sergio dal maso
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mercoledì 19 febbraio 2020
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un'anima divisa in due
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"Vedi, quando suono, io sparisco" Euridice Gusmao
Vagando per le lussureggianti e impervie foreste delle alture che sovrastano le bianche spiagge di Rio de Janeiro due ragazze si perdono. Quella rimasta indietro chiama l’altra con apprensione, sta per piovere.
E’ il preludio della tempesta che sta per abbattersi sulle loro vite.
Sono due sorelle, poco più che adolescenti, Euridice e Guida Gusmao.
La loro è una famiglia piccolo borghese. Il padre è un fornaio di origini portoghesi, desideroso di affermarsi nell’alta società brasiliana degli anni ’50, in quegli anni moralista e conservatrice.
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"Vedi, quando suono, io sparisco" Euridice Gusmao
Vagando per le lussureggianti e impervie foreste delle alture che sovrastano le bianche spiagge di Rio de Janeiro due ragazze si perdono. Quella rimasta indietro chiama l’altra con apprensione, sta per piovere.
E’ il preludio della tempesta che sta per abbattersi sulle loro vite.
Sono due sorelle, poco più che adolescenti, Euridice e Guida Gusmao.
La loro è una famiglia piccolo borghese. Il padre è un fornaio di origini portoghesi, desideroso di affermarsi nell’alta società brasiliana degli anni ’50, in quegli anni moralista e conservatrice.
Sono molto unite, inseparabili, ma anche molto diverse. Euridice è introversa e remissiva, rispettosa della volontà del padre. Guida all’opposto è impulsiva e ribelle, guidata dall’anelito di libertà e di emancipazione.
Due caratteri opposti, accumunati però dal desiderio di realizzarsi, di vivere fino in fondo i propri sogni.
Di essere pienamente donne, non solo madri e spose, unici ruoli ammessi dalla società patriarcale degli anni cinquanta, e che il padre è ben deciso di rispettare.
Euridice è un’ottima pianista, sogna di andare a studiare al Conservatorio di Vienna. Guida invece vuole vivere l’amore con la passione e la spensieratezza dei vent’anni. Il destino sarà spietato con entrambe, prima le separerà, poi le condannerà all’infelicità di due esistenze lontane.
Tornata dalla Grecia sola e incinta, dopo la fuga d’amore con il marinaio di cui era innamorata, Guida viene ripudiata dal padre e cacciata di casa. Per non macchiare la rispettabilità della famiglia le sarà anche impedito, con l’inganno, qualsiasi contatto con la sorella. Euridice viene fatta sposare a un amico di famiglia, un uomo meschino che non ama. La sua vita diventa invisibile, anche i suoi sogni si infrangono, a partire da quello di diventare una vera musicista studiando a Vienna.
I sogni resteranno vivi solo nelle lettere di Guida e nella caparbietà di Euridice nel cercare di ritrovare la sorella. In quel sentimento inscindibile capace di legare per sempre passato e futuro, desideri e speranze. Solo le parole delle lettere daranno forma ai loro sogni di gioventù. Lettere in cui Vienna e la Grecia sono reali e non immaginarie, e l’amore è vissuto senza soprusi né violenza. Dove entrambe possono realizzare i propri sogni, senza vivere invisibili l’una all’altra.
Per la cultura patriarcale dell’epoca, machista e misogina, invisibile dovrebbe essere la vita di tutte le donne. Donne destinate al focolare domestico, femmine relegate al ruolo di genitrici, mansuete nell’assecondare le scelte dei padri e poi dei mariti. I personaggi maschili che circondano Euridice e Guida sono tutti negativi, miserabili e spesso ripugnanti. All’opposto le figure femminili, anche quelle secondarie, sono (quasi) sempre positive, solidali tra loro e di animo sensibile. Su tutte l’anziana prostituta Filomena, che formerà una famiglia con Guida e il bambino. Una famiglia che“non è sangue ma amore”, come ripete la stessa Guida.
Difficile non appassionarsi alla triste storia di Euridice e Guida, impossibile non essere travolti dal pathose dalle emozioni che il film trasmette.
Il regista Karim Aïnouz ha tratto dal romanzo Euridíce Gusmão che sognava la rivoluzione un indiscutibile capolavoro cinematografico. Le due protagoniste, interpretate magistralmente da Julia Stockler e Carol Duarte, hanno una profondità psicologica tale da far vivere allo spettatore gli stati d’animo e l’intima sofferenza delle sorelle. Tutto il film è pervaso da una forte sensualità, ma anche dalla crudeltà e dalla violenza, sia carnale che psicologica.
