Titolo originale | Mothers |
Anno | 2017 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Italia |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Liana Marabini |
Attori | Remo Girone, Christopher Lambert, Victoria Zinny, Mara Gualandris, Margherita Remotti Rupert Wynne-James, Eléa Clair, Stefano Crosta, Francesco Riva, Francesco Meola, Eléa Clair, Sergio Leone (II), Maria Pia Ruspoli, Norbert Blecha, Eric Alexander, Francesco Castiglione, Mauro Cipriani, Slim Khezri, Francesca Nerozzi. |
Uscita | giovedì 13 aprile 2017 |
Distribuzione | Liamar Multimedia |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,02 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 12 aprile 2017
Ispirato a una storia vera, uno sguardo sul fenomeno del terrorismo e delle ripercussioni che ha sulle madri dei terroristi.
CONSIGLIATO NÌ
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Angela è una scrittrice di successo, vedova e benestante. Suo figlio Sean è nato a Londra dove frequenta l'università, mentre lei vive in una cittadina del nord Italia. Fatima è magrebina come il marito ma i suoi figli Nadia e Tarik sono nati in Italia: Nadia ha sposato un italiano cattolico contro il volere del padre musulmano e Tarik studia in Inghilterra. Proprio l'università inglese è il luogo in cui i destini di Sean e Tarik si incontrano perché entrambi cadono sotto l'influenza di Omar, un reclutatore per conto della Jihad. Sean e Tarik, infiammati dalle parole dell'uomo, si arruoleranno per combattere in Siria, gettando le rispettive madri nella disperazione. Le strade di Angela e Fatima si incrociano presso un gruppo di sostegno psicologico gestito dalla dottoressa Diana. Fanno parte del gruppo anche l'israeliano Sam, che ha ucciso un terrorista prima che compisse una strage, Claire, il cui marito e figlio sono morti in un attacco aereo jihadista, ed Eric, la cui figlia Sofia si è unita ai freedom fighters, guarda caso come concubina di Omar.
Le coincidenze si affastellano e le storie dei protagonisti si sovrappongono perché l'intento di Mothers sembra essere uno solo: demonizzare la Jihad e ristabilire il primato dei "valori occidentali" sul fondamentalismo islamico. Dunque il prete cattolico è un modello di tolleranza e accoglienza mentre l'iman musulmano è un fiancheggiatore dei terroristi, le combattenti islamiche litigano fra di loro e si contendono le attenzioni di Omar e Omar, oltre che un terrorista, è anche un cinico commerciante di droga.
Gli unici musulmani "buoni" sono Fatima e il marito, ma solo in quanto disposti ad adeguarsi ai costumi del Paese di accoglienza, in questo caso l'Italia. E Angela non sarà capace di accettare la scelta del figlio finché lui non si pentirà e ammetterà di aver commesso un errore. È il tipo di manicheismo che ha già caratterizzato film come Il mercante di pietre, e che invece di creare una misura di comprensione (il che non significa giustificazione) del fondamentalismo islamico, come hanno fatto Il profeta, Syriana o La donna che canta, si appoggiano su una condanna aprioristica che alla fine risulta sterile.
Ma è soprattutto la confezione del film ad essere deludente: un doppiaggio straniante (il film è girato in lingua inglese, anche se ambientato in Italia) e spesso fuori sincrono, dialoghi didascalici e declamatori, interpretazioni legnose malgrado nel cast ci siano nomi di rilievo come Remo Girone, Victoria Zinny e Christopher Lambert, musiche strappalacrime a sottolineare ogni sequenza, situazioni improbabili (una per tutte: il giornalista che, in mezzo a un attacco terroristico, chiacchiera al telefono con l'amico Sam), ricreazioni d'ambiente irriconoscibili (specialmente quelle "siriane"). E una denuncia reiterata dei potenziali pericoli di Internet e dell'istruzione universitaria (dove i reclutatori islamici studierebbero marketing per meglio imparare a portarci via i figli) che risulta più oscurantista del fanatismo religioso. C'è un gran bisogno di parlare al cinema di terrorismo e della seduzione pericolosa di certe derive ideologiche sui giovani, ma bisogna farlo con competenza filmica e con conoscenza profonda degli ambienti e delle dinamiche che si raccontano, senza cadere in inutili stereotipi. E la scelta di dipingere la Siria come mera fabbrica di jihadisti, in un momento in cui quel Paese sta attraversando l'inferno (non solo a causa dei fanatici dell'Islam), è come minimo fuori luogo.
Argomento ,di grandissima attualità....interessante capire come le culture diverse possano esistere senza frantumazioni.Con questo cammino emigratorio dei popoli....lo scontro di culture è tensioni ....la chiesa e i pastori hanno abbandonato il gregge ....noi soffriamo nell'aver perso la nostra identità certa e rassicurante ..resto in attesa di Mothers....il 13 .4 .2017