È uno strano film Iron Mask.
Il Jackie Chan di oggi non è il tipo che si infila per forza a fare comparsate in cose a caso di cui non ha controllo, e si vede: si ha spesso l’impressione che la co-produzione russo-cinese si sia letteralmente divisa il compito di girare metà film a testa, Stepchenko le parti europee e il Jackie Team quelle orientali.
È una tamarrata continuamente affogata di CGI (a volte decorosa, a volte inguardabile) che solo quando affronta le parti mitologiche o marziali acquista di colpo un improvviso impeto di eleganza e complessità.
L’highlight molto ovvio è l’obbligatoria scazzottata fra Jackie e Arnold: è creativa e divertente, come se Jackie avesse di colpo preso le redini per assicurarsi di non vergognarsi almeno delle scene in cui compare lui.
Ma aldilà della fattura, l’intesa tra i due è spettacolare: Arnie ormai si muove come André the Giant, ma ha ancora visibilmente una gran voglia di divertirsi, il suo senso dell’umorismo è perfettamente complementare con quello di Jackie, e vien da pensare come sarebbe stato un buddy cop ai tempi d’oro (magari una versione più action di I gemelli).
Probabilmente valgono il biglietto da soli: il resto è giusto per ammirare lo sforzo produttivo di un paese decisamente lontano da Hollywood, ma che in confronto a noi pare un Warner Bros pieno.
Più avanti Jackie riappare per combattere un drago, ma non è fondamentale.
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