Una fotografia ammaliante associa le tonalità cromatiche delle scenografie agli stati d’animo e ai sentimenti che stanno vivendo Guida e Euridice. Gli ambienti sono preghi di colori saturi con tinte pastello volutamente marcate e immagini spesso sgranate. Anche le tonalità dei colori sono curatissime, dal rossetto scarlatto al blu cobalto delle tende delle finestre, passando per il verde lussureggiante della vegetazione. Le scenografie degli interni, claustrofobici e soffocanti, fanno percepire la quotidianità oppressiva in cui è costretta a vivere Euridice.
Per formazione professionale - oltre a essere un visual artistè anche architetto - il regista brasiliano cura le inquadrature con una grande attenzione ai dettagli. Restano impressi, solo per esempio, il mascara che cola dagli occhi disperati di Euridice nella prima notte di nozze, o gli strappi sul vestito da sposa.
Per questa sua maniacale ricerca estetica le immagini riprese dalle inquadrature di Aïnouz sembrano vive, pulsanti, quasi si sente il sudore, l’odore del fumo delle sigarette e dell’alcool.
Altrettanto immaginifica ed evocativa è la colonna sonora, che spazia dalla musica classica di Chopin alle composizioni di Benedikt Schiefer, sempre in simbiosi con le immagini e con le emozioni delle protagoniste.
Quella musica suonata con passione al piano che, malgrado tutto, è ancora capace di far dimenticare a Euridice l’amara realtà e restituirle i sogni di una giovinezza lontana.
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vanessa zarastro
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lunedì 23 settembre 2019
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brasile anni cinquanta
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Quanto sono stati duri e bigotti anni Cinquanta in Brasile, specialmente per le donne! Il regista Karim Aïnouz li narra traendo liberamente il film dal romanzo Eurídice Gusmão che sognava la rivoluzione di Martha Batalha (Feltrinelli, 2016), e cioè la storia didue sorelle legatissime e complici, giovani e piene di vita, che per una serie di circostanze vengono divise nella vita.
Karim Aïnouz con questo film induce a riflettere sui valori della famiglia e su quei legami che contano davvero e che possono arrivare anche a sostituirla in parte. Vuole inoltre sottolineare il ruolo della donna in una società patriarcale. L’invisibilità del titolo è proprio il destino della donna: «Mia madre è l’ombra di mio padre» dice a un certo punto Guida che si ribella alle convenzioni.
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Quanto sono stati duri e bigotti anni Cinquanta in Brasile, specialmente per le donne! Il regista Karim Aïnouz li narra traendo liberamente il film dal romanzo Eurídice Gusmão che sognava la rivoluzione di Martha Batalha (Feltrinelli, 2016), e cioè la storia didue sorelle legatissime e complici, giovani e piene di vita, che per una serie di circostanze vengono divise nella vita.
Karim Aïnouz con questo film induce a riflettere sui valori della famiglia e su quei legami che contano davvero e che possono arrivare anche a sostituirla in parte. Vuole inoltre sottolineare il ruolo della donna in una società patriarcale. L’invisibilità del titolo è proprio il destino della donna: «Mia madre è l’ombra di mio padre» dice a un certo punto Guida che si ribella alle convenzioni.
Nate da una famiglia piccolo borghese di genitori portoghesi espatriati in Brasile, Euridice (interpretata dalla bravissima Carol Duarte) ama suonare il pianoforte e ha come unico sogno quello di andare a studiare al Conservatorio di Vienna. Invece la sorella (interpretata dall’altrettanto brava Julia Stockler) maggiore di due anni, più esuberante, ama flirtare con i ragazzi e si invaghisce di un marinaio greco con il quale scapperà nel Vecchio Continente, che sembra avere ancora un grande fascino per entrambe. Imparerà a sue spese il senso del detto “promesse di marinaio”; infatti, rimarrà sola e incinta. Ritorna quindi a casa dai genitori e dalla sorella, a Rio de Janeiro, ma sarà invececacciata di casa dal padre (Antonio Fonseca) che considera un onta troppo grande avere una figlia che è una ragazza madre.
Le due sorelle sono due modi opposti di essere donne: mentre Euridice è l’archetipo di una donna introversa che segue il dover-essere imposto dalla famiglia, timorata della figura paterna, e “invisibile” nel modo di vestire e di comportarsi nella vita, Guida invece è ribelle, appariscente e in continuo contrasto con l’autorità, sarà ingannata per amore, ma che alla fine è proprio nella maternità non voluta che troverà il senso della vita.
