Recente lungometraggio del brillante regista-documentarista Alejandro Landes, Monos è stato presentato al Sundance 2019 e grazie ad un Goya ed a numerosissimi premi internazionali è diventato un classic del cinema war-drama.
Un prodotto più che altro visual e meno narrativo, che oscilla tra punti fermi di contemplazione e cruda violenza – una storia essenziale, con una trama infine misera, che concede ampio spazio, letteralmente panoramico, al giovane commando isolato di scimmie.
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Anche in questo film, la vera protagonista è la disturbante colonna sonora, vera chiave di lettura delle immagini che tramuta le “semplici” manifestazioni tribali di urla, grida e spari in riti di passaggio dalle forme arcaiche, silenzi grotteschi sostenuti da affascinanti performance antropologiche – la magia nasce dal profondo sperimentalismo sonoro di noise viscerale dalle sonorità elettroniche, prettamente avant-garde, della compositrice Mica Levi.
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Recente lungometraggio del brillante regista-documentarista Alejandro Landes, Monos è stato presentato al Sundance 2019 e grazie ad un Goya ed a numerosissimi premi internazionali è diventato un classic del cinema war-drama.
Un prodotto più che altro visual e meno narrativo, che oscilla tra punti fermi di contemplazione e cruda violenza – una storia essenziale, con una trama infine misera, che concede ampio spazio, letteralmente panoramico, al giovane commando isolato di scimmie.
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Anche in questo film, la vera protagonista è la disturbante colonna sonora, vera chiave di lettura delle immagini che tramuta le “semplici” manifestazioni tribali di urla, grida e spari in riti di passaggio dalle forme arcaiche, silenzi grotteschi sostenuti da affascinanti performance antropologiche – la magia nasce dal profondo sperimentalismo sonoro di noise viscerale dalle sonorità elettroniche, prettamente avant-garde, della compositrice Mica Levi.
L’approccio a Monos dovrebbe essere di puro gusto estetico - come detto, la esile sceneggiatura può essere assimilabile alla più complesse pagine del Signore delle Mosche di William Golding, da cui il regista si è liberamente ispirato, o alle più “colorite” circostanze belliche di Apocalypse Now.
Allo stesso modo, più degli iconici Ray-Ban alla Stallone, le lenti da indossare durante la visione sono quelle dallo sguardo etnografico:
Monos ci parla della guerra rivoluzionaria-partigiana combattuta nella foresta, spirito di ribellione e audacia ma che confonde, avendo al centro della propria rasone d’etere il rapimento di una libera ingegnere americana.
Monos ci dipinge la vita intima di quei niños soldados che ingenuamente vengono dipinti come deboli e vittime di un sistema ingiusto, non attento ai “diritti del bambino”, ma che invece sono dotati di una consapevolezza e di una agency-azione forte ed inarrestabile, di pura auto-affermazione – quello che si è intentato dimostrare, a suo modo, con La Paranza dei Bambini, 2019.
Monos analizza le relazioni più profonde del cameratismo di guerrilla, del sostenersi a vicenda e l’importanza dei ruoli – e quanto essi possano essere insostenibili ed intercambiabili con estrema freddura.
Monos ci mostra il contatto-simbiosi con la natura selvaggia, piante, animali ed avversità climatiche che non sono più ordinarie per l’homo economicus contemporaneo e per questo cattura il pubblico e lo disgusta allo stesso tempo.
L’adattabilità dell’uomo ed il suo spirito di sopravvivenza vengono glorificati in questa “piccola perla” in lingua spagnola che ha come protagonisti non giovani reclute di leva, tanto meno veterani decorati ma un gruppo di ragazzini, appena quindicenni, nati adulti in cerca del proprio posto in un mondo disfunzionale, caotico ed avverso.
17/02/2020
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