paolo stravalaci
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lunedì 14 gennaio 2019
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straordinario
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Premetto che Suspiria di Argento per me resta un capolavoro assoluto del genere horror, ma questa rielaborazione di Guadagnino del medesimo film, è un'opera che mi ha davvero entusiasmato e stupito. Non è un remake, il regista mantiene la struttura originale, ma rielabora completamente il film, cambiandolo sotto tutti gli aspetti. Il film riesce in modo impeccabile ad essere completamente diverso dall'originale e contemporaneamente a catturarne l'essenza. Tecnicamente è un gioiello artistico, le riprese e la fotografia sono eccezionali, molto Kubrickiano oserei dire, la regia è claustrofobica, e si muove sapientemente fra i passaggi segreti dell'accademia sfruttando l'atmosfera deprimente di una Berlino tetra, ancora reduce dal nazismo.
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Premetto che Suspiria di Argento per me resta un capolavoro assoluto del genere horror, ma questa rielaborazione di Guadagnino del medesimo film, è un'opera che mi ha davvero entusiasmato e stupito. Non è un remake, il regista mantiene la struttura originale, ma rielabora completamente il film, cambiandolo sotto tutti gli aspetti. Il film riesce in modo impeccabile ad essere completamente diverso dall'originale e contemporaneamente a catturarne l'essenza. Tecnicamente è un gioiello artistico, le riprese e la fotografia sono eccezionali, molto Kubrickiano oserei dire, la regia è claustrofobica, e si muove sapientemente fra i passaggi segreti dell'accademia sfruttando l'atmosfera deprimente di una Berlino tetra, ancora reduce dal nazismo. La pellicola trasmette quel senso di impotenza di fronte alle malefatte continue, senza eccedere in scene cruenti e sanguinose, ma mantenendo per tutta la durata del film, una sensazione disturbante di ansia continua. La trama è piena di sfaccettature, si percepisce con mano il male, è un film malvagio, ma che riguarda anche l'amore e le sofferenze del periodo nazista. La recitazione è straordinaria, prima su tutte una bravissima Dakota Johnson, ruolo di estrema complessità, a mio avviso interpreta Susie in maniera molto più convincente di quanto non lo fece Jessica Harper all'epoca. L'altra interpretazione eccezionale è quella di Tilda Swinton, la quale fornisce una doppia interpretazione, nei panni di una glaciale e meravigliosa Madame Blanc, e irriconoscibile nelle vesti del dottor Josef Klemperer, grazie alla sua straordinaria espressività. Thom Yorke realizza una musica ipnotica, affascinante ed ammaliante, magari meno inquietante rispetto a quella meravigliosa dei Goblin, ma azzeccatissima a mio avviso. La ricostruzione storica è fantastica, sembra davvero di essere negli anni 70, così come la coreografia molto teatrale, di rara bellezza. In conclusione Suspiria non è un film per tutti, ed è una pellicola che lascerà insoddisfatte parecchie persone, ma se come me rientrate nella piccola fetta di pubblico alla quale il film è piaciuto molto, lo amerete per sempre. Guadagnino è un genio, ha realizzato un'autentica opera, Suspiria di Argento rimarrà impresso nelle menti di tutti certo, ha fatto la storia del genere horror, ma questo nuovo riadattamento non ha nulla da invidiargli, e sotto certi aspetti è forse anche più bello. Suspiria di Guadagnino lo si ama o lo si odia, ma sicuramente non lascia indifferenti. É un film disturbante, ipnotico, enigmatico, provocatorio, memorabile, un capolavoro che mi ha sconvolto e scosso nel profondo, e che rivedrò sicuramente, perché questo è il classico film che rivisto una seconda volta, lo si apprezza ancora di più.
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nino pellino
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mercoledì 2 gennaio 2019
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un quasi remake molto creativo e ben diretto
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Complimenti al regista Luca Guadagnino per aver riletto un classico dell'horror degli anni '70 riuscendo ad integrare il film originale grazie ad una serie di dettagli e novità narrative che evidenziano ottime attitudini creative a livello di scrittura da parte di questo autore. Questo film lo si può definire remake solo per la presenza di alcuni elementi principali, presenti nel film del 1977, come l'ambientazione della trama che si svolge presso una scuola di danza e il relativo tema portante della presenza di una strega che sta al vertice di una compagnia di donne che detengono l'organizzazione di tale scuola, insegnando il ballo ad una serie di studentesse che alloggiano nella struttura.
