L'uomo del labirinto |
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Un film di Donato Carrisi.
Con Toni Servillo, Dustin Hoffman, Valentina Bellè, Vinicio Marchioni.
continua»
Thriller,
Ratings: Kids+13,
durata 130 min.
- Italia 2019.
- Medusa
uscita mercoledì 30 ottobre 2019.
MYMONETRO
L'uomo del labirinto
valutazione media:
2,19
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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non c'è via di fugadi carloalbertoFeedback: 52102 | altri commenti e recensioni di carloalberto |
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sabato 2 novembre 2019 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Una serie di luoghi comuni del cinema di genere (i giochi sadici della saga di Saw, i labirinti sotterranei dei mille serial killer che da sempre imperversano negli horror americani, l’inganno dell’assassino che si finge vittima, il gioco dei doppi) si addensano, sin dall’inizio, come plumbea nebbia che avvolge tutto, e, poi, improvvisamente, squarci di luce, incarnata in un sorriso di Servillo o in una moina di Dustin, illuminano la sala e per qualche secondo ci si desta dal torpore narcotico che imprigiona la giovane protagonista, un’ottima Valentina Bellè, come lo spettatore. Attori di primissimo piano in un film di serie B, più adeguato ai comprimari, che scimmiottano i detectives di una delle tante serie TV. Carrisi, preso dalla smania di sorprendere, ambienta il film in uno spazio senza tempo dove oggetti vintage si accostano a tecnologie moderne, immersi in uno scenario apocalittico, da fine del mondo, forse causata da una futura probabile tempesta solare. Il finale, da non dirsi, pur cervelloticamente costruito, riscatta in parte la pellicola svelandone il meccanismo macchinico di un gioco da bancarella, come uno di quelli con cui si diverte, nel racconto, il maniaco di turno. Ma la mancanza di tensione ha ormai snervato il pubblico insonne che lo accoglie come una liberazione dalla noia. Degne di nota le riprese in auto, guidata dall’eroe morente, che percorre lunghi rettilinei urbani svuotati di presenze umane e addobbati da insegne metafisiche o che si immergono nel buio di una campagna periferizzata, suggestive allusioni alla vita dis-umana delle metropoli e dei loro margini in cui si ritagliano solitudini alla deriva alla ricerca disperata di un destino significante. Come sembra suggerire il finale, ognuno continua, anche all’altro mondo, a ripetere se stesso eternamente, in un contrappasso dantesco senza possibilità di fuga, come in un labirinto.
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