Le verità |
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Un film di Kore'eda Hirokazu.
Con Catherine Deneuve, Juliette Binoche, Ethan Hawke, Clémentine Grenier, Manon Clavel.
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Titolo originale La vérité.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 107 min.
- Francia 2019.
- Bim Distribuzione
uscita giovedì 10 ottobre 2019.
MYMONETRO
Le verità
valutazione media:
3,14
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Dio mio! Un flop!di cardclauFeedback: 12320 | altri commenti e recensioni di cardclau |
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sabato 12 ottobre 2019 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Dopo aver visto il film Shoplifter di Kore’eda Hirokazu, dove si spiega un delizioso canto sulle interrelazioni intrafamiliari ed intergenerazionali, e sui temi profondi della genitorialità, e della povertà che non significa necessariamente miseria (si guardi a proposito l’americano Joker); mi sarei aspettato qualcosa di simile con il film Le Verità [la vérité], sempre del buon Hirokazu. Ma, forse, non si può dare per scontato quello che scontato non è. E quindi voglio sottolineare il mio accordo con il commento verbalizzato da alcuni spettatori: una delusione! Kore’eda Hirokazu affronta due aspetti che sembra non conoscere bene, e nei quali secondo me si smarrisce. Il primo è dato dall’abbandono della cultura, dei suoi attori, e del modo di recitazione, giapponesi, per catapultarsi in quelli francesi, a lui fondamentalmente ignoti, ovviamente visceralmente, “nella pancia”. Il secondo consiste nell’affrontare il tema dell’abbandono materno, della deprivazione, già di per se poco eccitante perché condito dalle malegrazie, e in questo contesto svolgere il tema della relazione conflittuale madre-figlia. E’ vero che Lev Tolstoj nel frontespizio di Anna Karenina scrive 'Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo.’' E prosegue descrivendone una particolarmente coinvolgente. Quella raccontata dal regista giapponese non lo è, invece, per niente. La madre [una ipomimica Catherine Deneuve] è affogata in un narcisismo ad oltranza, che non si allenta mai, con toni stereotipati, perfino macchiettistici. La figlia, in un continuo tira e molla ambiguo [una Juliette Binoche tirata fuori dal frigidaire] appare fondamentalmente aliena alla consapevolezza (figlia-compagna-madre). Le figure maschili, il padre, il compagno della madre, il marito della figlia, sono pallide e decisamente inconsistenti. Il tutto in simbiosi con una storia, recitata, ma dolorosissima, di una madre che per non morire di malattia, abbandona la figlia, ogni volta per sette anni, per vivere nello spazio, dove non si invecchia. Non so dove l’abbia tirata fuori, forse questa sì è una leggenda dalle radici orientali.
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