winchester_94
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domenica 14 ottobre 2018
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due facce della stessa medaglia
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Il bianco e il nero, due facce della stessa medaglia, destinati ad uno scontro senza fine, dove la salvaguardia della propria razza, rappresenta, l’obbiettivo primario, ma eliminare qualsiasi “rospo”, diverso dalla propria pelle, rappresenta un obbligo. Queste parole, trasducono il clima che si respira in Blackkklansman, ultimo film di Spike Lee, che attraverso l’ironia e una fedele rappresentazione di un’America anni settanta, divisa, riflette e interroga, ancora una volta lo spettatore, su una realtà come non mai, sempre più attuale.
La pellicola, tratta da una storia vera, narra la vicenda di un poliziotto afro-americano, Ron Stallworth, di Colorado Springs, interpretato da John David Washington.
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Il bianco e il nero, due facce della stessa medaglia, destinati ad uno scontro senza fine, dove la salvaguardia della propria razza, rappresenta, l’obbiettivo primario, ma eliminare qualsiasi “rospo”, diverso dalla propria pelle, rappresenta un obbligo. Queste parole, trasducono il clima che si respira in Blackkklansman, ultimo film di Spike Lee, che attraverso l’ironia e una fedele rappresentazione di un’America anni settanta, divisa, riflette e interroga, ancora una volta lo spettatore, su una realtà come non mai, sempre più attuale.
La pellicola, tratta da una storia vera, narra la vicenda di un poliziotto afro-americano, Ron Stallworth, di Colorado Springs, interpretato da John David Washington. Dopo esser stato burlato, per il colore della pelle, da un collega e essersi infiltrato, in una riunione dell’unione studenti neri, del Colorado College è pronto a distinguersi nel dipartimento, iniziando a mettersi in contatto telefonico con il capo del Ku Klux Klan, David Duke, avviando così, un’operazione sotto copertura all’interno dell’organizzazione, grazie all’aiuto del suo collega, Flip Zimmerman, interpretato dall’ormai affermato Adam Driver.
Spike Lee, torna alle origini della sua filmografia, riproponendo l’intolleranza, alternando l’ironia e l’umorismo, alla tragicità e alla violenza, costruendo così una sceneggiatura pulita e equilibrata, con lo scopo di divertire lo spettatore, senza però edulcorare la dura verità.
Gli elementi centrali, che vengono evidenziati, sin dall’inizio del film sono l’odio e la rabbia, incarnati dal razzismo che come un serpente, corrompe l’animo delle persone, sfruttando le loro paure, spingendole anche ad uccidere, creando così di conseguenza una radicalizzazione e impoverimento dei valori, all’interno della società.
La fotografia calda e un’estetica fedele ai film anni settanta e ottanta, oltre a far da sfondo, ad un clima di intolleranza presente in quell’epoca, si evidenzia al suo interno, la riflessione, principio fondamentale, incarnato dal personaggio di Adam Driver, che si interroga sulle sue origini religiose che pur non onorandole, lo portano a difenderle dalla religione dell’odio, prendendo coscienza, dell’amara realtà della società.
Blackkklansman, grazie alla sapiente regia di Spike Lee, si conferma uno dei film più interessanti della stagione, facendo comprendere allo spettatore che l’intolleranza e l’odio, serpeggiano ancora oggi, in forme diverse, rendendo l’uomo, un essere incapace di imparare dagli errori della storia, incapace di riflettere, incapace di comprendere ma soprattutto, incapace di amare.
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flyanto
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martedì 2 ottobre 2018
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un'infiltrato del tutto particolare
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“Blackkklansman”, l’ultimo film del regista Spike Lee , è ambientato negli anni ’70 e racconta di un poliziotto detective di colore che, in un’epoca di forti tensioni razziali, decide di smascherare ed arrestare molteplici esponenti tra la popolazione bianca, appartenenti al movimento del Ku Klux Klan. A tal fine l’uomo reputa quanto mai necessario infiltrarsi di persona proprio all’interno di questo chiuso e segreto gruppo di individui intolleranti ma poichè a causa del proprio colore della pelle ciò gli è ovviamente impossibile, decide di introdurre al suo posto il collega di pelle bianca e di religione ebraica e ricavare tramite lui le necessarie informazioni.
