carloalberto
|
martedì 27 novembre 2018
|
miracolo a castelvolturno
|
|
|
|
De Angelis ricostruisce attraverso la storia di Maria, interpretata magnificamente da un’icastica Pina Turco, la protagonista traghettatrice di anime perse sulle opposte sponde del fiume, il Volturno qui come l’Acheronte, una nuova natività cristiana nella desolante pianura di rifiuti affacciata sul mare di Castelvolturno. Nel cast, tra i comprimari, mi piace citare Marina Confalone, indimenticabile voce cantilenante eduardiana calata in una fisicità di “anema longa”. Le musiche straordinarie sono di Enzo Avitabile, cantore dell’anima e delle melodie etniche dei popoli ai margini della modernità. La storia si pone al di fuori del contingente pur utilizzando gli stereotipi della emarginazione sociale del nostro tempo volgare, la compravendita di neonati, lo sfruttamento della prostituzione, la droga, la miseria morale e materiale.
[+]
De Angelis ricostruisce attraverso la storia di Maria, interpretata magnificamente da un’icastica Pina Turco, la protagonista traghettatrice di anime perse sulle opposte sponde del fiume, il Volturno qui come l’Acheronte, una nuova natività cristiana nella desolante pianura di rifiuti affacciata sul mare di Castelvolturno. Nel cast, tra i comprimari, mi piace citare Marina Confalone, indimenticabile voce cantilenante eduardiana calata in una fisicità di “anema longa”. Le musiche straordinarie sono di Enzo Avitabile, cantore dell’anima e delle melodie etniche dei popoli ai margini della modernità. La storia si pone al di fuori del contingente pur utilizzando gli stereotipi della emarginazione sociale del nostro tempo volgare, la compravendita di neonati, lo sfruttamento della prostituzione, la droga, la miseria morale e materiale. L’arena di Castelvolturno è un non luogo, è un teatro senza scene in cui si rappresenta il dramma dell’uomo schiacciato dal principio di realtà all’osservanza delle regole orribili di una società tribale, arcaica e precristiana, molto vicina, nella oggettivazione reificante del mondo, a quella odierna dell’individuo massificato e consumista, in attesa dell’Uomo nuovo che incarna la speranza di una futura palingenesi dell’Umanità. La rinascita in una sincronica armonia dello spirito umano con la natura è evocata paganamente nella scena in cui il neonato è condotto dalla madre in riva al mare al cospetto del sole che sorge. Nella scena della giostra, non a caso una gabbia denominata la lavatrice, la forza centrifuga rende visibile la catena che lega l’umanità alle sua condizione di cattività e i personaggi che ruotano sulla stessa, prima ridono divertiti, poi si fanno seri, a simboleggiare la presa di coscienza di essere vittime di un sistema che non lascia scampo e che appiattisce inesorabilmente le anime contro il loro destino. Ma accade il miracolo e con la venuta al mondo dell’Uomo senza aggettivazioni e qualifiche, come la bambina claudicante di colore suggerisce profeticamente che dovrà chiamarsi il nascituro, all’unisono, il cavallo simbolo dell’umanità imprigionata viene liberato, gli aguzzini gettano le loro armi, perché come disse Heidegger soltanto un dio potrà salvarci. Immaginifico e realista come lo zavattiniano “Miracolo a Milano” di De Sica, il film si chiude con le note di Avitabile in una perfetta risonanza di immagini e suoni che smuove i cuori ottusi, ancora ostinati nel negare il rifiuto dell’inaccettabile stato di cose.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a carloalberto »
[ - ] lascia un commento a carloalberto »
|
|
d'accordo? |
|
marioorfei
|
giovedì 25 ottobre 2018
|
un racconto ancestrale
|
|
|
|
Secondo me il vizio della speranza non parla tanto della nascita di un bambino in senso letterale quanto dell'idea che anche nell'esistenza più disperata possa accadere qualcosa che sovverte un ordine e da quel momento niente può più essere come prima. La regia di De Angelis è sempre più alta, Pina Turco misurata e potente. Bellissimo ritrovare la Donadio su toni dolci e la Confalone in stato di grazia.
