eugenio
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mercoledì 17 aprile 2019
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piacevole biopic su una storica coppia del cinema
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Stan Laurel e Oliver Hardy hanno rappresentato la prima versione comica di un “diagramma di Venn”: u no magro; l’altro goffo, corpulento quasi falstaffiano. Il primo di origine inglese, il secondo georgiano. Due complementary opposites di sesso però uguale.
Mentre il loro rapporto è rimasto simbiotico e tumultuoso, il loro improbabile abbinamento, molto slapstick, ha prodotto il duo comico forse più famoso della storia del cinema.
Stan & Ollie(rigorosamente con “e commerciale”) di Jon S. Baird, in uscita dal primo maggio, è una storia di amicizia, che prende piede quando la coppia è oramai affermata, sottolineando in particolar modo, non tanto il successo professionale vissuto quanto il loro rapporto divenuto quasi simbiotico, una vita nella vita.
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Stan Laurel e Oliver Hardy hanno rappresentato la prima versione comica di un “diagramma di Venn”: u no magro; l’altro goffo, corpulento quasi falstaffiano. Il primo di origine inglese, il secondo georgiano. Due complementary opposites di sesso però uguale.
Mentre il loro rapporto è rimasto simbiotico e tumultuoso, il loro improbabile abbinamento, molto slapstick, ha prodotto il duo comico forse più famoso della storia del cinema.
Stan & Ollie(rigorosamente con “e commerciale”) di Jon S. Baird, in uscita dal primo maggio, è una storia di amicizia, che prende piede quando la coppia è oramai affermata, sottolineando in particolar modo, non tanto il successo professionale vissuto quanto il loro rapporto divenuto quasi simbiotico, una vita nella vita.
Il leggendario team comico sullo schermo del “biopic”, ha il volto di Steve Coogan e John C. Reilly, capaci entrambi di una piccola magia. I loro volti non sono un semplice artificio da effetto speciale, non palesano una posa manieristica, macchiettistica ma, al contrario, attualizzano la dinamica avvolgente dei due talenti della storia del cinema.
Il film si apre nel 1937. A quel tempo, Stan e Oliver erano sotto contratto con Hal Roach. Stan, il cui contratto era in scadenza, desiderava una paga migliore e, stanco di essere sfruttato dal produttore che non riconoscerà mai ai due i diritti del loro film, litiga e viene licenziato. Tuttavia, Oliver, con una pesante “spada di Damocle” sulla testa (vedi mogli, divorzi e debiti di gioco), rimarrà sotto Hal Roach e girerà un film Zenobia –Ollio sposo mattacchione, senza la sua sodale “spalla” causando una frattura nel rapporto con l’amico. La decisione, vista come un tradimento di Oliver nei confronti di Stan, riecheggia nel film di Baird come alone pesante di cui ci si vorrebbe liberare senza riuscirci, come essenza sporca di un’anima che vivrà per sempre il rimorso di quel momento.
Ci spostiamo di sedici anni nella loro carriera. Stan e Oliver non sono più famosi: attori più giovani come Abbott e Costello li hanno sostituiti. Per far rivivere le loro carriere, i due iniziano a girare per l'Inghilterra e l'Irlanda nella speranza di approdare a un film che li possa salvare.
Nessuno dei due interpreti è quello di una volta, specchi rotti rimangono infranti in scena: Oliver, ingrassato e acciaccato dall’età palesa ora problemi di salute, ha un ginocchio malconcio, il cuore non pompa più correttamente mentre Stan, pervicace, continua a scrivere a macchina pezzi diventati agee. Ma poco importa perché lo sketch della stazione, quello dell’ospedale, nati dalla penna visionaria di Laurel avevano chiaramente bisogno della chimica e dell'intuito performativo di Oliver per prosperare. E il film Stan & Ollie non smette mai di renderlo evidente, mai di dimostrare quanto fossero divertenti e mai esili, malgrado la superficialità apparente, quelle “scenette”.
