fulviowetzl
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venerdì 23 novembre 2018
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quanta grazia, quanta luce!
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"Troppa Grazia" è un film inondato di luce e di grazia, che tratta di quattro elementi che inondano letteralmente lo schermo: la terra presente, coltivata e non, della Tuscia, che si accavalla ad onde fino a perdersi all'orizzonte e all'infinito, fino a trasformare gli esseri umani in puntini colorati, insetti sgargianti schiacciati sul terreno dal drone; l'acqua evocata e rievocata che improvvisamente si riversa per le strade di Viterbo a fiumi, "miracolosamente" anche se qualche "bugiardo" minimizza l'allagamento liquidandolo (!) come un problema di fognature (in aperta campagna?), o che si scopre nella profondità della terra, dove madre e figlia si addentrano, proprio sotto il luogo del sacrilegio ambientale, dove i corrotti di tutti i gradi e parentele, vogliono costruire "L'onda" un'edificio fucksassiano, anacronistico (nonostante l'andamento ondivago), per ritrovarsi in una grotta dove scorre un fiume carsico come fosse il fondale della "Vergine(!) delle rocce" di Leonardo o nel "Viaggio al centro della terra" di Levin del '59; di fuoco in cui tutto il cantiere finisce, enorme cortocircuito provocato da un elettricista innamorato, che contempla, Nerone, insieme a Alba/Lucia (quali nomi più adatti?), novella Daria Halprin di fronte all'esplosione (vera nella realtà delle riprese, ma immaginata nella narrazione) della villa nel finale di "Zabriskie Point"; e di aria (e luce), cioè di spazio tra i personaggi, i rilievi catastali si fanno a distanza, raggiunti in movimenti di macchina che percorrono il ciglio delle colline, i boschetti che ne macchiano le cime, con tutto il tempo che ci vuole.
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"Troppa Grazia" è un film inondato di luce e di grazia, che tratta di quattro elementi che inondano letteralmente lo schermo: la terra presente, coltivata e non, della Tuscia, che si accavalla ad onde fino a perdersi all'orizzonte e all'infinito, fino a trasformare gli esseri umani in puntini colorati, insetti sgargianti schiacciati sul terreno dal drone; l'acqua evocata e rievocata che improvvisamente si riversa per le strade di Viterbo a fiumi, "miracolosamente" anche se qualche "bugiardo" minimizza l'allagamento liquidandolo (!) come un problema di fognature (in aperta campagna?), o che si scopre nella profondità della terra, dove madre e figlia si addentrano, proprio sotto il luogo del sacrilegio ambientale, dove i corrotti di tutti i gradi e parentele, vogliono costruire "L'onda" un'edificio fucksassiano, anacronistico (nonostante l'andamento ondivago), per ritrovarsi in una grotta dove scorre un fiume carsico come fosse il fondale della "Vergine(!) delle rocce" di Leonardo o nel "Viaggio al centro della terra" di Levin del '59; di fuoco in cui tutto il cantiere finisce, enorme cortocircuito provocato da un elettricista innamorato, che contempla, Nerone, insieme a Alba/Lucia (quali nomi più adatti?), novella Daria Halprin di fronte all'esplosione (vera nella realtà delle riprese, ma immaginata nella narrazione) della villa nel finale di "Zabriskie Point"; e di aria (e luce), cioè di spazio tra i personaggi, i rilievi catastali si fanno a distanza, raggiunti in movimenti di macchina che percorrono il ciglio delle colline, i boschetti che ne macchiano le cime, con tutto il tempo che ci vuole. E circondati da questi elementi si muovono i personaggi, come Lucia/Alba e la Madonna, con il paradosso che il personaggio più fisico, determinato nella verità, fino a venire alle mani e a strappare i capelli per imporla, ma capace anche di fisicissime e consolanti carezze, è propio Lei, mentre Lucia è smaterializzata dal controluce e controcielo, sempre a un passo dal fuorifuoco, pronta a sgambettare con le sue caviglie sottili, a superare crinali e campi quasi correndo per andare addosso a queste figurine apparentemente bonarie, o dalla stazza rassicurante come il sindaco Battiston, ma in realtà creatori e contemplatori di disastri. Una ventata di ossigeno, cinematografica e umanissima, che si sprigiona dai capelli perennemente mossi di Alba, nella sua prova più matura (quando mai non lo è stata?) al limite dell'identificazione masochistica, che ci obbliga a guardarla correre e correre ma sopratutto ad agire, contagiandoci a fare altrettanto, per arginare la stupidità, fino a spingere (senza proferir parola) Elio al gesto liberatorio (per lui e per l'umanità tutta) che gli vediamo compiere. Non c'è che da correre al cinema...
