peer gynt
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domenica 15 novembre 2020
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ognuno ha la sua battaglia
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Gran film ottimamente diretto e recitato, con una buona sceneggiatura e una musica assolutamente pregevole (dove spicca la canzone di Thom Yorke "Daily battles", a sottolineare con la dovuta malinconia l'anima dei due protagonisti, Lionel e Laura). Un neo-noir ben narrato con un tocco hard-boiled che coinvolge la vicenda ma ne tiene fuori il detective protagonista, Lionel Essrog (lo stesso Norton), un personaggio sensibile e solo, nel contempo dotato di una memoria straordinaria, di una buona intuizione ma anche di una patologia (la sindrome di Tourette) che lo costringe a tic nervosi e ad improvvise emissioni di rumori, parole e frasi senza senso (ma talvolta sono anche frasi surreali, comiche o che rilevano i suoi sentimenti più intimi).
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Gran film ottimamente diretto e recitato, con una buona sceneggiatura e una musica assolutamente pregevole (dove spicca la canzone di Thom Yorke "Daily battles", a sottolineare con la dovuta malinconia l'anima dei due protagonisti, Lionel e Laura). Un neo-noir ben narrato con un tocco hard-boiled che coinvolge la vicenda ma ne tiene fuori il detective protagonista, Lionel Essrog (lo stesso Norton), un personaggio sensibile e solo, nel contempo dotato di una memoria straordinaria, di una buona intuizione ma anche di una patologia (la sindrome di Tourette) che lo costringe a tic nervosi e ad improvvise emissioni di rumori, parole e frasi senza senso (ma talvolta sono anche frasi surreali, comiche o che rilevano i suoi sentimenti più intimi). Un personaggio comico e drammatico al tempo stesso, che ti accompagna anche a film finito. Il tutto ambientato in una New York fine anni Cinquanta, come doveroso omaggio alla letteratura e al cinema hard-boiled. Film da vedere, che non risente affatto della lunghezza (oltre 2 ore).
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gattoquatto
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sabato 25 marzo 2023
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ottimo film
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Un ottimo film di genere noir - gangstar movie, con attori importanti e complessivamente ben interpretato, con una buona trama e un buon ritmo (ma che forse avrebbe beneficiato di una durata di 15/20 minuti inferiore), una eccellente cura della fotografia e della scenografia (con vivida ambientazione anni '50), e una particolare attenzione alla colonna sonora, con raffinata selezione di musica jazz. Edward Norton interpreta un personaggio affetto da bizzarri tic nervosi (con un richiamo al suo ruolo in The Score) che donano una mano di leggerezza e comicità alla pellicola.
Un film molto godibile per gli amanti del genere.
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eugen
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sabato 29 giugno 2024
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grande norton
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"Motherless Brooklyn"(Edward Morton, de una novela de JOnathan Lethem, 2019): Norton "autore totale", come regista, sceneggiatore,.dal libro citato del 1999, nonche'protagonista nella pparte di un detective privato affetto dalla sindrome di Tourette, dove anche l'idea di ambientare il film negli anni 1950, a differenza che nel romanzo dovee l'ambiente e'quello di fine anni 1990, si caratterizza con intelligenza, senza mai cadere nel"macchiettismo"( i sintomi della sndrmi di Tuurette si presterbelero come tali, al fraintedimento), anche rispetto alla difficolta'del protagonsita, che rimane coinvolto in una vicenda dai contorni difficilmente idemntntificabili, che in effetti vengono"deocstuiiti".
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"Motherless Brooklyn"(Edward Morton, de una novela de JOnathan Lethem, 2019): Norton "autore totale", come regista, sceneggiatore,.dal libro citato del 1999, nonche'protagonista nella pparte di un detective privato affetto dalla sindrome di Tourette, dove anche l'idea di ambientare il film negli anni 1950, a differenza che nel romanzo dovee l'ambiente e'quello di fine anni 1990, si caratterizza con intelligenza, senza mai cadere nel"macchiettismo"( i sintomi della sndrmi di Tuurette si presterbelero come tali, al fraintedimento), anche rispetto alla difficolta'del protagonsita, che rimane coinvolto in una vicenda dai contorni difficilmente idemntntificabili, che in effetti vengono"deocstuiiti"."ricostruiti"solo con difficolta'e a piccoli passi, per cos'dire, Tensione diffiusa, suspense mnlto presente ma"dkiluita"(potremmo dire che non e'un vero"thriller", ma un film drammatico con elementi da thriller), dove la presenza dell'elemento "investigation"con rischi connessi e', se non accessoria, perche'"muove il tutto", certo non prioritaria,. Alec Baldwin, Willam Dafoe, Bruce Willis non sono"Presenze casuali"ma molto ben funaionalizzate al film, alle intenzioni dell'uatore. Eugen
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felicity
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giovedì 4 giugno 2020
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sfilacciato, discontinuo, tremendamente ripetitivo
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Norton non si risparmia, ma non tutto nella sua visione fila liscio.