Nell'ultima parte del film, mentre i due suonano in teatri e sono costretti da Bernard Delfont (meravigliosamente interpretato da Rufus Jones) - un impresario senza scrupoli - a promuovere instancabilmente il loro tour, vediamo anche il contraltare femminile, le loro mogli: Lucille Hardy (Shirley Henderson) e Ida Laurel (Nina Arianda). Mogli assolutamente devote, mogli che sono come suoceri contraddittori, costretti a conoscersi a vicenda malgrado l’antipatia di fondo. E mentre la salute di Oliver vacillerà inesorabilmente, sarà proprio l'amore e la grande amicizia con Stan a prevalere e a rendere meno dura la sofferenza del “gonfalone amico”.
Piacevole sorpresa di maggio, tributo onesto, delicato e garbato adatto a tutte le famiglie, dove si ride con un pizzico di nostalgia.
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[+] un viale del tramonto appassionato e toccante.
(di antonio montefalcone)
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lizzy
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domenica 15 settembre 2019
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a kind of magic
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Si è sempre parlato di "magia" a proposito di cinema...
Beh...se non è pura magia questo film non so cosa altro possa esserlo.
Magia, perchè ci riporta in vita due vecchi, ma immortali, amici di sempre. Io con Stanlio e Ollio ci sono nato e cresciuto. Ancora oggi guardarli non mi sembra patetico o "vintage". Sono emozioni pure e candide. Sono sensazioni di leggerezza e libertà. Un altro mondo che, oggigiorno, esiste sempre, ma fa fatica ad emergere.
Magia perchè sembra veramente che i due attori siano loro. Sia da giovani che da anziani. Perchè i gesti, le facce, le movenze, tutto riporta in vita (per magia!) i nostri due eroi.
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Si è sempre parlato di "magia" a proposito di cinema...
Beh...se non è pura magia questo film non so cosa altro possa esserlo.
Magia, perchè ci riporta in vita due vecchi, ma immortali, amici di sempre. Io con Stanlio e Ollio ci sono nato e cresciuto. Ancora oggi guardarli non mi sembra patetico o "vintage". Sono emozioni pure e candide. Sono sensazioni di leggerezza e libertà. Un altro mondo che, oggigiorno, esiste sempre, ma fa fatica ad emergere.
Magia perchè sembra veramente che i due attori siano loro. Sia da giovani che da anziani. Perchè i gesti, le facce, le movenze, tutto riporta in vita (per magia!) i nostri due eroi. Gli effetti speciali ed il lavoro delle Maestranze (con la M maiuscola) sono stati eccezionali.
Questo film è perfetto: non saprei pensarlo od immaginarlo meglio.
Magia perchè, malgrado il tema del film, ancora riesci a ridere con gag stupide come quella della stazione dove i due, entrando ed uscendo dalle porte, non si ritrovano (quasi) mai. Io, che non ho battuto ciglio fino a quel punto del film, ho cominciato a ridere di cuore fino a piangere... e il pianto non era solo di gioia, ma qualcosa misto alla grave sensazione di perdita dei due mostri sacri del cinema e del teatro che sono stati Stanlio e Ollio. Un pianto liberatorio anche, perchè, rivedendo il film, per quei momenti ho capito che non basta essere su questo piano terreno per essere "in vita".
Sicuramente gli Americani sanno fare il loro mestiere nella "settima arte" e questo "Stanlio e Ollio" ce lo dimostra in pieno.
Un film dove io, anche cercando ripetutamente, ed in profondità, non ho notato sbavature od imperfezioni.
La trama è quella che è e, reale o basata su qualche fatto, e non ci interessa se parta dalla tournee europea o ci siano molte invenzioni dello scrittore: il film è fantastico e ci racconta, oltre che di una sana e reale amicizia, di una coppia di umili persone, pur con tutti i loro difetti e contraddizioni, che viveva per divertire il pubblico.
E quale altro pregio può avere un capitano, se non stare al suo posto quando la nave affonda?
Quale altro può avere un attore se non morire in scena?
Ricordate il Calvero di "Luci della Ribalta"? Forse che Babe (Ollio) non segue la sua scia volendo comunque rimanere sul palco e ballare, conoscendo la propria situazione fisica?
Infine come non spendere una parola sul "fedele" Stan Laurel, affidabile compagno di viaggio del suo "amico" Oliver Hardy?