|
|
[+] lascia un commento a marioorfei »
[ - ] lascia un commento a marioorfei »
|
|
d'accordo? |
|
mauridal
|
giovedì 29 novembre 2018
|
fede disperazione e caritas.
|
|
|
|
In un paesaggio disperante, lungo le rive inquinate da macerie e immondizie di un fiume Volturno ormai di acqua acida dove la vita naturale è un lontano ricordo, si aggroviglia la vicenda di una madonna povera, di nome Maria che come la più nota pellegrina , attraversa il deserto di acqua sporca del fiume a bordo di barchini a motore , per andare a partorire il suo piccolo Uomo, profetico salvatore, di quella umanità derelitta. Non è l'Africa meno che mai la Palestina . Ci troviamo in un contesto già narrato in altre occasioni di cinema di autore e di impegno, è il tratto di costa campana chiamato Castelvolturno, tra i più tristi e degradati al mondo , dove , essere <Umanità> è davvero difficile.
[+]
In un paesaggio disperante, lungo le rive inquinate da macerie e immondizie di un fiume Volturno ormai di acqua acida dove la vita naturale è un lontano ricordo, si aggroviglia la vicenda di una madonna povera, di nome Maria che come la più nota pellegrina , attraversa il deserto di acqua sporca del fiume a bordo di barchini a motore , per andare a partorire il suo piccolo Uomo, profetico salvatore, di quella umanità derelitta. Non è l'Africa meno che mai la Palestina . Ci troviamo in un contesto già narrato in altre occasioni di cinema di autore e di impegno, è il tratto di costa campana chiamato Castelvolturno, tra i più tristi e degradati al mondo , dove , essere <Umanità> è davvero difficile. La Maria senza Padreterni, traghetta le prostitute nigeriane che vendono i figli avuti, al traffico di esseri umani per adozioni e altro. Quando il miracolo avviene, Maria rimane incinta per opera di qualche Spiritello e invece di vendere la creatura alle trafficanti donne , decide di tenere il Bambino e chiamarlo Uomo. Qui la sceneggiatura del regista , il bravo De Angelis ondeggia sul fiume per aggrovigliarsi in una narrazione , piena di citazioni" alla Bellavista" , sulla libertà, l'amore o con figure simboliche , come un cane mastino morto per il morso di vipera o il gran cavallo nero già rinchiuso in recinto e poi liberato al galoppo verso la Libertà . Molta retorica sulla salvezza, sulla speranza appunto di una povera madonna che con il suo bambinello prefigura un cambiamento di qella non -umanità e di quei non luoghi. Un detto recita chi di speranza campa , disperato muore. Quei luoghi e quella umanità il film lo rappresenta bene , non hanno speranza, hanno solo il vizio di esistere che una società unita in ideali etico politici indirizzati al benessere comune , non avrebbe consentito. Una resa molto realistica nei personaggi soprattutto femminili, danno la cifra stilistica di alto livello a tutto il film, tra i migliori del suo genere. (mauridal).
[-]
|
|
[+] lascia un commento a mauridal »
[ - ] lascia un commento a mauridal »
|
|
d'accordo? |
|
nino pellino
|
domenica 25 novembre 2018
|
la luce della speranza va tenuta sempre accesa
|
|
|
|
Film di ottimo livello, diretto in maniera meticolosa e particolareggiata dal regista Edoardo De Angelis. Sullo sfondo della periferia di Castel Volturno, si sviluppano storie di abbandono e di sfruttamento sociale. La giovane protagonista è una ragazza della periferia di nome Maria, sopravvissuta da esperienze difficili che le hanno segnato negativamente il proprio passato e che si arrangia in maniera illegale, aiutando un'associazione clandestina capeggiata da una certa zi' Maria nel far partorire giovani donne nigeriane incinte e sfruttate anche nella tratta della prostituzione, allo scopo di vendere i loro figli dietro richieste a pagamento che servono ad arricchire tale associazione.