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“Blackkklansman”, l’ultimo film del regista Spike Lee , è ambientato negli anni ’70 e racconta di un poliziotto detective di colore che, in un’epoca di forti tensioni razziali, decide di smascherare ed arrestare molteplici esponenti tra la popolazione bianca, appartenenti al movimento del Ku Klux Klan. A tal fine l’uomo reputa quanto mai necessario infiltrarsi di persona proprio all’interno di questo chiuso e segreto gruppo di individui intolleranti ma poichè a causa del proprio colore della pelle ciò gli è ovviamente impossibile, decide di introdurre al suo posto il collega di pelle bianca e di religione ebraica e ricavare tramite lui le necessarie informazioni. Il piano sembra funzionare bene sin dall’inizio sebbene, col passare dei giorni, esso si riveli altamente pericoloso per tutti….
Con questa pellicola Spike Lee affronta, come sempre, delle tematiche altamente scottanti riguardanti le problematiche che coinvolgono la popolazione bianca e quella nera: ciò che egli qui presenta ed asserisce è principalmente l’intolleranza razziale che vige sempre e nei confronti di tutte le razze o confessioni non solo in quella strettamente legata alla popolazione nera. Senza raggiungere le efferatezze dei movimenti, quali, appunto, quello del Ku Klux Klan, ciò che Lee dimostra, soprattutto alla fine del film, è come l’intolleranza tra gli uomini regni sovrana e come sia sempre esistita in tutte le epoche, scatenando violenza, inutili morti od atti vandalici e, pertanto, distruzione totale, non solo materiale, di ogni valore e principio umano.
La pellicola è ben girata (del resto, Spike Lee, è un maestro del genere) ed ha un ritmo serrato che rende la vicenda avvincente ed intrigante. In aggiunta, non manca una certa dose di ironia che stempera notevolmente la dolorosa problematica dell’intolleranza rendendo il film piacevole ed affatto pesante nel suo contenuto, seppure come spunto di riflessione per lo spettatore.
In conclusione la denuncia, già sempre avanzata e fortemente combattuta in precedenza da Lee, è sempre la solita e pertanto non vi è nulla di nuovo da rilevare, ma la pellicola presenta una storia in sé singolare ed al tal punto divertente da rasentare l’assurdo ed il paradossale facendo proprio in ciò risiedere il suo valore.
Sicuramente consigliabile.
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[+] spike lee...fa' il film giusto...
(di antoniomontefalcone)
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[+] antisemitismo
(di pekka333)
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adams
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domenica 7 ottobre 2018
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se non fosse un film di spike lee
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Se fosse un film di un esordiente, sarebbe senz'altro un prodotto accettabile. Ma in questo caso il regista risponde al nome di Spike Lee, uno dei più grandi cineasti di tutti i tempi, quindi è logico aspettarsi un'opera di altissimo livello (motivo per cui ho attraversato mezza Toscana per vederlo). E purtroppo, a parte un buon cast e una ricostruzione credibile, la lunga storia risulta fiacca, appena appena corretta (troppo!) dove i cattivi sono cattivi e i buoni sono buoni, come in un cartone animato per bambini. Tant'è che alla fine l'unico personaggio a risultare quantomeno credibile, è proprio il capo del KKK, incapace di riconoscere la voce di un uomo di colore al telefono.