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tmpsvita
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venerdì 30 novembre 2018
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troppa incertezza
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Troppa grazia, indipendentemente dal risultato finale, è l'ennesima prova che il cinema italiano negli ultimi anni si stia riprendendo da un lungo periodo buio di generale e radicata mediocrità, ciò lo si percepisce dallo spirito genuino e spontaneo e dall'originalità con la quale viene espresso.
Purtroppo, per quanto le intenzioni iniziali siano alquanto interessanti e di lodevole ambizione, nel corso della sua durata il film degrada in una confusione interiore e una mancanza di sicurezza che lo porta ad una conclusione superficiale, raffazzonata e sbrigativa.
Una progressione a questa conclusione abbastanza visibile e sentita anche solo dalla sceneggiatura che si fa sempre più incerta e vuota, con un susseguirsi di eventi sempre meno sensati, credibili (nel suo in-credibile contesto) e coerenti con ciò che inizialmente sembrava voler raccontare e che alla fine va a perdersi, così come il significato generale della pellicola che alla fine da trovare appare molto forzato perché privo di consistenza.
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Troppa grazia, indipendentemente dal risultato finale, è l'ennesima prova che il cinema italiano negli ultimi anni si stia riprendendo da un lungo periodo buio di generale e radicata mediocrità, ciò lo si percepisce dallo spirito genuino e spontaneo e dall'originalità con la quale viene espresso.
Purtroppo, per quanto le intenzioni iniziali siano alquanto interessanti e di lodevole ambizione, nel corso della sua durata il film degrada in una confusione interiore e una mancanza di sicurezza che lo porta ad una conclusione superficiale, raffazzonata e sbrigativa.
Una progressione a questa conclusione abbastanza visibile e sentita anche solo dalla sceneggiatura che si fa sempre più incerta e vuota, con un susseguirsi di eventi sempre meno sensati, credibili (nel suo in-credibile contesto) e coerenti con ciò che inizialmente sembrava voler raccontare e che alla fine va a perdersi, così come il significato generale della pellicola che alla fine da trovare appare molto forzato perché privo di consistenza.
Un peccato vista la presenza di varie inquadrature e sequenze degne di essere ricordate perché suggestive e profonde; della grande sincerità e della satira comunque ben calibrata e densa di piacevole onestà ma anche della innegabile presenza di un lato estetico e tecnico indubbiamente notevole.
Un'ottima fotografia, infatti, colora con luci chiare, nitide e colori molto espressivi delle inquadrature molto mature e studiate nonché molto ricercate e che il più delle volte funzionano su più livelli.
Anche le interpretazioni non possono che essere gradite, in particolar modo quella della protagonista che con una spontaneità fuori dal comune interpreta egregiamente un ruolo tutt'altro che semplice, una performance che rende il personaggio molto interessante e dotato di una caratterizzazione, anche se solo velata, soddisfacente, al contrario degli altri personaggi che risultano superflui e inutilmente resi importanti da una storia che anche qui si dimostra incerta.
Insomma il film finisce senza concludere praticamente nessuno dei percorsi narrativi che si apre nel corso dello svolgimento, tanto da esserne poi saturo e non sapere come gestirli in uno sviluppo pieno di intoppi.
Voto: 5,5/10
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kimkiduk
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lunedì 26 novembre 2018
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il finale?
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Premetto che Zanasi mi diverte e mi intrattiene sempre piacevolmente. Anche questa volta il film è a tratti divertente, simpatica la sceneggiatura, ottima la scelta degli attori principali, perfetti nei loro ruoli. Su tutte una Rohrwacher che ormai sta scalando le vette del cinema italiano e un ottimo Elio Germano decisamente in grazia rispetto ai suoi stardand. Poi Zanasi ha il suo attore principe in Battiston che ci sta bene sempre come la cipolla nei soffritti e Teco Celio come una spruzzatina q.b. di sale.