[+]
Film di ottimo livello, diretto in maniera meticolosa e particolareggiata dal regista Edoardo De Angelis. Sullo sfondo della periferia di Castel Volturno, si sviluppano storie di abbandono e di sfruttamento sociale. La giovane protagonista è una ragazza della periferia di nome Maria, sopravvissuta da esperienze difficili che le hanno segnato negativamente il proprio passato e che si arrangia in maniera illegale, aiutando un'associazione clandestina capeggiata da una certa zi' Maria nel far partorire giovani donne nigeriane incinte e sfruttate anche nella tratta della prostituzione, allo scopo di vendere i loro figli dietro richieste a pagamento che servono ad arricchire tale associazione. Ma ci saranno avvenimenti improvvisi quali la fuga di una donna nigeriana che non vuole far vendere il proprio bimbo o l'improvvisa notizia che la stessa Maria è in attesa di un figlio, che faranno in modo che la protagonista abbia dei ripensamenti che la spingeranno ad abbandonare questo modo vuoto di condurre la propria esistenza e di far crescere altrove il proprio bambino. Film di considerevole interesse culturale, diretto ed interpretato in maniera magistrale e che pertanto sicuramente merita di ricevere vari premi e riconoscimenti,
[-]
|
|
[+] lascia un commento a nino pellino »
[ - ] lascia un commento a nino pellino »
|
|
d'accordo? |
|
maurizio.meres
|
lunedì 26 novembre 2018
|
imperdibile
|
|
|
|
Il bravissimo De Angelis in questo film traccia un percorso esistenziale di una giovane donna,in un ambientazione surreale ma tremendamente vera dove lo squallore di tutto fa da cornice ad una esistenza fatta di drammi di un qualcosa che non c'è una speranza che è solo un illusione,una terra dimenticata dove la malvagità non conosce limiti.
Il regista inquadra perfettamente lo stato d'animo di ogni personaggio dando una perfetta immagine del proprio e personale stato esistenziale,in un neorealismo quasi Pasoliniano dove tutto è sopportazione e rassegnazione,attraverso dialoghi fatti di sottintesi uno sguardo diventa decisionale ma anche di dolcezza e nel film c'è n'è tanta,
quante zi mari ci sono realmente in giro,esseri non degni di esistere.
[+]
Il bravissimo De Angelis in questo film traccia un percorso esistenziale di una giovane donna,in un ambientazione surreale ma tremendamente vera dove lo squallore di tutto fa da cornice ad una esistenza fatta di drammi di un qualcosa che non c'è una speranza che è solo un illusione,una terra dimenticata dove la malvagità non conosce limiti.
Il regista inquadra perfettamente lo stato d'animo di ogni personaggio dando una perfetta immagine del proprio e personale stato esistenziale,in un neorealismo quasi Pasoliniano dove tutto è sopportazione e rassegnazione,attraverso dialoghi fatti di sottintesi uno sguardo diventa decisionale ma anche di dolcezza e nel film c'è n'è tanta,
quante zi mari ci sono realmente in giro,esseri non degni di esistere.
Attori tutti realisticamente perfetti entrano nella sceneggiatura con grande autorevolezza,conoscono perfettamente lo scenario.
Un finale mistico con inquadrature che diventano un presepe in un epoca diversa e con una mano divina accompagnano il proseguo della via in una speranza senza fine,bellissime le inquadrature singole di tutti i personaggi con le loro più profonde espressioni con un cavallo che corre nella più assoluta libertà sulla spiaggia,un quadro astratto vivente,veramente eccezionale.