Irremovibile fino alla fine (non lavorò più senza l'amato compagno) continuò a scrivere scenette per la coppia come se in futuro i due avessero potuto esibirsi ancora.
Insieme, ovviamente.
Magia. Pura magia.
Di quella che ci serve per vivere e...restare sempre in vita.
Malgrado tutto.
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carlaas
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domenica 19 maggio 2019
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bel film sul sodalizio umano oltre che lavorativo
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Un lungo piano sequenza che cala lo spettatore in medias res tra le chiacchiere di Stanlio e Ollio in camerino e, sin dall’inizio, un abilissimo gioco di specchi, in cui si riflettono i visi dei due comici, un chiasmo visivo che sancisce un sodalizio umano oltre che lavorativo. Sono queste le premesse del film diretto da Jon S. Baird, un film capace di raccontare, come una storia universale, complesse dinamiche relazionali. “Stanlio&Ollio” è, infatti, più che un semplice biopic, un film la cui vera protagonista è l’Amicizia che opera quale motore ed acceleratore dell’intera pellicola. Questa protagonista è invisibile, ma si rende visibile e drammaticamente presente.
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Un lungo piano sequenza che cala lo spettatore in medias res tra le chiacchiere di Stanlio e Ollio in camerino e, sin dall’inizio, un abilissimo gioco di specchi, in cui si riflettono i visi dei due comici, un chiasmo visivo che sancisce un sodalizio umano oltre che lavorativo. Sono queste le premesse del film diretto da Jon S. Baird, un film capace di raccontare, come una storia universale, complesse dinamiche relazionali. “Stanlio&Ollio” è, infatti, più che un semplice biopic, un film la cui vera protagonista è l’Amicizia che opera quale motore ed acceleratore dell’intera pellicola. Questa protagonista è invisibile, ma si rende visibile e drammaticamente presente. Si tratta di un’Amicizia fatta di sguardi complici e silenziosi, di abitudini memorizzate, di vicinanza, mentale ma anche fisica.
Il film segue i protagonisti nella loro ultima parentesi lavorativa, dopo anni di allontanamento tra i due. In questo insolito frangente lavorativo in Europa affiorano con forza le divergenze caratteriali, i rancori sopiti, la rabbia. La ritrovata chimica e l’inseparabilità del duo sono, infatti, apparenti e sembrano non trovare piena corrispondenza nella realtà.
Il film, con una rara malinconia e una spiazzante ilarità, disvela le fragilità umane, le incomprensioni, gli affetti, cui i due attori danno forma e plasticità.
Altro tema che emerge, nella sua complessità, è quello della scissione e dello sdoppiamento tra personaggio e persona, tra maschera e identità, tra palco e realtà. Ci si chiede, durante la visione del film, quale sia la linea di demarcazione tra questi due mondi che, spesso, sembrano intrecciarsi e confondersi.
Il finale, purtroppo, stenta ad arrivare. Il crescendo emotivo che genera, in diversi momenti, viene interrotto dall’esigenza di palesare – forse con un intento didascalico – ciò che potrebbe essere dedotto, immaginato dallo spettatore. Questo zigzagare finale fa perdere, così, parte della poesia ma non scalfisce la magia.
Menzione particolare alla bravura dei due attori protagonisti, Steve Coogan e John C. Reilly, entrati nel ruolo con un abile lavoro di immedesimazione e con una mimica mai grottesca ma, soprattutto, lode alla straordinaria capacità del film di commuovere con delicatezza, di emozionare per la nostalgia perenne, per lo sguardo consapevole nel vedere ciò che eterno non è.
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carloalberto
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sabato 4 maggio 2019
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poeti prima che comici
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Commovente omaggio al mito senza tempo di due attori gentiluomini, Stan Laurel e Oliver Hardy, il Bianco e l’Augusto della tradizione circense, come Totò e Chaplin, poeti prima che comici, maschere eterne di pietas empatizzante dell’umana condizione, sempre in bilico tra l’ilarità per la farsa tragica dell’esistenza e l’angoscia spaesante del nonsense dei piccoli gesti del vivere quotidiano decontestualizzati. La vita privata del duo comico è appena accennata come lo sfondo abbozzato d’un vecchio palco di guitti girovaghi. Senza troppo indugiare nella biografia puntigliosa, il film rievoca ed esalta, il genio artistico di gag immortali che rivedremmo, pur già viste cento volte, altre mille ancora.
