michelecamero
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domenica 30 settembre 2018
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il coraggio di pochi contro la malvagità dei tanti
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Film ambientato in un piccolo paese della Gran Bretagna alla fine degli anni ’50. Una giovane vedova di guerra rimasta fedele alla memoria del marito amatissimo, grande lettrice come il consorte conosciuto non a caso in una libreria londinese, decide di aprire una libreria in quel borgo. Lo fa perché è convinta che i libri tengono una grande compagnia e le librerie costituiscono un potente luogo di aggregazione umana e sociale. Si scontrerà suo malgrado con una vecchia signora dell’alta borghesia inglese, o forse della nobiltà, che sulla casa scelta per ospitarvi la libreria nutre idee diverse. Lo scontro è inevitabile ma non è giocato ad armi pari, perché la vecchia megera, potentissima e soprattutto non avvezza né ad essere contrariata né a perdere, abituata invece a coartare e raggirare le persone incluso il marito generale e tutta la popolazione che sa di dipendere dai suoi capricci, metterà in campo tutta la propria influenza, le proprie potentissime amicizie e soprattutto la grande malvagità di cui è capace dietro l’insopportabile perbenismo tipico di una certa classe dirigente.
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Film ambientato in un piccolo paese della Gran Bretagna alla fine degli anni ’50. Una giovane vedova di guerra rimasta fedele alla memoria del marito amatissimo, grande lettrice come il consorte conosciuto non a caso in una libreria londinese, decide di aprire una libreria in quel borgo. Lo fa perché è convinta che i libri tengono una grande compagnia e le librerie costituiscono un potente luogo di aggregazione umana e sociale. Si scontrerà suo malgrado con una vecchia signora dell’alta borghesia inglese, o forse della nobiltà, che sulla casa scelta per ospitarvi la libreria nutre idee diverse. Lo scontro è inevitabile ma non è giocato ad armi pari, perché la vecchia megera, potentissima e soprattutto non avvezza né ad essere contrariata né a perdere, abituata invece a coartare e raggirare le persone incluso il marito generale e tutta la popolazione che sa di dipendere dai suoi capricci, metterà in campo tutta la propria influenza, le proprie potentissime amicizie e soprattutto la grande malvagità di cui è capace dietro l’insopportabile perbenismo tipico di una certa classe dirigente. Al fianco della libraia una bambina dai capelli ispidi e rossi ed un vecchio signore di campagna, famelico lettore che non esce dalla sua grande casa nel bosco da quaranta anni evitando accuratamente di tenere relazioni con i propri simili al di là dello stretto necessario. Saranno proprio questi due personaggi che nel corso delle loro storie personali mutando il loro originario punto di vista, forse alla fine, nel tempo lungo, segneranno punti a favore di Florence Green, la libraria. E’ un film dolce e delicato per coloro che sono avvezzi alla lettura ed alla calda compagnia che solo un buon libro sa regalare. E’ anche un film che vuole celebrare quei luoghi fascinosi che si chiamano “librerie”, di cui oggi si teme fortemente che possano scomparire, insieme al piacere di compiere quel rito che consiste nel recarvisi mescolandosi agli altri, sostandovi a consumare il proprio tempo passandoil tempo a sfogliare una pubblicazione dopo l’altra prima di scegliere il regalo che si farà a se stessi acquistando uno o più libri. E' forse anche un film che lancia un monito alle intelligenze di oggi con l'intento di metterle in guardia dai pericoli prospettati dalla tecnologia spinta e incontrollata e lo fa con i titoli dei libri dello scandalo: LOLITA e FAHRENHEIT 451. E’ sicuramente un film sul coraggio, la gentilezza e l’autenticità delle persone, doti, ahinoi, poco comuni, contrapposte alla malvagità, la protervia, l’arroganza, vizi e difetti, ahinoi, diffusissimi all’interno del genere umano.
michelecamero
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loland10
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lunedì 8 ottobre 2018
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'la mente...pigra'
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“La casa dei libri” (La libreria, 2017) è il tredicesimo lungometraggio della regista spagnola Isabel Coixet.
