Eterna come la faccia di Monsieur Verneuil (Christian Clavier), francese conservatore e sciovinista ma nel fondo generoso e illuminato, ormai d'obbligo in questo spin off.
Philippe de Chauveron, scorretto quanto volete, è ottimista anche stavolta. Lontano dagli umori astiosi e deprimenti di reazionari come Zemmour, Houllebecq, ecc. Ciò non significa che anche lui non veda l'avvenire scuro, tuttavia vuole indicare una sua strada per l'integrazione o comunque si voglia chiamare l'ineluttabile mélange che ci attende. Usando gentilezza e leggerezza, alla francese, da "intelligenti" quindi. Protagoniste le classi agiate, aliene al populismo delle banlieue (da noi, di borgata). E colte, con un occhio al retaggio storico. Insomma, un sovranismo chic.
L'hanno capito i quattro generi quando rinunciano ad emigrare riapprezzando il belloebuono dell'Esagono che certo possiede una forza misteriosa per cui il forestiero prima o poi si "nazionalizza". Magari facendo diventare qualcuno a distanza di generazioni per decantarsi di qualche scoria d'estrazione. Il babbo magiaro di un recente presidente, per es., servì nella Legione Straniera. E non si neghi che queste contrade producano individui carismatici. L'attuale presidente (marzo 2019) è visitato come un oracolo da chi in tempi eroici l'avrebbe bollato di imperialismo capitalista.
Un riverbero di tutto ciò si coglie quando i 4 regalano il képi dell'ultimo condottiero. Verneuil lo indossa con orgoglio, senza tante ironie.
Nello scherno equamente distribuito trapelano simpatie. La creatura preferita è l'ivoriano Charles ( un giocoso e spensierato Noom Diawara). Chauveron, il bergsoniano, fiuta da che parte spira il vento dello "slancio vitale".
In David (il cabarettista kosher Ary Abittan, indimenticato Babik in Benvenuti a Casa Mia) adombra una bega più significativa di quanto sembri in seno ad una Comunità da sempre inquieta e polemica con se stessa.
Si approfondisce il carattere del patrarca Koffi (Pascal N'Zonzi, regge e dà significati al film). Verneuil lo chiama - di dietro - "Bokassa". Non è un nomignolo romagnolo ma un tipo che è esistito, emblematico di una certa governance.
Improbabile nella parte la forosetta e vitalistica Tatiana Rojo, ma il "matrimonio" innesta gag e battute gustose. Nella variopinta kermesse Philippe il Perfido vi infila il giovane parroco il quale, dimenandosi non proprio elegantemente, mostra quanto i buoni debbano adattarsi a ballare la musica suonata anche dalle categorie ... deboli.
Non è questo il migliore dei mondi possibili. Ma a chi ha errato per plaghe del pianeta devastate e devastanti (dalle quali si fugge anche senza pretesti e alle quali tornare è follia) il Bon Dieu ha preservato campagne verdi e cieli azzurri. Dove mai? Nel Jardin de la France. I fortunati riapprodano sulle rive della Vienne su cui si specchia il Castello di Chinon. Vi fece tappa in ceppi l'ultimo Templare. Neppure giovò a Giovanna d'Arco che vi scese più tardi. Ambedue sul rogo. Ferocie e fanatismi d'altri tempi. Oggi è diverso, atteniamoci al copione: " Douce France, cher pays...
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