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Commovente omaggio al mito senza tempo di due attori gentiluomini, Stan Laurel e Oliver Hardy, il Bianco e l’Augusto della tradizione circense, come Totò e Chaplin, poeti prima che comici, maschere eterne di pietas empatizzante dell’umana condizione, sempre in bilico tra l’ilarità per la farsa tragica dell’esistenza e l’angoscia spaesante del nonsense dei piccoli gesti del vivere quotidiano decontestualizzati. La vita privata del duo comico è appena accennata come lo sfondo abbozzato d’un vecchio palco di guitti girovaghi. Senza troppo indugiare nella biografia puntigliosa, il film rievoca ed esalta, il genio artistico di gag immortali che rivedremmo, pur già viste cento volte, altre mille ancora. Attraverso un impossibile backstage negli studi cinematografici di Hal Roach negli anni ‘30 e il dietro le quinte dei teatri della tournée inglese del ’53, l’unicum irripetibile di Stan e Oliver rivive grazie alla camaleontica capacità attoriale e alla mimica facciale e fisica, coordinata finanche nella postura e nella camminata, di Steve Coogan e John Reilly che con una interpretazione simbiotica, mai retorica, riescono nell’impresa fantastica di rendere in carne ed ossa, seppur sempre in celluloide, il mito del duo comico più famoso del mondo. Film struggente per quella generazione cresciuta con la TV in bianco e nero, La pappa al pomodoro, Lo zecchino d’oro, Febo Conti e un mondo di idee e di stili di vita ormai perduto, ma non dimenticato, soltanto temporaneamente celato dalla becera imbecillità degli eroi di cartapesta del mondo dello spettacolo dell’epoca moderna di cui i posteri non sentiranno la mancanza, mentre in Tv nel 2050 manderanno ancora in onda Il paese delle meraviglie, I figli del deserto o I diavoli volanti con la bellissima indimenticabile Guardo gli asini che volano nel ciel interpretata da Alberto Sordi.
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francesca meneghetti
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domenica 12 maggio 2019
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niente senza di te
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E’ probabile che in queste giornate di maggio più uggiose che radiose si decida di andare al cinema. Stanlio & Ollio può essere un titolo allettante specie per le persone più âgées, cresciute con la TV, molto generosa nel propinare, negli anni ’60 e oltre, film e cortometraggi dei due celebri attori comici. Si spera di ridere. E si sorride, in effetti, in diverse scene: quelle che riproducono le prove e le esibizioni teatrali o cinematografiche, rispecchiandosi negli spettatori del tempo estasiati dallo speciale umorismo dei due, che si basava sull’espressività fisica (esaltata dalle differenze somatiche esistenti tra i due: in opposizione complementare fin quasi alla caricatura) e sui giochi logici (alla maniera di Alice nel paese delle meraviglie) e insieme surreali insiti nelle loro gag.
