zarar
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mercoledì 16 gennaio 2019
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dove sono le ragioni?
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Dopo cinque minuti di questo film provi l’impulso fortissimo ad alzarti e andare, perché non ce la fai a reggere la violenza, il sadismo, la sofferenza, la follia che vedi rappresentati sullo schermo con un impatto di immagine, colore e suono che non ti lasciano tregua. Vengono descritti 12 anni di detenzione carceraria di tre tupamaros, Pepe Mujica, Eleuterio Fernández Huidobro y Mauricio Rosencof, arrestati in Uruguay nel 1973 e detenuti come ‘ostaggi’ (pronti cioè ad essere giustiziati in caso di attentati) sino al 1985. Il regista Álvaro Brechner vuole enfatizzare la ferocia con cui una dittatura golpista decide di spezzare la resistenza fisica ed emotiva di detenuti politici con un trattamento disumano e degradante che li lascia vivi solo per far loro sperimentare gli abissi dell’umiliazione e portarli ai limiti della follia.
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Dopo cinque minuti di questo film provi l’impulso fortissimo ad alzarti e andare, perché non ce la fai a reggere la violenza, il sadismo, la sofferenza, la follia che vedi rappresentati sullo schermo con un impatto di immagine, colore e suono che non ti lasciano tregua. Vengono descritti 12 anni di detenzione carceraria di tre tupamaros, Pepe Mujica, Eleuterio Fernández Huidobro y Mauricio Rosencof, arrestati in Uruguay nel 1973 e detenuti come ‘ostaggi’ (pronti cioè ad essere giustiziati in caso di attentati) sino al 1985. Il regista Álvaro Brechner vuole enfatizzare la ferocia con cui una dittatura golpista decide di spezzare la resistenza fisica ed emotiva di detenuti politici con un trattamento disumano e degradante che li lascia vivi solo per far loro sperimentare gli abissi dell’umiliazione e portarli ai limiti della follia. La citazione da La colonia penale di Kafka all’inizio del film è significativa: il condannato conoscerà la sua sentenza perché sarà iscritta nella sua carne. E’ questo violentissimo aspetto fisico dominante nel film che quasi non ti lascia spazio per l’empatia e quasi nemmeno per la riflessione, perché provi solo l’urgenza che tutto finisca il più presto possibile. Intendiamoci: parabola potente e incisiva della violenza cieca del potere sull’uomo, l’opera di Brechner va vista (e fino in fondo) con il massimo rispetto. Ma si sentirebbe il bisogno di una maggiore contestualizzazione ideologico-politica, perché, se il sonno della ragione genera mostri, vorresti avere un’idea forte e dei mostri e delle ragioni, anche solo per dare una dignità di uomini pensanti a questa carne sofferente e per capire i ‘perché’ e i ‘quando’ e i ‘dove’ di questo orrore, cosa che il taglio di questo film non ti consente appieno.
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loland10
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martedì 15 gennaio 2019
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un'attesa buia
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“Una notte di 12 anni” (La Noche de 12 Años, 2018) è il terzo lungometraggio del regista di Montevideo Alvaro Brechner.
Film documento sul potere dittatoriale tra il 1973 e il 1985. Quando la notte buia di un paese vorrebbe trasformare l’idea e l’ideologia oltre che l’uomo stesso. Il carcere come simbolo integrale di chiusura al mondo, totalizzante all’estremo per chiudere il cervello.
Nella bufera triste di una dittatura distruttiva e castrante il film rende la visuale triste e addolorata di sguardi esausti, storie sfinite e sogni ancora mai domi.
La scansione temporale, gli anni e i giorni scanditi in centinaia e migliaia danno il senso a temporale quasi vuoto di un silenzio costante tra mondo esterno e l’interiorità di ciascuno .
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“Una notte di 12 anni” (La Noche de 12 Años, 2018) è il terzo lungometraggio del regista di Montevideo Alvaro Brechner.
Film documento sul potere dittatoriale tra il 1973 e il 1985. Quando la notte buia di un paese vorrebbe trasformare l’idea e l’ideologia oltre che l’uomo stesso. Il carcere come simbolo integrale di chiusura al mondo, totalizzante all’estremo per chiudere il cervello.
Nella bufera triste di una dittatura distruttiva e castrante il film rende la visuale triste e addolorata di sguardi esausti, storie sfinite e sogni ancora mai domi.
La scansione temporale, gli anni e i giorni scanditi in centinaia e migliaia danno il senso a temporale quasi vuoto di un silenzio costante tra mondo esterno e l’interiorità di ciascuno . Un claustrofobia silente, scarna, acerrima e piena di nemici: lo stato politico e ciò che si dimena in un assalto vero all’integrità morale e civile di un intero paese. L’Uruguay subisce un danno psicologico che ancora oggi percuote le coscienze di molti se non di tutti.