Il quadro pertanto scorre bene, i colori prendono la tela e la completano con il passare del primo tempo. Poi si arriva a completare l'opera con la definizione della storia e anche qui, pur se con un pizzico di calo e qualche spennellatura non perfetta, si aspetta il finale ancora attenti e contenti.
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Premetto che Zanasi mi diverte e mi intrattiene sempre piacevolmente. Anche questa volta il film è a tratti divertente, simpatica la sceneggiatura, ottima la scelta degli attori principali, perfetti nei loro ruoli. Su tutte una Rohrwacher che ormai sta scalando le vette del cinema italiano e un ottimo Elio Germano decisamente in grazia rispetto ai suoi stardand. Poi Zanasi ha il suo attore principe in Battiston che ci sta bene sempre come la cipolla nei soffritti e Teco Celio come una spruzzatina q.b. di sale.
Il quadro pertanto scorre bene, i colori prendono la tela e la completano con il passare del primo tempo. Poi si arriva a completare l'opera con la definizione della storia e anche qui, pur se con un pizzico di calo e qualche spennellatura non perfetta, si aspetta il finale ancora attenti e contenti.
Ma adesso commentare diventa complicato, troppo alto il rischio di spoiler. Ma come si fa a non dire qualcosa? Ci provo e mi scuso se qualcuno leggerà, ma il finale (non lo rivelo) è decisamente spiazzante. Me ne aspettavo mille e nessuno ma tra i mille e nessuno questo non c'era. Ho cercato di accostare tutti gli eventi di inizio film per spiegarmelo, ma anche se lo spiego (e penso di esserci riuscito) non mi dice praticamente niente, rilevandomi quasi inutile l'apparizione celeste. A che serviva il tutto? Sinceramente boh.
Peccato quasi superava "Non Pensarci", ma non ci è riuscito. Mi sa che la fine dei film sia la cosa più difficile.
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lalepredani
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venerdì 30 novembre 2018
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troppa grazia
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Troppa grazia. Si ecco, troppa, ce ne fosse stata un cicinin di meno, sarebbe stato meglio. Sto parlando del film di Zanasi, "Troppa grazia", che ho visto al cinema. Lo spunto prometteva bene: una separata con figlia adolescente, bionda e un po' squinternata come quasi tutte le separate con figlia adoescente di oggi, all'improvviso vede la Madonna (e ci parla, ci litiga pure), tra lo stupore dei suoi contemporanei. Il trailer prometteva di trattare l'argomento in modo lieve e in effetti qualche (buona) battuta c'è, ma non abbastanza per farne una commedia. Il film infatti ad un certo punto vira verso un che di visionario, con un eccesso di primi piani e di campi lunghi sulla luminosa prtagonista, che di luminoso ha financo il nome: Lucia.
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Troppa grazia. Si ecco, troppa, ce ne fosse stata un cicinin di meno, sarebbe stato meglio. Sto parlando del film di Zanasi, "Troppa grazia", che ho visto al cinema. Lo spunto prometteva bene: una separata con figlia adolescente, bionda e un po' squinternata come quasi tutte le separate con figlia adoescente di oggi, all'improvviso vede la Madonna (e ci parla, ci litiga pure), tra lo stupore dei suoi contemporanei. Il trailer prometteva di trattare l'argomento in modo lieve e in effetti qualche (buona) battuta c'è, ma non abbastanza per farne una commedia. Il film infatti ad un certo punto vira verso un che di visionario, con un eccesso di primi piani e di campi lunghi sulla luminosa prtagonista, che di luminoso ha financo il nome: Lucia. Ma è pericoloso usare entrambi i generi perchè un film drammatico non sopporta i tempi comici e una commedia non sopporta i toni profondi. L'impressione è che il regista non abbia saputo scegliere e dunque ha mescolato il tragico col comico. Il risultato? Guardare "Troppa grazia" è come essere in procinto di un volo: i motori sono alla massima potenza, le ruote iniziano la corsa, ma poi, l'aereo non decolla. In compenso gli attori, tutti, non solo la visionaria Lucia (Alba Rohrwatcher), sono azeccati nei loro ruoli, specie Germano nei panni dell'intermittente compagno di Lucia e Battiston in quelli del politico-struzzo all'italiana. CIò che rimane negli occhi, alla fine del film sono due colori: il verde dei campi dove Lucia si muove incessantemente e il rosso delle sue maglie. Paradossalmente poi, la figura più metafisica non è la Madonna (comunque ben resa da Hadas Yaron) ma Rosa, la figlia adolescente della protagonista: una figura androgina, con dei ricci compatti e una faccia ultraterrena che pare appena uscita da un quadro del Botticelli. Nelle scene in cui tira di scherma in effetti, Rosa sembra proprio l'Arcangelo Michele che con la sua spada non lascia passare il male. Ma qualche sbadiglio, sì.