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Se fosse un film di un esordiente, sarebbe senz'altro un prodotto accettabile. Ma in questo caso il regista risponde al nome di Spike Lee, uno dei più grandi cineasti di tutti i tempi, quindi è logico aspettarsi un'opera di altissimo livello (motivo per cui ho attraversato mezza Toscana per vederlo). E purtroppo, a parte un buon cast e una ricostruzione credibile, la lunga storia risulta fiacca, appena appena corretta (troppo!) dove i cattivi sono cattivi e i buoni sono buoni, come in un cartone animato per bambini. Tant'è che alla fine l'unico personaggio a risultare quantomeno credibile, è proprio il capo del KKK, incapace di riconoscere la voce di un uomo di colore al telefono. Perché i personaggi di un film, DEVONO avere dei difetti, DEVONO cambiare durante il dipanarsi della storia. Invece qui non accade un bel niente, lasciando nello spettatore l'impressione di aver assistito alla proiezione di un'opera inutile lastricata di buone intenzioni, incapace di aggiungere niente ai capolavori come Fa' la cosa giusta o Malcom X. E in tempi come questi è di una gravità imperdonabile.
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felicity
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martedì 26 febbraio 2019
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un nero e un ebreo a capo del kkk locale
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Film estremamente politico in cui il regista disegna un parallelismo spietato tra il passato ed il presente dei neri d'America, preannunciando indirettamente l'avvento di Trump.
Le parole che durante il film vengono messe in bocca a bizzarre caricature di ignoranti white trash di provincia infatti vengono ora pronunciate tali e quali dal Presidente degli Stati Uniti.
Blackkklansman bilancia in modo quasi miracoloso la rappresentazione d'epoca, narrata attraverso il filtro visivo del tempo, e la drammatica serietà del presente, senza dimenticare la maestosità del cinema.
Le parole della commedia non sono la caricatura del reale, non servono ad alleggerire quello che di insopportabile c’è nella politica reazionaria degli Stati Uniti di oggi, ma sono semmai uno strumento (forse l’unico in questo momento e senz’altro il più efficace) per riuscire a prenderle seriamente, laddove la parodia, il dramma e la denuncia si sono ormai dimostrate armi spuntate.
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Film estremamente politico in cui il regista disegna un parallelismo spietato tra il passato ed il presente dei neri d'America, preannunciando indirettamente l'avvento di Trump.
Le parole che durante il film vengono messe in bocca a bizzarre caricature di ignoranti white trash di provincia infatti vengono ora pronunciate tali e quali dal Presidente degli Stati Uniti.
Blackkklansman bilancia in modo quasi miracoloso la rappresentazione d'epoca, narrata attraverso il filtro visivo del tempo, e la drammatica serietà del presente, senza dimenticare la maestosità del cinema.
Le parole della commedia non sono la caricatura del reale, non servono ad alleggerire quello che di insopportabile c’è nella politica reazionaria degli Stati Uniti di oggi, ma sono semmai uno strumento (forse l’unico in questo momento e senz’altro il più efficace) per riuscire a prenderle seriamente, laddove la parodia, il dramma e la denuncia si sono ormai dimostrate armi spuntate.
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ruger357mgm
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lunedì 8 ottobre 2018
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spike rifà la cosa giusta....quasi
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Tributiamo le quattro stelle a Spike Lee non perchè il film le meriti ma per festeggiare il ritorno di una certa qual mano felice che sembrava avere perso. Il suo essere orgogliosamente black è la cifra stilistica del suo cinema, da Clockers a Fa la cosa giusta al penoso "miracolo a sant'anna". Qui però Spike fa di più: avvicina lo spettatore europeo alla cruda realtà americana, quella che anche grazie all'inerzia e alla apatia dei neri ha mandato Trump alla casa bianca. Lo fa col suo occhio lucido, la sua fotografia a livello strada, i primi piani azzeccati e le facce giuste per i "cattivi". Parla di cose apparentemente distanti dalla sonnacchiosa Europa ma che basta passeggiare una mattina per le strade del centro di una qualunque città lombarda , veneta o siciliana, per capire che poi nella sostanza non sono poi così estranee alla nostra vita quotidiana.