Il regista segue così le vite parallele delle due donne che, separate, sembrano essere entrambe destinate all’infelicità. Ne mostra tutte le difficoltà, quelle economiche di Guida che deve tirar su un bambino da sola, e quelle fisiche di Euridice che non vuole avere figli e mal sopporta le eccessive effusioni del marito Antenor (interpretato da Gregório Duvivier).
Le due sorelle continueranno a cercarsi sempre: per tutti gli anni ‘50 e ‘60 Guida continua a scrivere lettere alla sorella pensandola a Vienna a condurre una vita da concertista, mentre Euridice ingaggia un detective, non particolarmente bravo oserei dire, per rintracciare la sorella ovunque essa sia.
La pellicola è girata in 16 millimetri, con una notevole ricerca cromatica e con l’effetto stop focus delle immagini vecchie, curate dalla sapiente mano di Hélène Louvart. Euridice vive prevalentemente in interni claustrofobici dove la cinepresa è fissa e con poca profondità di campo, mentre quelli in cui si muove Guida sono più spaziosi, ma minacciosi. La Rio de Janeiro degli anni ’50 è dipinta come una città inospitale fatta di vicoli e prostituzione. A parte l’incipit iniziale pienamente naturale con mare, verde e roccia, solo alcuni panorami qua e la mostrano l’inconfondibile skyline del golfo di Rio.
La grande attenzione alle ambientazioni è dovuta anche al fatto che il regista è laureato in architettura, ed è un visual artist. Ha realizzato varie installazioni oltre che documentari, fiction televisive e diversi altri lungometraggi selezionati a Cannes, Berlino e per due volte a Venezia. Così afferma: «Ero intenzionato a raccontare una storia di solidarietà”, una storia che sottolineasse il fatto che siamo molto più forti insieme di quanto lo siamo da soli, indipendentemente da quanto potremmo essere diversi. Con “La vita invisibile di Eurídice Gusmão”, ho immaginato un film con colori molto saturi, con l’obiettivo molto vicino ai personaggi, che palpitasse con loro. Ho immaginato un film pieno di sensualità, di musica, di dramma, lacrime, sudore e mascara, ma anche un film gravido di crudeltà, violenza e sesso; un film che non ha paura di essere sentimentale, più grande della vita stessa - un film che battesse con i cuori delle mie due amate protagoniste: Guida ed Eurídice».
“La vita invisibile di Euridice Gusmão” è statopremiato come miglior film al 72mo festival di Cannes nella categoria Un certain regard ed è candidato a rappresentare il Brasile ai prossimi Oscar.
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eugenio
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domenica 26 gennaio 2020
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due sorelle, rio anni’50 in un tropical melò
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L’intento era assai difficile: rendere una storia-familiare che col pretesto dell’amicizia tra due sorelle, è specchio di analisi di una realtà, Il Brasile, nel suo microcosmo dagli anni ’50 ai giorni nostri.
Karim Aïnouz, visuale artista brasiliano, si pone ad altezza d’uomo, anzi di ragazza, ricostruendo con sagacia e supportato da una valida sceneggiatura, un mondo che non c’è più. Un mondo dove vigeva la logica patriarcale, dove lo studio era visto come inutile perdita di tempo, dove la donna viveva in condizioni spesso esecrabilmente chiuse e asservite a una visione machista. L’uomo era il pater familias, fulcro attorno al quale la consorte e i figli (meglio se maschi), spesso dediti ai lavori domestici, ruotavano.
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L’intento era assai difficile: rendere una storia-familiare che col pretesto dell’amicizia tra due sorelle, è specchio di analisi di una realtà, Il Brasile, nel suo microcosmo dagli anni ’50 ai giorni nostri.
Karim Aïnouz, visuale artista brasiliano, si pone ad altezza d’uomo, anzi di ragazza, ricostruendo con sagacia e supportato da una valida sceneggiatura, un mondo che non c’è più. Un mondo dove vigeva la logica patriarcale, dove lo studio era visto come inutile perdita di tempo, dove la donna viveva in condizioni spesso esecrabilmente chiuse e asservite a una visione machista. L’uomo era il pater familias, fulcro attorno al quale la consorte e i figli (meglio se maschi), spesso dediti ai lavori domestici, ruotavano.
