Arthur Fleck vive in un fatiscente palazzone insieme all'anziana madre, pubblicizzando un negozio travestito da clown per sbarcare il lunario. Figlio unico, affetto da disturbi comportamentali, Arthur si prende amorevolmente cura dell'unico genitore disabile, ma soffre di una totale mancanza d'affetto che riscontra quotidianamente.
È single, non per scelta, nessuno lo tratta con rispetto e la madre sembra avere come unico interesse il vecchio amore clandestino di nome Thomas Wayne, al quale spedisce continuamente lettere. Aggredito senza motivo da teppisti adolescenti, Arthur si vede regalare una pistola di piccolo calibro da un collega, evento che provocherà il licenziamento dalla piccola agenzia che gli dà lavoro.
Trattato male anche da una signora sul bus che lo invita a smettere di infastidire il figlioletto (che invece stava innocentemente divertendosi), Arthur comincia a non poterne più della vita: l'ennesima aggressione gratuita, stavolta da parte di tre colletti bianchi, lo spinge ad un'inevitabile ed estrema reazione. E mentre cerca disperatamente di diventare cabarettista e di tenere a bada un'incontrollabile ghigno scaturito da un raro disturbo nervoso, Arthur sogna un'ospitata nel celebre Murray Franklin Show ed una laison con la bella vicina icontrata in ascensore, unica capace di un gesto carino nei suoi confronti.
A seguito del triplice omicidio cresce in città il malcontento delle classi deboli, in una Gotham sempre più sporca e corrotta e nella quale nasce un movimento di protesta ispirato dal misterioso killer truccato; in perenne tensione sociale, la metropoli sta per cadere nell'anarchia e Arthur (venuto a conoscenza di un passato familiare pregno di menzogne) decide, senza più l'effetto placante dei farmaci tagliati dal sistema sanitario, di cavalcare l'onda e diventare il paladino dei disillusi.
La nuova rivisitazione di Joker (USA, 2019) è un lavoro d'introspezione completamente diverso da tutti i film tratti da fumetti visti fino ad oggi. Se c'era qualche dubbio sul regista del franchise The Hangover, va detto subito che Todd Phillips sorprende tutti, sciorinando un inatteso stile dark deciso e senza esitazioni, portandoci in una Gotham City finalmente fedele alla storia. Ma ciò che lascia davvero senza parole è la strepitosa, disturbante, eclettica, plastica e umorale interpetrazione di Joaquin Phoenix, al quale credo debba andare il plauso unanime della critica. L'attore, dimagrito di 30 chili, è la reincarnazione di Joker: ha il suo viso, il suo corpo, le sue cicatrici interiori. Incredibile la risata creata da Phoenix, che a suo dire l'ha portato quasi alla pazzia, e c'e da credergli; nell'opera ci sono anche delle sue improvvisazioni, il che lo mette sullo stesso piano dell'attore -suo mentore- che lo ha ispirato più di tutti, De Niro, qui presente nell'istrionico ruolo del Letterman di turno.
Il Joker del 2019 resterà nella storia dell'intrattenimento audio-visivo, ispirerà imitazioni, verrà premiato a cascata, sarà oggetto di tesi d'esame.
In questa doppia rappresentazione di una città ridotta a discarica sociale e di un uomo in perenne stato depressivo-confusionale (alcune cose che vediamo sono soltanto sue visioni) c'è tantissimo materiale psico-sociologico meritevole di approfondimento: nella sceneggiatura Phillips non lascia nulla al caso e sembra volerci parlare dei reali problemi dell'America di oggi. Se da un lato, infatti, ci pare di rivedere la New York del '76 di Taxi Driver, dall'altro ci viene l'impressione di una denuncia dei mali che affliggono la società americana nel presente, pur essendo, la pellicola, ambientata ad inizio anni '80. La pistola facile, le cure sanitarie soggette a tagli, l'incuria e il degrado urbano (che riguardano anche altre parti del mondo), il disagio, l'alienazione, la violenza gratuita. Il Joker di Phoenix è più umano dell'umano, se mi si concede l'azzardo citazionistico di Blade Runner: si, perché l'alienazione e l'indifferenza, unita ad alcune inquadrature e angoli bui della metropoli e soprattutto attraverso lo sguardo perso e triste di Joker rivediamo anche la disperazione dei replicanti di Philip K. Dick.
Arthur Fleck aveva solo bisogno di attenzioni, di un abbraccio, di una parola dolce, ma nessuno è stato in grado di offriglieli. Intensa come quella di The Master, la prova di Phoenix lo porterà almeno nella cinquina dei candidati all'Oscar.
Voto: 10
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