Giù le mani dalle nostre figlie

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La tragedia di essere genitori? Tocca crescere

di Roberto Nepoti La Repubblica

Non è un'altra stupida commedia americana». Era il titolo di una parodia del teen movie uscita nel 2001, ma si adatta bene a Giù le mani dalle nostre figlie, debutto nella regia della sceneggiatrice Kay Cannon. Contesto e situazioni sono tipici del filone: liceali al ballo di fine d'anno e relativi progetti sessuali. Ma nel caso, i protagonisti sono piuttosto i genitori: un terzetto composto da Lisa, Mitchell e Hunter, terrorizzati all'idea che le loro creature perdano la verginità. È questo il progetto di Julie, la quale ha scelto la notte del ballo per attuarlo assieme al suo ragazzo, convincendo le amiche Kayla e Sam a fare lo stesso. Quando Lisa e Mitchell, complice il web, scoprono per caso le intenzioni delle figlie, scatta l'emergenza: bisogna bloccare con ogni mezzo il rovinoso piano. A loro si aggiunge Hunter, genitore divorziato che trova un po' folle la crociata e vorrebbe tenerli sotto controllo. Le situazioni che seguono non sono tutte di grana fine (si veda la sequenza, troppo lunga, del party con clistere di birra); però non è nelle scene pensate per suscitare la risataccia il vero scopo del film. Dove, dietro gli stereotipi, s'intravedere una consapevolezza che lo pone al di sopra di tante "altre stupide commedie americane". Come nel miglior Judd Apatow, Giù le mani dalle nostre figlie colpisce e affonda alcune attitudini sociali contemporanee. Lo si potrebbe definire una commedia di formazione a doppio senso: mentre le ragazze sono piuttosto concrete per una teen-sex comedy, i loro genitori si rivelano più bisognosi di crescere di quanto non lo siano le figlie. Membri della media borghesia suburbana americana (e non solo), conducono una vita confortevole, ma li terrorizza la "sindrome del nido vuoto": cosa sarà di loro quando le rampolle, su cui hanno focalizzato la vita, partiranno per il college? In realtà per questi parenti, che non sono mai cresciuti, il problema non è tanto proteggere la virtù delle figlie quanto, invece, impedire che consumino il rito di passaggio all'età adulta - e all'indipendenza. Lisa (Leslie Mann, vista nei film di Apatow), mamma single che ha confuso il ruolo genitoriale con quello dell'amica, vorrebbe che la sua Julie restasse per sempre la bimba bisognosa di protezione; allo stesso modo Mitchell (il massiccio wrestler John Cena, ben utilizzato a contro-ruolo) non accetta che la sua innocente creatura diventi adulta. In fin dei conti gli adolescenti sembrano più a proprio agio nel mondo d'oggi dei loro iperprotettivi genitori. Vedere, per credere, la divertente scena in cui Lisa e gli altri, davanti a un computer, sono alle prese col misterioso linguaggio degli emoji.
Da La Repubblica, 17 maggio 2018


di Roberto Nepoti, 17 maggio 2018

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