eugenio
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venerdì 9 ottobre 2020
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la grande lotta per la libertà
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Paradigmatica l’uscita di questo film prima del lock-down che avrebbe visto l’America come uno degli stati maggiormente colpiti dalla pandemia. E assai ancora più paradigmatico il titolo: Captive state. Appunto prigionieri. Ma di cosa? Degli alieni.
L’immaginario collettivo reputa a queste entità fini benefici, come ci insegna il buon Spielberg ma da Scott in avanti, l’alieno ha assunto inquietudini, incertezze, forme metaforiche figlie del nostro fragile presente assumendo, talune volte, l’immagine spietata del repressore.
E’ quanto accade appunto in Captive state, ultima “fatica” del regista Rupert Wyatt che con la moglie ne firma la sceneggiatura.
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Paradigmatica l’uscita di questo film prima del lock-down che avrebbe visto l’America come uno degli stati maggiormente colpiti dalla pandemia. E assai ancora più paradigmatico il titolo: Captive state. Appunto prigionieri. Ma di cosa? Degli alieni.
L’immaginario collettivo reputa a queste entità fini benefici, come ci insegna il buon Spielberg ma da Scott in avanti, l’alieno ha assunto inquietudini, incertezze, forme metaforiche figlie del nostro fragile presente assumendo, talune volte, l’immagine spietata del repressore.
E’ quanto accade appunto in Captive state, ultima “fatica” del regista Rupert Wyatt che con la moglie ne firma la sceneggiatura.
Nel 2019 la Terra ha subito un’invasione extraterrestre. La famiglia Drummond cerca di fuggire ma i genitori di Gabriel e di Rafa, suo fratello maggiore, vengono polverizzati da misteriose entità. I due ragazzi si salvano ma il mondo in pochi anni non sarà più come prima: nel 2027 gli alieni sono i “legislatori”, vivono ben sicuri nel mondo di sotto, in particolari “zone chiuse” murati dal resto della città con accessi permessi esclusivamente a alti funzionari. In tali alcove controllano gli esseri umani da loro arruolati con droni e tecnologie (dalle buone vecchie cimici impiantate nel collo che sanno tanto di horror alla Alien) per evitare ogni possibile rivolta e sopprimerla in anticipo.
Eppure in questo mondo, in questa Chicago del 2027 da Grande Fratello, la resistenza esiste e ha l’icona di Rafa, prima reputato morto, infine redivivo componente di una rete capillare, la Fenice, dal misterioso “capo” che resuscita dalle ceneri dell’umanità sottomessa, per cercare appunto di svegliare le coscienze, accendendo un fiammifero per iniziare una guerra e recuperare così la propria unità umana, umiliata e offesa. Ed, in questo contesto, fondamentale sarà il ruolo di Gabe che spera di mettere assieme i soldi utili a fuggire da quella città oppressiva, senza sapere che sarà invischiato nelle sue trame a lungo.
Sì, di film sugli alieni ce ne sono stati a iosa ma Captive state brilla di una luce propria grazie alla vicinanza e alla commistione di più generi: spionaggio, thriller e perché no, anche una venata analisi sociologica di un periodo storico che ricorda in tralice la resistenza. Perché, è vero in Captive state ci sono gli alieni oppressori con intenti ben mirati come lo sfruttamento delle risorse naturali del pianeta, ma c’è dell’altro. Il film è permeato di una sensazione di occupazione opprimente, da un regime totalitario che, appunto, come in questa pellicola, obnubila menti e coscienze, portandole al tradimento. Da questo punto di vista, Captive state mostra la sua crudezza, oltre la semplice fantascienza, grazie a figure “ben reali” e distintive (una su tutte il poliziotto William Mulligan-John Goodman in stato di grazia) sovversive, doppiogiochiste, infedeli, ma anche straordinariamente umane, in continua evoluzione.
Wyatt alterna atmosfere cupe alla Strange Days (gran film di Bigelow del 1995) con musiche furibonde techno fine anni ’80 e un montaggio dinamico tale da rendere incessante e quasi ansiogena, nelle sue circa due ore, una trama ben strutturata, fatta di attentati, sortite, colpi di scena, come stessimo vedendo un film di seconda guerra mondiale; come fossimo noi i partigiani nel 1944.