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E’ probabile che in queste giornate di maggio più uggiose che radiose si decida di andare al cinema. Stanlio & Ollio può essere un titolo allettante specie per le persone più âgées, cresciute con la TV, molto generosa nel propinare, negli anni ’60 e oltre, film e cortometraggi dei due celebri attori comici. Si spera di ridere. E si sorride, in effetti, in diverse scene: quelle che riproducono le prove e le esibizioni teatrali o cinematografiche, rispecchiandosi negli spettatori del tempo estasiati dallo speciale umorismo dei due, che si basava sull’espressività fisica (esaltata dalle differenze somatiche esistenti tra i due: in opposizione complementare fin quasi alla caricatura) e sui giochi logici (alla maniera di Alice nel paese delle meraviglie) e insieme surreali insiti nelle loro gag. Ma il film ha una venatura melanconica: parla della fragilità dell’artista, soggetto ai calcoli e allo sfruttamento dei produttori (di fronte ai quali Stan Laurel si rivela refrattario, mentre Oliver Hardy remissivo e arrendevole) e delle difficoltà economiche dovute alla passione del gioco (Olly) o alle donne e al venir meno dell’audience. Parla del tempo che passa, dell’invecchiamento e relativi acciacchi fisici, del cambiamento dei gusti del pubblico, che, dopo la seconda guerra mondiale, ha forse perso quell’ingenuità che gli consentiva di aderire fanciullescamente alle battute dei due. E che è duro riconquistare. Parla soprattutto dell’amicizia o, per meglio dire, dell’amore asessuato che intercorre tra Stanlio e Ollio e che fa loro percepire di essere, in coppia e solo all’interno di quella, una forza straordinaria. Di un amore che può conoscere gelosie e burrasche, ma che alla fine resiste di fronte alle difficoltà della vita, sfociando in autentica tenerezza e solidarietà maschile. In secondo piano l’altra coppia, assai meno affiatata, delle rispettive mogli, a loro volta affettuose e protettive nei confronti del loro partner. Il film è riuscito molto bene (nonostante l’altezza della posta in gioco) grazie alla straordinaria interpretazione di Steve Coogan (Stanlio) e John C. Reilly (gonfiato nel fisico all’inverosimile per essere un Ollio credibile), che fa emergere un dato paradossale rispetto alla lettura più superficiale dei film: Stan, apparentemente fragile, anche fisicamente, e quasi succube dell’imponente fisico di Oliver, è in realtà la mente pensante e lo scheletro d’acciaio della coppia, di cui è follemente innamorato, tanto da continuare a scrivere battute per essa come ha sempre fatto con puntiglio e metodo, anche dopo la morte di Oliver Hardy.
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lucio di loreto
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martedì 27 agosto 2019
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un inno alla vita
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Impresa quasi inarrivabile quella di riassumere in 100 minuti di pellicola la storia, umana e professionale, della più grande coppia comica di sempre: l’opera invece riesce alla perfezione e nel momento finale, allorquando le due icone (quelle originali) ballano l’indimenticabile danza dei “Fanciulli del west”, un esauriente senso di completezza ci avvolge. Le caratteristiche morali dei due irresistibili protagonisti vengono sfiorate il giusto, senza invadere il film dell’egocentrismo professionale di Laurel, inseguito e rassicurato dai registi di turno, in combutta coi produttori e sempre dietro la macchina da scrivere a creare nuove gag per sé e il suo partner, lui invece affabile e disponibile ad “obbedire”, all’unica condizione di continuare la sua vita - pena la divisione del duo e la compromissione di una salute cagionevole -, quella di genialoide “comic face”, capace di trasformare in climax cinematografico anche la più semplice espressione.
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Impresa quasi inarrivabile quella di riassumere in 100 minuti di pellicola la storia, umana e professionale, della più grande coppia comica di sempre: l’opera invece riesce alla perfezione e nel momento finale, allorquando le due icone (quelle originali) ballano l’indimenticabile danza dei “Fanciulli del west”, un esauriente senso di completezza ci avvolge. Le caratteristiche morali dei due irresistibili protagonisti vengono sfiorate il giusto, senza invadere il film dell’egocentrismo professionale di Laurel, inseguito e rassicurato dai registi di turno, in combutta coi produttori e sempre dietro la macchina da scrivere a creare nuove gag per sé e il suo partner, lui invece affabile e disponibile ad “obbedire”, all’unica condizione di continuare la sua vita - pena la divisione del duo e la compromissione di una salute cagionevole -, quella di genialoide “comic face”, capace di trasformare in climax cinematografico anche la più semplice espressione. Con lo stesso schema metrico, racchiudendo