Mute |
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Un film di Duncan Jones.
Con Alexander Skarsgård, Justin Theroux, Seyneb Saleh, Gilbert Owuor, Robert Sheehan.
continua»
Titolo originale Mute.
Thriller,
durata 126 min.
- Gran Bretagna, Germania 2018.
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Scifi noir ambizioso che non arriva a destinazionedi Lucio Di LoretoFeedback: 2938 | altri commenti e recensioni di Lucio Di Loreto |
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giovedì 4 aprile 2019 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Una serie di omaggi ad altre pellicole underground, sia passate che recenti, dal Blade Runner originale a quello di Villeneuve, da Atto di Forza a Il Quinto Elemento fino alla Coruscant dell’Attacco dei Cloni, al carcere dei reclusi di Counter Part e (ovviamente) al Moon di Bowie Jr, da cui Duncan Jones prende spunto per girare una sorta di seguito, con la storia del clone tornato dalla luna interpretato da Sam Rockwell: tutto questo è Mute!! L’ambientazione, si può capire, è dunque attraente e claustrofobica, e mette lo spettatore in attesa di qualunque tipo di emozione: omicidio, sparizione, lotte e segreti più oscuri!! Anche la scelta di luci e colori è impeccabile, il viola e blu dominanti nei lungometraggi sui generis e anche sui fumetti che ispirarono il capolavoro di Ridley Scott; così come i personaggi del film, tra cui spiccano i due chirurghi “macchiette” Paul Rudd e Justin Thereaux e l’algido Alexander Skarsgard, il protagonista amish muto dall’infanzia e alla disperata ricerca della sua amata, scomparsa in circostanze sospette. La location è la sempre seducente e stuzzicante Berlino, questa volta a metà 21mo secolo ricca di macchine volanti, futuristica e tecnologica ma mai così triste, infelice e infame! Purtroppo la trama lascia a desiderare, non aiutata assolutamente da dialoghi limitati all’ironia nera da parte dei soggetti in questione; una sceneggiatura talmente soporifera da attendere un’interminabile ora e quasi venti minuti prima di cominciare a rivelare storia, intrighi e segreti nascosti. Di noir alla fine non c’è tanto, gli intrecci che hanno caratterizzato la storia del genere sono pochi e senza fondo, i giri loschi in cui i personaggi sono sempre coinvolti sono ripetitivi, così come il racconto degli uomini, a tal punto da portare il “Leo” di Skarsgard, più sofferente che impavido, ad esaurire il suo interesse. Diverso è il discorso sul sadico Cactus, sanguinario bisturi al servizio della mafia dei tempi a venire, che cerca in tutti i modi di evaporare fuori dalla città a fianco della sua bambina. I minuti con lui non annoiano, specialmente quando arriverà a “confondersi” col protagonista senza però perdere la propria e interessante polarità. Pochissime idee per un film troppo lungo che si adagia sulle somiglianze del passato, i troppi versi delle quali finiscono per annoiare chi assiste e non portano a nessun risultato!!
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