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Tributiamo le quattro stelle a Spike Lee non perchè il film le meriti ma per festeggiare il ritorno di una certa qual mano felice che sembrava avere perso. Il suo essere orgogliosamente black è la cifra stilistica del suo cinema, da Clockers a Fa la cosa giusta al penoso "miracolo a sant'anna". Qui però Spike fa di più: avvicina lo spettatore europeo alla cruda realtà americana, quella che anche grazie all'inerzia e alla apatia dei neri ha mandato Trump alla casa bianca. Lo fa col suo occhio lucido, la sua fotografia a livello strada, i primi piani azzeccati e le facce giuste per i "cattivi". Parla di cose apparentemente distanti dalla sonnacchiosa Europa ma che basta passeggiare una mattina per le strade del centro di una qualunque città lombarda , veneta o siciliana, per capire che poi nella sostanza non sono poi così estranee alla nostra vita quotidiana. Per raggiungere l'obietttivo utilizza le risorse, i volti di cui dispone, che non sono più quelli di John Turturro o Rosie Perez, ma che paiono sufficienti alla bisogna. La storia è quella di un detective undercover, in servizio presso una specie di Digos della contea, nel Colorado, che si infiltra, solo con la voce prima e poi piazzando il suo alter ego caucasico, all'interno di un balordo gruppo di svitati aderenti al Ku Klux Klan, organizzazione revanscista e razzista, fondata dopo la guerra di secessione americana dall'ex generale confederato Nathan Bedford Forrest, per ribadire la supremazia della razza bianca sugli ex schiavi afroamericani.Il racconto, ambientato nei seventies, si snoda con troppa lentezza e prevedibilità ma non senza un sottile, persistente senso di malessere, un'inquietudine di cui si scopre il motivo alla fine del film. Non è purtroppo solo fiction, è la dura realtà del suprematismo, del "padroni a casa nostra", del "make America great again" . Degli attori si salvano la bellissima black panther che interpreta Patrice, il vecchio Harry Belafonte il cui cameo testimonia l'indomabilità a favore dei diritti civili di questo vecchio leone e lo psicolabile Felix, un vero sudista imbevuto di follia religiosa e fanatismo nazistoide.Con venti minuti in meno sarebbe risultato un film perfetto ( scena del ballo in primis). Impegnato.
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roberteroica
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lunedì 8 ottobre 2018
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blackkklasman
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Spike Lee con “BlacKKKlasman” torna a giocare in casa e infatti vince un Grand Prix all’ultimo Festival di Cannes. Colorado Springs, 1971 (ce ne accorgiamo quando vediamo Cibyl Sheperd occhieggiare da un rotocalco): un poliziotto di colore (John David Washington, figlio di cotanto padre) contatta via filo telefonico un’organizzazione di razzisti rozzi e violentissimi, spacciandosi per un bianco. Conduce un sottile gioco di gatti contro topi e invia un collega (Adam Driver) a prestare aderenza alla voce che il clan è ormai abituata a sentire. Fino ad arrivare al leader nazionale, David Duke, che ci fa la figura del fesso di primo pelo. Il problema è che prima o poi i nodi arrivano al pettine….
