inesperto
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domenica 24 marzo 2019
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la cultura è vita, la vita è cultura.
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Questo film biografico, per nulla piatto ma anzi molto vario nell'arco della sua narrazione, riempie gli occhi ed il cuore. La volontà del professore autodidatta che insegue un'impresa titanica (per usare un eufemismo) spinge l'animo a schierarsi dalla sua parte, contro i parrucconi meglio titolati. Il costante ed incessante sostegno della moglie e l'allegria contagiosa dei suoi figli lo accompagnano ininterrottamente, donandogli serenità e forza. La figura del pazzo è alternativamente caratterizzata da una lucida consapevolezza, che lo costringe a provare un profondo e potentissimo senso di colpa per l'uccisione di un uomo innocente, a delle acute crisi schizofreniche.
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Questo film biografico, per nulla piatto ma anzi molto vario nell'arco della sua narrazione, riempie gli occhi ed il cuore. La volontà del professore autodidatta che insegue un'impresa titanica (per usare un eufemismo) spinge l'animo a schierarsi dalla sua parte, contro i parrucconi meglio titolati. Il costante ed incessante sostegno della moglie e l'allegria contagiosa dei suoi figli lo accompagnano ininterrottamente, donandogli serenità e forza. La figura del pazzo è alternativamente caratterizzata da una lucida consapevolezza, che lo costringe a provare un profondo e potentissimo senso di colpa per l'uccisione di un uomo innocente, a delle acute crisi schizofreniche. Queste ultime vengono momentaneamente sconfitte grazie alla lettura di numerosi libri che egli richiede al direttore del manicomio, allo scopo di contribuire all'opera del succitato letterato. Infine, il personaggio più complesso dell'intera vicenda, la vedova della vittima assassinata dal folle: è colei che attraversa, forse, il maggior cambiamento interiore. Dall'intenso odio al più tenero amore per colui che la privò del consorte, lasciandola coi figli in condizioni di povertà assoluta. Ebbene, la trama, tenuta insieme in maniera splendida, è tutta da seguire con partecipazione; Sean Penn è entusiasmante nella sua interpretazione e conferma di essere uno dei migliori attori in circolazione (se non il migliore, ma è opportuno evitare sbilanciamenti); superbo anche Mel Gibson, nelle inedite vesti del dotto e bravissima, altresì, la sempre bellissima Natalie Dormer.
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samanta
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giovedì 11 aprile 2019
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oxford e la pazzia
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Ogni tanto ci si imbatte in un film intelligente, in questo caso tratto dal una vicenda reale.
Il film inizia nel 1872 quando l'Università di Oxford dopo 20 anni di insuccessi, incarica con una scelta audace anche se contrastata, il sig. James Murray (Mel Gibson) autodidatta senza titoli accademici, ma gran conoscitore delle lingue nonché filologo che insegna grammatica in un collegio, a redigere l'Oxford English Dictionary. L'autore con il sacrificio della famiglia (moglie e 4 figli) che deve abbandonare un esistenza tranquilla ma lo segue e lo sostiene in un lavoro che si rivela ben più difficile del previsto. Non si tratta infatti di una semplice elencazione di termini, ma di ogni parola si deve definire il significato etimologico, i sinonimi, le citazioni che si hanno nella letteratura inglese a partire dal 1300, insomma un lavoro immenso.
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Ogni tanto ci si imbatte in un film intelligente, in questo caso tratto dal una vicenda reale.
