eugenio
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venerdì 8 giugno 2018
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nei meandri della mente
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Per atmosfera e senso claustrofobico, sembra di rivedere l’indimenticabile Qualcuno volò sul nido del cuculo: c’e’ un centro terapico, c’è una donna vittima di stalking e una serie di ingiustizie perpetrate a danno di una presunta innocente. C’è tutto quello che riguarda il trattamento psichico di pazienti e c’è una storia, a differenza del film di Forman, di amore malato fatto di minacce e dolore latente.
Sawyer Valentini (Claire Foy) si trasferisce da Boston alla Pennsylvania per sfuggire a un passato fatto di violenza e sopraffazione. E’ una vittima di stalking e a nulla sono valsi i tentativi di fermare “l’insistente spasimante” (per usare un eufemismo).
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Per atmosfera e senso claustrofobico, sembra di rivedere l’indimenticabile Qualcuno volò sul nido del cuculo: c’e’ un centro terapico, c’è una donna vittima di stalking e una serie di ingiustizie perpetrate a danno di una presunta innocente. C’è tutto quello che riguarda il trattamento psichico di pazienti e c’è una storia, a differenza del film di Forman, di amore malato fatto di minacce e dolore latente.
Sawyer Valentini (Claire Foy) si trasferisce da Boston alla Pennsylvania per sfuggire a un passato fatto di violenza e sopraffazione. E’ una vittima di stalking e a nulla sono valsi i tentativi di fermare “l’insistente spasimante” (per usare un eufemismo). Quando prende un appuntamento con un terapista presso l'Highland Creek Behavioural Center, Sawyer scopre di aver inconsapevolmente firmato il suo consenso a rimanere in clinica volontariamente per ventiquattro anni. Vani i tentativi di uscire facendo appello prima alla polizia, poi alla pschiatria. La donna è giudicata mentalmente unsane quindi non resta che accettare quella disposizione.
Arrendersi? Assolutamente no, Sawyer non è il tipo e sotto la patina di sottomissione, nasconde un piano
Ma c’è un ma: tra i suoi “compagni di reclusione”, Violet (Juno Temple), Nate (Jay Pharoah) il suo specchio distorto “afroamericano”, violento e comprensivo, in cura da un’overdose di oppiacei. incontra pure lui, il suo stalker, travestito da membro dello staff che ora si fa chiamare George Shaw (le citazioni nonsi contano).
Ma è davvero lui o è un delirio nella mente della giovane donna?
Sawyer lo scoprirà a sue spese in un crescendo di palpitante incubo in cui nulla è ciò che sembra.
L’amore è arrendersi a ciò che l’altro vuole anche se va contro tutto ciò in cui l’altro credi.Così riferisce ad un certo punto Sawyer ad uno stupito “carnefice” in un’atmosfera confusa. Ed è su questo leitmotiv tra realtà o sogno che si fonda Unsane.
Intrecciando classici temi di ossessione e controllo da 1984 orwelliano in un gioco prima mentale che psicologico, questo thriller elettrico di Steven Soderbergh non fa tirare il fiato nemmeno per un minuto. Girato con un iPhone, Steven Soderbergh riesce a creare un film intenso e intimo grazie alla splendida interpretazione di Claire Foy ripresa in tutti i suoi movimenti. Con l’acqua alla gola nei reiterati gesti di terribile quotidinaetà, lo spettatore rimane intrappolato in un gorgo violento di terribile follia, fatto di controllo e sottomissione.
In questo “non luogo” avulso da ogni spazio e tempo, Sawyer vive nel terrore di essere ancora molestata da quel mostro ma soprattutto di confrontarsi i con i suoi fantasmi del passato, con cui non c’è cura. L’inevitabile climax tenderà all’evidente disperante fuga verso un futuro in i i demoni non saranno mai del tutto sanati.
Dotato di una sceneggiatura di buona fattura, Unsane, grazie una colonna sonora snervante e ripetitiva, ci conduce nei meandri di un dedalo di inquietanti flash-back, capaci di evocare il tormento che si fa odierno di molte giovani donne, “perseguitate” da uomini che non accettano di essere lasciati, che desiderano in tutto il loro malato cuore, l’amore di una donna che li odia, con ogni mezzo, con ogni fine.
Il tempo scorre lentamente nel film. Lo spettatore è quasi ipnotizzato da luci spoglie e un’ambiente spesso buio, atarassico. Le ombre si muovono sinuose. Proiezioni oscure di menti malate, persino tra i sani, gli infermieri che mettono in dubbio la loro presunta “normalità”.