Film leggero, importante, soave, indefinibile, tattile e volano nelle parole di un libro e degli scatoloni che aprono i pensieri. Una foglia che cade e non fa rumore ma che fa entrare dentro il frasario e la delicatezza di un libro da aprire, assaporare e leggere in silenzio. Un silenzio che apre ogni cattivo pensiero nella cittadina di Hardborough dove il pettegolezzo, l’invidia e il bastian contrario soffocano ogni giorno la vedova Florence che rema contro i mulini a vento per un ‘refrattario’ mondo al sogno e al gusto di una carta espressiva.
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“La casa dei libri” (La libreria, 2017) è il tredicesimo lungometraggio della regista spagnola Isabel Coixet.
Film leggero, importante, soave, indefinibile, tattile e volano nelle parole di un libro e degli scatoloni che aprono i pensieri. Una foglia che cade e non fa rumore ma che fa entrare dentro il frasario e la delicatezza di un libro da aprire, assaporare e leggere in silenzio. Un silenzio che apre ogni cattivo pensiero nella cittadina di Hardborough dove il pettegolezzo, l’invidia e il bastian contrario soffocano ogni giorno la vedova Florence che rema contro i mulini a vento per un ‘refrattario’ mondo al sogno e al gusto di una carta espressiva.
Siamo alla fine degli anni cinquanta: il luogo da pochissime speranze ma l’ostinazione trovano qualcuno predisposto alla lettura e all’incontro con una donna che si ritrova sola o quasi. E Mister Brundish, ricco signore solitario e diffidente, a dar il merito di una iniziativa lontana dai respiri di un posto snob e poco incline alla sapienza letteraria.
Mrs Gamartè l’altra faccia personificata della vita glamour e triste di una cittadina dedita alla piccola vendetta. Le facoltà finanziarie e le giuste leggi (a chi servono) danno inizio alla battaglia tra una libreria ancora aperta e l’arte pomposa di un centro nuovo da aprire.
Poche carrellate in avanti, se ne ricorda qualcuna laterale, il resto è impresso in fermi immagini in scricchiolii degli sguardi, in vacui ammiccamenti, in grigi pomeriggi, in posture attempate, in sentieri umidi mentre il mare inglese s’adombra per ogni verso di prosa letteraria.
Quando Florence vuole aprire una libreria, nella sua vecchia casa triste e sola, le voci si rincorrono, l’ignoranza arriva e un cancello resta aperto in una villa sperduta. Chi mai può comprare un libro per leggerlo in un anfratto malinconico e chiuso? Chi mai può pensare che un’idea possa creare scompiglio in un posto simile? E inaspettatamente arriva anche, e soprattutto, il consenso e un’amicizia che va oltre di un uomo anziano, chiuso e silenzioso, che apre se stesso verso il coraggio di una donna. Il suo giudizio letterario, i suoi acquisti danno coraggio a Florence e Mr. Brundish schiude il suo isolamento fino alla causa. Una teatralità inespressa, un’implosione di sguardi e modi di poche mosse e un abbraccio modesto e forte, lacerante e mai di compiacimento. La vita e la morte destano silenzi assordanti per un saluto ad una donna coraggiosa da parte di una bambina (non una qualsiasi) che riesce a vincere la sua timidezza e leggere un libro interamente.
Arriva il pacco con un libro e ‘Lolita’ di Nabokov diventa discussione di acquisto ‘È un buon libro, dice Mr. Brundish alla donna....., ma chi sa se in questo paese capiranno ciò che dice? La sfiducia verso i suoi compaesani…totale e il film manifesta in ogni momento tale situazione.
I pacchi con 250 copie di Lolita, che Florence mette a posto come vero cimelio futuro, pare e lo è un affronto ad un cadaverico mondo sperduto, il duello tra menti chiuse e benpensanti. E sì, quando la lettura e la dolcezza di un cartaceo tra le mani, sono un qualcosa di inesprimibile, di profonda interiorità.
“La comprensione rende la mente pigra....”: un’affermazione che lascia un segno amaro verso ieri e anche il mondo di oggi. Mr. Brundish diventa saggio di vita (in un romanzo qualsiasi).
Il film tende al monocorde in alcuni frangenti e alla semplicità stilistica ma gli ambienti e il vuoto che emanano si riempie con un libro che (forse) sta aspettando…una sana lettura.