Il film inizia nel 1872 quando l'Università di Oxford dopo 20 anni di insuccessi, incarica con una scelta audace anche se contrastata, il sig. James Murray (Mel Gibson) autodidatta senza titoli accademici, ma gran conoscitore delle lingue nonché filologo che insegna grammatica in un collegio, a redigere l'Oxford English Dictionary. L'autore con il sacrificio della famiglia (moglie e 4 figli) che deve abbandonare un esistenza tranquilla ma lo segue e lo sostiene in un lavoro che si rivela ben più difficile del previsto. Non si tratta infatti di una semplice elencazione di termini, ma di ogni parola si deve definire il significato etimologico, i sinonimi, le citazioni che si hanno nella letteratura inglese a partire dal 1300, insomma un lavoro immenso. Murray trova la collaborazione di uno strano individuo il dottor William Minor (Sean Penn) medico militare americano in pensione. Minor è affetto da mania di persecuzione ed è convinto che un soldato a cui era stato costretto a marchiare a fuoco la guancia con la D di disertore lo perseguiti per ucciderlo, in realtà non c'é persecuzione solo che il dottore è rimasto sconvolto dagli orrori della guerra civile. Minor fugge a Londra e una notte uccide confondendolo con il suo persecutore immaginario, un poveraccio che lascia la giovane moglie Eliza (Natalie Dormer) e sei figli, condannato al manicomio criminale in quella struttura salva un guardiano che stava per morire dissanguato, ottenendo l'amicizia dei guardiani e la benevolenza del direttore sanitario. Per caso risponde ad un appello di Murray che cercava collaboratori volontari e grazie alla sua conoscenza della letteratura inglese e al suo metodo di ricerca Murray riesce a sbloccare il dizionario. Lascio i vari episodi che drammatizzano la vicenda, il dizionario uscirà nel 1928, Murray diventato Sir e dottore morirà 13 anni prima quando era già arrivato alla lettera T.
La narrazione è avvincente e storicamente corretta nei punti essenziali e rivela il genio di Mel Gibson che riesce a creare sempre opere originali (innanzitutto i capolavori Passion e Apocalypto oltre che Braveheart e Il Patriota). Si è evidentemente ripreso dalle turbolenze personali che avevano compromesso la carriera e fa un intepretazione sofferta ma riuscita di un amante della cultura compassato e ostinato ben lontano dagli schemi recitativi in passato, accanto a lui Sean Penn fa un'interpretazione superlativa di un uomo pazzo ma di una profonda sensibilità e cultura che riuscirà a riappacificarsi e diventare amico della vedova (che lui assiste economicamente dopo un iniziale rifiuto di lei) interpretata bene da Natalie Dormer famosa per il suo mettersi nuda in TV o nei film (Vedi Il Trono di Spade e In Darkness) ma una volta tanto vestita. Il regista è il persiano Shemran collaboratore di Mel Gibson sia in Passion che in Apocalypto, come sceneggiatore e coproduttore, buona la sua direzione e ottima la ricostruzione dell'ambiente vittoriano.
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michelecamero
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venerdì 29 marzo 2019
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due storie in un unico film
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Buon film che racconta una storia vera all'interno di un’altra storia vera che è, quest’ultima, l’avventura dell’Oxford English Dictionary. La storia è quella del rapporto epistolare e poi di amicizia tra il curatore del Dizionario, il professor Murray, scozzese, ed un medico americano internato in un manicomio criminaleinglese per aver ucciso un uomo innocente confondendolo per il demone che gli torturava la mente disturbata a seguito delle atrocità che aveva dovuto vedere nel corso della guerra di secessione. W.C. Minor, come si firmava il medico-pazzo, diventerà, per un certo periodo, il più assiduo, il più utile, il più prolifico ed il più prezioso dei collaboratori volontari ai quali Murray si era rivolto per mandare avanti quell’opera monumentale.
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Buon film che racconta una storia vera all'interno di un’altra storia vera che è, quest’ultima, l’avventura dell’Oxford English Dictionary. La storia è quella del rapporto epistolare e poi di amicizia tra il curatore del Dizionario, il professor Murray, scozzese, ed un medico americano internato in un manicomio criminaleinglese per aver ucciso un uomo innocente confondendolo per il demone che gli torturava la mente disturbata a seguito delle atrocità che aveva dovuto vedere nel corso della guerra di secessione. W.C. Minor, come si firmava il medico-pazzo, diventerà, per un certo periodo, il più assiduo, il più utile, il più prolifico ed il più prezioso dei collaboratori volontari ai quali Murray si era rivolto per mandare avanti quell’opera monumentale. La pellicola esalta i valori della cultura, della caparbietà, dell’amicizia che nasce per affinità culturali e forse anche caratteriali, dove meno uno se l’aspetta, dell’espiazione del proprio senso di colpa, della potenza del perdono, della famiglia, quella del professore e quella della povera vedova rimasta con sei orfani di padre. Molto apprezzate le ricostruzioni d’ambiente, più che buone le interpretazioni non solo quelle dei due protagonisti, ma anche quelle dei personaggi di contorno, ottimo il doppiaggio, a conferma di quello che si dice a proposito della bravura dei doppiatori italiani.