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Complimenti al regista Luca Guadagnino per aver riletto un classico dell'horror degli anni '70 riuscendo ad integrare il film originale grazie ad una serie di dettagli e novità narrative che evidenziano ottime attitudini creative a livello di scrittura da parte di questo autore. Questo film lo si può definire remake solo per la presenza di alcuni elementi principali, presenti nel film del 1977, come l'ambientazione della trama che si svolge presso una scuola di danza e il relativo tema portante della presenza di una strega che sta al vertice di una compagnia di donne che detengono l'organizzazione di tale scuola, insegnando il ballo ad una serie di studentesse che alloggiano nella struttura. Ma per il resto mi ha entusiasmato ad esempio l'importanza che il film ripone nella danza, quale rito indispensabile attraverso cui le streghe riescono ad esprimere al meglio il loro potere, divenendo altresì un'orribile tortura mortale per coloro che cercano di ribellarsi al loro potente maleficio e, inoltre, sempre l'elemento della danza, acquisirà un'importanza vitale nelle scene finali che non sto certo qui a svelare. Parallelamente alla storia che ci viene narrata all'interno della scuola di danza, questo film ci descrive anche le gesta di un vecchio psicoterapeuta il quale, a suo modo, cercherà di scoprire gli abominevoli segreti che si nascondono all'interno della scuola, avvalendosi della complicità di una studentessa, Olga, che svolgerà in tal modo il ruolo di una sorta di investigatrice. Del resto la trama successivamente ci svelerà il doloroso passato dello psicoterapeuta che in un certo modo avrà anche una certa correlazione conclusiva con la vicenda principale del film. Ma la vera protagonista è l'attrice Dakota Johnson che si cala perfettamente nel ruolo della protagonista, Susie Bannion, studentessa americana recentemente iscritta nella scuola di danza, la quale rappresenterà il vero fulcro vitale di tutta la storia, discostandosi notevolmente dall'originaria protagonista del film del 1977, Jessica Harper, soprattutto per mezzo di una misteriosa forza interiore che la nuova protagonista dimosterà di possedere soprattutto nelle sequenze finali. C'è, poi, da aggiungere sicuramente la bellezza della scenografia e della fotografia e indubbiamente la circostanza che quando un regista italiano si impegna a girare un film horror, dimostra sicuramente più spessore narrativo e autoriale rispetto a certi filmetti americani del genere che a confronto si riducono con l'essere degli imbarazzanti splatter. Bravo, dunque, Guadagnino che ha avuto la maturità e la giusta ispirazione nel tessere magnificamente di veste nuova un indiscusso capolavoro horror del passato.
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fabio1967
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lunedì 7 gennaio 2019
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"il delirio e' una menzogna che dice la verità"
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Nel film di Guadagnino le streghe hanno il potere di cancellare la memoria di coloro i quali hanno visto o sentito troppo, diventando pericolosi per la prosecuzione dell'attivita' della congrega. Di conseguenza viene meno uno dei piu' tradizionali moventi per uccidere qualcuno, il farlo tacere per impedirgli di rivelare una verita' scomoda. Le streghe di questo nuovo Suspiria uccidono quindi per vendetta o semplicemente per la necessita' di un rituale ed e' insita in ciò la cattiveria di chi usa la morte dell'altro solo per bramosia di sopraffazione o perfido sadismo. Ma sono tantissime le differenze che fanno pensare di questo film che sia un prodotto assolutamente originale pur omaggiando il capolavoro Argentiano, senza però ripercorrerne i contenuti come accade per un autentico remake.