Insomma Unsane è un Wellness edulcorato, una cura da un benessere fittizia e illusoria. Soderbergh gestisce la realtà e ciò che sottende ad essa con bravura, le scene di flashback forniscono il contesto e la storia inquietante in se con diversi climax finali non delude le attese.
Tutto bello, pulito, agosciante sino al (quasi) standard finale.
Pollice alto privo di sociologia spicciola.
Dal 5 luglio al cinema
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(di antoniomontefalcone)
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flyanto
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venerdì 13 luglio 2018
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una terribile ossessione
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Il nuovo Film del prolifico regista Steven Soderbergh è un thriller ben congegnato in cui la protagonista, una giovane donna, è continuamente perseguitata da un ammiratore che ha tutte le connotazioni di un disturbato mentale e, pertanto, di un vero e proprio stalker. Conseguentemente la giovane lo denuncia alla Polizia che vieta all’uomo di avvicinarsi a lei, ma ciò nonostante ella è costretta ugualmente a cambiare città e la propria abitazione, il proprio numero di telefono ed a cancellarsi da qualsiasi sito internet sociale, quale Facebook, Twitter ed Instagram. Così facendo, ella spera di potersi ricostruire un’esistenza tranquilla e dedicarsi al nuovo lavoro.
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Il nuovo Film del prolifico regista Steven Soderbergh è un thriller ben congegnato in cui la protagonista, una giovane donna, è continuamente perseguitata da un ammiratore che ha tutte le connotazioni di un disturbato mentale e, pertanto, di un vero e proprio stalker. Conseguentemente la giovane lo denuncia alla Polizia che vieta all’uomo di avvicinarsi a lei, ma ciò nonostante ella è costretta ugualmente a cambiare città e la propria abitazione, il proprio numero di telefono ed a cancellarsi da qualsiasi sito internet sociale, quale Facebook, Twitter ed Instagram. Così facendo, ella spera di potersi ricostruire un’esistenza tranquilla e dedicarsi al nuovo lavoro. Quando, però, la giovane, ancora in preda ad incubi ed a paure in quanto certa di essere ancora perseguitata, ricorre all’aiuto psicologico in un’apposita struttura medica, ella viene ricoverata, suo malgrado, con un inganno all’interno di essa senza la possibilità di uscirne in breve tempo. Da questo momento, per lei inizierà un periodo terribile all’insegna di una forzata prigionia, fortemente intontita da potenti medicinali e soprattutto con l’incubo (reale o meno) del suddetto uomo sempre di lei invaghito …..
Essendo un thriller di forte impatto psicologico non è bene ovviamente svelare il finale per non svilire il film e l’intera atmosfera di suspense e di adrenalina crescente che esso riesce a trasmettere allo spettatore. Il valore, infatti, di quest’opera risiede proprio nella sua atmosfera in generale avvolta nel mistero ed all’insegna della paura nonché al senso claustrofobico che nel corso della vicenda prendono sempre più spazio, uniformando quasi lo stato d’animo dello spettatore a quello della stessa protagonista . Steven Soderbergh, ancora una volta, si conferma essere un ottimo regista proprio per avere ben reso ed affrontato la tematica, ormai attuale e purtroppo non così inusuale, dello stalking descrivendola approfonditamente dal punto di vista psicologico e delle sue conseguenze. Inoltre, in ”Unsane” Soderbergh ha voluto sperimentare, e con successo, la nuova tecnica di ripresa, filmando tutta la sua opera con un cellulare Iphone. Insomma, un thriller ben confezionato da tutti i punti di vista: regia, trama, suspense ed anche recitazione. Claire Foy, l’attrice protagonista, interpreta molto efficacemente il proprio ruolo di donna sana di mente, fortemente provata dagli eventi e che, in balia di questi, deve combattere da sola per non soccombere.
Una ‘scossa’ nel torpore estivo delle programmazioni cinematografiche e, dunque, consigliabile.
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udiego
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mercoledì 1 agosto 2018
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unsane
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Steven Soderbergh, regista che ha ormai spaziato la sua filmografia in qualsiasi tipo di genere, con “Unsane” porta al cinema una storia come tante se ne sentono e che vedono protagoniste molte donne vittime di stalker. In questo caso il regista americano cerca di addentrarsi nella psiche della vittima analizzando come un fatto del genere possa cambiare definitivamente ed irrimediabilmente la vita di una persona. Parallelamente a questo, Soderbergh vuole anche percorrere la strada di denuncia nei confronti di certe cliniche private, che, in nome del business e del profitto, sono disposte a chiudere un occhio sulle reali esigenze dei loro pazienti.