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giuseppe bodini
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sabato 1 dicembre 2018
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che pasticcio
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Insalatona eco-etico-mistico-fondamentalista che vorrebbe spaziare dal precariato giovanil-cronico, alla corruzione e sistematica collusione pubblico-privato nella speculazione edilizia. Il tutto trattato con superficialità narrativa, luoghi comuni fuori tema sullo sfondo di una storia sentimentale sconclusionata che, alla fine, si redimerebbe in una dimensione mistica gratuita. Nella grotta carsica finale è mancata solo l’apparizione della Madonna a madre e figlia congiuntamente...
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loland10
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domenica 9 dicembre 2018
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misure e ...visioni
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“Troppa grazia” (2018) è il quinto lungometraggio del regista modenese Gianni Zanasi.
In un tempo gramo di cinema italiano modesto e rituale, copiaticcio e stantio arriva il film di Zanasi con una storia fuori dai canoni e qualche osanna di troppo ha fatto perdere le misure e il gusto di un film medio con buone riprese in ambienti corretti e spaziosi, colorati e assortiti.
Nella terra dei confini da mettere, nella terra di misurare e sfruttare, nella terra da costruire e da sfruttare arriva un segnale inaspettato, un’apparizione fuori regola e una norma che arriva da molto lontano.
Lucia (mai nome più indovinato) incredula e festosa, lavoratrice e pignola, concreta e viva, vede e pensa bene di non credere di aver visto, il volto e la forma di qualcosa di soprannaturale.
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“Troppa grazia” (2018) è il quinto lungometraggio del regista modenese Gianni Zanasi.
In un tempo gramo di cinema italiano modesto e rituale, copiaticcio e stantio arriva il film di Zanasi con una storia fuori dai canoni e qualche osanna di troppo ha fatto perdere le misure e il gusto di un film medio con buone riprese in ambienti corretti e spaziosi, colorati e assortiti.
Nella terra dei confini da mettere, nella terra di misurare e sfruttare, nella terra da costruire e da sfruttare arriva un segnale inaspettato, un’apparizione fuori regola e una norma che arriva da molto lontano.
Lucia (mai nome più indovinato) incredula e festosa, lavoratrice e pignola, concreta e viva, vede e pensa bene di non credere di aver visto, il volto e la forma di qualcosa di soprannaturale. Ma non è per tutti. E Lei detta alcune regole da seguire come costruire una ‘cappella’ nel luogo indicato. Altro che svendere per il mercato il terreno di bellezza-natura.
‘Ho visto la Madonna’ dice e racconta Lucia, una geometra con mille problemi, precisa, cavillosa e petulante. Sorridente in modo amaro, arrabbiata in modo dolce. Una donna che non ci sta mai, figurarsi, viene da dire, con qualcosa al di sopra di tutto, lei non credente e separata da tutti con il suo convivente già fuori casa dopo qualche minuto di film.
Una pellicola scombinata e varia, scherzosa e ardita, tesa e ariosa, quasi la festa ad uomo incapace di contenersi per ‘rubare’ ogni metro quadrato per edificare il suo mondo privato e venderlo al miglior offerente.
Alba Rohrwacherin un personaggio fuori dal giro e dai connotati semplicistici e rituali, invito ad un cinema sopra mai compiaciuto di ciò che è semplice e rituale. Con gli occhi sgranati e la figura lucida di uno sguardo tra scombinato w fuori moda, sghembo e ilare.
Elio Germanosembra oramai fare se stesso con compiacimento e scanzonata mediata recitazione. Effetto Servillo o effetto causa di un cinema che (si) ridisegna senza forzature.
Il contorno è suadente come il personaggio grassone in tutti i sensi di Paolo, magnanimo e pastone, irriverente e costruttore; l’Onda è il suo progetto ma l’avversaria è Lucia con l’incontro di cui dover tener conto. Un luogo sacro invece di un luogo laico. Ecco che l’apparizione sconvolgerà molti piani pre-costruiti.