Un film che andrebbe visto istituzionalmente parlando dappertutto,per far aprire gli occhi e le orecchie a tutti e soprattutto a chi dovrebbe intervenire in nome dell'umanità a porre fine ad un delitto del genere.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a maurizio.meres »
[ - ] lascia un commento a maurizio.meres »
|
|
d'accordo? |
|
eugenio
|
mercoledì 25 marzo 2020
|
la sottile fiamma dell’oblio e della rinascita
|
|
|
|
Perché anche la speranza è un vizio che nessuno riesce mai a togliersi completamente [Giorgio Scerbanenco]
Edoardo de Angelis torna a interessarsi della livida baia Domizia, alla foce di quel Volturno tossico e pieno di criminalità. Di degrado, prostitute nigeriane che battono sul viale, in particolare su quella strada della speranza, ve ne è a iosa e la protagonista di questo lungometraggio, Il vizio della speranza, è una ragazza, Maria, segnata da una violenza perpetratale da bambina, violata e poi gettata nel fiume come un animale.
Recuperata e poi costretta da una matrona ingioiellata pappone, zia Marì (Marina Confalone), a una schiavitù di traghettatrice di anime gravide, prostitute rimaste incinta costrette a vendere i “frutti” del loro amore tradito, a coloro che non posso averne, Maria, lentamente assume presto consapevolezza della sua disgraziata condizione.
[+]
Perché anche la speranza è un vizio che nessuno riesce mai a togliersi completamente [Giorgio Scerbanenco]
Edoardo de Angelis torna a interessarsi della livida baia Domizia, alla foce di quel Volturno tossico e pieno di criminalità. Di degrado, prostitute nigeriane che battono sul viale, in particolare su quella strada della speranza, ve ne è a iosa e la protagonista di questo lungometraggio, Il vizio della speranza, è una ragazza, Maria, segnata da una violenza perpetratale da bambina, violata e poi gettata nel fiume come un animale.
Recuperata e poi costretta da una matrona ingioiellata pappone, zia Marì (Marina Confalone), a una schiavitù di traghettatrice di anime gravide, prostitute rimaste incinta costrette a vendere i “frutti” del loro amore tradito, a coloro che non posso averne, Maria, lentamente assume presto consapevolezza della sua disgraziata condizione. E, riflettendo sul concetto di libertà e il desiderio di maternità sofferta, prenderà una difficile decisione, ancorata a un vizio della speranza flebile ma perché no, ancora possibile nella notte buia.
Potete e drammatico, il film di De Angelis è un pugno allo stomaco, una fiaba nera quasi cristiana nel segno metaforico di un cammino di rinascita e liberazione della puerpera Maria (nome omen), in vista di un baluardo solingo che non risparmia nessuno dietro le quinte di cartapesta di una borghesia raggrinzita evanescente. Ma se De Angelis si limitasse a raffigurare l’uniforme e piatta negatività senza luce, sarebbe un cineasta mestierante unilaterale. Una negatività unidimensionale diventa falsa come una positività senza problemi, stucchevole e consolatoria perché elude il dissidio, la crisi, l’urto e lo stesso fallimento. Tuttavia, certo in una pellicola non priva di difetti (come le ricercate simbologie del cavallo liberato in riva al mare, le metafore cristiane), Il vizio della speranza è un capolavoro di negatività perché esiste la tenerezza e la generosità di Maria, la fanciulla che viene stritolata dal meccanismo dell’esistenza ma che rimane pur sempre, nella sua tragica sconfitta, una promessa e un miraggio di libertà e di amore, una luce di una promessa che è poesia e epiteto. E’ così bella la schiavitù con le regole, le imposizioni, ti è venuta quella stronzata della speranza, ti sei fatta contagiare, chiosa Zi’ Maria in una scena magistralmente interpretata.