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Steven Soderbergh, regista che ha ormai spaziato la sua filmografia in qualsiasi tipo di genere, con “Unsane” porta al cinema una storia come tante se ne sentono e che vedono protagoniste molte donne vittime di stalker. In questo caso il regista americano cerca di addentrarsi nella psiche della vittima analizzando come un fatto del genere possa cambiare definitivamente ed irrimediabilmente la vita di una persona. Parallelamente a questo, Soderbergh vuole anche percorrere la strada di denuncia nei confronti di certe cliniche private, che, in nome del business e del profitto, sono disposte a chiudere un occhio sulle reali esigenze dei loro pazienti.
Soderbergh ha il merito di strutturare l’opera da un punto di vista al quale il pubblico è estremamente sensibile e cioè quello della vittima. Sawyer, interpretata da una pimpante Claire Foy, risulta essere psicologicamente fragile e completamente oppressa da ciò che le è accaduto, al punto da arrivare a dubitare lei stessa delle sue reali capacità cognitive. Il tutto è rappresentato attraverso una sceneggiatura favorita da un buon ritmo e sorretta da una positiva costruzione dei personaggi, sia principali che secondari.
Il punto di forza dell’opera sta però tutto nella regia: il film è interamente girato con un Iphone 7, le inquadrature e le immagini tendono ad avvicinarsi progressivamente ai protagonisti in modo sempre più invadente e disturbante, per rendere in maniera efficace il senso di oppressione che le vittime di queste situazioni possono provare. Come già anticipato, le prove attoriali sono di buon livello e tutte riescono a regalare ai personaggi una caratterizzazione adeguata.
“Unsane” si rivela un thriller psicologico ben riuscito, capace di catturare l’attenzione dello spettatore; senza troppi fronzoli riesce a farci entrare nella testa della protagonista, mostrandoci tutte le sue paure e le sue angosce. Unico neo è che l’aspetto sociale dell’opera è solamente abbozzato e non ben approfondito ed a questo punto forse poteva non essere toccato. Detto ciò, il film è da considerarsi di buon livello sia sotto l’aspetto dei contenuti che dal punto di vista della tensione, dimostrando le buonissime capacità di questo esperto regista.
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carloalberto
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venerdì 7 agosto 2020
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film schizofrenico
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Film schizofrenico, diviso tra opera autoriale e pellicola di genere. Ambiguità percettiva della realtà con echi pirandelliani, thriller con probabile stalker maniaco criminale e denuncia sociale di un sistema sanitario corrotto, sono i tre filoni che combaciano armonicamente nella prima parte del film, la migliore, poi Soderbergh decide per la cassetta ed il plot vira improvvisamente assumendo una rotta più battuta e sicura, così rovinando nell’inevitabile ovvietà di cose già scritte e viste mille volte. Sfiorato, o meglio affrontato in modo superficiale, il grande tema sulla definizione di cosa sia la malattia mentale, con la conseguente classificazione degli individui nelle due categorie di normale-sano, anormale-pazzo.
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Film schizofrenico, diviso tra opera autoriale e pellicola di genere. Ambiguità percettiva della realtà con echi pirandelliani, thriller con probabile stalker maniaco criminale e denuncia sociale di un sistema sanitario corrotto, sono i tre filoni che combaciano armonicamente nella prima parte del film, la migliore, poi Soderbergh decide per la cassetta ed il plot vira improvvisamente assumendo una rotta più battuta e sicura, così rovinando nell’inevitabile ovvietà di cose già scritte e viste mille volte. Sfiorato, o meglio affrontato in modo superficiale, il grande tema sulla definizione di cosa sia la malattia mentale, con la conseguente classificazione degli individui nelle due categorie di normale-sano, anormale-pazzo. Peccato. Apprezzabile il cammeo di Damon e la recitazione di Claire Foy nel ruolo della protagonista. Ottima la fotografia ed il mezzo utilizzato per le riprese risulta efficace per aumentare il senso di vissuto soggettivo della vicenda e per il resto non fa rimpiangere il classico girato. Senza spoilerare più di tanto, si può dire che si tratta di un’occasione mancata per realizzare un opera originale, dove la tensione crescente per la situazione kafkiana ed il senso immanente di claustrofobia, che coinvolge empaticamente lo spettatore, avrebbe potuto reggere fin quasi alla fine, nell’incertezza di una verità assoluta, per una svolta inaspettata o per nessuna svolta. Soderbergh avrebbe lasciato il segno, ed invece, forse soltanto nell’ultima scena, tenta di riprendersi dalla caduta di stile, instillando di nuovo il dubbio, nella maniera più scontata e prevedibile, che aveva tenuto alta l’attenzione e conferito pathos alla storia nella prima parte del film. Ma ormai è troppo tardi e l’ennesimo banale thriller prodotto dall’industria dello spettacolo é pronto per il mercato.