Mentre Fabio, l’aiuto geometra, compiaciuto e quasi divertito in questo assurdo mistero. Una birra in due, uno seduto al tavolo e l’altro al banco. Non si vede nessuno altro. Asciuttezza surreale e favolistica. Quasi quasi arrivava la Madonna per un drink e farsi vedere agli increduli. Tra Fabio e Paolo solo uno sguardo senza capire le donne.
Alba Rohrwacher(Lucia): misto ironia e festosa, irriverente e polemica; vittiana forse misteriosa, occhi bulimici e sorriso accarezzato. Un’attrice che prova a ritagliarsi il suo e qui ci riesce benissimo nonostante storie non sempre raccontate bene.
Elio Germano(Arturo): entra in azione subito, esce e fuoriesce, arrabbiato e dolce, poco incisivo, fa il suo (sembra ….).
Giuseppe Battiston(Paolo): la sua presenza scenica si nota, ha un suo carisma, ironico e placido.
Daniele De Angelis(Fabio): una spalla utile, un aiutante di Lucia vispo e in forma, non male l’approccio quando entra in scena.
Hadas Yaron(Madonna): ragazza tra le nuvole, viso in natura, ornamenti semplici e modi non certo leggeri.
Regia di Zanasi ariosa e surreale, sorniona e efficace, semplice e lunare.
Voto: 6½/10 (***).
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michelecamero
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lunedì 26 novembre 2018
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film elegante ed intelligente, ben interpretato.
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Alba Rohrwacher nei panni di Lucia è una geometra capace e perfezionista quanto “sfigata” nella vita e nel lavoro che è assai precario. Ha avuto una figlia a 18 anni in una relazione durata poco ed il film inizia con una esilarante scena di commiato all’attuale compagno infedele, interpretato da Elio Germano. Riceve dal Sindaco del paese (Battiston) l’incarico per il rilevamento catastale di un terreno comunale sul quale sarà realizzata una speculazione edilizia che comunque sveglierà quella comunità dal torpore nel quale si conduce da almeno venti anni e che, nell’idea del Sindaco, porterà lavoro e ricchezza. Procedendo nell’incarico ricevuto, Lucia si accorge che in quel terreno qualcosa non va, quando le appare la Madonna che le chiede di far costruire su quel sito una Chiesa.
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Alba Rohrwacher nei panni di Lucia è una geometra capace e perfezionista quanto “sfigata” nella vita e nel lavoro che è assai precario. Ha avuto una figlia a 18 anni in una relazione durata poco ed il film inizia con una esilarante scena di commiato all’attuale compagno infedele, interpretato da Elio Germano. Riceve dal Sindaco del paese (Battiston) l’incarico per il rilevamento catastale di un terreno comunale sul quale sarà realizzata una speculazione edilizia che comunque sveglierà quella comunità dal torpore nel quale si conduce da almeno venti anni e che, nell’idea del Sindaco, porterà lavoro e ricchezza. Procedendo nell’incarico ricevuto, Lucia si accorge che in quel terreno qualcosa non va, quando le appare la Madonna che le chiede di far costruire su quel sito una Chiesa. La nostra geometra però non è credente e non ci sta. Dal canto suo la Madonna non abituata ad essere contraddetta, è caparbia ed inaspettatamente poco docile al punto da non disdegnare di dare di sé l’immagine di entità manesca. Ecco, il film sta in questi temi della laicità e dell’ambientalismo che conduce all’irriducibile contrasto della modernità tra la necessità del lavoro e della ricerca di una maggior felicità ed il rispetto della natura. Temi che vengono trattati nei toni della commedia elegante ed efficace, esaltati dall’interpretazione della Rohrwacher un’attrice per la quale confesso di non avere grandi slanci ma che in questa pellicola è più che brava: magnifica e credibilissima. Un film sorprendentemente diverso, ma accettabilissimo in quella sua diversità, con una fotografia ed una scenografia ammalianti, dialoghi intelligenti e privi di caduta di tensione, sempre condotti sul filo del paradosso tipico della commedia elegante. Mentre guardavo il film, per un momento l’ho accostato a “Il Bene mio” che per certi versi aveva trattato temi non tanto dissimili ma che mi aveva convinto meno a differenza di questo. Quando, terminata la visione, ho tentato di darmi una risposta al perché, ho ritenuto di averla trovata nella regia, capace, ferma e sicura da parte di Zanasi, per nulla autoreferenziale, che ha saputo trovare originalità nella storia che ha voluto raccontarci.