In un rione popolare della Rio degli anni Cinquanta, vive una famiglia come tante. Manoel Gusmão è il patriarca, viene dal Portogallo e si è stabilito nell’oramai ex colonia Brasile alla ricerca di un Eldorado che possa permettere a lui e alle sue figlie un futuro migliore. Fa il fornaio, è legato a un pragmatismo quasi atavico ed esercita un pugno di ferro con la moglie passiva condiscendente e le due figlie, le due sorelle, amiche geniali retrò: Euridice (Carol Duarte) e Guida (Julia Stockler). La prima ha le idee chiare: ama il pianoforte, vuole studiare al conservatorio di Vienna e diventare una pianista affermata, mentre l’altra è curiosa di ogni esperienza, e vuole assaporare quello che la vita adulta le promette, dagli uomini al sesso alle serate in compagnia.
Entrambe hanno dei sogni, come è giusto, come tante ragazze della loro età: Guida, malata di vita, per usare un ossimoro, seguirà il primo marinaio che le farà conoscere l’amore, rimanendo incinta, sedotta e abbandonata nella lontana Grecia, salvo tornare presto delusa a Rio, dove verrà rinnegata e dimenticata dal padre. La seconda Euridice, dimenticherà ogni velleità artistica, finendo sposa con un matrimonio d’interesse, ad un uomo che le garantirà un discreto benessere a prezzo di una libertà negata. Le due sorelle nella stessa città finiranno solo per sfiorarsi ma non si incontreranno mai, complice un terribile segreto che il padre non svelerà mai a Guida su Euridice, creduta morta dalla sorella ma in cuor suo, reputata viva, in una corrispondenza epistolare univoca e senza risposta.
La vita invisibile di Euridice Gusmao è un film potente, intimo, dotato di una forza cinematografica capace di convincere i più riottosi. Sì perchè il regista scava dentro le polverose sterrate per raccontare quel microcosmo che in Italia definiremmo “pratoliniano”, avulso dal mondo e imperniato a una logica di possesso, entro cui vivono due “piccoli angeli”, dalla vivida e fervida capacità negata.
In un mondo sconosciuto, fuori da quella metaforica porta alla città “che conduce all’oceano”, c’è tutto ciò che serve: i negozi, i ristoranti, il mondo degli affari e la scuola. Nelle scelte che le due protagoniste compiono, volutamente o forzatamente, nella fuga dalla realtà opprimente e oppressa, nella violenza e bellezza, rinascita e caduta di un’America anni ’50 che risorge dalle ceneri del dopoguerra lungo l’egida del consumismo nascente, si nasconde il destino di una nazione fatta di castelli arroccati da conquistare, case addossate le une con le altre dagli interni soffocanti e marci.
Come il libro, non banale e ricco di riflessioni, anche il film apre questo paesaggio sterilmente umano, con una scenografia ben ricostruita e vicina possibile al reale di una Rio di fine anni cinquanta, permeata da un’atmosfera realistica da romanzo verista con sfondo tropical melò su cui si staglia, protagonista assoluta, la voglia di riscatto delle due protagoniste, si legge tutta la speranza di un Brasile verace che dai condizionamenti culturali e dalla povertà assurge a fenice con la forza della cultura, repressa, odiata ma viva.
Retaggio della ballata popolare antica, passione per la vita che le due protagoniste trasmettono, pur tra miserie, tragedie personali e difficoltà, amicizie ambigue, vita tra le periferie, contrasto tra due realtà a poca distanza le une dalle altre, ecco tutto questo è La vita invisibile di Euridice Gusmao.
In questo senso il film pur con un’inevitabile lungaggine di troppo (siamo oltre le due ore e dieci) e della retorica spicciola in qualche scena, ha il pregio di render vivo quel periodo, privilegiando le ragioni del sentimento e soprattutto quelle del sogno delle due piccole-grandi protagoniste. Vincitore del premio Un certain Regard al Festival di Cannes 2019.
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angelo umana
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sabato 28 settembre 2019
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un 'cosa dirà la gente' rivolto alla donna
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Film premiato con merito come migliore a Cannes 2019 per Un Certain Regard, che butta un “certo sguardo” delicato, pacato, dolce, poetico e senza troppa dramma sul ruolo della donna in una società patriarcale. Brasile primi anni 50: due sorelle giovanissime, Guida e Euridice, che si vogliono profondamente bene, complici tra esse come tante che opera(va)no qualche sotterfugio all'insaputa dei genitori per fuggire, divertirsi, vivere appieno la giovinezza. La più disallineata dalla disciplina che un papà rigido vorrebbe imporre, Guida, per una promessa da marinaio (greco) fugge ma torna a casa sola e incinta, ripudiata dal padre onde proteggere la nostra famiglia , vivrà da sola e di espedienti, preda di uomini (che si ripaga(va)no in un certo modo) e ambienti poveri, ma con qualche fortuna per l'aiuto incontrato presso un'anziana amica.