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Nel film di Guadagnino le streghe hanno il potere di cancellare la memoria di coloro i quali hanno visto o sentito troppo, diventando pericolosi per la prosecuzione dell'attivita' della congrega. Di conseguenza viene meno uno dei piu' tradizionali moventi per uccidere qualcuno, il farlo tacere per impedirgli di rivelare una verita' scomoda. Le streghe di questo nuovo Suspiria uccidono quindi per vendetta o semplicemente per la necessita' di un rituale ed e' insita in ciò la cattiveria di chi usa la morte dell'altro solo per bramosia di sopraffazione o perfido sadismo. Ma sono tantissime le differenze che fanno pensare di questo film che sia un prodotto assolutamente originale pur omaggiando il capolavoro Argentiano, senza però ripercorrerne i contenuti come accade per un autentico remake. La pellicola sopravvive di una trama, di un'atosfera e di una suggestione visiva assolutamente originali. I colori sgargianti del primo Suspiria si spengono e la tavolozza si fa pacata e smunta, il clima e' quello della Berlino anni 70, reso benissimo dal parallelismo dei moti rivoluzionari che si stagliano sullo sfondo della vicenda. Le atmosfere sono pacate e surreali, maniacale e' l'attenzione all'impatto visivo di ogni dettaglio, sdrucito, sporco e sguarnito, servito crudo ad una tavola in cui il pasto puo' sembrare indigesto.E invece proprio in questo e' insita la virtu' di una pellicola che assurge alla grandezza ricordandomi a tratti il clima e le suggestioni malate de " L'esorcista". Senza scomodare irriverenti parallelismi, il film si appropria della tematica della danza come veicolo della rinascita di se, differenziandosi anche in questo dalla prima pellicola nella quale la danza era solo un pretesto per ambientare i rituali stregoneschi. Altra differenza che a mio giudizio impreziosisce il film e' il vivere fin dall'inizio la soggettiva delle streghe, il loro pensiero e' spesso reso da una voce fuoricampo che narra dei loro propositi deliranti, rivelandoci da subito la loro vera natura. D'altro canto il nascondere fino alla fine che si trattava di streghe, in questo caso avrebbe perso l'efficacia narrativa del primo Suspiria nel quale tutto era inedito, tanto valeva giocarsi la "rivelazione" in maniera differente. L'operazione nel complesso mi appare riuscitissima, anche se ho vissuto con disagio le risate in sala durante le ultime scene, nelle quali il surrealismo autoriale ha forse preso un po' troppo la mano al regista. Magistrale la scena della ballerina dissidente massacrata in sala prove, meno riuscito il tripudio di effetti splatter computerizzati della scena finale, il cui aspetto finto ha un po' sporcato la brutalita' dell'impatto visivo e la resa originale e spiazzante di alcune magistrali inquadrature. Ma come l'anziano psicanalista del film ci ricorda, i deliri non sono altro che "menzogne che dicono la verità".
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inesperto
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mercoledì 2 gennaio 2019
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suspiria reloaded
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Potrà sembrare provocatorio, ma è più completo, meglio raccontato e molto meglio recitato rispetto all'originale. Il brodo viene allungato: tra i due film vi è circa un'ora di differenza. Con l'andar del tempo ci si accorge che non si tratta di un semplice remake, ma di un film nuovo che prende solo spunto dal cult di Dario Argento. Infatti, il finale cambia del tutto. Il colpo di scena non è completamente comprensibile, tuttavia è accettabile. Le due attrici principali sono stupende: Tilda Swinton è straordinaria, come al suo solito, e fornisce un'interpretazione di altissimo livello; la bellezza di Dakota Johnson è disarmante ed è notevole l'evoluzione che fa compiere al suo personaggio nel corso del tempo, da timida ragazza di campagna americana, cresciuta in una famiglia Amish, a.