787: numero di Josè Mujica (Antonio de la Torre), il numero delle idee, del dribbling e dell’abbraccio alla madre.
815: numero amico di Eleuterio Fernàndez Huidobro (Alfonso Tort), del contatto e dei colpi per dialogare, dell’incontro con moglie e figlia.
4323giorni è il tempo di una notte infinita della detenzione dei tre ‘tupamaros’ catturati. Un obbrobrio scientifico contro la dignità umana e l’azzeramento di ogni forma igienica, alimentare e soprattutto di contatto con l’esterno. Umiliazione massima, sconfitta perenne e psicologie annientate: questo è lo scopo della dittatura per i tre, Josè, Mauricio e Fernàndez.
Film non continuo, sparso con una prima parte scarna e di poche parole, buia e carceraria, poi una seconda parte centrale dove avvengono sogni e arrivano incontri, strane situazioni e scritture amorose, malattie e controlli evasivi; infine una parte finale di chiusura, dopo un referendum inopinatamente vinto, il carcere si apre con luci e abbracci (le immagini di ‘repertorio’ tv sono ridotte al minimo indispensabile).
Un film fatto di scatti e di salti, in una denuncia angosciante tipica di certa cinematografia ante-litteram (ecco che il verso a certe pellicole ‘sporche’ di qualche lustro fa, si disegna in capolino).
Una dittatura, un fuoco contro, le psicologie nulle e il cervello da rasare a zero. Il nuovo corso uraguayano dal 1973 evoca spasmi e paure mai sopite è una chiusura totale alla evocazione libera. Tutto annientato. Il potere della dittatura civile militare parte dal 27 giugno 1973 con il colpo do stato del Presidente Bordaberry.
La repressione fu totale contro civili, popolazione, ribelli e uomini contro. Tutto indigesto per chi avesse voluto mettersi non a fianco. La pena per tutti fu carissima. La luce arrivò dopo molti anni.
Da lì che parte il film o meglio dagli arresti dei dodici ìtupamaros’ e delle loro ribellioni. Anche se la situazione è più complessa, il film dirama la storia di tre di loro che riescono a sopravvivere a tutto e a redimere in alto (senza giochi e politiche misere) il senso di libertà e sopravvivenza per avere una scala a livello politico di comando. E arrivare ad essere eletto presidente del Paese a 75 anni. Quindi parliamo di fatti assolutamente recenti.
Cast che rende la situazione ma non incisivo, presenza che non buca completamente lo schermo. Le presenze femminili allargano lo sguardo di un film non facilmente commestibile.
Regia non compatta e non sempre lineare, i movimenti oltre il buio e gli orizzonti rendono le inquadrature efficaci e varie. Le riprese riescono a interagire tra contrasti e idee.
Voto: 7/10 (***).
Quando il voto supera i difetti per raccontare la ‘storia’ cruda e reale.
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robert eroica
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domenica 2 settembre 2018
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la noche de 12 anos
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#Venezia75 #LaNOCHEde12ANOS - Orizzonti - 12 anni di prigionia e di torture per tre tupamaros arrestati dall'esercito sotto la dittatura di destra in Uruguay. Dal 1973 al 1985 i tre sono sempre uniti pur senza potersi vedere e senza comunicare verbalmente. Ma sapranno superare tutto con il coraggio e la forza dei veri vincitori. Fino al nuovo avvento della democrazia. Terzo lungometraggio di un regista uruguagio poco piu' che quarantenne, colpisce nel segno: terribile senza essere atroce, implacabile senza essere retorico. Qualche scompenso stilistico e qualche anacronismo nei flashback non inficiano un film teso e necessario. A tratti sembra un film di Pablo Trapero, anche per una colonna sonora un po' "arty".
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#Venezia75 #LaNOCHEde12ANOS - Orizzonti - 12 anni di prigionia e di torture per tre tupamaros arrestati dall'esercito sotto la dittatura di destra in Uruguay. Dal 1973 al 1985 i tre sono sempre uniti pur senza potersi vedere e senza comunicare verbalmente. Ma sapranno superare tutto con il coraggio e la forza dei veri vincitori. Fino al nuovo avvento della democrazia. Terzo lungometraggio di un regista uruguagio poco piu' che quarantenne, colpisce nel segno: terribile senza essere atroce, implacabile senza essere retorico. Qualche scompenso stilistico e qualche anacronismo nei flashback non inficiano un film teso e necessario. A tratti sembra un film di Pablo Trapero, anche per una colonna sonora un po' "arty". Voto: 7 Robert Eroica #filmdagustare
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24luce
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martedì 8 gennaio 2019
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una durissima lezione di sopravvivenza
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Mujica, lo straordinario uomo politico venezuelano, è stato oggetto di due film alla75 Mostra di Venezia. Ora esce nelle sale il primo, La noche de 12 años
(in Italiano Una notte di 12 anni).