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Film premiato con merito come migliore a Cannes 2019 per Un Certain Regard, che butta un “certo sguardo” delicato, pacato, dolce, poetico e senza troppa dramma sul ruolo della donna in una società patriarcale. Brasile primi anni 50: due sorelle giovanissime, Guida e Euridice, che si vogliono profondamente bene, complici tra esse come tante che opera(va)no qualche sotterfugio all'insaputa dei genitori per fuggire, divertirsi, vivere appieno la giovinezza. La più disallineata dalla disciplina che un papà rigido vorrebbe imporre, Guida, per una promessa da marinaio (greco) fugge ma torna a casa sola e incinta, ripudiata dal padre onde proteggere la nostra famiglia , vivrà da sola e di espedienti, preda di uomini (che si ripaga(va)no in un certo modo) e ambienti poveri, ma con qualche fortuna per l'aiuto incontrato presso un'anziana amica. Euridice subisce a sua volta una mancata promessa della sorella che, parola sua, le aveva assicurato di portarla a Vienna per un'audizione come pianista, quando suono sparisco ha detto Euridice, si inebria in un mondo suo.
E' un film d'amore A vida invisìvel, l'amore tra le due che vivranno molto vicine ma senza trovarsi mai, Guida le scriverà lettere che a Euridice verranno occultate, scriverti per non dimenticarti le ha scritto (ed è cosa molto vera), il testo delle lettere ci viene raccontato dalla sua voce ma esse verranno trovate solo alla fine, quando la vita di Guida è passata. Un personalissimo parere spinge a pensare che gli amori che più ci mancano sono quelli non vissuti, non sperimentati accanto alla persona desiderata, forse immaginati. E' un film di musica, si coglie nei corpi delle persone che in Brasile improvvisano balli dappertutto, è un film anche di buona fotografia e paesaggi. Ottimo lavoro del regista Karim Ainouz, classe 1966, e sensibili interpretazioni di Carol Duarte (Euridice Gusmao) e Julia Stockler (Guida). 139 minuti ben spesi.
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zarar
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venerdì 11 ottobre 2019
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suggestivo
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Film inquieto, di atmosfera, suggestivo per colori vintage, interni claustrofobici, primi piani intensi, premiato a Cannes per la regia di Karim Aïnouz. Due brave protagoniste, C. Duarte e J. Stockler. Il film punta su due temi forti: la condizione della donna nella Rio de Janeiro degli anni ’40 ’50 e il rapporto intenso e solidale tra due sorelle, Eurídice e Guida, di origini modeste e ambizioni non modeste. Agli antipodi per carattere, l’una ‘cattiva ragazza’ l’altra ‘ragazza per bene’, sono accomunate da un forte desiderio di libertà e dal desiderio di realizzarsi: Guida vuole essere bella e desiderata, cerca l’amore romantico e passionale e non esita a scappare di casa per seguire quello che scambia per l’uomo della sua vita; Eurídice vorrebbe dedicarsi alla musica non come ornamento per signorine da marito, ma professionalmente; sogna di perfezionarsi al Conservatorio di Vienna.
