Antonella Gaeta
La Repubblica
È ritornato in sala, carico di quattro pesantissimi Oscar, un film che sarebbe piaciuto a Ettore Scola perché, forse, gli avrebbe ricordato il detonatore che innescò il suo Brutti, sporchi e cattivi. Ora, che ci sia dell'Italia in Bong Joo-ho, più o meno consapevole, è dimostrato dall'uso che fa di In ginocchio da te di Gianni Morandi in una delle sequenze magistrali del suo ultimo film. Parasite è un film memorabile, difficile da dimenticare, da staccarsi di dosso come l'odore di povero, di metropolitana che si porta addosso il signor Kim Ki-taek (Song Kang-ho, attore feticcio del regista da Snowpiercer a Memories of Murder). La sua famiglia vive, infatti, in un bassofondo, una cantina malsana, dove cerca di sbarcare il lunario piegando cartoni per una pizzeria; disgraziati ma curiosamente felici, uniti, fatalisti, furbi. L'offerta di lavoro per il figlio Ki-woo come insegnante di inglese della giovane rampolla della famiglia Park, è l'ingresso truffaldino in una casa da ricchi, di design, che non sta sotto il livello della strada, non si allaga con le fogne, non manca di nulla. Un'altra classe sociale, l'alto e il basso, l'inconciliabile sotto lo stesso tetto in un crescendo da manuale nella Corea del Sud dei grandi divari. Il genio di Bong Joon-ho si squaderna libero, su uno spartito grottesco, che accoglie note di noir, thriller, poetico, politico. Gigante.
Da La Repubblica, 21 febbraio 2020
di Antonella Gaeta, 21 febbraio 2020
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