nei primi frame a due le epoche principali e saltando volutamente gli esordi, si passa dal successo fatto di inchini e ossequi durante le passeggiate negli studios per andare a girare, a viaggi improbi con vere proprie valige-bauli, alla ricerca di sperduti motel dove passare la notte per preparare il seguente spettacolo in teatri di serie b. Per giustificare il simile crollo si accenna solamente ai demoni che hanno generato un simile sbalzo, come la vita sregolata fatta di donne ed alcol per l’uno, e di scommesse e gioco d’azzardo per l’altro. Così facendo si evita di passare ad uno sgradevole spaccato sulla vita e i tormenti da rock star che avvolgono (da sempre) ogni attore dal conto in banca ricco di zeri, facendo altresì esaltare il rapporto tra i due nel momento peggiore della loro esistenza, senza soldi e lavoro, con vecchi e nuovi rancori finalmente affrontati in serate di gala, nostalgia dei tempi che furono, il senso di un’amicizia spesso travagliata per stili e personalità diverse ed una vita ritirata ma più sobria, grazie anche a due compagne che sembrano rispecchiare le caratteristiche dei mariti al femminile. La bellezza ed eccellenza del film sta proprio nel descrivere il tutto in coppia e non singolarmente, raccontando un legame dopo quasi quaranta anni di sodalizio, nel quale hanno costruito un impero, lo hanno perso e alla fine riconquistato con le unghie, superando il periodo del rimpiazzo generazionale (Gianni e Pinotto), fino a ravvivare la fiamma e preparare un nuovo film, che non si farà mai, vero, ma che servirà a far riaffiorare in entrambi la voglia di vivere sopra ad un palco. Baird riesce perciò a dirigere il lungometraggio in un modo equilibrato che permette al duo – una combo star in stato di grazia, Steve Coogan e John C. Reilly – di muoversi davanti alla cinepresa con una dolcezza incredibile, facendo innalzare un inno alla vita che difficilmente rivivremo. I meriti sono tutti della sceneggiatura di Jeff Pope, che primeggia i piccoli momenti quotidiani della giornata tipo Laurel-Hardy, fatta di idee, silenzi, litigi uniti a protezione, gag inventate al ristorante o all’uscita da un’automobile, con Stan a decidere a Babe ad eseguire. Insomma quel che accade loro nella propria intimità, rispecchia quasi quello visto in 40 anni di carriera. I due attori, grazie ad una scrittura pregevole e sopraffina (simile a Philomena), ricreano alla perfezione le due stelle sia sul palco che fuori, dando l’idea precisa di come il proprio “matrimonio”, fatto di crisi e diffidenze, diventi in realtà quasi indissolubile, finché morte non li separi.
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frascop
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giovedì 19 settembre 2019
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un bel film con un finale stupendo
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Il regista scozzese Jon S. Baird, su sceneggiatura di Jeff Pope (quello di Philomena) racconta di Stan Laurel e Oliver "Babe" Hardy quando nel 1953 partono per una tournée teatrale in Inghilterra. Sono passati sedici anni dal momento d'oro della loro carriera hollywoodiana e, anche se milioni di persone amano ancora Stanlio e Ollio e ridono soltanto a sentirli nominare, la televisione sta minacciando l'abitudine culturale di andare a teatro. Molti preferiscono andare al cinema a vedere i loro capolavori del passato oppure i nuovi Gianni e Pinotto, piuttosto che scommettere sulle loro esibizioni in teatrini di second'ordine. Eppure i due vecchi compari, con Ollio sempre più malato, sanno ancora divertirsi e divertire e la tournée diventa per loro l'occasione di passare del tempo insieme, fuori dal set, come non avevano mai fatto prima.
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Il regista scozzese Jon S. Baird, su sceneggiatura di Jeff Pope (quello di Philomena) racconta di Stan Laurel e Oliver "Babe" Hardy quando nel 1953 partono per una tournée teatrale in Inghilterra. Sono passati sedici anni dal momento d'oro della loro carriera hollywoodiana e, anche se milioni di persone amano ancora Stanlio e Ollio e ridono soltanto a sentirli nominare, la televisione sta minacciando l'abitudine culturale di andare a teatro. Molti preferiscono andare al cinema a vedere i loro capolavori del passato oppure i nuovi Gianni e Pinotto, piuttosto che scommettere sulle loro esibizioni in teatrini di second'ordine. Eppure i due vecchi compari, con Ollio sempre più malato, sanno ancora divertirsi e divertire e la tournée diventa per loro l'occasione di passare del tempo insieme, fuori dal set, come non avevano mai fatto prima. E' l'occasione per riconoscere per la prima volta il sentimento di amicizia che li lega. Un bel film, anche se malinconico, con un finale stupendo. Si apprendono molte cose su una coppia che tutti abbiamo amato, a cominciare dalla insuperabile matematica scrittura dei loro numeri ad opera di Stanlio.