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Potrà sembrare provocatorio, ma è più completo, meglio raccontato e molto meglio recitato rispetto all'originale. Il brodo viene allungato: tra i due film vi è circa un'ora di differenza. Con l'andar del tempo ci si accorge che non si tratta di un semplice remake, ma di un film nuovo che prende solo spunto dal cult di Dario Argento. Infatti, il finale cambia del tutto. Il colpo di scena non è completamente comprensibile, tuttavia è accettabile. Le due attrici principali sono stupende: Tilda Swinton è straordinaria, come al suo solito, e fornisce un'interpretazione di altissimo livello; la bellezza di Dakota Johnson è disarmante ed è notevole l'evoluzione che fa compiere al suo personaggio nel corso del tempo, da timida ragazza di campagna americana, cresciuta in una famiglia Amish, a... (evitiamo spoiler). Insomma, globalmente è un film del tutto superiore rispetto a quello che voleva omaggiare. Solo una cosa gli manca del precedente: quel continuo senso d'inquietudine che, grazie anche alle sapienti musiche dei Goblin, permeava l'intera narrazione. Vedere Suspiria resta, comunque, in ambedue le versioni, un'esperienza di tipo sensoriale.
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danyol
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giovedì 3 gennaio 2019
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una grande cover
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Ottima rilettura di una grande classico della filmografia di genere italiana, discostandosi il più possibile da Argento ma mantenedo l'idea di fondo della trama. Guadagnino si conferma un regista completo, che sa alternare sapientemente il ritmo di questo film per i suoi 150 minuti. I balletti e le coreografie sono fantastiche, sullo sfondo di una lugubre e "diroccata" Berlino. La colonna sonora di Thom Yorke è sublime, anche se non posside la potenza inquietante di quella dei Goblin.
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andrewlecce
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domenica 6 gennaio 2019
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"l'altro suspiria"
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Era chiaro che non potesse essere un remake, ma anche la storia dell’ “omaggio alla potente emozione che ho provato quando ho visto per la prima volta il film originale” sapeva più di vaga paraculata. In teoria, Guadagnino sembrerebbe aver “brandizzato” un cult che, in tutta la sua semplicità e semplicioneria, ero tra i tanti ad aver amato incondizionatamente sin dalla prima visione (anzi dalla seconda, alla prima andavo ancora alle elementari e restai un filino sconvolto). Per quanto mi riguarda, i presupposti per un massacro all’altezza del quarto d’ora iniziale del primo “Suspiria” c’erano tutti, se non fosse che il risultato rasenta il capolavoro.
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Era chiaro che non potesse essere un remake, ma anche la storia dell’ “omaggio alla potente emozione che ho provato quando ho visto per la prima volta il film originale” sapeva più di vaga paraculata. In teoria, Guadagnino sembrerebbe aver “brandizzato” un cult che, in tutta la sua semplicità e semplicioneria, ero tra i tanti ad aver amato incondizionatamente sin dalla prima visione (anzi dalla seconda, alla prima andavo ancora alle elementari e restai un filino sconvolto). Per quanto mi riguarda, i presupposti per un massacro all’altezza del quarto d’ora iniziale del primo “Suspiria” c’erano tutti, se non fosse che il risultato rasenta il capolavoro.
Dario Argento – con la sua stessa voce narrante da nonno sadico accanto al letto dei nipotini – raccontava una fiaba nera senza tempo, manichea nella contrapposizione tra male e bene (e rassicurante almeno nella vittoria finale di quest’ultimo), vivificata da colori espressionistici (su tutti il rosso delle sale prove, del sangue e degli organi estratti ancora palpitanti), percorsa e a volte soverchiata dall’incursione ossessiva del progressive rock dei Goblin. Il “Suspiria” di Guadagnino è quanto di più lontano dalla fiaba possa esistere, perché raramente la Storia è stata così presente in un horror; il bene è un elemento non pervenuto, mentre il male non lo è mai in maniera assoluta e univoca; i colori cupi accentuano la primarietà degli sguardi, dei suoni, dei sospiri (che non sono più quelli surreali e rantolosi di una creatura maligna pronta a risvegliarsi, ma quasi una “carta di identità” dei protagonisti; sono anche quelli densi di fatica delle allieve della Markos Tanz Company mentre, sotto la guida di Madame Blanc e Miss Tanner, preparano il “main event” della scuola); e poi, c’è la musica di Thom Yorke, magica, effimera, una poesia in note che – in un felice contrasto con i suoni disturbanti di ossa che si spezzano e di carni che si sfaldano – culla lo spettatore disserrandogli la sensualità e il magnetismo patemico della storia. Soprattutto, però, c’è un "altro horror", totalmente diverso nell’idea di base e nell’estetica: si tratta, tanto per capirci, di quella sua forma archetipica sdoganata da Kubrick con “Shining” (al quale Guadagnino sembra ispirarsi anche in diverse scelte registiche). È un orrore lontano dallo “slasher”, dal “gore” (che comunque il film non lesinerà agli appassionati, specie nel finale), e che piuttosto scava la mente e scortica l’anima, disgregando a poco a poco ogni convinzione – e convenzione – sul genere stesso sedimentata nella nostra coscienza di spettatori; è un orrore che non si dimentica all’uscita della sala, ma lascia una traccia perenne, proprio perché emerge da situazioni e contesti associati, di norma, a sentimenti diamentralmente opposti, come la sicurezza di una quotidianità condivisa all’interno di una “seconda famiglia”, o quella di vincoli indiscutibili e indiscussi (la maternità in primis).