Maria però non si lascia sottomettere. Maria vive integralmente nel fondo limaccioso di quel fiume, nel silenzio della sporcizia, vive nel non tempo di quella irrealtà. Vuole andarsene a vedere il mondo ma al tempo stesso vuole rimanere lì ad aiutare quelle donne così simili a lei. Maria vive nell’utopia, in ciò che non esiste o non esiste ancora, ma in quello spazio del cuore è l’unica che sente e soffre per tutti. La sua peripatetica umiliazione continua è un monumento poetico eretto alle vittime della vita e della storia senza quella declamazione o falsa pietà di uomini soli all’orizzonte che si muovono là, nel solco di immagini di una notte mai giorno e nella musica di Enzo Avitabile, intima e come in un lungo adagio, implacabile.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a eugenio »
[ - ] lascia un commento a eugenio »
|
|
d'accordo? |
|
mario
|
venerdì 26 ottobre 2018
|
un messaggio potente, una storia di coraggio e speranza anche dove tutto sembra perduto
|
|
|
|
Ormai è una piacevole abituè vedere come Edoardo De Angelis affronti temi sempre attuali, scomodi, radicati nelle subculture locali e li racconti senza la voglia di spettacolarizzare con gli effetti speciali con cui sempre più spesso ci stiamo abituando a guardare certe storie "di strada", bensì lo fa con la consapevolezza di chi ha vissuto e vive, ama ed odia i luoghi e le persone che racconta. Un punto di vista che alla fine dei conti non crea vincitori nè vinti, non genera risposte, non risolve, ma racconta in maniera cruda e stimola sempre la riflessione in chi guarda. E così anche Il vizio della speranza, che ho avuto il piacere di guardare in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, mi ha lasciato lacrime e sorrisi nel racconto di una storia del sud italia a mio avviso finalmente positiva, di speranza, di (ri)nascita fisica e metaforica.
[+]
Ormai è una piacevole abituè vedere come Edoardo De Angelis affronti temi sempre attuali, scomodi, radicati nelle subculture locali e li racconti senza la voglia di spettacolarizzare con gli effetti speciali con cui sempre più spesso ci stiamo abituando a guardare certe storie "di strada", bensì lo fa con la consapevolezza di chi ha vissuto e vive, ama ed odia i luoghi e le persone che racconta. Un punto di vista che alla fine dei conti non crea vincitori nè vinti, non genera risposte, non risolve, ma racconta in maniera cruda e stimola sempre la riflessione in chi guarda. E così anche Il vizio della speranza, che ho avuto il piacere di guardare in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, mi ha lasciato lacrime e sorrisi nel racconto di una storia del sud italia a mio avviso finalmente positiva, di speranza, di (ri)nascita fisica e metaforica. E' la storia di Maria, interpratata dall'attrice napoletana Pina Turco che affascina per espressività e la disarmante naturalezza con cui interpreta la forza, il coraggio e la determinazione nel voler vivere una vita felice in un mondo dove apparentemente sembra regnare solo lo squallore, lo sfruttamento e l'abbandono. Ma sono anche tutte le figure della vita di Maria ad aggiungere potenza a questa storia, il cast l'ho trovato perfettamente centrato, da Marina Confalone spietatata venditrice di corpi a Cristina Donadio madre che sembra senza arte e parte ma che riserverà sorprese e Massimiliano Rossi che sembra aver vissuto una vita intera per supportare Maria nella realizzazione del suo progetto. Senza volervi rubare il gusto di scoprire da soli, restano da segnalare le musiche strepitose di Enzo Avitabile e la fotografia di Ferran Paredes Rubio sui quali le parole non servono e bastano per descriverne l'arte.
Un bellissimo lavoro, un film italiano che vale veramente la pena andare a vedere! Enjoy
[-]
|
|
[+] lascia un commento a mario »
[ - ] lascia un commento a mario »
|
|
d'accordo? |
|
ape3584
|
lunedì 26 novembre 2018
|
un sospiro di fiera speranza
|
|
|
|
In un angolo sperduto e nascosto ai più, lungo un fiume che si lascia attraversare da barche piene di speranze e di dolore e di miseria umana, scorre e si affaccia la vita degli ultimi o meglio delle ultime fra le ultime ultimi, a un passo da tutti noi, dalle nostre case rifugio, piene di oggetti talismani contro la sofferenza del vivere. "La luce delle speranza" ti immerge senza sconti ma con grande rispetto in questo angolo di inferno umano, dove ogni valore, ogni diritto, ogni barlume di pietà non osano affacciarsi.
