Lo scandalo Hart parla al presente
di Fabio Ferzetti L'Espresso
Il ritorno di un piccolo maestro della commedia, già autore di perle come "Juno" e "Tra le nuvole" (nonché dei meno sottili "Tully" e "Young Adult"), pone due domande chiave in una volta sola. Uno: che cosa abbiamo perso, sul piano politico e sociale, da quando i media anziché setacciare idee e fatti hanno iniziato a frugare tra i panni sporchi delle figure pubbliche? Due: fino a dove può spingersi il cinema per semplificare, drammatizzare, rendere più attraente e comprensibile una materia che semplice e attraente magari non è? Sono quasi due facce della stessa domanda, qui illuminate dallo scandalo del senatore democratico Gary Hart (un insolito ma intonato Hugh Jackman) e della sua amante, la modella Donna Rice. Chi c'era ricorda. Correva il 1987. Hart, cavallo di razza («Ha il dono di sbrogliare la matassa della politica e renderla comprensibile a tutti», dice il capo del suo staff), doveva competere contro Bush Sr. Intelligente, appassionato, prestante («ha i capelli giusti per vincere», ironizza il Washington Post), avrebbe dato una svolta alla storia degli Usa. Se un aggressivo cronista di Miami e un più dubbioso collega del Washington Post (il primo è un personaggio storico, il secondo l'unione di più figure) non avessero scoperto i suoi altarini. Cogliendolo di sorpresa, perché come ricorda anche il mitico Ben Bradlee del Post (qui Alfred Molina), con Kennedy e perfino con Johnson la stampa chiudeva un occhio in fatto di donne. Ma i tempi cambiano, la "gente" vuole sapere, o illudersi di sapere. La camera da letto è la strada più breve per riuscirci. Così, snellendo e semplificando, a volte fin troppo, Reitman fa del caso Hart una specie di prova generale della catastrofe a venire: morte della privacy, trionfo del gossip, avvento della politica spettacolo. Con evidenti e fondate allusioni al presente. Anche se Reitman mutua dai capolavori di Altman lo sguardo "espanso" sul grande circo della politica, non certo la profondità. Se cronisti e redazioni sfiorano spesso la caricatura, più sfumate sono però le figure femminili, dalla stessa Donna Rice, quasi sempre nell' ombra e assai migliore del ruolo cucitole addosso, alla moglie offesa (la sempre straordinaria Vera Farmiga), e a quella assistente zelante che gioca senza forse neanche accorgersene il ruolo di guardiana del Potere.
Da L'Espresso, 24 febbraio 2019
di Fabio Ferzetti, 24 febbraio 2019