Il tutto con un sapiente gioco di sguardi, che fa uso di dialoghi serrati, privi della retorica buonista alla Armageddon e di una crasi netta tra bene e male. No, in Captive state, ogni personaggio, volontariamente e non, ha una duplice natura, un’intima libertà, accumunata tuttavia dalla lotta estrema e difficile, talune volte al prezzo della propria vita, per il conseguimento di una libertà assai sofferta. Da vedere.
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taty23
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lunedì 1 aprile 2019
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alieni guerre e uomini nel film di rupert wyatt
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In un futuro non troppo lontano gli alieni hanno attaccato la Terra. Per evitare lo sterminio di massa i governi decidono di patteggiare con la razza extraterrestre per un’occupazione controllata.
Sono passati dieci anni dall’invasione e una parte della popolazione si è arresa alle rigide regole create dagli oppressori che ormai vengono chiamati Legislatori. A Chicago un gruppo di ribelli si oppone al governo alieno cercando in tutti i modi di far partire una rivolta; sulle loro tracce indaga il Comandante della Polizia William Mulligan.
Captive State – Tra fantascienza ed attualità
Il film Captive State è un thriller fantascientifico scritto e diretto da Rupert Wyatt (L’alba del pianeta delle scimmie).
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In un futuro non troppo lontano gli alieni hanno attaccato la Terra. Per evitare lo sterminio di massa i governi decidono di patteggiare con la razza extraterrestre per un’occupazione controllata.
Sono passati dieci anni dall’invasione e una parte della popolazione si è arresa alle rigide regole create dagli oppressori che ormai vengono chiamati Legislatori. A Chicago un gruppo di ribelli si oppone al governo alieno cercando in tutti i modi di far partire una rivolta; sulle loro tracce indaga il Comandante della Polizia William Mulligan.
Captive State – Tra fantascienza ed attualità
Il film Captive State è un thriller fantascientifico scritto e diretto da Rupert Wyatt (L’alba del pianeta delle scimmie).
Se da una parte ci troviamo davanti ad una narrazione diretta, essenziale e senza orpelli con dei ribelli da eliminare ed una talpa da scovare. Dall’altra parte ci ritroviamo ad avere una critica al mondo moderno e alla sua società ormai in crisi. Una società incapace di organizzarsi se non controllata da un elemento esterno, rappresentato in questo caso da una razza aliena che soggioga e opprime da una lato, ma che dall’altro si erge quasi invincibile per aver incrementato la produzione sul pianeta e il tasso di occupazione.
L’illusione di un mondo perfetto creato soltanto nei centri cittadini, con un divario tra i ricchi e i poveri sempre più ampio e con le periferie trasformate in baraccopoli.
Per riuscire a emergere dalla struttura di una società manipolata e schiava ognuno dei personaggi è alla ricerca di qualcosa come verità, vendetta, redenzione, libertà e speranza. Rimanendo in bilico sulla linea del giusto e dello sbagliato rischiando ogni giorno da entrambe le parti.
Da citare il giovane e disilluso Gabriel Drummond( Ashton Durrand Sanders) e il pragmatico comandante di Polizia interpretato da John Goodman.
Alcune scelte registiche sono più funzionali di altre e la realizzazione degli alieni differisce da quelle classiche. Tra scene di azione, inseguimenti, momenti di riflessione, la pellicola scorre aumentando sempre più il ritmo fino ad arrivare ad un finale che potrebbe fare da gancio ad un possibile sequel.
Captive State è un film con un tema tremendamente attuale. Attraverso una storia di fantascienza con tinte thriller porta a riflettere sulla società odierna e sulle future conseguenze di un mondo non privo di difetti.
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elgatoloco
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martedì 4 agosto 2020
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captive state ever?
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"Captive State"(Rupert Wyatt, anche autore della sceneggiatura, con Erica Beeney, 2019)si riferisce a uno stato di cattovità(letteralmente), di legge marziale o, se si vuole, di polizia reale, non indotto(tipo"pandemia", anche se...), o meglio indotto da una guerra cosmica, provocata da"alieni"e qui, comunque sorge il problema dlela differenza con la SF classica(letteraria e filmica). Sì, gli "alieni"sono ancora cattivi, ma anche gli"umani"non sono poi dei "santi", anzi... In più, bisogna dire che non c'è più un referente-parallelismo evidente per gli"Aliens". non sono i russi rossi(i.
