1917

1917 è un film dalla narrazione particolarmente semplice, la trama è lineare, due soldati britannici vengono mandati a fermare l'attacco di un battaglione per impedire un massacro di migliaia di uomini. Mendes sfrutta questo filo conduttore per mostrarci una guerra - la prima guerra mondiale, la grande guerra, quella del "niente di nuovo sul fronte occidentale" - di cui si parla troppo poco. E ci mostra tutto.
Ci ritroviamo a seguire i due giovani soldati - sì perché giovani lo erano tutti in quella guerra - nelle trincee, attraverso la terra di nessuno, lasciata libera dai tedeschi in ritirata, che prima di ritirarsi - però - hanno fatto terra bruciata, lasciando indietro cumuli di bossoli di artiglieria, crateri fatti dai bombardamenti, fango, morte e desolazione, animali morti, alberi sradicati, edifici semi distrutti.
Ci mostra un esercito che si muove in terra straniera, ci mostra un esercito composto da soldati di un impero che va dall'India ai caraibi, ci mostra una guerra combattuta dalla fanteria in campo aperto che corre contro il nemico schierato a poche centinaia di metri, nemico che risponde con l'artiglieria e la mitragliatrice, ci mostra la grande innovazione di quella guerra, gli aeroplani. Ci mostra i cumoli di morti, morti tedeschi, morti britannici, probabilmente anche francesi, ammucchiati, senza distinzione, senza volto, senza sepoltura. Ci racconta le trincee, le condizioni che subivano, la carenza di cibo, i ratti, le scarse condizioni igieniche, lo smarrimento e talvolta l'esaltazione di soldati che lì in quelle trincee sembrava avessero perso l'anima, salvo poi ritrovarla tornati a casa, quando moriva un amico, un fratello.
Ci mostra la guerra di posizione, guerre a cui non siamo abituati, che al cinema non vediamo mai, una guerra in cui il nemico si ritira, ma arretra di qualche km, una quindicina nel film, una guerra strana, in cui il vecchio incontra il nuovo, combattuta con le baionette e gli aeroplani, una guerra in cui si dava battaglia e poi si stava sostanzialmente lì per settimane prima di dare nuovamente battaglia, il tutto per contendersi pochi km alla volta, una guerra in cui per anni non cambiava mai niente.
E Mendes sceglie di raccontare un giorno che cambiò le sorti della guerra, il 6 aprile 1917, il giorno in cui gli Stati Uniti entrarono in guerra, portando forze fresche, cibo, armi a eserciti sfiancati da 3 anni di battaglie al massacro per qualche scampolo di terra. Ed è proprio lì, alla fine di tutto, nel giorno in cui la guerra cambia, che finalmente il cielo - per tutto il film nuvoloso - ritorna sereno.

Insomma un film colossale, che racconta la guerra come si deve raccontare, senza fronzoli, come è senza fronzoli la narrazione, che sceglie il metodo narrativo più semplice di tutti, il piano sequenza, niente intreccio, una storia narrata dritto per dritto senza deviazioni, senza voli pindarici. Il tutto illuminato da un Roger Deakins che dà il meglio di sé con una fotografia all'altezza di quella di Storaro in Apocalypse Now.

Sicuramente nella top 10 dei film di guerra di sempre. Mendes, tanta, tanta, tanta roba. Chapeau.