Il senso della bellezza |
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Un film di Valerio Jalongo.
Con Fabiola Gianotti (II), John Ellis (II), Sergio Bertolucci, Luis Alvarez Gaumé.
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Titolo originale Il senso della bellezza - Arte e scienza al Cern.
Documentario,
Ratings: Kids+13,
durata 75 min.
- Svizzera, Italia 2017.
- Officine Ubu
uscita martedì 21 novembre 2017.
MYMONETRO
Il senso della bellezza ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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L’Occhio Poetico del Cinema
di ElenaPreviatoFeedback: 410 |
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mercoledì 29 novembre 2017 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il centro invisibile di questo poetico film/documentario è un Occhio, chiaramente simboleggiato in locandina dalla bellissima sezione frontale dell’LHC. Occhio che è dimensionamento dell’umano, unico percorribile limite/dischiusore di alterità fisica, di vettori di senso estetici, conoscitivi, etici. Occhio che è limite/dischiusore di alterità cinematografica, obiettivo di una telecamera che si rende quanto più possibile sottile e trasparente per scomparire privo di autocompiacimenti autoreferenziali nell’oggetto del de-siderio conoscitivo ed estetico. Occhio fedele alla purezza della vocazione al thaumazein, la meraviglia originaria ed essenziale che è in ogni uomo e che è tanto (inutilmente) bella e nobile quanto più irriducibile al funzionalismo e allo strumentalismo, destinata tristemente ad apparire in veste deforme di infantile ingenuità se tradotta/tradìta nel linguaggio dell’assolutismo funzionale.
Il coraggio di gettarsi nella visione “incantata” suggerita dal thaumazein, dal desiderio estetico di farsi limite invisibile per riempire la pellicola di realtà che appaghi tale tensione, è la cifra del film di Valerio Jalongo. Coraggio che esprime un alto valore simbolico e culturale del linguaggio cinematografico, capace di ergersi oltre la visione critica e la dialettica della narrazione a voler rincorrere il sommo desiderio umano che è anche il più intimo: la sintesi estetica ed epistemica di cui la bellezza è la cifra più volte nominata, rincorsa e disvelata dal Regista.
Il film riesce in questo nobile quanto semplice intento. È un film bello, a suo modo perfetto (o imperfetto, nella misura in cui – come il Regista abilmente suggerisce – la bellezza si nutre di imperfezione per mantenersi viva) quanto più si allontana da una prospettiva esplicativa per abbandonarsi alla contemplazione come Occhio meravigliato e poeticamente affamato di (inutile) conoscenza.
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