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Film inquieto, di atmosfera, suggestivo per colori vintage, interni claustrofobici, primi piani intensi, premiato a Cannes per la regia di Karim Aïnouz. Due brave protagoniste, C. Duarte e J. Stockler. Il film punta su due temi forti: la condizione della donna nella Rio de Janeiro degli anni ’40 ’50 e il rapporto intenso e solidale tra due sorelle, Eurídice e Guida, di origini modeste e ambizioni non modeste. Agli antipodi per carattere, l’una ‘cattiva ragazza’ l’altra ‘ragazza per bene’, sono accomunate da un forte desiderio di libertà e dal desiderio di realizzarsi: Guida vuole essere bella e desiderata, cerca l’amore romantico e passionale e non esita a scappare di casa per seguire quello che scambia per l’uomo della sua vita; Eurídice vorrebbe dedicarsi alla musica non come ornamento per signorine da marito, ma professionalmente; sogna di perfezionarsi al Conservatorio di Vienna. L’autorità maschile, sia paterna, sia maritale, che determina inesorabile le loro vite, si incarica puntualmente di cancellare i loro sogni, di respingerle nell’irrilevanza a cui le condanna il loro genere: nel destino di una donna c’è solo un buon matrimonio, dei figli, meglio se maschi, tutte le competenze di una buona donna di casa devota al marito. Guida finirà sulla strada, abbandonata incinta dal suo amore e respinta dalla famiglia, aiutata soltanto da una vecchia dolcissima prostituta; Eurídice farà il matrimonio che ci si aspetta da lei, ma non riuscirà mai a farsi riconoscere come quella geniale pianista che è. A rendere più drammatica la loro condizione è la separazione a cui le condanna il loro ambiente: nel film le due sorelle non si incontreranno mai più dopo fuga di Guida; le lettere di Guida saranno requisite dal padre; Eurídice, dopo lunghe ricerche, crederà per un errore la sorella morta e precipiterà in una disperazione che la porterà a non suonare mai più. Tutto rientrerà nell’ordine: le donne torneranno ad essere invisibili. Una frettolosa invenzione per chiudere in positivo, con il ritrovamento delle lettere di Guida da parte di un’anziana Eurídice e l’incontro con una nipote di Guida che è identica alla nonna, poco aggiungono al resto. Il film ha il suo meglio nella maestria con cui si gioca con il colore e con la ricostruzione d’atmosfera: su sfondi appannati e un po’ lividi le nostre protagoniste letteralmente svaniscono come le loro vite perdute, mentre brillano luminose nei momenti in cui riescono ad essere realmente quel che vorrebbero (Guida finalmente al sicuro dalla miseria, Eurídice che suona magistralmente il suo Chopin al Conservatorio). Dove il film ha dei limiti è nella sceneggiatura (M. Hauser), che ha salti e inverosimiglianze, e nell’enfasi sentimentale, nella drammatizzazione eccessiva che lo attraversa, a partire dalla insistita scena iniziale. Non paga la libertà che regista e sceneggiatore si prendono rispetto al libro di Martha Batalha, più coerente e convincente, nel quale il dramma, più sottile e meno concentrato e violento, è tutto negli ostinati tentativi di una donna speciale per uscire dall’invisibilità, provando una strada dopo l’altra: una lotta tenace e silenziosa, sempre perduta, mai abbandonata, condita di leggerezza, di humor e di antica saggezza. E più convincente è la conclusione della scrittrice, che ci lascia con un’Eurídice finalmente arrabbiata piuttosto che depressa, che tenta ancora; scrive e scrive qualcosa che qualcuno forse prima o poi leggerà: la scrittura come eredità e testimonianza.
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ennio
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domenica 14 giugno 2020
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non incontrarsi vivendo a 2 passi una dall'altra
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"Euridice Gusmao" narra del destino crudele di 2 sorelle molte legate tra loro, destinate a separarsi e a non ritrovarsi più. Un destino dettato da quella che oggi definiremmo un'ingiustizia, a sua volta derivata da usi e costumi sociali dell'epoca, e perciò tutto sommato definibile come "destino", appunto.
La bravura delle protagoniste femminili (perchè in questo film gli uomini sono relegati a figure negative o secondarie) permea di triste bellezza tutta la storia, che vede comunque nel finale un riscatto di speranza nel futuro. Il valore del film sta anche in un'abile regìa, nella scelta delle inquadrature, delle pause, delle scene apparentemente marginali, che riescono a far vivere nello spettatore la dimensione del dramma umano vissuto da Euridice e Guida.
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mauridal
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giovedì 18 giugno 2020
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lila e lenu a rio
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LIla e Lenù in versione brasiliana , qui sono due sorelle chiamate Guida ed Euridice , ma la vicenda non cambia di molto. Ambientato a Rio de Janeiro del Brasile anni quaranta , cinquanta, e si ripercorre le vicende delle due sorelle complici amiche per una serie di anni insieme , fino al momento che la ragazza più dotata di cervello, Euridice , decide di non seguire l’altra diciamo “geniale” perché impulsiva , che parte in Grecia con un marinaio, di nascosto alla famiglia di umili origini, alla ricerca dell’amore ad ogni costo.
