tom87
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lunedì 4 novembre 2019
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un’opera sul carattere ancestrale dell’orrore
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Scritto e prodotto da Guillermo del Toro, dall’omonima serie di racconti di Alvin Schwartz,e diretto dal norvegese André Øvredal,“Scary Stories To Tell in the Dark” è tutto quello che già evoca il titolo e molto di più.
Horror d’atmosfera e con protagonisti degli adolescenti alle prese con le loro peggiori paure e creature spaventose, il film risente dell’influenza di Del Toro per come abbina vicende storico-politiche a quelle più fantasy, fiabesche, di mistero, per far risaltare il senso del macabro più nella realtà di un paese piuttosto che nei racconti di terrore.
Non a caso l’ambientazione è quella del 1968 con la guerra in Vietnam e lo scandalo del presidente Nixon.
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Scritto e prodotto da Guillermo del Toro, dall’omonima serie di racconti di Alvin Schwartz,e diretto dal norvegese André Øvredal,“Scary Stories To Tell in the Dark” è tutto quello che già evoca il titolo e molto di più.
Horror d’atmosfera e con protagonisti degli adolescenti alle prese con le loro peggiori paure e creature spaventose, il film risente dell’influenza di Del Toro per come abbina vicende storico-politiche a quelle più fantasy, fiabesche, di mistero, per far risaltare il senso del macabro più nella realtà di un paese piuttosto che nei racconti di terrore.
Non a caso l’ambientazione è quella del 1968 con la guerra in Vietnam e lo scandalo del presidente Nixon.
La sceneggiatura affronta temi interessanti e ben approfonditi (come le psicologie o le caratterizzazioni dei personaggi): dinamiche familiari problematiche, intolleranza verso il diverso, isolamento come difesa dalle brutalità del mondo, sensi di colpa, rabbia, vendette.
La regia, con stile asciutto ed elegante, sa valorizzare con efficacia questi aspetti, ben coadiuvato anche da un apparato tecnico-formale immaginifico e di alta qualità (nota di merito per le atmosfere, le location, e gli ottimi effetti speciali artigianali).
Una pellicola godibile e coinvolgente,che, sotto la superficie, mostra le radici malate dei nostri tempi…
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elgatoloco
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lunedì 11 maggio 2020
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bello, vermanente alla radice del fatnastico
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Bello, veramente, capace di arrivare alla radice del fantastico(non del"fantasy", che è altra cosa)questo"Scary Storiees to tell in the dark", 2o19, di ANdré Ovredad,dai racconti di Alwin Schwrtz; che non sono solo"per ragazzi", dove alla scrittura cinematorgrafica ha dato una mano importante un"dominus"del fnatasticio in ambito filmico, Benicio Del Toto, anche produttore). Pirma di tutto, il tiolo è da prendere alla lettera: "To tell in the Dark"; davvero, dato che le"scary stories"si scrivono letteralmente, in caratteri rossi(snague dei bambini uccisi dalla"witch", strega, si dice nel film)quando il libro, anche vuoto, trovato in un sinistro maniero, si legge e di volta in volta dunque si girano le pagine.
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Bello, veramente, capace di arrivare alla radice del fantastico(non del"fantasy", che è altra cosa)questo"Scary Storiees to tell in the dark", 2o19, di ANdré Ovredad,dai racconti di Alwin Schwrtz; che non sono solo"per ragazzi", dove alla scrittura cinematorgrafica ha dato una mano importante un"dominus"del fnatasticio in ambito filmico, Benicio Del Toto, anche produttore). Pirma di tutto, il tiolo è da prendere alla lettera: "To tell in the Dark"; davvero, dato che le"scary stories"si scrivono letteralmente, in caratteri rossi(snague dei bambini uccisi dalla"witch", strega, si dice nel film)quando il libro, anche vuoto, trovato in un sinistro maniero, si legge e di volta in volta dunque si girano le pagine. Terribile il racconto del campo di mais con lo spaventapassero che si muove e uccide, terribile la R:E:D:(e red come colore dlel'ospedale dove un ragazzo si perde e viene come"stritolato"da forze terribili, demoniache, ma anche tutto il resto, in un contesto dove sopravivranno solo due degli adolescenti(da fine liceo a inizio college)non bambini, che sono tra i protaognisti, anzi i veri protagonisti delle"stories"e della"story"centrale, che sorregge tutte le altre, come "raccoglitore"o meglio novella principale da cui irradiano.dipadanano tutte le altre(cfr."Le mille e una notte", "The Canterby's Tales"di Chaucher e il"Decameron"di Boccaccio e il"NovellinO"di non ricordo quale autore, Straparola, forse..., che però, più probabilmente è l'autore di"Le piacevli notti", raccolta per cui vale però la stesa dinamica..). Singificativa la scelta di due personaggi intelligenti ma "marginali", come i ragazzol mexicano che ha perso il fratello nella guerra del Vietnam(siamo nel 1968)e la nerd, entrambi vittime di pregiudizi inenarrabili da parte del medio WASP bigottamente pieno di ogni preclusione verso neri, latinos e altri/e nazionalità "divers", non omologate nel quadro degli"accettabili", anche se teoricamente non varrebbe pù alcuna conventio ad excludendum...Intepreti bravisismi sono rispettivamente Michael Garza E Zoe Margaret Colletti, da annoverare tra i migliori giovani interpreti di questi anni, sneza alcun dubbio., in quanto capaci(certo è anche opera del regista)di creare un'"immedesimazione"nel ruolo-perosnaggio che mantiene, però, una certa distanza critica, non stiamo a discutere se stanislawskyana o altra, in un fim tra i milgiori di quelli proposti nell'anno appena trascorso.... El Gato
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dandy
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martedì 23 febbraio 2021
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le storie feriscono,le storie guariscono.