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felicity
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giovedì 31 gennaio 2019
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incalzante dall'inizio alla fine
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Un thriller psicologico ben confezionato, che ci parla di paure e ossessioni ataviche declinate però in ottica contemporanea.
Tutto appare come un meccanismo perfettamente costruito dal regista che dimostra una abilità notevole nel coniugare la disponibilità al nuovo, la riflessione teorica e le strategie narrative convenzionali.
Questo film rappresenta il punto di coincidenza tra la professionalità e l’amatorialità se consideriamo il mezzo con cui è stato girato.
Ma il messaggio è più alto: il perenne senso di claustrofobia e tensione che il film costruisce è tale anche per via del ruolo che giocano i mezzi tecnologici nella storia.
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Un thriller psicologico ben confezionato, che ci parla di paure e ossessioni ataviche declinate però in ottica contemporanea.
Tutto appare come un meccanismo perfettamente costruito dal regista che dimostra una abilità notevole nel coniugare la disponibilità al nuovo, la riflessione teorica e le strategie narrative convenzionali.
Questo film rappresenta il punto di coincidenza tra la professionalità e l’amatorialità se consideriamo il mezzo con cui è stato girato.
Ma il messaggio è più alto: il perenne senso di claustrofobia e tensione che il film costruisce è tale anche per via del ruolo che giocano i mezzi tecnologici nella storia. Da vedere.
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elgatoloco
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mercoledì 22 maggio 2019
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forse postmodern, this movie...
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Se il"Postmodern"consiste anche nell'elaborazione di stilemi classici, riscrivendoli, ovviamente, con"UNsane" di Steven Soderbergh(2018)ci saremmo: questo "horror pscihiatrico"(definizione di comodo che riassume un po'la storia narrata nel film)rientrerebbe nella categoria, comunque di comodo e usata per scopi tassonomici(classificatori)più che per reale necessità. Certo"Unsane"ripercorre, ma in modo critico, "One flew Ower the Cuchoo's Nest"(1975, Milos Forman dal romanzo di Ken Kesey), ma la trama è del tutto diversa, inicipit e finale anche, dunque si tratta, diciiamo meglio, di un"Modellamento"del testo keseyano-formiano, con tante variazioni sul tema e soprattutto tutta la storia narrata nel film può essere "tranquillamente"(si fa ovviamente per dire, visto il tema trattato, la"follia")letto come un incubo o invece come un reale tentativo di emargiazione maschilista-sta allo spettatore e alla spettatrice porsi in un punto di vista che gli/le consenta di leggere il film in un modo o nell'altro.
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Se il"Postmodern"consiste anche nell'elaborazione di stilemi classici, riscrivendoli, ovviamente, con"UNsane" di Steven Soderbergh(2018)ci saremmo: questo "horror pscihiatrico"(definizione di comodo che riassume un po'la storia narrata nel film)rientrerebbe nella categoria, comunque di comodo e usata per scopi tassonomici(classificatori)più che per reale necessità. Certo"Unsane"ripercorre, ma in modo critico, "One flew Ower the Cuchoo's Nest"(1975, Milos Forman dal romanzo di Ken Kesey), ma la trama è del tutto diversa, inicipit e finale anche, dunque si tratta, diciiamo meglio, di un"Modellamento"del testo keseyano-formiano, con tante variazioni sul tema e soprattutto tutta la storia narrata nel film può essere "tranquillamente"(si fa ovviamente per dire, visto il tema trattato, la"follia")letto come un incubo o invece come un reale tentativo di emargiazione maschilista-sta allo spettatore e alla spettatrice porsi in un punto di vista che gli/le consenta di leggere il film in un modo o nell'altro. L'interprete principale Claire Foy, come anche il suo stalker Joshua Leonard sono assolutamente efficaci; il punto è e rimane l'angolo visutlae in cui ci si vuole collocare per leggere-interpretare il film; può essere strumento utile per rileggere criticamente psichiatria e antipsichiatria, ma anche -forse più propriamente-un modo per riflettere ulteriormente su come"realtà""sogno"si implichino a vicenda, si interserchino e possano interfacciarsi a vicenda. A chi guarda, appunto, la scelta, che non è di poco conto, anzi... El Gato
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gianleo67
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sabato 7 luglio 2018
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sesso non consumato e videotape fatti in casa
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A dispetto del suo nuovo impiego e della sua nuova vita lontana da casa, la giovane Sawyer Valentini soffre ancora per i postumi di un inconfessabile trauma sessuale e per i difficili rapporti con la madre vedova. Quando si rivolge ad una struttura specializzata per una consulenza psicologica, viene proditoriamente obbligata al ricovero coatto. Qui tra la difficile convivenza con gli altri degenti e la burocratica freddezza del personale impiegato, la presenza di uno stalker che la perseguita, sembra materializzare i suoi incubi peggiori. Da Repulsion a Qualcuno volo sul nido del cuculo, una denuncia in chiave thriller di un sistema sanitario kafkiano che mantiene l'ironia sul versante di una black comedy politically uncorrect e sfida il senso del ridicolo nell'agitare lo spettro di una plausibile mistificazione del reale.