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felicity
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mercoledì 6 novembre 2019
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documentato, preciso e appassionato
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Il film è una storia malinconica che sviluppa in tre atti il percorso di un’amicizia come fosse quello di una storia d’amore senza tempo (il riavvicinamento, il conflitto, la pacificazione catartica) e regala il palco ai magnifici protagonisti.
Stanlio & Ollio è principalmente un tour de force mimetico dei suoi interpreti: John C. Reilly, nascosto ma non frenato dal costume che lo rende obeso, regala una tenerezza sfrontata al suo Ollio, mentre lo Stanlio di Steve Coogan è intriso di un cinismo amaro e di una disillusione feroce. L’impatto mimetico definisce il film, ne detta tempi e toni in una messa in scena semplice e languidamente pop.
Il cuore del film è il rapporto tra i due attori e la loro parabola artistica, le loro differenze caratteriali smussate da un affetto pudico e mai dichiarato, la loro capacità di essere, sempre e comunque, al centro di un palcoscenico, come mostra la scena migliore del film in cui i due litigano durante un party in loro onore.
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Il film è una storia malinconica che sviluppa in tre atti il percorso di un’amicizia come fosse quello di una storia d’amore senza tempo (il riavvicinamento, il conflitto, la pacificazione catartica) e regala il palco ai magnifici protagonisti.
Stanlio & Ollio è principalmente un tour de force mimetico dei suoi interpreti: John C. Reilly, nascosto ma non frenato dal costume che lo rende obeso, regala una tenerezza sfrontata al suo Ollio, mentre lo Stanlio di Steve Coogan è intriso di un cinismo amaro e di una disillusione feroce. L’impatto mimetico definisce il film, ne detta tempi e toni in una messa in scena semplice e languidamente pop.
Il cuore del film è il rapporto tra i due attori e la loro parabola artistica, le loro differenze caratteriali smussate da un affetto pudico e mai dichiarato, la loro capacità di essere, sempre e comunque, al centro di un palcoscenico, come mostra la scena migliore del film in cui i due litigano durante un party in loro onore.
C’è una dolcezza incredibile in questo film biografico che usa due personaggi famosi come specchietto per le allodole per raccontare una storia che avrebbe potuto avere come protagonisti anche due caratteri inventati.
Perché ciò su cui si sofferma la sceneggiatura sono i piccoli momenti tra di loro, la maniera in cui si intendono al volo quando scrivono una gag, la difficoltà nel non litigare, il sopportarsi a vicenda e proteggersi quando è il caso.
Stanlio & Ollio è sia un film su un sodalizio tra due uomini che sembrano volersi bene e curarsi a vicenda meglio e più di come si possa fare in un matrimonio, sia uno su come si finisca per diventare il proprio lavoro: in sintesi è una parabola sull'amicizia.
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dandy
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mercoledì 17 marzo 2021
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gli ultimi anni.
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Non un biopic,ma una dolente rievocazione dell'ultimo momento di gloria della celebre coppia,durante le esibizioni teatrali in Europa.Il regista sfrutta con competenza un budget esiguo(appena 10 milioni di dollari),girando con competenza(il bel piano sequenza iniziale),ricostruendo accuratamente il periodo e riproducendo(o alludendo) a molte gag del duo(da "Ospedale di contea" a "La scala musicale").Reilly e Coogan,a partire dalla mimesi,sono perfetti e l'ultima sequenza del ballo sulle note della musica di Marvin Hatley di "I fanciulli del West" non può non commuovere.Ma se il discorso della leggendaria amicizia che contraddistinse il legame tra i due e il connubio tra divertimento immortale e immensa malinconia per un'epoca(e soprattutto una collaborazione)ormai perdute non fa una grinza,la storia(basata sul memoriale "Laurel & Hardy-The british Tours" di A.