MICAM
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carlaas
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venerdì 31 maggio 2019
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storie ben intrecciate tra cultura e pazzia
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“Il Professore e il pazzo” diretto da P. B. Shemran è il racconto della genesi faticosa della prima versione dell’Oxford English Dictionary nella cui cornice si intersecano sentimenti, relazioni, nevrosi. Ben costruito, sapientemente strutturato con una duplicità di storie che, apparentemente distanti, si collegano, si intrecciano.
Vanta presenze di spessore, con il bravissimo Sean Penn, che impersona il “pazzo” dandogli vita con un realismo da fa paura, puntuale, intenso, capace – come pochi – di far rivivere il dramma nella sua (delicatissima ed atroce) evoluzione emotiva, fisica, mentale. Accanto a lui Mel Gibson, perfetto nel ruolo, ma oscurato dal collega.
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“Il Professore e il pazzo” diretto da P. B. Shemran è il racconto della genesi faticosa della prima versione dell’Oxford English Dictionary nella cui cornice si intersecano sentimenti, relazioni, nevrosi. Ben costruito, sapientemente strutturato con una duplicità di storie che, apparentemente distanti, si collegano, si intrecciano.
Vanta presenze di spessore, con il bravissimo Sean Penn, che impersona il “pazzo” dandogli vita con un realismo da fa paura, puntuale, intenso, capace – come pochi – di far rivivere il dramma nella sua (delicatissima ed atroce) evoluzione emotiva, fisica, mentale. Accanto a lui Mel Gibson, perfetto nel ruolo, ma oscurato dal collega. Brava nella rappresentazione delle fragilità e della contraddizione Natalie Dormer.
Nel film c’è spazio per sensazioni opposte, per sentimenti divergenti che, minuto dopo minuto, sembrano far pace. C’è amore, c’è odio, c’è coraggio, c’è tenacia, c’è solidarietà, c’è perversione, c’è compassione, c’è senso di colpa, c’è famiglia. Solo la redenzione, perennemente attesa, non giunge mai.
Il film purtroppo non vanta particolari slanci. Forse qualche scelta più ardita da parte del regista avrebbe reso la pellicola più avvincente. La trama risulta comunque sapientemente costruita e, nel complesso, funziona, complice forse la colonna sonora, cornice invisibile ma palpabile che culla lo spettatore, lo accompagna, lo indirizza verso scenari inattesi.
Se ci si pone in una prospettiva di relativizzazione, il titolo del film potrebbe essere riletto perché ci si chiede dove risieda la pazzia e dove, invece, l’erudizione che rende “professori”. La pazzia si cela nell’intelligenza, nel genio, nella sensibilità, nella caparbietà, nella non indifferenza.
Eredità preziosa che questa storia lascia a chi guarda è la consapevolezza che la cultura, la lettura, la conoscenza rappresentino, spesso, le vie di fuga dalla realtà, unici antidoti contro le lacerazioni interiori, capaci di alleviare il tormento.
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francesca meneghetti
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sabato 17 agosto 2019
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una folle, e in fondo sana, avventura
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Ho idea che i dizionari di lingua madre stiano diventando oggetti sempre più esotici. Una volta, da noi, ma suppongo anche in altre realtà, era quasi d’obbligo l’acquisto, iniziate le medie. Così un mattone cartaceo entrava a far parte dell’ambiente domestico, e magari qualcuno, sfogliandolo alla ricerca delle parolacce, scopriva termini nuovi e allargava il proprio bagaglio culturale.
Nessuno però si chiedeva che cosa c’era dietro a quel mattone.
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Ho idea che i dizionari di lingua madre stiano diventando oggetti sempre più esotici. Una volta, da noi, ma suppongo anche in altre realtà, era quasi d’obbligo l’acquisto, iniziate le medie. Così un mattone cartaceo entrava a far parte dell’ambiente domestico, e magari qualcuno, sfogliandolo alla ricerca delle parolacce, scopriva termini nuovi e allargava il proprio bagaglio culturale.