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Ispirato all'omonima trilogia letteraria di Alvin Schwartz,un horror che recupera la tradizione delle storie di terrore e unisce gli episodi in un'unica vicenda.I temi non sono certo nuovi,dalla maturazione estremizzata dell'adulta realtà al potere nefasto della scrittura("E' il libro che legge te" dice Stella)ai valori della gioventù contrapposti agli adulti incapaci di proteggere,ma il regista azzecca il tono(abbastanza cupo rispetto alla media degli horror giovanili)e la descrizione di un male implacabile che irrompe nel quotidiano e generato da un passato dove ancora una volta è la famiglia stessa la principale culla di orrori e ingiustizie.
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Ispirato all'omonima trilogia letteraria di Alvin Schwartz,un horror che recupera la tradizione delle storie di terrore e unisce gli episodi in un'unica vicenda.I temi non sono certo nuovi,dalla maturazione estremizzata dell'adulta realtà al potere nefasto della scrittura("E' il libro che legge te" dice Stella)ai valori della gioventù contrapposti agli adulti incapaci di proteggere,ma il regista azzecca il tono(abbastanza cupo rispetto alla media degli horror giovanili)e la descrizione di un male implacabile che irrompe nel quotidiano e generato da un passato dove ancora una volta è la famiglia stessa la principale culla di orrori e ingiustizie.Ed è efficace l'ambientazione in una cittadina fittizia(in odore di Stephen King) nell'America del 68(con ovvi rimandi al presente e puntuale citazione di "La notte dei morti viventi")già irrimediabilmente devastata dal Vietnam,con l'incombente Nixon alla presidenza e il razzismo che serpeggia(il bieco e imbelle agente Turner)che fa da sfondo alle peripezie dei protagonisti.Notevoli le sequenze della trasformazione di Tommy e dei ragni(probabile omaggio a "The believers").Molto bravi gli nterpreti.Qualche cedimento nel confronto finale,ma se gli sviluppi seguenti saranno del tutto lieti non viene chiarito.Ed è un bene.Merita la visione,perchè maturo e senza le scappatelle ironiche tipiche del genere.
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carloalberto
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martedì 2 novembre 2021
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una summa dei topoi dell''horror fantasy
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Dal regista dell’inquietante thriller paranormale Autopsy, il norvegese André Øvredal, ci si sarebbe aspettati qualcosa di più e di diverso rispetto a questo banale horror fantasy adolescenziale, tratto peraltro da un libro per ragazzi.
Il film si rifà ai topoi della filmografia di genere, prendendoli in prestito qua e là: i mostri che materializzano le paure inconsce dei ragazzi perseguitati dai bulli di IT, le sedute spiritiche in cantina del gruppetto di adolescenti con la tavoletta della serie degli horror Ouija, il diario magico di Harry Potter. La pellicola, che risulta tuttavia ben girata, si risolve in una summa di luoghi comuni e citazioni filmiche, una inutile ed ultronea antologia del fantasy horror, non riscattata dalla timida aspirazione alla satira sociopolitica, per le immagini di repertorio di Nixon accostate a quelle del mostro che si autoassemblea, dopo essere caduto a pezzi dal camino e per la renitenza alla leva di uno dei protagonisti della vicenda, di origine messicana, in ossequio al politically correct verso le minoranze etniche, che si rifiuta di partire per la guerra nel Vietnam, in verità iniziata dal democratico Johnson.
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Dal regista dell’inquietante thriller paranormale Autopsy, il norvegese André Øvredal, ci si sarebbe aspettati qualcosa di più e di diverso rispetto a questo banale horror fantasy adolescenziale, tratto peraltro da un libro per ragazzi.
Il film si rifà ai topoi della filmografia di genere, prendendoli in prestito qua e là: i mostri che materializzano le paure inconsce dei ragazzi perseguitati dai bulli di IT, le sedute spiritiche in cantina del gruppetto di adolescenti con la tavoletta della serie degli horror Ouija, il diario magico di Harry Potter. La pellicola, che risulta tuttavia ben girata, si risolve in una summa di luoghi comuni e citazioni filmiche, una inutile ed ultronea antologia del fantasy horror, non riscattata dalla timida aspirazione alla satira sociopolitica, per le immagini di repertorio di Nixon accostate a quelle del mostro che si autoassemblea, dopo essere caduto a pezzi dal camino e per la renitenza alla leva di uno dei protagonisti della vicenda, di origine messicana, in ossequio al politically correct verso le minoranze etniche, che si rifiuta di partire per la guerra nel Vietnam, in verità iniziata dal democratico Johnson.
Non mancano spunti per riflessioni pseudo ecologiste. Il fantasma arrabbiato e pluriomicida della ragazza vissuta nell’ottocento è stata in realtà una martire, ambientalista ante litteram, segregata dai fratelli per aver rivelato alla comunità i veleni immessi nell’aria dalla cartiera di famiglia.
Sia i riferimenti politici che ambientalisti appaiono inserimenti posticci per arricchire un plot per niente originale e forzature ideologiche fuori contesto che non riescono a nobilitare il prodotto che rimane commerciale e ad uso e consumo esclusivo di un pubblico di teenagers.
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