Maria, interpretata con sobrietà e intensità da Pina Turco, violentata dagli uomini e dalla vita, costretta a fare da carceriera e da caronte di questo inferno, intravede un barlume in fondo al tunnel grigio che sta percorrendo, grigio come il cielo che la guarda impassibile, eppure pieno dei colori di una terra lontana, l'Africa, che nei colori rappresenta la goia, la bellezza, la dolcezza malinconica.
[+]
In un angolo sperduto e nascosto ai più, lungo un fiume che si lascia attraversare da barche piene di speranze e di dolore e di miseria umana, scorre e si affaccia la vita degli ultimi o meglio delle ultime fra le ultime ultimi, a un passo da tutti noi, dalle nostre case rifugio, piene di oggetti talismani contro la sofferenza del vivere. "La luce delle speranza" ti immerge senza sconti ma con grande rispetto in questo angolo di inferno umano, dove ogni valore, ogni diritto, ogni barlume di pietà non osano affacciarsi.
Maria, interpretata con sobrietà e intensità da Pina Turco, violentata dagli uomini e dalla vita, costretta a fare da carceriera e da caronte di questo inferno, intravede un barlume in fondo al tunnel grigio che sta percorrendo, grigio come il cielo che la guarda impassibile, eppure pieno dei colori di una terra lontana, l'Africa, che nei colori rappresenta la goia, la bellezza, la dolcezza malinconica.
Maria, nello sguardo e nelle parole dell'unico essere umano che incontra, nella morte del suo cane, unico suo amore di questa terra trova la forza di ribellarsi, di farsi contagiare dal vizio della speranza e inizia il suo doloroso e faticoso cammino di affrancamento dalla schiavitù del male inesorabile. E inizia con il provare a non essere più strumento dei carnefici venditori di vite e di vite non ancora sbocciate e infine trova il coraggio e la forza nella una nuova vita che coltiva nel suo ventre e fa nascere in un'alba finalmente illuminata dal sole. Troa la forza per credere alla speranza, al cavallo che galoppa fuggendo lontano, lungo il mare schiumoso di grigio dopo che lei l'ha liberato.
La malinconia e la saudade delle canzoni di Enzo Avitabile, fanno piangere il cuore e fremere di rabbia.
Non sono meridiinale e quindi ho perso forse molto di quanto il film ha raccontato in immagini, volti, parole, musica. Ma ugualmente ho trattenuto il respiro e le emozioni, di rabbia, sconcerto pietà fino alla fine.
Quel mondo è qui, vicino a noi, senza la speranza che Edoardo De Angelis ha voluto regalargli.
E' qui e ci chiama a non voltarci dall'altra parte, a non credere che è soltanto un film, a lieto fine.
Un film che dovrebbe essere proiettato in prima serata in queta stramaledetta televsione.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a ape3584 »
[ - ] lascia un commento a ape3584 »
|
|
d'accordo? |
|
flyanto
|
mercoledì 5 dicembre 2018
|
un filo di speranza
|
|
|
|
Dopo il precedente “Indivisibili”, ritorna nelle sale cinematografiche italiane il regista Edoardo De Angelis con l’ultimo suo film intitolato “Il Vizio della Speranza”.
Ambientato sempre in territorio campano e, precisamente, a Castel Volturno, l’area periferica e socialmente degradata a nord di Napoli, il film presenta il ritratto di una ragazza la quale, abusata sessualmente in tenera età, ora vive insieme ad una madre svagata ed occupandosi del giro di prostitute gestito da una signora anziana che trae il proprio guadagno per lo più dalla vendita clandestina alle coppie sterili di bambini portati in grembo dalle suddette giovani disgraziate.
