Nella Corea del Sud è nato un nuovo Ozu, la regista appena trentenne Yoon Dan-bi, che, al suo esordio, realizza un piccolo capolavoro.
Tre generazioni a confronto in un minimalista ritratto di famiglia, nel quale, tuttavia, si riflettono, come in un caleidoscopio, temi generali ed attuali della società coreana, vale a dire del contemporaneo mondo globalizzato. Le coppie divorziate e la sofferenza dei figli, la precarietà del lavoro, l’avidità del denaro, che accomuna tutti e divide perfino i fratelli, il rapporto genitori figli nelle diverse età della vita, la solitudine dei vecchi, considerati un inutile peso e di intralcio alle attività quotidiane dei giovani e degli adulti.
Per la sobrietà dello stile e la semplicità con la quale trasmette emozioni, il film di Yoon Dan-bi appare lontano dall’artificioso Un affare di famiglia di Hirokazu Kore'eda, più vicino, invece, al Tokyo family di Yōji Yamada ed, in generale, ai grandi capolavori del maestro Yasujirō Ozu.
Questo è un film che ci fa rivivere le cose essenziali della vita, che abbiamo dimenticato, senza la vieta retorica dei buoni sentimenti, che purtroppo affligge molto cinema nostrano.
Attraverso lo sguardo di una adolescente, Okju, ancora non contaminato dalla grettezza del mondo degli adulti, tutto appare chiaro. Grazie al suo giudizio sappiamo cosa è giusto, cosa è sbagliato. Empatizziamo, sorprendendoci, con lo stato d’animo d’una ragazzina, nel suo pianto riproviamo identico il dolore per la morte di un nostro congiunto.
L’assenza, il vuoto che lascia la scomparsa di una persona cara nella casa, Dan-bi ce lo fa sentire. E’ il rumore di un’anta dell’armadio che si apre stridendo, della pentola che ribolle sul fuoco, lontana, inutile orpello di una quotidianità privata di senso. Eppure, nelle ultime sequenze, la quotidianità riprende il sopravvento, cucendo l’anima lacerata, nella compostezza di un piccolo giardino, un orto, una piccola oasi di verde nell’agglomerato cittadino, unico interesse e rifugio del nonno di Okju.
Yoon Dan-bi ci restituisce la verità dei rapporti affettivi in una normale famiglia di oggi, con una tale naturalezza, che, al di là dei tratti somatici, i personaggi del suo film ci sembra di averli già conosciuti, sono i nostri vicini di casa, sono i nostri parenti, nella loro intima essenza, universalmente validi.
I sentimenti che animano i personaggi di Dan-bi sono i sentimenti della gente comune, che intessono invisibili la trama dei rapporti umani, vissuti e tradotti in piccoli quadretti, tratteggiati con lo stesso realismo lirico di Ozu, da una sensibilità artistica che si sovrappone e si confonde naturalmente con quella della giovane protagonista.
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