Nessuno però si chiedeva che cosa c’era dietro a quel mattone. Non ci si interrogava sulla mole di lavoro, sul progetto, sulle persone che l’avevano redatto (pensandoci, non potevano che essere grigi topi d’archivio, sagome senza spessore, vecchi tromboni.
Questo film ci racconta quanta vita (passione, pulsione, sofferenza) possa essere invece celata da pagine dall’aspetto monotono. Nella fattispecie in quelle dell’Oxford English Dictionary, promosso nel 1857 dalla Philological Society di Londra (una congrega, in effetti, di vecchi tromboni), ma avviato quasi vent’anni dopo dal genio di James Murray, uno scozzese senza laurea che ottiene l’incarico della redazione a fatica, in mancanza di titoli accademici, solo dopo aver dimostrato sul campo la sua vasta conoscenza delle lingue, acquisita da autodidatta. Murray, trascinando moglie e figli a Oxford, al proprio seguito, avvia il lavoro con un progetto geniale e, in qualche modo, democratico: mettere in rete le competenze di volontari di tutto il mondo di lingua inglese, colonie incluse, chiedendo loro di segnalare parole e citazioni. I mezzo di comunicazione delle informazioni sono quelli del tempo: giornali e poste (funzionanti!). Tuttavia il progetto parte bene, ma poi si arena, un po’ per la fatica di gestire un enorme data base, un po’ per la difficoltà a colmare alcune lacune.
Provvidenzialmente, a consentire la prosecuzione dell’impresa, entra in scena un personaggio (che, tuttavia, nel film, che procede a montaggio alternato, si annuncia prima): William Chester Minor, un chirurgo medico americano, segnato drammaticamente dalle efferatezze della guerra civile (o di Secessione), tanto da restarne segnato nella psiche. Ossessionato da allucinazioni (e da schizofrenia), aveva ucciso un uomo, scambiandolo per il suo immaginario persecutore, e lasciato sul lastrico la giovane vedova e i suoi sei bambini. Finito in manicomio, e non in prigione, a causa della sua “pazzia”, William fa i conti ogni giorno con i sensi di colpa, che lo tormentano al pari delle sue allucinazioni. A un certo punto viene a conoscenza del progetto di James Murray e ci si butta, anima e corpo, per guarire mediante il lavoro. E così avviene l’incontro del professore e del pazzo: due uomini, due storie, in un certo senso due diverse follie, una comune passione per le parole e la letteratura, ma anche per l’esplorazione dell’animo umano. Nasce un’amicizia che va oltre le convenzioni e che si basa sul rispetto, per le competenze, ma anche per la sincerità e l’umanità. Raccontare le successive, anche drammatiche traversie, che preludono a un lieto fine non è bello. Va sottolineato però che la storia è vera ed è stata narrata nel 1998 da Simon Winchester (The Surgeon of Crowthorne: A Tale of Murder, Madness and the Love of Words).
Mel Gibson, che qui interpreta magistralmente il Professore, ha avuto il merito di aver puntato su questo libro e aver avviato un adattamento cinematografico, lasciando poi la regia al persiano Shemran. Ma è Sean Penn a essere superlativo come interprete, senza tralasciare altre figure, come l’attore che interpreta il secondino. Il film è davvero variopinto nei toni e nei generi: non tralascia suspense, l’horror, il gotico (che non è solo quello dell’Università di Oxford), ma sa anche creare, con luci e soprattutto con ombre, atmosfere tipicamente inglesi e vittoriane, sia che si tratti di spazi interni, specie le biblioteche, sia che si tratti di giardini o del prato del manicomio. Da non perdere.
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taty23
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venerdì 22 marzo 2019
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mel gibson e sean penn tra genio e follia
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Il film “Il Professore e il Pazzo” racconta la storia della creazione dell’Oxford English Dictionary, il primo dizionario completo inglese.
Il Professor James Murray(Mel Gibson) darà vita a questo progetto di portata immensa e non privo di problematiche. Per ampliare sempre più il dizionario, Murray chiederà sostegno alla popolazione inglese e con il prezioso aiuto del Dottor William.C. Minor(Sean Penn), paziente di un ospedale psichiatrico, riuscirà a concludere questa impresa letteraria.