[+]
Dopo il precedente “Indivisibili”, ritorna nelle sale cinematografiche italiane il regista Edoardo De Angelis con l’ultimo suo film intitolato “Il Vizio della Speranza”.
Ambientato sempre in territorio campano e, precisamente, a Castel Volturno, l’area periferica e socialmente degradata a nord di Napoli, il film presenta il ritratto di una ragazza la quale, abusata sessualmente in tenera età, ora vive insieme ad una madre svagata ed occupandosi del giro di prostitute gestito da una signora anziana che trae il proprio guadagno per lo più dalla vendita clandestina alle coppie sterili di bambini portati in grembo dalle suddette giovani disgraziate.. Quando anche la protagonista si accorge di essere incinta (non si sa di chi), in lei nasce un forte desiderio di maternità a tal punto che ella vuole portare a termine la propria gravidanza e tenersi il bambino. Ciò, ovviamente non è approvato dall’anziana signora e, pertanto, la giovane donna tenterà di fuggire e cercherà in ogni modo di allontanarsi definitivamente dal giro malavitoso in cui è sempre vissuta. La lotta per lei, senza alcun aiuto e sola (eccezion fatta di un anziano giostraio) sarà dura ed anche pericolosa ….
Edoardo De Angelis anche in quest’ultimo suo lavoro ripropone un’altra storia di degrado sociale e morale: ambientata sempre in una zona disastrata del territorio campano, il personaggio principale anche questa volta è quello di una ragazza pura nell’anima e sola contro un mondo di persone che si approfittano di lei in maniera bieca ed indegna, la quale, dopo aver preso coscienza della propria misera condizione, cerca di lottare ed affrancarsi da un ambiente a lei così ostile. ln “Indivisibili” le due gemelle siamesi venivano esposte dallo stesso padre al ludibrio del pubblico come se fossero dei fenomeni da baraccone, qui, ne “Il Vizio della Speranza” la protagonista viene sfruttata ed ‘usata’ nel commercio illegale di bambini da dare in adozione, ma in entrambi i casi queste donne trovano finalmente alla fine il coraggio di opporsi a tutto ciò. Non si sa, in verità, se vi riusciranno mai o meno, ma il finale delle pellicole di De Angelis rimane sempre ‘aperto’ e, pertanto, non chiaramente definito o teso verso un futuro roseo certo, ma in ogni caso è colmo di speranza e, dunque, positivo.
Il regista De Angelis, nell’affrontare queste tematiche sociali profonde e di forte impatto, predilige solitamente, per ciò che concerne il cast degli ,attori, persone poco famose o, in alcuni casi, addirittura del tutto sconosciute, cosicchè egli riesce a dare oltre ad una maggiore credibilità e veridicità alle storie, anche una forza più incisiva ai contenuti che vuole esprimere, ottenendo di conseguenza delle opere, sì crude, ma anche altrettanto vere e toccanti. Con la sua regia lucida e fatta di riprese ridotte all’essenzialità Edoardo De Angelis si riconferma regista di un certo valore da seguire sempre con interesse.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a flyanto »
[ - ] lascia un commento a flyanto »
|
|
d'accordo? |
|
loland10
|
lunedì 31 dicembre 2018
|
flebile...afflato
|
|
|
|
Il vizio della speranza (2018) è il quarto lungometraggio del regista napoletano Edoardo De Angelis.
Napoli e oltre confine, Castel Volturno e gli ultimi, il mare e i rifiuti, l’umanità sfruttata e le luci natalizie contro una vita grama fatta di espedienti minimi e senza ritorno, di corpi sfatti e di cerchi mai chiusi.
[+]
Il vizio della speranza (2018) è il quarto lungometraggio del regista napoletano Edoardo De Angelis.