C’è tanto, in questo “Suspiria”, dietro la vicenda di Susie che, arrivando dall’Ohio alla Markos Company di Berlino con poca tecnica e tanta passione, trova in Sara la migliore amica all’interno del gruppo e in Madame Blanc molto più che una maestra, mentre alcune tra le allieve migliori spariscono per incontrare una fine atroce. C'è la Storia, quella della Berlino divisa, della RAF, delle ferite del Reich ancora sanguinanti; c’è la sfida al rimosso dell’immaginario collettivo, che resetta il concetto stesso di “colpa” anche di fronte agli orrori più imperdonabili; ci sono delle streghe contemporanee (diversissime da quelle del primo film), organizzate in un gruppo politico femminista alla disperata ricerca di una leadership, che combattono il sistema da quando ha iniziato a imporre alla donna “bocche chiuse e vagine aperte”; c’è la psichiatria, che ne esce malconcia ma non del tutto sconfitta (e la figura del dottor Klemperer - la cui indagine sulla sparizione di una sua paziente ex-allieva della scuola andrà a collidere pericolosamente con sensi di colpa mai sopiti - è una di quelle a cui è impossibile non affezionarsi); c’è la predestinazione , che a volte – lo si voglia ammettere o meno – lega le nostre vite ad altre e, ancora più spesso, a determinati luoghi; e, last but not least, c’è sullo sfondo l’idea ben nitida di come ogni rivoluzione esiga un tributo di sangue, necessario a riequilibrare le forze in gioco e a garantire un nuovo inizio.
La regia è superlativa, la macchina da presa si muove come un pugno di ferro in un guanto di velluto, pronta ora a sedurre l’occhio dello spettatore accompagnandolo in movimenti avvolgenti e ovattati, ora a colpirlo catapultandolo violentemente sugli orrori in scena, sul disfacimento dei corpi e sulle visioni oniriche della protagonista; la sequenza-chiave del lungo supplizio fisico di un'allieva che, al primo giorno di lezione di Susie, abbandona il gruppo dopo uno screzio con le maestre è da manuale dell'horror. Influenze di Kubrick (la sequenza del sabbah finale, tra l'altro, rievoca in parte quella dell'orgia di "Eyes Wide Shut"), di Fassbinder (di cui curiosamente nel cast troviamo la ex-moglie nel ruolo dell'adorabilissima Miss Vendegast), un po' anche di Lars Von Trier.
Tilda Swinton, nella sua interpretazione di ben tre ruoli diversi (“chapeau” a chi riesce a individuarli tutti sin dall’inizio) si conferma una presenza aliena, sovrumana, pazzesca. Anche il resto del cast è azzeccato (bravissima Chloe Grace Moretz, peccato che il suo personaggio si perda dopo i primi 10 minuti), Dakota Johnson una vera rivelazione; riuscitissima la congrega di streghe (personalmente, ho amato Angela Winkler e la sua Miss Tanner).
Per chi ha visto il primo “Suspiria”: occhi aperti, pronti a graditi ritorni a sorpresa.