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"Captive State"(Rupert Wyatt, anche autore della sceneggiatura, con Erica Beeney, 2019)si riferisce a uno stato di cattovità(letteralmente), di legge marziale o, se si vuole, di polizia reale, non indotto(tipo"pandemia", anche se...), o meglio indotto da una guerra cosmica, provocata da"alieni"e qui, comunque sorge il problema dlela differenza con la SF classica(letteraria e filmica). Sì, gli "alieni"sono ancora cattivi, ma anche gli"umani"non sono poi dei "santi", anzi... In più, bisogna dire che non c'è più un referente-parallelismo evidente per gli"Aliens". non sono i russi rossi(i.e.="comunisti"), non sono terroristi islamisti o comunque non sono per nulla riconoscibili come tali, dunque la minaccia, eventualmente, è generalizzata(da qui la domanda della frase di lancio: sarà così eternamente?). Stato di polizia e di minaccia sempre, qui, in questo film cupo, duro, quasi implacabile, in cui il"grande capo"della polizia, rappresentato anche fisicamente come minaccioso ma anche oltremodo sgradevole(grande John Goodman as William Mulligan)sembra inquisire tutto, tutti e su tutto, anche se tutti(e)sperano di liberarsi dal terribile fardello "implacabile", dove la resistenza c'è, ma si manifesta in modo"oscuro"(oscurità che pervade tutto il film, peraltro), dove il confine tra polizia e gruppi terrotistico-resistenziali(qui non c'è scissione tra i due elementi)non è chiaro né può o vuole in alcun modo esserlo, dove il "male"pervade tutto, pur se qualche spiraglio si ha, tramite piccioni viaggiatori(sic! La tesi di Einstein sull'eventuale terza guerra mondiale e le sue conseguenze...)e biglietti nascosti... Un film che, anche per chi non ne voglia seguire la trama, lascia il segno. Ottimi interpreti anche Vera Formiga e Ashton Sanders. El Gato
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carloalberto
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martedì 2 aprile 2019
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la cattiva coscienza
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La cattiva coscienza a volte genera incubi nei quali si invertono i ruoli facendo immedesimare il boia nella vittima, così accade che Hollywood produca Captive State ambientato in un America occupata da scimmieschi ET, e qui il regista Rupert Wyatt non a caso è lo stesso del “L'alba del pianeta delle scimmie”, ricoperti di aculei, chissà perché, che sfruttano le risorse del paese, deportano i nativi, si avvalgono dei collaborazionisti per controllare gli indigeni e il territorio con metodi e tecnologia che ricordano quelli del Grande Fratello orwelliano. Storia già vista. La colonizzazione delle Americhe quattro secoli prima, stesso luogo, stessa dinamica.
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La cattiva coscienza a volte genera incubi nei quali si invertono i ruoli facendo immedesimare il boia nella vittima, così accade che Hollywood produca Captive State ambientato in un America occupata da scimmieschi ET, e qui il regista Rupert Wyatt non a caso è lo stesso del “L'alba del pianeta delle scimmie”, ricoperti di aculei, chissà perché, che sfruttano le risorse del paese, deportano i nativi, si avvalgono dei collaborazionisti per controllare gli indigeni e il territorio con metodi e tecnologia che ricordano quelli del Grande Fratello orwelliano. Storia già vista. La colonizzazione delle Americhe quattro secoli prima, stesso luogo, stessa dinamica. Ma ora gli eroi sono i terroristi. Altro incubo americano rivissuto all’incontrario, in questo caso la vittima si immedesima nel carnefice. John Goodman promosso a protagonista dopo tanti personaggi secondari con Vera Farmiga, veterana degli horror, interpretano, in modo corretto senza entusiasmare, questo tentativo di palingenesi onirica che prende forma di thriller fantascientifico, con una trama un po’ scontata che si riscatta nel finale, sebbene soltanto nel recitato e non nella sceneggiatura, avara di particolari effetti speciali che avrebbero forse elevato i costi per un b-movie ben fatto ma che resta un b-movie con budget risicato. Morale del film, parafrasando Sergio Leone: quando una civiltà con la pistola incontra una civiltà col fucile è già morta.
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