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LIla e Lenù in versione brasiliana , qui sono due sorelle chiamate Guida ed Euridice , ma la vicenda non cambia di molto. Ambientato a Rio de Janeiro del Brasile anni quaranta , cinquanta, e si ripercorre le vicende delle due sorelle complici amiche per una serie di anni insieme , fino al momento che la ragazza più dotata di cervello, Euridice , decide di non seguire l’altra diciamo “geniale” perché impulsiva , che parte in Grecia con un marinaio, di nascosto alla famiglia di umili origini, alla ricerca dell’amore ad ogni costo. Euridice sembra voglia essere una musicista, ma sicuramente è una personalità mediocre e decide di rimanere in famiglia con lo schema patriarcale di paesi e società arretrate economicamente e culturalmente, di qualsiasi continente facciano parte.La sorella poco geniale promessa mancata alla musica , si adatta alla famiglia di origine e poi creandone una simile per se stessa. Intanto Guida fuggita in Europa con l’uomo sbagliato cerca di mantenere i contatti con la sorella scrivendole centinaia di lettere senza risposta. Qui la sceneggiatura si indebolisce per questa situazione di una ricerca inutile poiché in fine la sorella Guida abbandonata dal marito e madre di un figlio , invece di trovare una soluzione di vita autonoma in Europa magari in contatto con la sorella, inspiegabilmente torna in Brasile a casa del padre e della madre che la respingono per il comportamento di vita anomalo, Il regista dai buoni propositi vuole dimostrare come le famiglie patriarcali sono nefaste per le figlie geniali, riuscendo in parte a narrare la verità dei fatti , meno che mai quando la madre obbedisce all’ordine di nascondere il ritorno a casa della figlia Guida respinta, all’altra sorella, che pur vivendo nella stessa città, non la incontra mai. Guida continua a scrivere lettere pensando a Euridice a Vienna in conservatorio e alla madre per recapitarle alla sorella. Dunque un guazzabuglio di fatti e personaggi che poco convince ai fini di una storia in parte già narrata e nella letteratura e nel cinema. Il regista si è addentrato nell’animo femminile dei personaggi, seguendo alla meglio il romanzo dell’autrice Martha Batalha che forse nel contesto storico letterario, viene maggiormente colto. Impegno e bravura per le due attrici interpreti, buona la resa visiva delle immagini con la ambientazioni anche a tutto campo della città di Rio , in contrasto con gli spazi interni delle case dove si svolge la vicenda. ( Mauridal)
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gabriella
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giovedì 8 ottobre 2020
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saudade
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Vivere nella stessa città e non vedersi mai è il destino delle sorelle Gusmao, si sfiorano, ma non si toccano, percorrono le stesse strade, ma non si incontrano, si cercano, ma non si trovano, eppure sono unite da un legame profondo, viscerale, nonostante siano così diverse per aspetto e inclinazioni. Euridice è alta di statura, come elevate sono le sue aspirazioni, studiare pianoforte al conservatorio di Vienna, mentre la maggiore Guida, più bassa di statura , come i suoi desideri squisitamente più terreni, la passione, il grande amore, una famiglia, ma per entrambe la vita spazzerà via sogni e promesse. Anni 50 , Rio De Janeiro, Guida torna alla casa paterna incinta, quello che credeva l’uomo della sua vita l’ha abbandonata, così come verrà abbandonata da un altro uomo, suo padre, che la caccerà via e le farà credere che la sorella si trovi a Vienna.
