“La conseguenza” è un film melodrammatico dove ci sono tutti gli ingredienti di questo genere cinematografico: la disperazione degli effetti della guerra, la perdita, il tradimento, la passione, l’odio.
Siamo nel 1945 e Lewis Morgan è un colonnello dell’Esercito inglese e gli è stato assegnato come alloggio una bellissima villa, requisita dalla Commissione di Controllo britannica, immersa nel verde di proprietà di Stefan Lubert, un architetto tedesco rimasto vedovo che vive con la figlia Freda, oggi operaio alla pressa.
Rachael, sua moglie, lo raggiunge ad Amburgo in pieno inverno.
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“La conseguenza” è un film melodrammatico dove ci sono tutti gli ingredienti di questo genere cinematografico: la disperazione degli effetti della guerra, la perdita, il tradimento, la passione, l’odio.
Siamo nel 1945 e Lewis Morgan è un colonnello dell’Esercito inglese e gli è stato assegnato come alloggio una bellissima villa, requisita dalla Commissione di Controllo britannica, immersa nel verde di proprietà di Stefan Lubert, un architetto tedesco rimasto vedovo che vive con la figlia Freda, oggi operaio alla pressa.
Rachael, sua moglie, lo raggiunge ad Amburgo in pieno inverno. I due non si vedono da parecchio tempo e lei non è riuscita a superare la perdita del figlio undicenne, morto sotto una bomba a Londra.
Lewis Morgan è gentile con “i vinti”, crede fermamente di dover dare una mano alla ricostruzione di un paese martoriato dalla guerra. In particolare Amburgo è stata bombardata in una settimana più di Londra in un intero anno, e gli abitanti stanno ancora cercando tra le macerie i propri congiunti dispersi. Rachel non sembra essere così accondiscendente con i tedeschi, non riesce a perdonare a loro di aver sganciato quella bomba che ha ucciso suo figlio.
Lewis decide di concedere a Stefan e Freda di continuare a vivere nella villa anche se segregati in soffitta, invece di essere trasferiti in un campo.
C’è molto disagio nella coppia di coniugi. Rachael soffre ancora molto per la morte del figlio e crede di leggere una certa indifferenza nel marito, che comunque è sempre molto impegnato nel suo lavoro. Scoppiano continuamente manifestazioni, sommosse e attentati dei tatuati 88, un’abbreviazione per l’ottava lettera dell’alfabeto, la lettera H, ripetuta due volte che rappresenta “Heil Hitler”. Per questa ragione, a un certo punto, Lewis è costretto a partire per qualche giorno in prossimità del Natale.
Mal gliene incolse…in un certo senso spinge inconsciamente Rachael nelle braccia di Stefan. Non voglio narrare di più anche se ciò che succede è tutto ampiamente prevedibile.
C’è un errore grossolano nel film che riguarda il profilo architettonico del proprietario della villa nella quale si svolge la vicenda. Durante il fascismo il moderno era stato bandito. Mies van der Rohe, ultimo direttore della Bauhaus (dopo Walter Gropius, Hanne Mayer le Ludwig Mies van der Rohe), la sciolse nel 1933, proprio per non farla chiudere ad Hitler. I nazisti avevano iniziato a mettere i tetti inclinati con le tegole sui terrazzi piani progettati dal moderno considerati troppo eversivi e poco rispettosi della tradizione. Gli architetti tedeschi del Movimento Moderno - così come tanti altri intellettuali - furono quindi costretti all’esilio e le menti più interessanti emigrarono negli Stati Uniti. Invece nel film Stefan sembra essere un appassionato di Mies van der Rohe di cui ha una sua sedia, parla con entusiasmo della Bauhaus, e progetta proprio come un architetto modernista.
Dopo una guerra così lunga, e così atroce, esiste la necessità di ricominciare a vivere, per tutti, per i vincitori come per i vinti. Vanno pertanto superati i lutti, dimenticate le devastazioni, ricostruite le macerie, e sembra sia così maledettamente difficile per i quattro personaggi del film.
La nuova Amburgo è un insieme di edifici distrutti e devastati, di sfollati che muoiono di fame (sono a 900 calorie al giorno) e di adolescenti che si riuniscono di nascosto, durante la notte, allo scopo di alimentare l'odio verso gli inglesi e creare uno zoccolo duro di resistenza contro l'invasore. Il regista, infatti, per rendere ancora più palese il contrasto, alterna immagini dell’ambiente ovattato e lussuoso della villa, delle cene con i candelabri, degli eleganti vestiti di gala, alle viste delle macerie urbane.
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