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Spike Lee con “BlacKKKlasman” torna a giocare in casa e infatti vince un Grand Prix all’ultimo Festival di Cannes. Colorado Springs, 1971 (ce ne accorgiamo quando vediamo Cibyl Sheperd occhieggiare da un rotocalco): un poliziotto di colore (John David Washington, figlio di cotanto padre) contatta via filo telefonico un’organizzazione di razzisti rozzi e violentissimi, spacciandosi per un bianco. Conduce un sottile gioco di gatti contro topi e invia un collega (Adam Driver) a prestare aderenza alla voce che il clan è ormai abituata a sentire. Fino ad arrivare al leader nazionale, David Duke, che ci fa la figura del fesso di primo pelo. Il problema è che prima o poi i nodi arrivano al pettine…. Un poliziesco che mette insieme tante cose: la black exploitation degli anni 70, i crime movie alla Shaft, Carmichael e le Pantere Nere, la “nascita di una Nazione” e il suo sogno continuamente interrotto, Via col Vento e la denuncia civile. L’andamento è in partenza fiacco e costantemente in apnea, con un protagonista che non sempre a è buon partito con un copione che mischia comicità in levare e didascalismi non proprio alla Spike Lee (specialmente nei dialoghi tra Pamela e Ron). Ma è una scelta di stile, che si adegua a una materia complessa e irrisolta e che progressivamente si ammanta di una sottile malia (merito anche dello straordinario commento musicale di Terence Blanchard) fino ad esplodere in un finale convulso e ineluttabile. E quando si pensa che il grottesco sia un pedale troppo facile da pigiare irrompe la realtà in tempo reale di questi anni per dare un senso alle immagini di quella che non potrà mai essere ancora Storia.
Voto: 7,5
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alesimoni
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martedì 9 ottobre 2018
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america first
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Finalmente Spike Lee è tornato. Dopo gli ultimi, pesanti, flop il regista statunitense sembra aver ritrovato il tocco , ritornando a un genere political/poliziesco che gli si addice molto e che fa pensare. La sceneggiatura è credibile e il film si segue bene, forse ha esagerato un po' nell'inserimento di sequenze per "speigare" la causa dei neri e il contesto sociale: nel tratto in cui il signore anziano racconta la sua storia sembra più un documentario che un film. Per il resto gli attori sono bravi sia Driver che Washington che la Harrier, ci sono anche diverse sequenze molto divertenti. C'è da dire anche che il modo in cui scimmiotta il capo del Ku Ku Klan, rendendolo una macchietta, mi ha ricordato parecchio Django di Tarantino.
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Finalmente Spike Lee è tornato. Dopo gli ultimi, pesanti, flop il regista statunitense sembra aver ritrovato il tocco , ritornando a un genere political/poliziesco che gli si addice molto e che fa pensare. La sceneggiatura è credibile e il film si segue bene, forse ha esagerato un po' nell'inserimento di sequenze per "speigare" la causa dei neri e il contesto sociale: nel tratto in cui il signore anziano racconta la sua storia sembra più un documentario che un film. Per il resto gli attori sono bravi sia Driver che Washington che la Harrier, ci sono anche diverse sequenze molto divertenti. C'è da dire anche che il modo in cui scimmiotta il capo del Ku Ku Klan, rendendolo una macchietta, mi ha ricordato parecchio Django di Tarantino. In generale un buon film, che fa riflettere , sorridere e non annoia mai.
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lucio di loreto
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mercoledì 13 febbraio 2019
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spike lee come piace a noi: duro ma poetico!!
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Spike Lee scende di nuovo in campo con quello che sa fare meglio, protestando in maniera vigorosa ma poetica il suo grido predicatorio e arrabbiato, schierandosi palesemente ma in modo mai banale contro il sistema e a favore delle pari opportunità. Ad aiutarlo a raggiungere l’obiettivo due sensazionali e piacevoli performance di John David Washington e Adam Driver, che insieme a Topher Grace/David Duke mantengono nelle due ore e passa di proiezione un atteggiamento ansiolitico unito ad una studiata vena ironica che rende ridicola la “supremazia bianca” e il film scorrevole e attraente. Vincitore a Cannes del Grand Prix speciale della Giuria, Blackkkansman racconta quel che portò a sgominare la sezione di Colorado Springs del Ku Klux Klan, basandosi sui racconti del protagonista.