Tra genio e follia
Il film Il professore e il Pazzo è l’adattamento del libro L’assassino più colto del mondo.
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Il film “Il Professore e il Pazzo” racconta la storia della creazione dell’Oxford English Dictionary, il primo dizionario completo inglese.
Il Professor James Murray(Mel Gibson) darà vita a questo progetto di portata immensa e non privo di problematiche. Per ampliare sempre più il dizionario, Murray chiederà sostegno alla popolazione inglese e con il prezioso aiuto del Dottor William.C. Minor(Sean Penn), paziente di un ospedale psichiatrico, riuscirà a concludere questa impresa letteraria.
Tra genio e follia
Il film Il professore e il Pazzo è l’adattamento del libro L’assassino più colto del mondo. Attraverso una narrazione multistrato dove luce e oscurità si scontrano, genio e follia si amalgamano, ci ritroviamo davanti a varie sfumature dell’esistenza di questi due personaggi; precursori di qualcosa di molto più vasto ed estremamente attuale come Wikipedia, i social media e le ricerche sul web.
Troviamo scelte registiche molto interessanti, come la fotografia che caratterizza i due protagonisti e le ambientazioni in cui interagiscono. Per il Professore la luce con colori caldi ed avvolgenti per delineare la sanità mentale, invece per il Dottore si preferisce l’oscurità con colori freddi, spazi chiusi ed angosciosi per sottolinearne la pazzia.
Un ritmo che si alterna e muta seguendo le sensazioni e le angosce dei personaggi, che non antepone filtri e che ci porta dalle rumorose strade di Londra fino agli oscuri meandri degli ospedali psichiatrici con i loro orrori.
Mel Gibson torna in grande stile interpretando il professore Murray, di origini scozzesi, che con una grande mente ed una grande umanità dovrà combattere contro un sistema elitario, apparentemente pronto al progresso, ma effettivamente poco disponibile a nuove idee e compromessi.
A fare da contraltare un fantastico Sean Penn, che con il suo Dottor Minor rappresenta la fragilità umana. Un personaggio colto che combatte costantemente contro i suoi demoni, con un grandissimo senso di colpa e alla ricerca di espiazione per i peccati commessi.
Molto interessanti i personaggi femminili, Ada la moglie del Professore, interpretata da Jennifer Ehle e Natalie Dormer nei panni della vedova Merrett.
Da citare anche il personaggio di Eddie Marsan, che aiuterà il Dottor Minor nel suo periodo più buio.
La pellicola Il Professore e il Pazzo riesce a portare sullo schermo una storia con tematiche attuali, emozionante ed emozionale con due grandi attori a rappresentarla. Pecca solo nel finale fin troppo sbrigativo e didascalico.
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loland10
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sabato 30 marzo 2019
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linguaggi e lunghe barbe
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“Il professore e il pazzo” (The Professor and the Madman, 2018) è il primo lungometraggio dello sceneggiatore-regista di Teheran Farhad Safinia (noto come P. B. Shemran).
Opera prima, sceneggiatura statuaria, ambienti silenti e voci altisonanti.
Storia vera che parte dal 1872 in quella Oxford simbolo di bella cultura, rigorosità, onore e rivalità con altri e alti mondi accademici.
La verità di ciò che si vede pare diluirsi in trucchi dei visi, in barbe allungate, in corpi poco sinuosi e in una consorte sagace che tira avanti il cruccio di un marito stupito dalle sue forze innate.
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“Il professore e il pazzo” (The Professor and the Madman, 2018) è il primo lungometraggio dello sceneggiatore-regista di Teheran Farhad Safinia (noto come P. B. Shemran).
Opera prima, sceneggiatura statuaria, ambienti silenti e voci altisonanti.
Storia vera che parte dal 1872 in quella Oxford simbolo di bella cultura, rigorosità, onore e rivalità con altri e alti mondi accademici.
La verità di ciò che si vede pare diluirsi in trucchi dei visi, in barbe allungate, in corpi poco sinuosi e in una consorte sagace che tira avanti il cruccio di un marito stupito dalle sue forze innate.
Incontro tra un professore pazzo e un pazzo professore: il discernimento tra corpi e vite, borghesi e pezzenti, linguaggio e pochezze, volumi e miserie.