Il lato tecnico convince appieno, dalla ricostruzione storica ai tagli di luce che incorniciano e valorizzano le sequenze, come pure le scelte musicali intrise di jazz, sempre raffinate e perfette per celebrare il mito degli anni ’50 newyorchesi.
Anche il Norton interprete, dopo un’iniziale stridore in cui il virtuosismo sfiora la caricatura, conferma la duttilità dell’attore.
Ad appesantire la visione sono alcune scelte di sceneggiatura che anziché alleggerire una materia complessa, in cui i fatti come i personaggi sono tanti, opta per una scansione degli eventi ridondante, spesso raccontata in voice over, non sempre efficace.
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Norton non si risparmia, ma non tutto nella sua visione fila liscio.
Il lato tecnico convince appieno, dalla ricostruzione storica ai tagli di luce che incorniciano e valorizzano le sequenze, come pure le scelte musicali intrise di jazz, sempre raffinate e perfette per celebrare il mito degli anni ’50 newyorchesi.
Anche il Norton interprete, dopo un’iniziale stridore in cui il virtuosismo sfiora la caricatura, conferma la duttilità dell’attore.
Ad appesantire la visione sono alcune scelte di sceneggiatura che anziché alleggerire una materia complessa, in cui i fatti come i personaggi sono tanti, opta per una scansione degli eventi ridondante, spesso raccontata in voice over, non sempre efficace.
Il più delle volte lo spettatore ha tutto il tempo di anticipare ciò che accadrà.
Anche la regia, pur nella solidità dell’impianto, complica alcune sequenze come in preda a un’ansia dimostrativa e non trova sempre la necessaria fluidità.
Tra echi di Chinatown e L.A. Confidential gli stereotipi dell’hard boiled sono consapevolmente cavalcati, le suggestioni si moltiplicano, gli spunti di riflessione sono tanti, ma le svolte in cui il racconto si disperde sono troppe e ne limitano l’incisività e ridimensionano l’intrattenimento.
Motherless Brooklyn è un film che non manca di cuore, coraggio, ambizione.
La sceneggiatura conserva personaggi e atmosfere del romanzo, ma resta un adattamento completamente libero.
Il principale limite del film forse è proprio l’eccessiva stratificazione dell’operazione di riscrittura, che si distanzia dall’originale letterario e moltiplica i riferimenti cinematografici, ma soprattutto le implicazioni politiche e sociali.
Purtroppo, tanti elementi narrativi e drammaturgici, musicali e visivi, non trovano in Motherless Brooklyn il giusto equilibrio. E se il risultato doveva essere caotico ma sublime, il film risulta invece sfilacciato, discontinuo, tremendamente ripetitivo.
D’altra parte, Motherless Brooklyn è un film da 144 minuti: una durata veramente eccessiva, che denuncia una serie evidente di errori prima in fase di sceneggiatura, poi nella stessa regia di Edward Norton. Davvero un peccato, considerata la sua grande performance di attore, e la bravura di ogni singolo rappresentante del cast.
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jonnylogan
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mercoledì 27 novembre 2019
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america addio
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Frank Minna, proprietario di un’agenzia investigativa, muore assassinato in presenza di Lionel, un suo dipendente e amico fraterno, pesantemente afflitto dalla sindrome di Tourette ma che al tempo stesso è dotato di una mentalità brillante capace di portarlo alla soluzione di qualunque caso. Desideroso di scoprire chi abbia ucciso Frank, Lionel inizia a muoversi in presenza di pochi indizi che lentamente lo faranno avvicinare ai vertici politici della città.
La New York degli anni ’50 è ricostruita alla perfezione nelle mani di scenografi e direttori della fotografia al servizio di Ed Norton, alla sua seconda prova in cabina di regia e a diciannove anni di distanza dal precedente film, in quel caso si parlava di una commedia romantica nella quale impersonava un prete in chiara crisi mistica, mentre in questo caso per il poliedrico Norton significa un salto indietro nel tempo (siamo a metà dei ‘50ies) per immedesimarsi in un uomo problematico e orfano, legato in modo viscerale al suo capo e mentore, afflitto da problemi fisici dettati da una sindrome che lo rende simile, causa una memoria fotografica e un acume da fuori classe, al Raymond Babbitt di Rain Man, ma senza un Tom Cruise a caso al proprio fianco.
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Frank Minna, proprietario di un’agenzia investigativa, muore assassinato in presenza di Lionel, un suo dipendente e amico fraterno, pesantemente afflitto dalla sindrome di Tourette ma che al tempo stesso è dotato di una mentalità brillante capace di portarlo alla soluzione di qualunque caso. Desideroso di scoprire chi abbia ucciso Frank, Lionel inizia a muoversi in presenza di pochi indizi che lentamente lo faranno avvicinare ai vertici politici della città.