Emily Mortimer(Florence Green) eBill Nighy (Edmund Brandish) recitano, senza scomporsi, con un giusto equilibrio e movenze pacate. La rabbia di Florence verso i suoi ‘nemici’ è ben nascosta. Come il raccontare della voce ‘fuori campo’ di un’adulta che conosceva bene ‘la libreria’.
Regia pacata, mesta, dolce e ingrigita dai colori autunnali.
Voto: 7-/10 (***).
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francesca meneghetti
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domenica 7 ottobre 2018
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quando una passione fallisce, ma non del tutto
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Quando la sceneggiatura di un film segue la trama di un libro, si è inevitabilmente portati a interrogarsi sulle corrispondenze e sulle eventuali divergenze, con un’operazione che finisce per enfatizzare la lettura contenutistica del film, a scapito del linguaggio formale. Tuttavia non si può prescindere dal confronto tra le due trame, dato che, in questo caso, la regista Isabel Coixel ha subito la folgorazione di un romanzo, mentre resta fuori la comparazione, impossibile, tra due linguaggi: uno fatto di parole, l’altro di immagini, oltre che di parole, suoni e dotato di una sintassi propria. “La libreria” di Penelope Fitzgerald, a cui si è ispirata la Coixel, ha una storia che viene sostanzialmente rispetta nel film, oltre ad essere autobiografica, per cui la vicenda della cocciuta e coraggiosa Florence Green è la stessa di Penelope: è il racconto del fallimento di una passione (per i libri, ma anche per un’idea, quella di aprire una libreria in un villaggio dominato dall’ignoranza) coltivata con tutte le energie e combattuta contro le avversità ambientali (l’umidità della casa) e le avversità umane, rappresentate dalla prepotenza di una nobildonna locale, che agisce non solo per moralismo, dopo il successo di vendite di Lolita, ma soprattutto per una perfida ebbrezza di potere.
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Quando la sceneggiatura di un film segue la trama di un libro, si è inevitabilmente portati a interrogarsi sulle corrispondenze e sulle eventuali divergenze, con un’operazione che finisce per enfatizzare la lettura contenutistica del film, a scapito del linguaggio formale. Tuttavia non si può prescindere dal confronto tra le due trame, dato che, in questo caso, la regista Isabel Coixel ha subito la folgorazione di un romanzo, mentre resta fuori la comparazione, impossibile, tra due linguaggi: uno fatto di parole, l’altro di immagini, oltre che di parole, suoni e dotato di una sintassi propria. “La libreria” di Penelope Fitzgerald, a cui si è ispirata la Coixel, ha una storia che viene sostanzialmente rispetta nel film, oltre ad essere autobiografica, per cui la vicenda della cocciuta e coraggiosa Florence Green è la stessa di Penelope: è il racconto del fallimento di una passione (per i libri, ma anche per un’idea, quella di aprire una libreria in un villaggio dominato dall’ignoranza) coltivata con tutte le energie e combattuta contro le avversità ambientali (l’umidità della casa) e le avversità umane, rappresentate dalla prepotenza di una nobildonna locale, che agisce non solo per moralismo, dopo il successo di vendite di Lolita, ma soprattutto per una perfida ebbrezza di potere. E’ questo il succo della storia che la rende attuale: il necessario arrendersi della cultura, delle buone maniere, dell’istruzione di fronte all’indifferenza dell’ignoranza dilagante. E’, più o meno, la sensazione di chi, avendo lavorato tanto e con amore nella scuola, assiste agli strafalcioni, non solo grammaticali e sintattici, ma anche logici, di tanti transitati nella scuola e si chiede se il suo, e di altri docenti, non sia stato solo uno scrivere sull’acqua. Nel film (e nell’archetipo su carta) in realtà la conclusione non è del tutto nichilista: la ragazzina, che aveva fatto da aiutante a Florence-Penelope, pur disdegnando la letturai, una volta istruita e diventata adulta, aprirà una libreria riscoprendo la vita racchiusa in ogni romanzo e l’amore per i libri, che pare prevalere tra le donne secondo le statistiche. Il film può difettare di manicheismo nel contrapporre buoni e cattivi, prima fra tutti costoro la perfida Violet Garmand dal nasino puntuto e dal sorriso falso, ben interpretata da Patricia Clarkson). E’ costei la strega cattiva delle fiabe, cui si contrappone l’aiutante della povera Florence, il cavaliere solitario Brundish che esce dal suo eremo per sfidare la strega, uno splendido Bill Nighy, venendo però stroncato da un infarto. Florence (Emily Mortimer), dal canto suo, ha il pudore e la goffaggine che si addicono perfettamente a una brava ragazza degli anni ’50. Però uno schema semplice, fiabesco, governa anche le grandi tragedie classiche. Qui però tutto è polarizzato sulle donne. Molto ben riuscita è l’ambientazione storica, con attenzione per i dettagli tipicamente femminile, così come la fotografia che ricrea perfettamente le atmosfere di un villaggio britannico sul mare, umido, ventoso, affascinante.
