vanessa zarastro
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venerdì 26 aprile 2019
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pretesti ed equivoci
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o meglio, di come si riesca a montare un fatto piccolo, talvolta irrilevante, facendolo diventare un grosso problema, e più si va avanti e più diventa complicato sbrogliare la matassa. Ciò è particolarmente vero laddove si vive ai confini, o vicino ai muri, o nelle città divise (Nicosia come Gerusalemme), laddove dove le differenze sono etniche, di religione, di filosofia del mondo. Questi film hanno il compito importantissimo di palesare le stupidità dei regolamenti, mostrare le assurde contrapposizioni, e la paranoia della diversità.
È il caso del film libanese “L’insulto” di Zia Doueiri del 2017, così come il recentissimo film cipriota “Torna a casa Jimi”, di Marios Piperides.
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o meglio, di come si riesca a montare un fatto piccolo, talvolta irrilevante, facendolo diventare un grosso problema, e più si va avanti e più diventa complicato sbrogliare la matassa. Ciò è particolarmente vero laddove si vive ai confini, o vicino ai muri, o nelle città divise (Nicosia come Gerusalemme), laddove dove le differenze sono etniche, di religione, di filosofia del mondo. Questi film hanno il compito importantissimo di palesare le stupidità dei regolamenti, mostrare le assurde contrapposizioni, e la paranoia della diversità.
È il caso del film libanese “L’insulto” di Zia Doueiri del 2017, così come il recentissimo film cipriota “Torna a casa Jimi”, di Marios Piperides. Nel primo da una perdita d’acqua del balcone si arriva a un confitto di dimensioni abnormi finendo in tribunale; nel secondo i divieti e l’applicazione rigida delle normative europee costringono un giovane musicista spiantato a chiedere aiuto a persone poco raccomandabili per compiere atti illegali. In “Sarah & Saleem”, opera seconda del giovane paestinese Muayad Alayan, l’equivoco e il desiderio di revanche portano in galera un mite fattorino arabo che faceva le consegne per un panificio. Anche nel suo primo film “Amore, furti e altri guai” del 2015, il regista aveva già costruito un intrigo politico attorno a un equivoco, e viene messo in mezzo un ladro ingenuo.
“The Reports On Sarah And Saleem,” il titolo originale del film, ha vinto il Premio del Pubblico Huber Bals e il Premio Speciale della Giuria al Festival di Rotterdam, ma vediamo di seguito qual è la vicenda.
Sarah (interpretata da Sivabe Kretchner) gestisce un bar a Gerusalemme, mentre Saleem (interpretato da Adeeb Safadi) consegna proprio in quel bar i croissant appena sfornati dal panificio. Lei è ebrea e lui si presume musulmano, in quanto arabo. Si conoscono così sul lavoro, al bar, e tra loro si accende un rapporto passionale. Si incontrano la sera tardi, fanno l’amore nel retro del furgone, sono una coppia clandestina e adultera. Nessuno sa nulla della vita dell’altro, al di fuori del fatto che sono entrambi sposati.
Bisan (Maysa Abed-Alhadi), la moglie di lui, studia all’Università, è rispettosa delle tradizioni ed è incinta all’ultimo mese, ha quindi timore di fare male al bambino se fa sesso con il marito. David (Ishai Golan), il marito di lei, è un Colonnello della sicurezza israeliana, essendo quindi molto impegnato nelle azioni di pattugliamento, rientra quasi sempre la sera molto tardi e stanco. I due amanti, dunque, sembrano riempire con il sesso i vuoti affettivi.
Poiché Saleem ha bisogno di soldi, specialmente ora che sta per diventare padre, accetta un lavoro extra che il cognato gli propone, cioè di fare delle consegne “notturne” anche fuori Gerusalemme. Non domanda neanche cosa debba consegnare. Una sera deve andare a Betlemme e porta con sé anche Sarah. Convinti che lì non li conosce nessuno, entrano in un bar per bere una birra in pace: un palestinese molesta Sarah, Saleem lo picchia e ne nasce una rissa. Il palestinese giura vendetta.
Da lì in poi un crescendo di equivoci, Saleem è arrestato, accusato di spionaggio e d’istigazione alla prostituzione di donne israeliane. Qualcuno dei servizi segreti palestinesi riesce a farlo uscire a patto che lui scriva che la donna israeliana non è una prostituta, ma una donna che lavorava per lui (è solo “una formalità”, gli dicono). A malincuore lui scrive ciò che gli viene dettato.
Lo rilasciano, torna a casa sfigurato dalle botte, e la moglie lo accudisce, ignara della verità. Ma la sfortuna lo insegue e anche la polizia israeliana lo perseguita perché è sospettato di essere un sovversivo. La polizia vuole sapere a tutti i costi chi sia la donna traditrice. Lui non fa nomi, tace rischiando dieci anni di carcere. Saleem rimane in prigione e la sua vicenda diventa un caso politico, nell’equivoco che sia veramente parte della resistenza palestinese.