È la corsa fuori tempo di un duo anomalo: un letterato senza laurea e uno straniero senza dimora. Due opposti che coincidono in una ‘Università’ fatta di parrucche, aforismi massimi, lezioni dirompenti e sapere per pochi. Ma per raggiungere l’impero di tutti i paesi dove l’inglese è la lingua madre si può e si deve scrivere il voluminoso vocabolario di tutte le parole, i termini e i linguaggi conosciuti. Lettera per lettera, rigo per rigo e tomo per tomo. I sette anni sono il limite massimo: tutto va oltre e le didascalie finali spiegano ciò che è avvenuto e quando il tutto è stato concluso.
Film classico, impostato, statuario, parlato e intriso: pieno di rapporti, umori e tantomeno di livori e fermenti letterari.
Una pellicola dove il gusto al piacevole e al dilettantismo viene, peraltro si soggiunge che la composizione della storia appare coinvolgente negli argomenti, un po’ nella successione episodica e nella regia non sempre avvolgente e piena delle cose raccontate.
Una finezza di composizioni e di alfabeti che si perdono in dicotomie lunghe e riprese aggiustate; pare qualcosa di troppo racchiuso, contenuto, glassato e freddino. Sbavature e scompensi, finezze e lungaggini si notano e non aggiustano il tiro.
Nonostante l’argomento manca la spinta verso l’alto, di film a posteriori, di slancio e di morbidezza narrativa. Tutto appare bello ma mal costruito o, meglio, tutto appare bloccato e non ben amalgamato. Si legge della produzione faticosa e della volontà di Mel Gibson (lui australiano) di fare il film (donato al suo fidato sceneggiatore di ‘Apocalypto’). I volti, le barbe allungate e molti musi paiono faticosamente duri sul set: si saranno divertiti a farlo ma oltre lo schermo non si ‘gusta’ pienamente.
L’inglesismo, la beltà dell’impero, il colonialismo, la Regina, i modi e il vezzo ad ogni costo giocano un ruolo pieno di intenti, ma il sarcasmo, l’ironia, il raccontare la storia universitaria più prestigiosa tende al compiacimento fine a se stesso e alla lungaggine melensa di rivalità meste e minime
Mel Gibson (James Murray): appare troppo in se, voluminoso archetipo, lettu(e)ra incompleta e originalità trattenuta, fin troppo dentro il personaggio quasi da non essere credibile. Pur tuttavia rimane il volto corrugato e una barba finta nel bel mezzo di un visionario mondo da scrivere in ordine alfabetico (cosi in ‘arte’ da bloccare tutto il linguaggio che ne consegue).
Sean Penn (William Chester Minor): irrequieto e irriconoscibile, sconquassato e scheletrico, umido e poco salutare. Il vile gioco della peluria facciale scansa ogni destino per un bacio di amore incompreso (mentre il passo d’addio rimane un disegno già scritto tra il professore dotto e lo scribano pazzo).
Da dire che il cast è ben variegato ma lo sviluppo non apre alla ribalta personaggi importanti (dispiace dire che la presenza di John Boorman nella scrittura non risolleva il tutto).
Regia: liscia e levigata, patinata e oziosa, parsimoniosa come nelle vite a due di pazzi angosciati.
(e si legge dopo le diatribe legali di produzione anche la regia ha avuto problemi e passaggi).
Voto: 6,5/10 (***). -voto per l’idea centrale-
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silver90
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lunedì 5 luglio 2021
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l'elegia (fallita) della parola
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Il professore e il pazzo
Mel Gibson, capace di abbandonare il progetto in corso d'opera e fare causa alla produzione per aver continuato la lavorazione senza di lui, è il lessicografo scozzese James Murray, che si innamora della sua intelligenza e di un'idea: raccogliere tutte le parole inglesi, con il relativo etimo, in un'opera monumentale dal titolo ancora oggi conosciuto come Oxford English Dictionary. Sean Penn è, invece, il dottor Minor, un ex medico militare che arriva a Londra, spinto dai suoi demoni interiori. Nel 1872, a Lambeth, uccide un uomo pensando che questi lo stia perseguitando e finisce internato nell'ospedale psichiatrico di Broadmoor. Qui viene a sapere della ricerca di Murray e diventa il suo più prolifico collaboratore, arrivando a catalogare oltre 10.