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cardclau
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domenica 30 settembre 2018
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fahrenheit 451 lo salva
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Il film La casa dei libri di Isabel Coixet è un po’ una delusione, promettente ma troppo sentimentale la storia, con una recitazione sempre sopra le righe, macchiettistica. Non conosco il libro di Penelope Fitzgerald da cui il film è tratto, e non nego che possa essere interessante, e che sia il pubblico femminile a tener su il mondo dell’arte, cioè del non essenziale. Se analizzi il fenomeno sulla frequenza, che ti so dire, sulle teste che sono presenti alle opere di musica classica, scopri che la stragrande percentuale è rappresentata dalle donne. Ma se poi, origliando, magari alla ricerca di una possibile creatura con cui condividere gli affetti e le emozioni, senti i commenti sparati dalle signore, potresti comprendere perché i mariti si siano dati all’osteria o alle partite di calcio.
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Il film La casa dei libri di Isabel Coixet è un po’ una delusione, promettente ma troppo sentimentale la storia, con una recitazione sempre sopra le righe, macchiettistica. Non conosco il libro di Penelope Fitzgerald da cui il film è tratto, e non nego che possa essere interessante, e che sia il pubblico femminile a tener su il mondo dell’arte, cioè del non essenziale. Se analizzi il fenomeno sulla frequenza, che ti so dire, sulle teste che sono presenti alle opere di musica classica, scopri che la stragrande percentuale è rappresentata dalle donne. Ma se poi, origliando, magari alla ricerca di una possibile creatura con cui condividere gli affetti e le emozioni, senti i commenti sparati dalle signore, potresti comprendere perché i mariti si siano dati all’osteria o alle partite di calcio. Ovviamente questa è una ipersemplificazione, che va ben al di là del gender, ma non nasconde il fatto che non ci sono scorciatoie per la conoscenza. Florence Green è una donna coraggiosa, che viene affiancata da due maschi potenti, con un effetto fortificante, suo marito, nella memoria, morto nel fiore degli anni e delle speranze relazionali, che le leggeva i poeti inglesi la sera, e il signor Brundish, nella realtà, anziano, suo primo cliente e suo paladino Orlando, che morirà di un colpo al cuore, per difenderla. Ma la cattivissima, diabolica e particolarmente tenace, Violet Gamart è una donna, attorniata da una serie di lacché maschi, scodinzolanti, a partire da suo marito, il generale Gamart, il bancario, l’avvocato, … . Ma è già una fortuna che non sia partita una improbabilissima storia d’amore tra Florence Green e l’anziano signor Brundish.
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flyanto
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mercoledì 3 ottobre 2018
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l'amore sconfinato per la lettura
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“La Casa dei Libri “ della regista Isabel Coixet, è un film tratto dal romanzo “La Libreria” di Penelope Fitzgerald in cui si racconta di una giovane vedova che, subito dopo la morte del marito, si trasferisce da Londra nella cittadina sul mare di Hardborough dove compra una vecchia casa che poi adibisce a libreria. Appassionata di libri, la protagonista cerca di rendere la sua attività fiorente, facendo arrivare molteplici opere di diversi autori, sia classici che non, e proponendone anche qualcuno contemporaneo, quali “Lolita” di Nabokov, che però per l’epoca e l’ambiente provinciale della cittadina dove ella si è trasferita, risulta uno scandalo.