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Vivere nella stessa città e non vedersi mai è il destino delle sorelle Gusmao, si sfiorano, ma non si toccano, percorrono le stesse strade, ma non si incontrano, si cercano, ma non si trovano, eppure sono unite da un legame profondo, viscerale, nonostante siano così diverse per aspetto e inclinazioni. Euridice è alta di statura, come elevate sono le sue aspirazioni, studiare pianoforte al conservatorio di Vienna, mentre la maggiore Guida, più bassa di statura , come i suoi desideri squisitamente più terreni, la passione, il grande amore, una famiglia, ma per entrambe la vita spazzerà via sogni e promesse. Anni 50 , Rio De Janeiro, Guida torna alla casa paterna incinta, quello che credeva l’uomo della sua vita l’ha abbandonata, così come verrà abbandonata da un altro uomo, suo padre, che la caccerà via e le farà credere che la sorella si trovi a Vienna. Guida dovrà cavarsela da sola, si troverà un lavoro e manterrà suo figlio con l’aiuto di un’ex prostituta, che diverrà la sua famiglia. Euridice , diverrà moglie e madre suo malgrado, riuscirà a resistere sparendo ogni tanto tra i tasti del pianoforte- Una vita misera e difficile quella di Guida, agiata e benestante quella di Euridice, ma non meno difficile perché non desiderata, scelta da uomini che esercitano su di lei il potere, paterno prima e coniugale poi, la supremazia del ruolo maschile che calpesta con naturalezza ogni esigenza o desiderio femminile, come nella scena della prima notte di nozze di Euridice, grottesca nella sua crudezza. Le numerose lettere che Guida invierà alla sorella non giungeranno alla destinataria, occultate dal padre con la tacita e sottomessa complicità della moglie, altra figura invisibile, all’ombra del marito. Così le parole scritte rimangono nell’aria, vibranti e accorate, non da meno i pensieri nostalgici di Euridice verso la sorella, ironia della sorte, l’una crede l’altra felice, una musicista affermata e una moglie realizzata. E’ un sogno, un’illusione che si rincorre negli anni, tra colori pastosi e vividi che riflettono le emozioni e lo stato d’animo delle due protagoniste, le accompagna in labirintiche foreste sfumate da un verde intenso che si dissolve, divide la loro strada, per sempre, ma non spegne il loro amore, la speranza di riabbracciarsi, benchè ognuna vaghi nella sua solitudine. In quanti film le lettere vengono sottratte per malvagità, invidia o rancore, come nel film di Spielberg “ Il colore viola”, le missive di Nettie alla sorella, rubate dal marito di Celia per lunghi anni. Solo che alla fine Albert compie l’unico gesto generoso della sua vita e fa ricongiungere le sorelle; nel film di Ainouz , nulla riesce a piegare o commuovere il vecchio genitore, nemmeno la fragilità di Euridice che non regge le pressioni e finisce per sparire davvero in un mondo obnubilato. Bel film, molto fisico, sudato, che racconta ciò che non è mai raccontato abbastanza, il sempre difficile riscatto della donna per rendersi finalmente visibile.
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carloalberto
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domenica 7 novembre 2021
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bastava chiedere a un vicino
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Karim Aïnouz complica la trama originale del libro Euridice Gusmao che sognava la rivoluzione di Martha Batalha, da cui trae il suo film, aggiungendovi melodrammaticamente un inverosimile quanto strampalato caso di Chi l’ha visto ed un finale strappalacrime alla Carramba che sorpresa, non disdegnando di inserirvi qualche scena di sesso, per rendere il prodotto più piccante, e confezionando il tutto con immagini dai bei colori vividi con una fotografia da rivista patinata.
Sullo sfondo e talmente lontana da essere invisibile non è la protagonista Euridice, ma la Rio de Janeiro degli anni ’50 che appare in qualche scorcio da locandina turistica col Pan di Zucchero in evidenza.
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Karim Aïnouz complica la trama originale del libro Euridice Gusmao che sognava la rivoluzione di Martha Batalha, da cui trae il suo film, aggiungendovi melodrammaticamente un inverosimile quanto strampalato caso di Chi l’ha visto ed un finale strappalacrime alla Carramba che sorpresa, non disdegnando di inserirvi qualche scena di sesso, per rendere il prodotto più piccante, e confezionando il tutto con immagini dai bei colori vividi con una fotografia da rivista patinata.
Sullo sfondo e talmente lontana da essere invisibile non è la protagonista Euridice, ma la Rio de Janeiro degli anni ’50 che appare in qualche scorcio da locandina turistica col Pan di Zucchero in evidenza. La complessità della società civile, le condizioni di vita del popolo, la realtà politica del Brasile sono del tutto assenti.
Gli anni ’50 del suo Paese secondo Karim Aïnouz si possono riassumere nella storia di due sorelle piccolo borghesi che aspirano ad emanciparsi contro i pregiudizi maschilisti dell’epoca e finiscono per vivere due storie parallele e specularmente tragiche, ignare l’una dell’altra nella stessa città.
A prescindere dalle palesi incongruenze del plot, il film, inutilmente lungo, si risolve in un dramma intimista, velleitariamente femminista, colorato da un romanticismo superficiale e da un sentimentalismo retorico che lo rende simile a un feuilleton ottocentesco.
E’ destinato all’insolubilità l’enigma, sul quale, peraltro, è costruito tutto il film, ovvero perché alla sorella di Euridice non sia mai venuto in mente, in circa sessant’anni, di chiedere a un vicino di casa, a un parente, ad un amico di famiglia, ad un cliente della panetteria del padre, dove abitasse l’introvabile Euridice.
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