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Il professore e il pazzo
Mel Gibson, capace di abbandonare il progetto in corso d'opera e fare causa alla produzione per aver continuato la lavorazione senza di lui, è il lessicografo scozzese James Murray, che si innamora della sua intelligenza e di un'idea: raccogliere tutte le parole inglesi, con il relativo etimo, in un'opera monumentale dal titolo ancora oggi conosciuto come Oxford English Dictionary. Sean Penn è, invece, il dottor Minor, un ex medico militare che arriva a Londra, spinto dai suoi demoni interiori. Nel 1872, a Lambeth, uccide un uomo pensando che questi lo stia perseguitando e finisce internato nell'ospedale psichiatrico di Broadmoor. Qui viene a sapere della ricerca di Murray e diventa il suo più prolifico collaboratore, arrivando a catalogare oltre 10.000 parole. Se la prima parte del film è buona a costruire un certo tipo di personaggi funzionali al dramma - il veterano di guerra che perde il senno, il professore che sfida le convenzioni della gentry della sua epoca - da un certo punto in poi, e cioè dall'incontro tra Murray e Minor a Broadmoor, il cote è prevedibile, stucchevole e permeato da una forte tensione morale; data la difficile gestazione dell'opera, in cui purtroppo nessuna deviazione è concessa al regista Farhad Safinia, assistiamo a una lezione cattedratica, utile soltanto a rinfrescare la memoria e i fasti della moderna filologia. . Se oggi siamo quello che siamo, si vorrebbe dire, è grazie alle parole che abbiamo coltivato, raccolto e curato nel tempo. Tuttavia, Minor svolge il suo ruolo con impegno e dedizione encomiabili, aiutando l'amico e suggerendogli la chiave per portare a termine il lavoro, ma nessuno arriva a salvarlo dall'aggravarsi della sua malattia. Persino la stereotipata love story tra Minor e la vedova della sua vittima si inscrive in questo panorama asfittico, chiuso come un dedalo di parole. E dietro le travagliate vicende della compilazione del dizionario, c'è un certo compiacimento della parola (data e non), che diventa ben presto una storia di missione e redenzione.
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vanessa zarastro
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domenica 24 marzo 2019
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quale la follia?
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Tratto dal libro The Surgeon of Crowthorne: A Tale of Murder, Madness and the Love of Words) di Simon Winchester del 1998, il film racconta la nascita dell’Oxford English Dictionary iniziato nel 1879 ad opera di Sir James Murray (Mel Gibson).
“Il Professore e il pazzo” è un ennesimo biopic, sembra che ormai la fantasia non abbia più spazio nelle sceneggiature, che invece si concentrano a romanzare una realtà vissuta, anche se al limite del verosimile.
Ciò che emerge dal film è soprattutto l’importanza delle parole, come esse abbiano cambiato significato nei secoli, come siano state usate dai grandi poeti, ed è strano che ciò debba essere sostenuto proprio da un mezzo che si esprime con le immagini. Nel film però ci sono molte altre cose (troppe?): sensi di colpa, dolore, perdono, redenzione, e amicizia. Quest’ultima si riscontra nel rapporto tra uno scozzese e un americano, dove il primo è un colto filologo nonostante sia figlio di un sarto e non abbia neanche finito le scuole secondarie. Il secondo, William Chester Minor (Sean Penn), è ex chirurgo rinchiuso in manicomio dopo aver ucciso per errore un uomo innocente. Nel film c’è anche spazio per un j’accuse sui metodi violenti e alienanti della psichiatria inglese della fine dell’Ottocento. Il grande merito di Murray è di essersi inventato il crowdsourcing, e grazie a ciò di aver trovato la assurda collaborazione di un assassino americano. Mi chiedo se per gli Oxfordiani dell’epoca era peggio che fosse americano o assassino.