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“La Casa dei Libri “ della regista Isabel Coixet, è un film tratto dal romanzo “La Libreria” di Penelope Fitzgerald in cui si racconta di una giovane vedova che, subito dopo la morte del marito, si trasferisce da Londra nella cittadina sul mare di Hardborough dove compra una vecchia casa che poi adibisce a libreria. Appassionata di libri, la protagonista cerca di rendere la sua attività fiorente, facendo arrivare molteplici opere di diversi autori, sia classici che non, e proponendone anche qualcuno contemporaneo, quali “Lolita” di Nabokov, che però per l’epoca e l’ambiente provinciale della cittadina dove ella si è trasferita, risulta uno scandalo. Nel contempo, avendo però successo in questa sua attività, unito a conseguenti molteplici avventori, la donna suscita l’invidia di una ricca signora che vorrebbe a tutti i costi acquistare la suddetta casa-libreria ai fini di crearne uno pseudo centro culturale. Ciò porterà a conseguenze inaspettate ...
La Coixet filma una pellicola che è un vero e proprio gioiello per la delicatezza della storia e dei personaggi stessi immersi in un’atmosfera intima e poetica che la rendono unica e particolare. Già il fatto che venga trattato un argomento, quale quello dell’amore per la lettura e per i libri in sé, fa sì che il film colpisca ed interessi quella parte di spettatori che condivide la suddetta passione, comprendendo lo spirito dell’opera, la sua raffinatezza e la sua profondità. Privo di azioni movimentate e scene stupefacenti, “La Casa dei Libri” è una pellicola misurata in cui i personaggi si muovono, si può azzardare a dire, con dolcezza, eleganza e misura. Efficacemente interpretato dall’attrice Emily Mortimer nel ruolo della giovane libraia vedova, il film possiede anche una bella fotografia che molto suggestivamente ritrae i paesaggi ventosi e selvaggi di Hardborough. L’epoca, quella degli anni ’50, in cui la vicenda si svolge, è ben rappresentata per ciò che concerne i costumi e gli ambienti e l’armonia e l’equilibrio dominano interamente in questa delicata opera cinematografica.
Sicuramente consigliabile ma agli estimatori della lettura e del buon cinema.
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gabriella
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venerdì 16 novembre 2018
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reading is healthy
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Film molto british , diretto da una regista catalana , così che cerca di coniugare la passionalità della lettura con spirito iberico con la proverbiale compostezza e pragmatismo inglese nella sempre misurata e controllata espressione o movenza dei personaggi. Fine anni 50, Florence è una vedova di guerra con il progetto di aprire una libreria ad Harborough, borgo inglese sul Mare del Nord, dove vive , perché amante della lettura e in memoria del primo incontro con il marito in una libreria londinese dove è nato il loro amore e la condivisione per tutto ciò che è scritto.
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Film molto british , diretto da una regista catalana , così che cerca di coniugare la passionalità della lettura con spirito iberico con la proverbiale compostezza e pragmatismo inglese nella sempre misurata e controllata espressione o movenza dei personaggi. Fine anni 50, Florence è una vedova di guerra con il progetto di aprire una libreria ad Harborough, borgo inglese sul Mare del Nord, dove vive , perché amante della lettura e in memoria del primo incontro con il marito in una libreria londinese dove è nato il loro amore e la condivisione per tutto ciò che è scritto. L’impresa si rivela però da subito difficoltosa, in un paese sonnecchioso pervaso da una comune indolenza tra i suoi abitanti e un’inerzia totale nei confronti della novità, del cambiamento, lo scontro maggiore è rappresentato da Violet Gamart, donna molto influente , abituata a non essere contraddetta ha altri progetti con il vecchio edificio adibito a libreria. Florence è una donna apparentemente un po' impacciata, però dimostra risolutezza e determinazione ad andare avanti, ad affiancarla nella sua mpresa , Mr Brundish, uomo solitario e forastico sul quale aleggia una leggenda di svenevole romanticheria, che diverrà da subito il suo cliente più assiduo. Tra i due c’è stima e rispetto e condivisione