MiCam
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lalepredani
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giovedì 29 novembre 2018
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troppa grazia
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TROPPA GRAZIA. Si ecco, troppa, ce ne fosse stata un cicinin di meno, sarebbe stato meglio. Sto parlando del film di Zanasi , 'Troppa grazia', che ho visto al cinema. Lo spunto prometteva bene: una separata con figlia adolescente, bionda e un po' squinternata come quasi tutte le separate con figlia adolescente di oggi, all'improvviso vede la Madonna (e ci parla, ci litiga pure), tra lo stupore dei suoi contemporanei. Il trailer prometteva di trattare l'argomento in modo lieve e in effetti qualche (buona) battuta c'è, ma non abbastanza per farne una commedia. Il film infatti ad un certo punto vira verso un che di visionario, con un eccesso di primi piani e di campi lunghi sulla luminosa protagonista, che di luminoso ha fin anche il nome: Lucia.
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TROPPA GRAZIA. Si ecco, troppa, ce ne fosse stata un cicinin di meno, sarebbe stato meglio. Sto parlando del film di Zanasi , 'Troppa grazia', che ho visto al cinema. Lo spunto prometteva bene: una separata con figlia adolescente, bionda e un po' squinternata come quasi tutte le separate con figlia adolescente di oggi, all'improvviso vede la Madonna (e ci parla, ci litiga pure), tra lo stupore dei suoi contemporanei. Il trailer prometteva di trattare l'argomento in modo lieve e in effetti qualche (buona) battuta c'è, ma non abbastanza per farne una commedia. Il film infatti ad un certo punto vira verso un che di visionario, con un eccesso di primi piani e di campi lunghi sulla luminosa protagonista, che di luminoso ha fin anche il nome: Lucia. Ma è pericoloso usare entrambi i generi perché un film drammatico non sopporta i tempi comici e una commedia non sopporta i toni profondi. L'impressione è che il regista non abbia saputo scegliere e dunque ha mescolato il tragico col comico. Il risultato? Guardare 'Troppa grazia' è come essere in procinto di un volo: i motori sono alla massima potenza, le ruote iniziano la corsa, ma poi, l'aereo non decolla. In compenso gli attori, tutti, non solo la visionaria Lucia (Alba Rohrwatcher), sono azzeccati nei loro ruoli, specie Germano nei panni dell intermittente compagno di Lucia e Battiston in quelli del politico-struzzo all'italiana. Ciò che rimane negli occhi, alla fine del film, sono due colori: il verde dei campi dove Lucia si muove incessantemente e il rosso delle sue maglie. Paradossalmente poi, la figura più metafisica non è la Madonna (comunque ben resa da Hadas Yaron) ma Rosa, la figlia adolescente della protagonista: una figura androgina, con dei ricci compatti e una faccia ultraterrena che pare appena uscita da un quadro del Botticelli. Nelle scene in cui tira di scherma in effetti, Rosa sembra proprio l' arcangelo Michele che con la sua spada non lascia passare il male. Ma qualche sbadiglio, sì. DANILA BENEDETTO
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massimiliano forino
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domenica 2 dicembre 2018
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bravi attori cercano di dare spunti superficiali
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Spinto dalla vostra critica , "film straordinario in cui si ride molto" sono andato a vedere il film con molte aspettative, forse troppe. Fin dalle prime scene infatti si intuisce una trama a dir poco sfilacciata con bei paesaggi campestri, bei cieli stellati, una meteora che forse nasconde qualche fenomeno paranormale, una madre che fa un pic nic con tanto di tovaglia a quadretti di notte con una figlia di circa un anno a contemplare le stelle cadenti.; un cantiere con tanto di atipica geometra abusiva che rimpinza operai con babà, altri paesaggi campestri con tanto di solleone che non riesce però nemmeno a trasmetterci un caldo afoso come forse vorrebbe, una figlia un pò apatica, un accenno di storia di tradimenti incrociati, una donna araba con i colori di foto famose, ma molto meno carismatic;a degli imprenditori cattivi ma poco convinti e convincenti del loro ruolo di cattivi, un impatto sulla natura che non si capisce di che portata sarà, una Madonna che picchia, sbatte al muro e dà consigli sconclusionati, uno psichitra che fa domande che rimangono sopese, dei silenzi che diventano protagonisti (noiosi), delle lenzuola al vento di lontana memoria "Mediterranea",( che se ne farà poi un ex jazzista ex eroinomane ed attuale stella di facebook con tutte quelle lenzuola lo sanno in pochi.