Napoli e oltre confine, Castel Volturno e gli ultimi, il mare e i rifiuti, l’umanità sfruttata e le luci natalizie contro una vita grama fatta di espedienti minimi e senza ritorno, di corpi sfatti e di cerchi mai chiusi. Un confine non disegnato che nessuno conosce dove il volto di una donna è segnato per sempre. Lì vicino sembra scorrere una vita normale tra un ponte in lontananza (e un traffico disperso) e un mare rabbuiato dai clamori finti di una festa con presepe assente.
Ecco che il vizio è fare un film tra rovine, deserti, poveri e ultimi, ai confini di un mare burrascoso e con un tono dialettale senza remore e discordie. Un vizio che testa accordato da una maschera con poca voglia di cambiare.
Il film della pochezza narrativa di comprime in se stesso tra pezzi di vita assente e morente, donne di foga, nature in vasca, onde oscure e luci natalizie che sanno di barriere col mondo glamour e ostrntatato dall’altra parte del molo verrebbe da dire.
De Angelis sa anche percorrere bene il giro dietro i personaggi ma sono i personaggi che sono trasandati nelle condizione di andare oltre il loro quasi dovuto vivere. Non sfiora asetticamente nessuno la diaspora di una commozione nemmeno nelle didascalie numeri settimane, e alla quarantesima di attende lieta notizia impoverita di nulla con un fuori onda che alla fine fa tristezza.
Il laico fuoco natalizio degli ultimi rispolvera disdegnato un nato che vede il mare con sua madre e vende il cantuccio dia una improbabile famiglia. E Maria diventa icona di freddezza e di nulla: nessun segno oltre lo schermo nonostante la buona volontà e le musiche di Avitabile che ci propina per due volte la canzone sull’ amor..... tiranno...senza scherzi.
Un film con molte buone intenzioni ma che rischia ogni volta che il registro diventa personale e con una sorta di piccola scena madre: una serie di visuali e di piccoli puzzle da incastrare ma non trovano sempre il quadro giusto. Una vita a pezzetti non ben amalgamati.
Una regia anche buona ma che non porta ad una non confondibile linea narrativa, con pezzi e ritagli da ricucire a proprio piacimento (o forse questo a è la linea filmica?) tra visi liberi e ricordi amari dentro.
E i personaggi di donne abbandonate ai loro grembi gonfi e agli sguardi con poche lacrima di una terra vispa di miseria e amarezza sconsiderata
La madre di Maria che chiude la libertà e lancia un quasi programma per la schiavitù dove ci sono regole e sicure leggi...Meglio essere costretti....per rispettare(si).
Tutto raffazzonato fino ad una corsa in chiesa...,vuota e senza idee....con cartelli fuori e nessun dentro...lo spirito dell’assenza come nel film del regista napoletano che riesce in modo alterno a emozionarci e passare lo schermo. Un docu-film di impronta indecisa.
Il vizio resta una speranza di un cinema di vera nicchio che riesce a conquistare
poco e di cui visi e vite rimangono lontani senza suscitare vera emozione e disegno di livore umano.
Un ritrovo amaro tra vita comprata e vita che vuole nascere, vita compressa e un lumicino per una (laica) famiglia senza l’alito caldo di un quadrupede oramai sfinito e spento (mentre le luminarie natalizie amaramente lampeggiano).
Maria nel volto di Pina Turco (moglie del regista) sembra abbandonata a se stessa senza una vero orientamento: sbandamento e senso di svuotamento, intristita e arroccata ad un amico fedele. La morte è un abbraccio fin troppo attaccato a se stesso e senza buchi oltre per lo spettatore.
Regia di De Angelis, addosso e laterale, staccata e vile, per niente odorante ma putrida di terra madre.
Voto: 5,5/10 (** 1/2)
[-]
|
|
[+] lascia un commento a loland10 »
[ - ] lascia un commento a loland10 »
|
|
d'accordo? |
|
|