Arrivederci Professore |
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Un film di Wayne Roberts.
Con Johnny Depp, Zoey Deutch, Danny Huston, Rosemarie DeWitt.
continua»
Titolo originale The Professor.
Commedia,
Ratings: Kids+13,
durata 90 min.
- USA 2018.
- Notorious Pictures
uscita giovedì 20 giugno 2019.
MYMONETRO
Arrivederci Professore
valutazione media:
2,28
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Romanzare "THE PROFESSOR" secondo me (prima parte)di fra1971Feedback: 6 | altri commenti e recensioni di fra1971 |
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giovedì 6 giugno 2019 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il corridoio sembrava interminabile, arrivai nella stanza di Adam stremato, avevo il fiatone. Mi aspettava, aveva il viso incupito e lo sguardo perso nel vuoto della finestra osservando il parco coi bimbi che giocavano con i loro papà; soffriva nel vedere quello che avrebbe voluto fare col suo. La temperatura nella stanza era quasi insopportabile, il caldo si poteva tagliare a fette; il ventilatore girava da una parte e dall’altra facendo svolazzare i fiocchi colorati di carta che Adam aveva attaccato su di esso; diceva che facevano atmosfera e meno triste quella stanza bianca di ospedale, i colori alle pareti la renderebbero viva; diceva che la positività andrebbe irrorata nelle menti dei pazienti, il solo pensare positivo è un’aggiunta a farmaci e terapie, è dimostrato. Le sue innumerevoli richieste di colorare di giallo, verde, rosso e smeraldo quelle quattro pareti erano state respinte ma, disse, prima o poi le avrebbe tinte anche senza beneplacito. La scrivania era disordinata ma diceva che a modo suo era tutto a posto, sapeva perfettamente dove fosse tutto quello che gli serviva, io certamente non avrei trovato niente se me l’avesse chiesto. Una goccia di sudore gli scendeva dalla fronte, la vedevo arrivare lenta, quasi come al rallentatore; sembrava non volesse terminare il suo naturale percorso. Mi parve come assente, mi guardò dopo che ripetei per ben tre volte il suo nome, pareva fosse in un'altra dimensione; aveva in mano un foglio e lo leggeva ripetutamente a mente senza mai distogliere lo sguardo. I nostri sguardi s’incrociarono per un istante, sembrava volesse evitare di indugiare sul mio. Finalmente si mosse, la sedia fece un rumore fastidiosissimo lasciando una strisciata sul pavimento degna di future attenzioni per gli addetti alle pulizie. Si sedette sul tavolo, davanti a me, a pochi centimetri, mi guardò intensamente negli occhi. Era il mio amico di una vita, avevamo frequentato il liceo assieme, poi io andai a Lettere e lui Medicina; le nostre reciproche vite non avevano alcun segreto. Adam mi poggiò la mano sulla spalla, disse: “Richard, hai un cancro ai polmoni al quarto stadio”. Risposi che non avevo mai fumato in tutta la mia vita, che cosa assurda mi stava dicendo. Il suo viso rimase impassibile, non era il solito Adam, appariva una persona estranea che mi diceva qualcosa di tremendo. C’erano due possibilità, mi disse: se avessi voluto fare la chemio potevo “vivere” circa un anno e mezzo, altrimenti “forse” sei mesi. Dovevo “solo” decidere se chiudermi per il resto di ciò che mi restava da respirare in un ospedale, farmi pungere da mille e più aghi e fare terapie palliative. Avrebbero semplicemente ed illusoriamente prolungato la mia vita; era chiaro che dal quel luogo di sofferenza non sarei mai più uscito, almeno con le mie gambe. Lo guardai fisso negli occhi ormai umettati dalle lacrime, uscii dalla camera, mi aspettava di nuovo quell’estenuante e lungo androne. Uscendo indugiai sui mali altrui, su quei familiari che peregrinavano a trovare i pazienti terminali; la desolazione di chi sta al loro fianco è paradossalmente peggiore, per certi versi, di quella degli stessi degenti. Tutti sanno come la storia andrà a finire, ma io decisi che non sarebbe andata così, almeno per me, non avrei demolito la mia famiglia, avrei evitato le parole inutili a macchiare le altrui labbra; le mie orecchie non avrebbero ascoltato meste frasi di circostanza, che tuttavia sono imprescindibili.
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