per tutto ciò che è scritto, nasce una confidenza , tanto che lei gli chiederà dei pareri su libri di recente uscita, fino alla sovversiva decisione di acquistare 250 copie di “ Lolita”, di Nabocov libro che ancora oggi fa discutere, figuriamoci all’epoca. La spaccatura culturale che segna il declino di un mondo ripiegato su sé stesso, è comunque tracciata, è solo questione di tempo. Da dire che , benchè il film si guardi volentieri, dal mio punto di vista trovo che la storia rimane imbrigliata in certi schemi un po' soffocanti, l’ambientazione nella cittadina costiera inglese è suggestiva, paesaggi spettinati dal vento e onde che si kinfrangono sugli scogli hanno sempre un certo fascino, ma un po' troppo “Wutheringh Heights” opera di una delle orribili sorelle Bronte ( Mr Brundish), per cui si può dire che certi clichè non aiutano a dare l’immagine rivoluzionaria che invece si vorrebbe. E’ un buon film, però , tanto per citare una frase di Carlos Ruiz Zafon che di racconti sulle librerie ne ha scritti diversi, possiamo dire che non si ha l’effetto di entrarci, aspirare quel profumo di carta e magia che inspiegabilmente a nessuno era ancora venuto in mente di imbottigliare.
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lucio di loreto
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giovedì 20 giugno 2019
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semplice, toccante ed incisivo
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Florence Green torna nel luogo d’origine cercando di riassestare la propria vita e ricominciare da capo, dopo la perdita del marito. Grande appassionata di lettura decide di utilizzare la sua vecchia abitazione – un edificio storico – per aprire una libreria, scoprendo amaramente che le sue ambizioni saranno osteggiate dalla ricca del villaggio, una perfetta e mai così graziosamente perfida Patricia Clarkson, che sfrutterà la sua enorme influenza per porre fine alle velleità della rivale. Il periodo è fine anni cinquanta e la location si svolge in un piccolo paesino d’Inghilterra.
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Florence Green torna nel luogo d’origine cercando di riassestare la propria vita e ricominciare da capo, dopo la perdita del marito. Grande appassionata di lettura decide di utilizzare la sua vecchia abitazione – un edificio storico – per aprire una libreria, scoprendo amaramente che le sue ambizioni saranno osteggiate dalla ricca del villaggio, una perfetta e mai così graziosamente perfida Patricia Clarkson, che sfrutterà la sua enorme influenza per porre fine alle velleità della rivale. Il periodo è fine anni cinquanta e la location si svolge in un piccolo paesino d’Inghilterra. La casa Dei Libri è tratto da una novella della scrittrice Penelope Fitzgerald e portata sul grande schermo alla perfezione da Isabel Coixet, che riesca anche a sceneggiare e narrare in modo intimistico tutte le sfaccettature, facendo trasparire sia i sogni che gli incubi di una comunità agli antipodi di quella attuale, dove il libro prendeva il posto di internet e costituiva un elemento culturale, di intrattenimento e anche paura. La Florence di Emily Mortimer combatte con grazia e gentilezza l’arroganza del potentato locale, che approfittando di un ambiente condizionato da padronanza e ambiguità, cerca di affondare il modernismo delle idee altrui. Grazie a dei dialoghi semplicistici, armonici ed eleganti, ogni personaggio emerge con profondità lasciando il segno in chi segue, che non può non fare il tifo per la solita maschera facciale di Bill Nighy e del suo imperscrutabile mister Brundish o per l’aiutante in libreria Christine (Honor Kneafsey), spettatrice sempre attenta a carpire pensieri e nozioni della sua mentore, fino ad arrivare a rubarne l’arte e ad a essere l’eroina inaspettata della storia. L’incetta di premi e nomination al Goya sta a rappresentare regia e sceneggiatura solide, coerenti e scorrevoli, le quali pongono in primo piano l’ambiguità e avidità dei forti che assecondati dalla massa prevaricano sui più deboli. La trama è ben organizzata e la Mortimer interpreta in modo dolce e gentile un personaggio che però trasuda coraggio, passione e determinazione. Il film non è un capolavoro del cinema ma per il fascino arcaico che fa trasparire riesce a non essere mai monotono.
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