Così i rispettivi coniugi vengono a sapere dell’adulterio: David inizia a credere che la moglie sia realmente una traditrice e coinvolta in azioni sovversive, Bisan si sente tradita e offesa in quanto donna, moglie e futura madre. Varie vicende tra ricatti, minacce e quant’altro, che qui non voglio rivelare, porteranno a un finale dove le donne ne escono molto meglio e sembra di intuire un filo di speranza per il futuro.
Ma la vera protagonista del film è Gerusalemme, la città Eterna, teatro dei conflitti, capitale contesa di Israele e città Santa nell’Ebraismo, nell’Islam e nel Cristianesimo. La città “unita e divisa” si trova in mezzo alle montagne su una spianata rocciosa alta sulla valle incassata e, fuori le mura della città vecchia, si espande sulle pendici la città moderna, disordinata, fitta di edifici tutti diversi tra loro. È questo lo scenario di “Sarah & Saleem”, una tresca a sfondo sessuale tra due persone come ce ne sono tante: purtroppo lui era palestinese e lei israeliana.
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cardclau
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venerdì 26 aprile 2019
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il mondo è la mia casa?
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Il bel film del regista palestinese Muayad Alayan (ma che abbia un antenato armeno?) ci regala un bel tesoretto di considerazioni e riflessioni, mettendo alla prova il nostro ingegno. A rafforzare la sfida ci regala quattro attori convincenti e ben diretti (Saleem, Adeeb Safadi; Sarah, Silvane Ketchner; David, Ishai Golan; Bisan, Maisa Abd Elhadi) in una storia che travalica il reale per acquistare la dimensionalità conflittuale dell’essere umano.
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Il bel film del regista palestinese Muayad Alayan (ma che abbia un antenato armeno?) ci regala un bel tesoretto di considerazioni e riflessioni, mettendo alla prova il nostro ingegno. A rafforzare la sfida ci regala quattro attori convincenti e ben diretti (Saleem, Adeeb Safadi; Sarah, Silvane Ketchner; David, Ishai Golan; Bisan, Maisa Abd Elhadi) in una storia che travalica il reale per acquistare la dimensionalità conflittuale dell’essere umano. Saleem, un bel giovanotto palestinese, fa l’amore con Sarah, una bella donna israeliana. Già questa differenza “razziale” rappresenterebbe un problema (ma … una faccia, una razza?), se non che a complicarlo concorre il fatto che entrambi sono sposati (quindi si tratta di una relazione extraconiugale), Sarah ha una tenera figliolina con David; la moglie di Saleem, Bisan, aspetta da lui un figlio; che David è un colonnello dell’esercito israeliano; che tra li uni (dominatori) e gli altri (dominati) la paranoia e l’acredine hanno raggiunto livelli di incertezza e violenza pazzeschi. La passione sessuale tra Sarah e Saleem è travolgente, senza pensiero, condita da un bisogno potente di trasgressione, di mettersi in pericolo, e di fare esplodere le rispettive storie d’amore. Già Dante nel V Canto dell’inferno aveva affrontato la questione: “ … Intesi ch'a così fatto tormento enno dannati i peccator carnali, che la ragion sommettono al talento.” A giustificazione però di Paolo e Francesca è che il primo era giovane, gentile, ed attraente, e che la seconda era maritata ad un orribile, scorbutico, e panzuto guercio, per quanto ricco, padrone, e signore. Comunque, rimane a noi, come al sommo poeta, la pietas verso qualcosa che non capiamo, ma che è umanissimo (in Cristo si è fermato ad Eboli, Carlo Levi riportava la convinta credenza che la forza dell’amore carnale non si poteva vincere con alcun mezzo). Inoltre il film rimanda alla tematica del muro che separa i ricchi dai poveri, i vincitori dai vinti, i sani dagli insani, quelli che hanno futuro da quelli che non ce l’hanno. Qualsiasi sconfinamento non è previsto, non è consentito, anche la legge si muove decisamente in questa direzione. Ciò che era emerso nel Prigioniero coreano di Kim Ki-Duk (fra Corea del Nord e quella del Sud), quando il povero pescatore osservava: “ … "i pesci non hanno scampo quando vengono presi nella rete, e adesso nella rete sono stato preso io ...". O come nel recente bel film di Mario Piperides Torna a casa, Jimi! 10 cose da non fare quando perdi il tuo cane a Cipro, nell’indigesta e incredibile divisione fra Cipro greca e Cipro turca, con una linea di separazione che corre indifferente nel bel mezzo della città di Nicosia.
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