C’è, inoltre, una storia parallela che in qualche modo interferisce con quella delle definizioni delle parole: Minor in cerca di redenzione e di perdono gira a Eliza Merrett (Natalie Dormer), la vedova dell’uomo che ha ucciso, la sua pensione di militare. Lei lo va a trovare in manicomio e, nonostante il suo odio iniziale, man mano nasce un incredibile rapporto di amore tra di loro. Eliza gli porta dei libri da leggere e lui, scoperto che lei è analfabeta, le insegna a leggere e a scrivere. “Quando leggo nessuno mi dà la caccia, ma sono io che inseguo” le dice e anche “Imparate a leggere è la libertà”.
Alla fine Sir James Murray, nonostante sia ostacolato da alcuni dello staff di Oxford, continuerà il suo lavoro e l’Enciclopedia si farà, mentre il dott. William Chester Minor sarà rimesso in libertà ed estradato in America. Anche se il film non lo mostra, il dizionario sarà concluso nel 1928, composto da 12 volumi, con 414.825 definizioni e 1.827.306 citazioni ed esempi per illustrarne il significato.
Il film si regge prevalentemente sull’ottima interpretazione degli attori. Mel Gibson è stranamente contenuto in una parte, a tratti, al limite dell’under statement, e il cui amore per il lavoro lo porta a trascurare Ada (Jennifer Ehle ), la sua fantastica moglie e i suoi quattro figli. Sean Penn, che da sempre ama impersonare personaggi alternativi, in qualche misura “diversi” - Sam Dawson in “Mi chiamo Sam”, del 2001, Harvey Milk in “Milk” del 2008, la rockstar Cheyenne in “This must be the place” del 2011 -mostra un’interpretazione strepitosa che, se possibile, ogni volta supera se stesso. Stavolta nessuno dei due attori è il regista, le cui ultimissime performance non sono particolarmente riuscite, però è stato Mel Gibson, sempre alla ricerca di uomini capaci di fare la storia - William Wallace di “Braveheart - Cuore impavido” del 1995, Benjamin Martin in “Il patriota” del 2000, o la controversa “Passione di Cristo” del 2004 - a leggere e appassionarsi al libro, già da tempo. La direzione del film è stata affidata al suo collaboratore Farhad Safinia, noto anche con lo pseudonimo di P. B. Shemran, produttore e sceneggiatore al suo esordio nella regia.
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goldy
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sabato 23 marzo 2019
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finalmente un feuilleton ma non solo
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Il film esce in sordina con un modesto interesse mostrato dai recensori più quotati. Uno di quei film che nessun cinefilo ammetterebbe mai di andare a vedere: meglio farsi del male con film da festival. E invece è una di quelle sorprese che ormai sempre più raramente ti capita di scoprire al cinema. Narrato nel solco della grande tradizione britannica possiede tutti gli ingredienti del grande “feuilleton” che hanno contribuito alla popolarità del cinema. L’ambientazione :Londra di metà Ottocento. Due storie separate che poi si incrociano dando vita a una terza.
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Il film esce in sordina con un modesto interesse mostrato dai recensori più quotati. Uno di quei film che nessun cinefilo ammetterebbe mai di andare a vedere: meglio farsi del male con film da festival. E invece è una di quelle sorprese che ormai sempre più raramente ti capita di scoprire al cinema. Narrato nel solco della grande tradizione britannica possiede tutti gli ingredienti del grande “feuilleton” che hanno contribuito alla popolarità del cinema. L’ambientazione :Londra di metà Ottocento. Due storie separate che poi si incrociano dando vita a una terza. Il fascino di apprestarsi alla realizzazione di un progetto arduo quasi impossibile : scrivere l’Oxford English Dictionary. Personaggi solidi, mossi da saldi principi che sembrano ormai liquefatti nel nostro tempo. Istituzioni (Manicomio criminale) dirette da funzionari capaci e non da burocrati ottusi. Tutti questi ingredienti compongono la storia, peraltro vera, senza scadere in strategie narrative inutilmente complicate. Si apprezza la linearità esemplare aggiornata da un montaggio rapido e essenziale. Così il film si lascia gustare attimo dopo attimo, in un crescendo coinvolgente con la piacevole sorpresa di un recupero di modalità narrative che si pensavano ormai perse nel passato. Sarebbe stato auspicabile concentrarsi maggiormente sull’aspetto affascinante della compilazione del dizionario e ridurre l’approdo amoroso del pazzo con la vedova ma in un film come questo ci sta
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