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Spinto dalla vostra critica , "film straordinario in cui si ride molto" sono andato a vedere il film con molte aspettative, forse troppe. Fin dalle prime scene infatti si intuisce una trama a dir poco sfilacciata con bei paesaggi campestri, bei cieli stellati, una meteora che forse nasconde qualche fenomeno paranormale, una madre che fa un pic nic con tanto di tovaglia a quadretti di notte con una figlia di circa un anno a contemplare le stelle cadenti.; un cantiere con tanto di atipica geometra abusiva che rimpinza operai con babà, altri paesaggi campestri con tanto di solleone che non riesce però nemmeno a trasmetterci un caldo afoso come forse vorrebbe, una figlia un pò apatica, un accenno di storia di tradimenti incrociati, una donna araba con i colori di foto famose, ma molto meno carismatic;a degli imprenditori cattivi ma poco convinti e convincenti del loro ruolo di cattivi, un impatto sulla natura che non si capisce di che portata sarà, una Madonna che picchia, sbatte al muro e dà consigli sconclusionati, uno psichitra che fa domande che rimangono sopese, dei silenzi che diventano protagonisti (noiosi), delle lenzuola al vento di lontana memoria "Mediterranea",( che se ne farà poi un ex jazzista ex eroinomane ed attuale stella di facebook con tutte quelle lenzuola lo sanno in pochi..) . insomma mi è sembrato un inno all'incompiuto, non viene approfondito il tema dell'immigrazione e dei profughi, non quello degli stranieri e la concorrenza nel mondo del lavoro non specializzato, non sviscerato il tema ecologista, nè affrontato quello religioso o spirituale, una fiera della superficialità insomma, salvata solo dall'interpretazione della protagonista in pprimis e poi dei personaggi che le ruotano intorno, il compagno, l'amica , la figlia, l'imprenditore , l'architetto. Qualche bella musica, una buona fotografia, purtroppo nulla di più. Ah dimenticavo, mi sono sforzato di ridere, ma ci sono riuscito raramente..ultima domanda che criterio di valutazione è stato utilizzato per il premio vinto?
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dgmax
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lunedì 26 novembre 2018
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film da musiche
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Non ripeto un accenno alla trama, già descritta da altri, e faccio le mie le impressioni riportate nei commenti non del tutto entusiastici. La mia impressione è che molte cose non si collegano alla storia principale: i problemi esistenziali dalla ragazzina, il duello a sangue, anche l'allagamento non è del tutto conguente...
Le inquadrature della campagna, per quanto belle, alla lunga sono un po' troppo lunghe, stucchevoli e reiterate tanto da diventare scontate e quindi superflue.
Ma quello che mi ha dato più fastidio è la relazione tra i brani musicali (tutti molto belli) e le immagini sottostanti. In genere si parla di "musiche da film", mentre in questo caso mi sembra che molte sequenze stiano lì solo per dare tempo al brano di essere eseguito tutto: "film da musiche".
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Non ripeto un accenno alla trama, già descritta da altri, e faccio le mie le impressioni riportate nei commenti non del tutto entusiastici. La mia impressione è che molte cose non si collegano alla storia principale: i problemi esistenziali dalla ragazzina, il duello a sangue, anche l'allagamento non è del tutto conguente...
Le inquadrature della campagna, per quanto belle, alla lunga sono un po' troppo lunghe, stucchevoli e reiterate tanto da diventare scontate e quindi superflue.
Ma quello che mi ha dato più fastidio è la relazione tra i brani musicali (tutti molto belli) e le immagini sottostanti. In genere si parla di "musiche da film", mentre in questo caso mi sembra che molte sequenze stiano lì solo per dare tempo al brano di essere eseguito tutto: "film da musiche".
Per fortuna la storia principale - originale - , la recitazione di tutti gli attori - ottima - e, appunto, le musiche - bellissime - valgono il prezzo del biglietto.
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