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Non un biopic,ma una dolente rievocazione dell'ultimo momento di gloria della celebre coppia,durante le esibizioni teatrali in Europa.Il regista sfrutta con competenza un budget esiguo(appena 10 milioni di dollari),girando con competenza(il bel piano sequenza iniziale),ricostruendo accuratamente il periodo e riproducendo(o alludendo) a molte gag del duo(da "Ospedale di contea" a "La scala musicale").Reilly e Coogan,a partire dalla mimesi,sono perfetti e l'ultima sequenza del ballo sulle note della musica di Marvin Hatley di "I fanciulli del West" non può non commuovere.Ma se il discorso della leggendaria amicizia che contraddistinse il legame tra i due e il connubio tra divertimento immortale e immensa malinconia per un'epoca(e soprattutto una collaborazione)ormai perdute non fa una grinza,la storia(basata sul memoriale "Laurel & Hardy-The british Tours" di A.J. MArriot)patisce una certa impostazione televisiva,e una prevedibile acriticità nell'analisi del rapporto tra i due comici,anche laddove in disaccordo:l'episodio del contratto con la Fox è un falso storico,in realtà firmarono entrambi sebbene gli esiti non furono buoni per via delle totali imposizioni produttive impostegli.Ad ogni modo,un progetto indubbiamente sentito,che non meritava l'insuccesso di pubblico pressochè ovunque(poco più di 5 milioni in patria e poco più di 20 nel resto del mondo).Probabile segno della tragica e ignobile dimenticanza da parte delle messe odierne di un duo immortale che ha rappresentato e rappresenterà sempre uno dei pilastri della comicità.
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fabriziog
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domenica 19 maggio 2019
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un amarcord per generazioni di esseri umani
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“Stanlio e Ollio” di John S. Baird è una pellicola che ci fa tornare indietro nel tempo, alla nostra infanzia e alla nostra adolescenza, un amarcord gonfio di malinconia, bellezza e tenerezza.
DagliStates al Regno Unito, dall’apice del successo nel 1937 al crepuscolo degli anni 1953-1955, sino alla morte nel 1957 di Oliver Hardy e nel 1965 di Stan Laurel, il film racconta la storia umana, amicale e professionale del duo più famoso della storia del cinema comico mondiale.
Steve Coogane John C. Reilly incarnano i perfetti sosia di Stanlio e Ollio nelle loro fisicità, corporeità, mimica, gestualità, movenze e peculiarità recitative.
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“Stanlio e Ollio” di John S. Baird è una pellicola che ci fa tornare indietro nel tempo, alla nostra infanzia e alla nostra adolescenza, un amarcord gonfio di malinconia, bellezza e tenerezza.
DagliStates al Regno Unito, dall’apice del successo nel 1937 al crepuscolo degli anni 1953-1955, sino alla morte nel 1957 di Oliver Hardy e nel 1965 di Stan Laurel, il film racconta la storia umana, amicale e professionale del duo più famoso della storia del cinema comico mondiale.
Steve Coogane John C. Reilly incarnano i perfetti sosia di Stanlio e Ollio nelle loro fisicità, corporeità, mimica, gestualità, movenze e peculiarità recitative.
Le rispettive mogli (Nina Arianda nelle vesti della moglie di Stan, Shirley Henderson nei panni della consorte di Ollie) proiettano nella vita vissuta le caratteristiche caratteriali e caricaturali delle tante coniugi che hanno accompagnato le “due bombette” nei loro celeberrimi cortometraggi.
Grandiosamente commovente, maestosamente vero, il film fra gag, sketch, coupe de theatre, battute, improvvisazioni, intuizioni geniali cariche di vis comica, emoziona, e tanto, lo spettatore.
Due giganti, due uomini uniti da amicizia infarcita come tutte le amicizie autentiche di scontri, litigi e profonda vicinanza, di gesti delicati e interminabile affetto. Il gioco dei cavalli, il denaro a cascata che viene a finire, il potere della risata che esplode da gestualità semplici e rituali, musichette e ritornelli che rimarranno imperiture nelle nostre orecchie, immagini indelebili fisse nei nostri occhi e nelle nostre menti. Una tournée che non è ancora finita e continua fra i teatri e le sale cinematografiche dei nostri ricordi.
Chi ha fatto ridere l’Umanità non muore mai.
Fabrizio Giulimondi
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