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Spike Lee scende di nuovo in campo con quello che sa fare meglio, protestando in maniera vigorosa ma poetica il suo grido predicatorio e arrabbiato, schierandosi palesemente ma in modo mai banale contro il sistema e a favore delle pari opportunità. Ad aiutarlo a raggiungere l’obiettivo due sensazionali e piacevoli performance di John David Washington e Adam Driver, che insieme a Topher Grace/David Duke mantengono nelle due ore e passa di proiezione un atteggiamento ansiolitico unito ad una studiata vena ironica che rende ridicola la “supremazia bianca” e il film scorrevole e attraente. Vincitore a Cannes del Grand Prix speciale della Giuria, Blackkkansman racconta quel che portò a sgominare la sezione di Colorado Springs del Ku Klux Klan, basandosi sui racconti del protagonista. Ron Stallworth, entrando in contatto con una cellula dell’organizzazione, acquista la fiducia dei boss locali fingendosi un seguace e mandando all’avanscoperta il collega David Zinnerman, più credibile per il colore della pelle..I due, aiutati dal proprio distretto e in costante collegamento auricolare, verranno a conoscenza del progetto per un attentato il giorno in cui il grande capo (Duke) sarà in città e parallelo alla manifestazione delle Black Panthers, fra cui Patrice (Laura Harrier), futuro invaghimento di Ron. E’ proprio il rapporto tra i due un punto focale, col poliziotto sotto copertura e la rivoluzionaria anti “pigs” ad aleggiare nell’aria uniti, con fare battagliero e le pistole puntate, accompagnati da action music e pellicola vintage b-movies anni settanta, fino a tornare nel presente, dopo l’immagine della croce che brucia, nell’amara realtà della morte di Heather Hayer, investita da un neonazista durante le manifestazioni in Virginia del 2017. L’unione di varie epoche, tra rimandi e duplicità, è ciò su cui si basa lo Spike Lee pensiero, fermo sostenitore di come il razzismo e la segregazione siano dormienti ma ancora latenti nel mondo a stelle e strisce. Tutto questo si evince dal comizio iniziale di Alec Baldwin, politico suprematista bianco anni 50, dalla cerimonia d’ingresso dei nuovi membri del KKK contemporanea alla contro protesta degli attivisti (Harry Belafonte), fino a giungere ai fatti recenti di Charlottesville. Il director, con l’usuale sopraffina regia, grazie al dettaglio della croce ardente nell’occhio del seguace, vuole dimostrarci come la questione razziale e violenza connessa siano tuttora irrisolte e radicate nell’intrinseco di certa America bianca e di come oggi tutto ciò stia riprendendo forza e vigore. Un film alla fine semplice e dalla trama facile ma che ha come scopo quello di restituire al mondo la consapevolezza che su certi temi c’è ancora da combattere e le battaglie da superare (l’indagine andata a buon fine) sono ancora molteplici prima di arrivare a vincere la guerra!!
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rmarci 05
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sabato 4 maggio 2019
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satirico, attuale e ironicamente provocatorio
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Dopo un periodo di insuccessi di pubblico e critica, Spike Lee è, questa volta, determinato a raccontare una storia tanto assurda quanto vera in cui traspare tutto lo stile del regista nella sua forma di denuncia socio-politica più esplicita: nonostante nella prima parte l'opera abbia un tono di commedia satirica e beffarda, costellata da dialoghi geniali nella loro ironia e scene di grande efficacia, nell'ultima parte essa assume un carattere volutamente documentaristico, per niente disposto ad offrire divertimento, svolgendo in primis un ruolo di tragica testimonianza dell'odio razziale all'interno della società USA antecedente e contemporanea, con lo scopo di dimostrare che ciò che è avvenuto in passato si sta ripetendo ai giorni nostri.