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A dispetto del suo nuovo impiego e della sua nuova vita lontana da casa, la giovane Sawyer Valentini soffre ancora per i postumi di un inconfessabile trauma sessuale e per i difficili rapporti con la madre vedova. Quando si rivolge ad una struttura specializzata per una consulenza psicologica, viene proditoriamente obbligata al ricovero coatto. Qui tra la difficile convivenza con gli altri degenti e la burocratica freddezza del personale impiegato, la presenza di uno stalker che la perseguita, sembra materializzare i suoi incubi peggiori. Da Repulsion a Qualcuno volo sul nido del cuculo, una denuncia in chiave thriller di un sistema sanitario kafkiano che mantiene l'ironia sul versante di una black comedy politically uncorrect e sfida il senso del ridicolo nell'agitare lo spettro di una plausibile mistificazione del reale. Se il tema portante potrebbe essere quello di un'industria dell'ospedalizzazione forzata che trasforma in un incubo ad occhi aperti la naturale propensione di qualunque paziente a sentirsi in gabbia, Soderbergh sembra invece interessato ai piu prosaici meccanismi della suspense ed alla natura distruttiva dei rapporti umani: un'ambiguità dove gli incubi sessuofobici della protagonista (novella cappuccetto rosso del telefono rosa) si scontrano con il cul de sac di una teoria del complotto per cui il maniaco di turno metiterebbe un alloro honoris causa. ("Non è difficile trovare un lavoro qui. Non servono titoli di studio. Non serve un cazzo di training!"). Se Carpenter la buttava sull'horror claustrofobico ed i labirinti della mente (The Ward - Il reparto), quest'ultima boutade sperimentale dello svedese di Atlanta rasenta l'involontario demenziale di un amore bugiardo, involuto e pauperista che sembra stornare dalla protagonista i sospetti di insania mentis e chiama in causa le inadempienze giuridiche del mondo occidentale verso la minaccia globale della violenza sessista. Insomma dopo la consapevolezza femminista di una candida eroina del porno (The Girlfriend Experience), seguono naturalmente le giustificate turbe psichiche al tempo del #Meetoo e le scene da un matrimonio (impossibile) tra una smilza in carriera col complesso di Elettra ed uno stalker sempliciotto che fa la fine del sorcio. Scatto di orgoglio nel finale concitato, aperto al carnage di una schermaglia verbale di cattiverie assortite ed al tentativo di fuga con una preda ferita che si eccita all'odore del sangue. Le tesi, ambigua e provocatoria, è quella di un riscatto sessista di tagliatrici di teste in tailleur che scontano l'insana frustrazione verso l'atavica subordinazione ai barbuti signori, padroni del loro mondo: attenti alla testa, non quella, l'altra! 1,5 milioni di $ per una produzione in cui la nota mela morsicata ha fornito tutti e solo i mezzi di ripresa sembrano decisamente troppi, ma l'incasso al box office e la benevola condiscendenza della critica festivaliera ( fuori concorso alla 68ª edizione del Festival di Berlino) sembrano dare ragione alle bugie del sesso non consumato ed ai videotape fatti in casa.
Ho perso un'altra occasione buona stasera è andata a casa con il negro, la troia! mi son distratto un attimo...
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