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peergynt
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domenica 2 settembre 2018
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un horror d'autore, poco horror e troppo d'autore
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Questo remake della "Suspiria" di Dario Argento del 1977 è un tentativo molto ambizioso di aggiornare la mitologia argentiana delle Tre Madri. Il film, lungo due ore e mezzo e diviso in 6 atti e 1 epilogo, lascia interdetto lo spettatore perché non è affatto un semplice remake di un horror italiano degli anni Settanta, ma una vera e propria riscrittura molto personale. Questa forte autocoscienza autorale che permea di sé tutto il film di Guadagnino e ci invita a guardarlo come una complessa macchina filmica è uno degli elementi positivi di tutta l'operazione, che registra a suo favore anche una forte componente metafilmica (la danza come spettacolo violento e aggressivo, una forma di approccio crudele alla realtà e alla sua rappresentazione) e alcune scene di grande impatto visivo (la morte di Olga nella sala degli specchi, il balletto del sangue con le ballerine ricoperte solo da strisce di vestito rosso).
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Questo remake della "Suspiria" di Dario Argento del 1977 è un tentativo molto ambizioso di aggiornare la mitologia argentiana delle Tre Madri. Il film, lungo due ore e mezzo e diviso in 6 atti e 1 epilogo, lascia interdetto lo spettatore perché non è affatto un semplice remake di un horror italiano degli anni Settanta, ma una vera e propria riscrittura molto personale. Questa forte autocoscienza autorale che permea di sé tutto il film di Guadagnino e ci invita a guardarlo come una complessa macchina filmica è uno degli elementi positivi di tutta l'operazione, che registra a suo favore anche una forte componente metafilmica (la danza come spettacolo violento e aggressivo, una forma di approccio crudele alla realtà e alla sua rappresentazione) e alcune scene di grande impatto visivo (la morte di Olga nella sala degli specchi, il balletto del sangue con le ballerine ricoperte solo da strisce di vestito rosso).
Ma, riconosciuto al regista il merito di avere, con coraggio e una buona dose di sana arroganza, messo in piedi un'operazione visionaria capace di misurarsi con un cult-movie come il vecchio "Suspiria", non si possono tacere i punti dolenti dell'operazione: primo fra tutti la debolezza del personaggio principale, la ballerina Susie Bannion, mal servita da un'inespressiva e per nulla carismatica Dakota Johnson (che fa rimpiangere la stralunata Jessica Harper dell'originale), e poi il torto di avere sprecato l'esperienza e l'intensa incisività di un'attrice come Chloe Moretz (che all'horror ha dato personaggi come Abby di "Blood Story", 2010) con un personaggio (la ballerina Patricia Hingle, colei che avvia la detection sulla vera natura stregonesca delle insegnanti della Scuola di danza) che sulla carta avrebbe potuto essere straordinario, per la sua rovinosa discesa verso la follia, ma al quale regista e sceneggiatore dedicano solo una scena, dimenticandoselo poi per strada.
E infine come non citare, fra i punti assolutamente negativi, l'esagitata e improponibile scena finale del sabba, fra un gusto dello splatter timidamente esibito e l'ostentazione del corpo mostruoso della strega Helena Markos, vero e proprio ridicolo e artefatto clone di Jabba the Hutt?
Insomma, film che rischia di non avere un suo pubblico, perché dotato di tutte le caratteristiche per scontentare sia gli appassionati del genere horror che quelli del cinema d'autore.
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[+] che delusione(prevista)
(di maximo333)
[ - ] che delusione(prevista)
[+] sarebbe stato meglio non chiamarlo "suspiria"
(di umarella82)
[ - ] sarebbe stato meglio non chiamarlo "suspiria"
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rosmersholm
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lunedì 14 gennaio 2019
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peccato...
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Guadagnino prova il tentativo di una via personale all'horror e lo fa con la consueta maestria. Per 3/4 del film, a parte qualche scricchiolio, l'impresa sembra riuscire. Purtroppo nel finale e proprio nella scena clou, il film crolla clamorosamente e l'autore sembra perdere completamente il controllo estetico dell'opera tanto da sembrare realizzato da un regista diverso. Gli effetti speciali poi sono grotteschi al limite del ridicolo involontario e letteralmente distruggono quanto di buono visto fino a quel punto. Veramente un peccato, ma è come se Guadagnino fosse arrivato stremato alla scena finale ed avesse esaurito i mezzi espressivi messi in campo senza trovare, a quel punto, la chiave registica adatta alla scena.