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Dopo un periodo di insuccessi di pubblico e critica, Spike Lee è, questa volta, determinato a raccontare una storia tanto assurda quanto vera in cui traspare tutto lo stile del regista nella sua forma di denuncia socio-politica più esplicita: nonostante nella prima parte l'opera abbia un tono di commedia satirica e beffarda, costellata da dialoghi geniali nella loro ironia e scene di grande efficacia, nell'ultima parte essa assume un carattere volutamente documentaristico, per niente disposto ad offrire divertimento, svolgendo in primis un ruolo di tragica testimonianza dell'odio razziale all'interno della società USA antecedente e contemporanea, con lo scopo di dimostrare che ciò che è avvenuto in passato si sta ripetendo ai giorni nostri. Nella prima parte inoltre prevalgono la descrizione dei due potenti gruppi politici dalle ideologie opposte: da un lato le Black Panther, raffigurato come una folla di persone (giustamente) inferocita e disperata che promuove l'uguaglianza dei diritti; dall'altro lato invece c'è il Ku klux Klan, oggetto di scherno e di ridicolizzazione da parte del regista, che tenta di dare una vena satirica a questo aspetto senza riuscirci completamente, in quanto il versante "commedia", solo in questo caso, è portato troppo all'estremo perdendo una parte della sua efficacia. Alcuni tra i limiti del film, come l'orgoglio nero che pervade alcune scene, sono parzialmente compensati dall'ottimo montaggio, caratterizzato da un ritmo sostenuto grazie alla buona dose di intrattenimento e alla soddisfacente recitazione di tutti gli attori, in particolare J. D. Washington e T. Grace (David Duke). Un ottimo rilancio della carriera di Spike Lee, giustamente insignito del Premio Oscar alla sceneggiatura, ed un film che, pur con i suoi limiti ed i suoi difetti, risulta efficace, lucido, ironicamente provocatorio e, soprattutto, molto attuale. Quest'ultimo è un grande nonché coraggioso merito. 3 stelle e mezzo su 5.
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cristian
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giovedì 2 aprile 2020
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occasione sprecata
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Da non appassionato del tema ma comunque appassionato di buon cinema, ho trovato questa pellicola di una superficialità disarmante, i dialoghi sono molto basilari, quasi caricaturali e non vanno quasi mai oltre la retorica nero blackpower e bianco (normale o cattivissimo) ben lontana dalle buon regista che caratterizza i personaggi in modo da empatizzare con loro. Il film si divide sostanzialmente in due parti, la prima dove un improbabile rapidità ti catapulta da un giovane afroamericano testa calda ad un agente speciale che gestisce un caso, non dico che non sia una storia vera ma nel film si dà l'idea che sia successo in due giorni senza gavetta minima e pure pestando i piedi come un bulletto figo all'interno di un reparto di polizia, il tutto assume un'aria irreale.
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Da non appassionato del tema ma comunque appassionato di buon cinema, ho trovato questa pellicola di una superficialità disarmante, i dialoghi sono molto basilari, quasi caricaturali e non vanno quasi mai oltre la retorica nero blackpower e bianco (normale o cattivissimo) ben lontana dalle buon regista che caratterizza i personaggi in modo da empatizzare con loro. Il film si divide sostanzialmente in due parti, la prima dove un improbabile rapidità ti catapulta da un giovane afroamericano testa calda ad un agente speciale che gestisce un caso, non dico che non sia una storia vera ma nel film si dà l'idea che sia successo in due giorni senza gavetta minima e pure pestando i piedi come un bulletto figo all'interno di un reparto di polizia, il tutto assume un'aria irreale. Oltre a questo ci sono dei buchi narrativi che fanno storcere molto il naso, spesso mi sono trovato a pensare "ma ora perché sta succedendo questa cosa"? ovviamente se avesse scoperto questi buchi probabilmente sarebbe durato un'ora in più, però nella seconda parte nonostante il ritmo incalzi un po', anche se le musiche non aiutano granché, il film diventa come una puntata dell'e-team, farcita di retorica buoni cattivi che non scava nel vivo dell'anima ma rimane superficiale e poco coinvolgente, e comunque una puntata dell'e-team avrebbe personaggi ben più caratterizzati.
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