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Mujica, lo straordinario uomo politico venezuelano, è stato oggetto di due film alla75 Mostra di Venezia. Ora esce nelle sale il primo, La noche de 12 años
(in Italiano Una notte di 12 anni).
Una notte lunga 12 anni è stata la prigionia inflitta nel settembre 1973 a Mujica, Mauricio Rosencof e Fernández Huidobro, tre capi dei Tupamaros, il movimento di guerriglia che l’anno precedente era stato distrutto e smantellato con l’imprigionamento di tutti I suoi affiliati. Alvaro Brechner, valente regista uruguaiano, ricostruisce le modalità di questa prigionia.
In una notte d’autunno, senza nessun preavviso, nove prigionieri Tupamaros, con un’operazione militare segreta vengono prelevati dalle loro celle, divisi in tre gruppi e, da allora in poi, per 12 anni, continuano ad essere trasferiti da una caserma all’altra del paese, per attuare un macabro esperimento: torturarli in forme nuove atte a superare il limite della resistenza mentale. Il disegno militare è chiaro “ Dal momento che non li possiamo uccidere, li facciamo impazzire” Li chiudono in celle piccolissime, incappucciati, legati, li tengono sottonutriti,nel silenzio più assoluto, impedendo loro di parlare per ottundere sempre più i loro sensi. Merito del film è di riuscire a intuire come i tre hanno fatto a sopravvivere a questo regime durato 12 anni. Messaggi in Morse sul muro per capire, dopo un trasferimento, se uno dei compagni era stato messo in una cella vicina. E quando c’era la risposta, utilizzare con cautela questa
possibilità di rapporto. A superare l’angoscia dei lunghi silenzi al buio li aiutava riuscire a ricreare immagini degli affetti vissuti .L’indomita madre di Mujica riesce a fargli visita due volte, continuando a chiedere il permesso malgrado le fosse sempre negato. Questo fu forse l’unico aiuto concreto che Mujica ricevette in quei lunghi anni.
Precisa il regista: “I tre attori principali, Antonio de la Torre, Alfonso Tort e Chino Darín, si sono dovuti sottoporre a un durissimo lavoro di condizionamento psicologico e fisico (hanno perso tutti circa 15 chili) per sperimentare da vicino le condizioni estreme in cui si sono trovati a vivere Mujica, Mauricio Rosencof e Fernández Huidobro. Obiettivo della messa in scena è stato di immaginarci accanto a loro, nella lotta che l'essere umano ingaggia con se stesso per non perdere la propria essenza umana"
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enzo70
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venerdì 27 novembre 2020
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una notte del passato, una riflessione attuale
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Nessun diritto per i membri di un gruppo appartenente ai Tupamaros, un movimento di resistenza rispetto alla dittatura militare in Uruguay. Nessuna dignità come avviene durante i regimi, quando l’unico diritto è quello del carceriere per cui il dovere è torturare il detenuto. E’ un film duro nella sua crudezza, senza fronzoli anche oltre le banalità del politicamente corretto. Un film importante perché la dittatura uruguagia è sempre rimasta sullo sfondo nella narrazione della storia sudamericana del secolo scorso, concentrata su Videla e Pinochet. Il periodo di detenzioni dei cinque uomini durò 12 anni, una vita, nonostante l’Uruguay cercava di affievolire le pressioni internazionali, nonostante gli interventi della croce rosse.
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Nessun diritto per i membri di un gruppo appartenente ai Tupamaros, un movimento di resistenza rispetto alla dittatura militare in Uruguay. Nessuna dignità come avviene durante i regimi, quando l’unico diritto è quello del carceriere per cui il dovere è torturare il detenuto. E’ un film duro nella sua crudezza, senza fronzoli anche oltre le banalità del politicamente corretto. Un film importante perché la dittatura uruguagia è sempre rimasta sullo sfondo nella narrazione della storia sudamericana del secolo scorso, concentrata su Videla e Pinochet. Il periodo di detenzioni dei cinque uomini durò 12 anni, una vita, nonostante l’Uruguay cercava di affievolire le pressioni internazionali, nonostante gli interventi della croce rosse. Un film che ho visto durante la seconda ondata della pandemia, nel periodo in cui le carceri italiane, da decenni luogo di mortificazione diventano silenti focolai di morte e la politica declina la sua funzione sociale. Un film che consiglio di vedere perché aiuta a riflettere.
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