La New York degli anni ’50 è ricostruita alla perfezione nelle mani di scenografi e direttori della fotografia al servizio di Ed Norton, alla sua seconda prova in cabina di regia e a diciannove anni di distanza dal precedente film, in quel caso si parlava di una commedia romantica nella quale impersonava un prete in chiara crisi mistica, mentre in questo caso per il poliedrico Norton significa un salto indietro nel tempo (siamo a metà dei ‘50ies) per immedesimarsi in un uomo problematico e orfano, legato in modo viscerale al suo capo e mentore, afflitto da problemi fisici dettati da una sindrome che lo rende simile, causa una memoria fotografica e un acume da fuori classe, al Raymond Babbitt di Rain Man, ma senza un Tom Cruise a caso al proprio fianco. Norton mette mano al romanzo fiume di Jonathan Lethem, predecessore de La Fortezza della Solitudine che lo ha reso famoso a livello mondiale, rendendo un omaggio a tre dimensioni sia alla Grande Mela sia al genere Hard Boiled tanto caro ai film polizieschi e di azione proprio dei ’50 e con una palese strizzata di occhi a Chinatown. Il risultato finale è però ben distante dal film di Roman Polansky. Pur riuscendo a rapire lo spettatore con una prova interpretativa maiuscola e che già in passato, nel ruolo di un disabile, lo aveva portato a un passo dall’Oscar, Norton in cabina di regia non riesce a graffiare fino in fondo. A causa di una città che si fatica a inquadrare nel periodo storico di appartenenza e non certo per demeriti di una ricostruzione certosina ma causa dialoghi e situazioni che non appartengono di certo al 1954. Una pellicola che tiene comunque con il fiato sospeso sino alle ultime incollature, che fa riflettere e specchiare l’America di oggi in quella di ieri ma che comunque non convince appieno.
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carloalberto
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venerdì 8 novembre 2019
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norton fuori tema
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Edward Norton ci riprova come regista e si autodirige da attore rifacendo il verso a se stesso nel personaggio già sperimentato inThe Score nel 2001, solo che qui la disabilità è vera. Dopo la risata isterica di Joker è difficile riproporre, a breve, una sindrome analoga con attacchi compulsivi che suggerisce una ripetizione per difetto. La storia è tratta da un romanzo e almeno libera la sceneggiatura, fatta dallo stesso Norton, dalla responsabilità di una trama esile e incongruente, a meno che il libro di Lethem non sia tutt’altra cosa. L’ambientazione negli anni ’50 è tutta estetica e non aiuta a comprendere il senso delle vicende.
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Edward Norton ci riprova come regista e si autodirige da attore rifacendo il verso a se stesso nel personaggio già sperimentato inThe Score nel 2001, solo che qui la disabilità è vera. Dopo la risata isterica di Joker è difficile riproporre, a breve, una sindrome analoga con attacchi compulsivi che suggerisce una ripetizione per difetto. La storia è tratta da un romanzo e almeno libera la sceneggiatura, fatta dallo stesso Norton, dalla responsabilità di una trama esile e incongruente, a meno che il libro di Lethem non sia tutt’altra cosa. L’ambientazione negli anni ’50 è tutta estetica e non aiuta a comprendere il senso delle vicende. In primo piano Norton mette i tic autocompiaciuti per una esibizione attoriale alla ricerca della performance che vuole incantare oltre la caratterizzazione necessaria, invece del sentire razzista dell’epoca, che avrebbe dato, se fosse stato messo in risalto, un significato più profondo alla storia. Troppi temi eterogenei si combattono per la conquista del centro, l’amicizia solidale e paterna, il dramma individuale del protagonista, le tensioni sociali, il potere ed il malaffare che prevarica, l’amore che vince su tutto, il noir alla Marlowe che condisce di luci, abiti, scrivanie, cappelli e porte a vetro la scena, ma stenta a prendere il volo e a creare la giusta atmosfera preso nella melassa narrativa. Alla fine tutto risulta stereotipato, con la sorpresa finale del luogo che rivela, annunciandosi tuttavia sin dalla prima scena, il segreto nascosto, che non stupisce, perché non è terribile e non risulta tale perché non è calato nell’unico elemento che andava sottolineato, l’apartheid, che lo avrebbe potenziato del pathos che manca. Se il film vuole essere uno sguardo critico sulla società americana dell’epoca purtroppo non si interiorizza e non si incarna in nessun personaggio, rimanendo estraneo e lasciando estranei. Willem Dafoe fa uno sforzo per vivificare la pellicola ma appare fuori contesto, più a loro agio si sentono Bruce Willis e Alec Baldwin, abituati a personaggi-maschera senza coinvolgimento emotivo. L’unico spunto, anche esso fuori luogo ma apprezzabile, è il trombettista jazz che riporta per qualche attimo al centro il tema dello strazio razziale e della bellezza che nonostante tutto si fa strada negli angoli bui di un piccolo club di Harlem creando spazi di vibrazione musicale. Almeno questo.
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