che costringe a un'amara rilettura della vicenda Messina Denaro. Drammatico, Italia2024. Durata 130 Minuti.
Liberamente ispirato a un periodo della vita di Matteo Messina Denaro. Espandi ▽
Grassadonia e Piazza tornano al grande schermo per raccontare una vicenda di tradimenti e destini segnati, nel solco della tradizione letteraria di Pirandello e Tomasi Di Lampedusa, come di Sciascia e Camilleri.
Purtroppo è proprio nell’eccessiva letterarietà della sceneggiatura il limite di questo racconto (anche) kafkiano, perché mentre la corrispondenza fra Messina Denaro e Palumbo è appropriatamente di elevato livello intellettuale.
La storia, di per sé abbastanza convenzionale anche nella sua resa cinematografica, si riscatta in un finale che ne ribalta la percezione, e che si iscrive nella tradizione drammaturgica di cui sopra spingendoci ad un’amara rilettura dell’intera vicenda Messina Denaro.
Quella di Iddu è una danza macabra fra morituri che “vivono giorni contati di vita inutile” e non sanno fino a che punto verranno manipolati, come pupi appunto. Al solito la regia è il punto di forza di Grassadonia e Piazza, che sanno colorare di realismo magico e pathos anche le scene più prosaiche. Recensione ❯
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