Guardiani della Galassia Vol. 2

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Freak spaziali

di Filippo Brunamonti La Repubblica

È come Intrigo internazionale ma sotto asteroidi». Otto del mattino. Siamo sul set di Guardiani della Galassia Vol. 2 insieme al regista James Gunn che in mano ha un walkman vintage, cuffie arancioni, la foto del cane da appendere nella roulotte e settanta sketch dei suoi personaggi, disegnati e colorati a matita. Star-Lord, poliziotto interplanetario, Gamora, figlia di Thanos, Rocket Raccoon, il procione di Mezzomondo geneticamente modificato, e Drax il Distruttore. Sono loro i fantomatici freak della galassia. «La scena d'azione che stiamo per girare è una delle più complesse, un corpo a corpo tra donne, Gamora e la sorella adottiva Nebula», racconta Gunn, gavetta alla Troma Entertainment e un incasso di 773 milioni di dollari con il primo Guardians nato dalla fusione Marvel/Disney. Dopo cinque ore di trucco al giorno e parecchio sonno arretrato, Zoe Saldana si lancia nell'arena: tutina nero-blu, corpicino e labbra verdi, capelli fucsia. Nebula le spara addosso una raffica di colpi dal suo abitacolo spaziale. Nel giro di qualche minuto i Pinewood Studios somigliano a un deposito di elmi di latta, pianeti in fiamme e navicelle frisbee. «James cerca di tenere tutto sotto controllo», sorride Zoe, «ma ormai siamo diventati una famiglia e, si sa, le famiglie fanno un gran casino». In Italia il volume 2 sarà in sala dal 25 aprile e si presenta già carico di sorprese: tra i supercattivi, la new entry è Ayesha (Elizabeth Debicki) risultato di un esperimento del team Enclave che vorrebbe la galassia popolata di soli esseri perfetti, e una creatura tentacolare che tende agguati dal cielo. È poi tempo di conoscere Mantis, specialista di arti marziali, apparsa per la prima volta nelle strisce degli Avengers del giugno 1973, una delle cento donne fumetto più sexy al mondo, Baby Groot, mini-albero extraterrestre in piena adolescenza a cui presta la voce Vin Diesel, e il papà di Peter Quilll Star-Lord intepretato da Kurt Russell (Ego). «Quando mi hanno proposto la parte di Ego, il papà di Star Lord, e le voci hanno cominciato a rincorrersi in rete, il mio cellulare è andato in tilt: "Sarai il padre di Chris Pratt?, "Accetta!"... Non immaginavo che i "Guardiani" fossero così amati. A dirla tutta, non ero al corrente che Marvel avesse tutti quei soldi: che shock!», ride Kurt Russell. «Non sapevo neppure che Disney e Marvel ora fossero una cosa sola. Conosco la DC, ho indossato qualche costume da eroe, considero il Jack Burton di Grosso guaio a Chinatown un macho degno di Marvel. Sono grato per questo nuovo ruolo, rimarrà scolpito nella memoria». Che gli universi del fumetto si stiano incrociando non è solo un fatto - i Guardiani della Galassia hanno appena terminato le loro scene in Avengers: Infinity War, il film più costoso di tutti i tempi con un budget di circa 1 miliardo di dollari - ma un trend che farà la fortuna degli studios: accanto a Guardiani della Galassia: Vol. 2 ci sono Tom Holland e Michael Keaton in Spider-Man: Homecoming. I Pinewood Atlanta Studios godono persino di un proprio Home Depot, un magazzino per tutte le produzioni da qui al 2020. Il corridoio che conduce al set principale (sei in totale) è invaso da disegni di Gunn, schizzi, idee improvvisate, scale di colori. La battaglia a cui assistiamo - quella tra le sorelle Gamora e Nebula - Gunn giura di averla disegnata mesi prima di scriverla. «Sono arrivato da Marvel con un trattamento di settanta pagine», spiega. «Non era un comune fascicolo ma un fagotto di protesi, ritagli, appunti, nastri con canzoni sconosciute». C'è anche Sylvester Stallone che ha una parte chiave e top secret: «Posso solo dire che il rapporto tra Yondu Udonta (Michael Rooker), il guerriero blu che può controllare la direzione delle frecce con il suono, e Stallone, è un rapporto padre figlio. Uno tiene testa all'altro», dice Gunn. Prima di tornare a schivare bombe, Zoe Saldana manda un bacio al marito italiano, l'artista Marco Perego, e ai figli. In tasca nasconde una copia di Flash Gordon, qualche immagine tratta dai film di Wong Kar-wai e scatti di Cuba. Sono gli indizi che Gunn dissemina tra gli attori. Stesso ruolo per le canzoni: Come a little bit doser di Jay and the Americans e The Chain di Fleetwood Mac, e altre duecento tracce degli anni Sessanta/Settanta accompagnano il cast per tutta la lavorazione. «È una festa», sghignazza Pratt. «Invitiamo solo pazzi svitati, però».
Da La Repubblica, 14 marzo 2017


di Filippo Brunamonti, 14 marzo 2017

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