Un locale sormontato dalla scritta al neon The Place, un signore seduto a un tavolino che riceve dei postulanti con la stessa imperturbabile calma: un film fatto di niente, quello di Genovese, che però invoglia alla discussione e si presta a varie interpretazioni.
Ne azzardo una. Valerio Mastrandrea, misterioso artefice di un patto, che permetterà a chi lo sottoscrive di realizzare un desiderio impossibile, al prezzo di un pegno pagato con azioni spesso depravate, potrebbe essere un angelo caduto, che deve fare il mestiere di Satana, anche se non gli piace. Il suo compito è tentare l’uomo, prospettando miracolose conquiste. Il prezzo da pagare è chiaro, ma il postulante sembra non vederlo: è troppo accecato dalla brama di realizzare il suo sogno. L’angelo non può nè spingerlo ad accettare il patto, nè dissuaderlo dal compiere il misfatto. Il suo mestiere è quello del tentatore: il resto spetta alla scelta del soggetto. Nè lui, nè Dio possono fermare un uomo che vuole uccidere unicamente per il proprio tornaconto. Senza questa clausola non esisterebbe la libertà, solo potendo scegliere fra il bene e il male l’uomo può essere autonomo. Per questo, pur nella incredibile miseria della sua condizione, lacerata da un continuo avvicendarsi di passioni contrastanti, l’uomo è posto a un gradino superiore all’angelo caduto, che deve fare da spettatore alla malvagità umana senza poter intervenire.
L’unica mossa che compete al tentatore è quella di intrecciare a bella posta le incombenze dei vari personaggi: ad esempio, chi deve uccidere una bambina si troverà di fronte chi ha il compito di proteggerla. Ma non è detto che questo stratagemma funzioni: l’uomo, con la sue perverse fantasie, è in grado di complicare anche gli orditi più semplici, fino a raggiungere il paradosso. Chi doveva proteggere la bambina la rapirà in un accesso di mania di grandezza. Ogni errore commesso dagli attori del copione prescritto finisce per riverberarsi sugli altri: tutti resteranno incastrati in una serie di cause ed effetti che creano nuovi insospettati scenari.
Interessante il fatto che l’unica persona che cerca un arricchimento dell’anima, la suora che vuol sentire di nuovo Dio, deve infrangere i precetti del suo ordine per rimanere incinta. Come dire che la vera ricerca spirituale non può basarsi su un supino rispetto delle regole, su un’abdicazione alla vita: occorre farsi sporcare dall’esistenza per capire chi siamo veramente, per fare una scelta pienamente consapevole, invece di barricarsi in un comodo rifugio dal mondo.
La totale neutralità e impassibilità dell’angelo resta tale anche se la transazione mette sul piatto della bilancia visceri e sangue, o se viene accusato di essere un mostro, perfino quando viene lui stesso minacciato, per una bomba che una sua cliente vuole porre nel locale; il contratto, registrato su un album scritto fittamente a mano, può essere bruciato solo dopo la revoca o il compimento da parte del contraente.
Alla fine Angela, la ragazza del locale, potrà forse liberarlo da questa condanna: un angelo che ha messo al primo posto l’amore e non la superbia.
Un film metafisico dunque, una parabola sul libero arbitrio e sull’interconnessione dei destini umani, che l’impianto teatrale a scena unica rendono più netta e quasi didascalica.
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