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Guadagnino prova il tentativo di una via personale all'horror e lo fa con la consueta maestria. Per 3/4 del film, a parte qualche scricchiolio, l'impresa sembra riuscire. Purtroppo nel finale e proprio nella scena clou, il film crolla clamorosamente e l'autore sembra perdere completamente il controllo estetico dell'opera tanto da sembrare realizzato da un regista diverso. Gli effetti speciali poi sono grotteschi al limite del ridicolo involontario e letteralmente distruggono quanto di buono visto fino a quel punto. Veramente un peccato, ma è come se Guadagnino fosse arrivato stremato alla scena finale ed avesse esaurito i mezzi espressivi messi in campo senza trovare, a quel punto, la chiave registica adatta alla scena. Rimane comunque la stima per un regista di grande classe.
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maramaldo
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mercoledì 2 gennaio 2019
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horror?
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Omaggio/rivisitazione di Dario Argento? Per favore. Prima di propinarvi anche i miei conati ermeneutici, segnalo la sonnolenza degli spettatori in sala e il luccichio dei WhatsApp di tanti che pensavano d'impiegare meglio il tempo. Il punto è questo: Guadagnino ha peccato di superbia e, quel che è più grave, ha mancato di rispetto allo spettatore dilungandosi e appesantendolo con messaggi fumosi che gli hanno impedito una fruizione gratificante dell'opera.
Con l'ecclissi del sacro, l'horror si è caricato di valenze e di pretese che spaziano dal sospetto del soprannaturale alle problematiche della coscienza colpevole. Ma non si può risolvere in un tripudio di scenografie e di balletti sia pure di un pregevole gusto moderno e suggestivo.
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Omaggio/rivisitazione di Dario Argento? Per favore. Prima di propinarvi anche i miei conati ermeneutici, segnalo la sonnolenza degli spettatori in sala e il luccichio dei WhatsApp di tanti che pensavano d'impiegare meglio il tempo. Il punto è questo: Guadagnino ha peccato di superbia e, quel che è più grave, ha mancato di rispetto allo spettatore dilungandosi e appesantendolo con messaggi fumosi che gli hanno impedito una fruizione gratificante dell'opera.
Con l'ecclissi del sacro, l'horror si è caricato di valenze e di pretese che spaziano dal sospetto del soprannaturale alle problematiche della coscienza colpevole. Ma non si può risolvere in un tripudio di scenografie e di balletti sia pure di un pregevole gusto moderno e suggestivo. E d'ora in poi la "filologia" diventerà quasi un demerito, sempre di più un pretesto per distrarre dal vuoto: a che serve quella Berlino così architettonicamente esatta, così gelida, così fedele a quegli anni di incubo?
Certo, Guadagnino sa che al di là del bell'esercizio coreutico deve pagare un tributo al genere. E così lo spettatore, che si era adagiato a qualche pisolino, verso la fine si vede servire le razioni di decomposizione, frattaglie e sanguinolenze come da manuale.
Hanno talento e padronanza Guadagnino e la sua band. Grande cinema, superficiale e pretenzioso.
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(di angelitas)
[ - ] film da vedere
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robert eroica
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domenica 2 settembre 2018
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suspiria
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#Venezia75 #SUSPIRIA - Concorso. Reduce dai trionfi critici di Call me by your name, Guadagnino continua a puntare in alto (e a rischiare grosso) con il remake del capolavoro di Argento. E realizza una sorta di versione alternativa degli incubi politici di un'era buia (il terrorismo della Raf) come se fosse un horror diretto da Fassbinder. Evita il liberty dei cromatismi di Luciano Tovoli e immerge il tutto in un grigio uniforme, sporcato da improvvise esplosioni di violenza. A suo modo poetico e non cosi' baracconesco come potrebbe apparire. Non fa paura comunque. VOTO: 6,5 Robert Eroica #filmdagustare
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