samanta
|
giovedì 19 aprile 2018
|
per fortuna l'fbi è la migliore polizia del mondo
|
|
|
|
Il film narra la storia di "gola profonda", cioé la spia che passò ai giornalisti del The Washington Post i documenti sullo scandalo del Watergate, che alla fine portò alle dimissioni del Presidente Nixon. Chi trasmise i documenti era Mark Felt (Liam Neeson) come alla fine lo stesso ammise, all'epoca vice direttore del F.B.I: cioè il numero 2. Quando era iniziato lo scandalo morì John Edgar Hoover il mitico fondatore che fondò la polizia federale e la diresse per 48 anni con pugno di ferro e senza scrupoli (un parziale ritratto lo ha fatto Clint Eastwood con Hoover interpretato da Di Caprio). Diciamolo subito il film e lento è noioso e non è salvato dall'eccellente recitazione dell'ottimo Neeson che interpreta Felt un personaggio assai controverso e ambiguo.
[+]
Il film narra la storia di "gola profonda", cioé la spia che passò ai giornalisti del The Washington Post i documenti sullo scandalo del Watergate, che alla fine portò alle dimissioni del Presidente Nixon. Chi trasmise i documenti era Mark Felt (Liam Neeson) come alla fine lo stesso ammise, all'epoca vice direttore del F.B.I: cioè il numero 2. Quando era iniziato lo scandalo morì John Edgar Hoover il mitico fondatore che fondò la polizia federale e la diresse per 48 anni con pugno di ferro e senza scrupoli (un parziale ritratto lo ha fatto Clint Eastwood con Hoover interpretato da Di Caprio). Diciamolo subito il film e lento è noioso e non è salvato dall'eccellente recitazione dell'ottimo Neeson che interpreta Felt un personaggio assai controverso e ambiguo. Oltre tutto viene più che inserita, "appiccicata" la vicenda personale della figlia di Felt fuggita di casa per andare in una comunità Hippy, la storia così come è congegnata non si fonde bene con il resto del film e appare del tutto superflua, insomma non ha la tensione e il ritmo di "Tutti gli uomini del Presidente". La regia e la scenggiatura è di Peter Landesman scrittore al suo terzo film che ha diretto senza nerbo. Per quanto riguarda la vicenda del Watergate traspare che Felt non era uno stinco di santo, la fuga di notizie appare una vendetta perché non era stato scelto al posto di Hoover di cui era il numero 2, emerge dal film (e dalla storia ) che da anni passava notizie riservate ai giornali (pseudonimo My Friend). Si comporta proprio come all'opposto si dovrebbe comportare un funzionario pubblico, invece di passare le notizie di nascosto ai giornali (ne sappiamo qualche cosa noi in Italia) perché questi facciano lo "scoop" clamoroso, doveva informare con lettere protocollate quelli che erano i suoi superiori: Il Direttore del F.B.I. , l'Attorney general, il Presidente e la competente Commissione del Congresso, altrimenti si comporta da fedifrago.La sua difesa del F.B.I. è assai strana, va tutto bene quando le porcherie per ricattare i politici le faceva anche lui perché comandava Hoover, però nel momento che non fa più carriera il F.B.I. diventa il paladino delle istituzioni democratiche. Ma non è accettabile che uno stato civile abbia come paladino la polizia che deve essere solo uno strumento per colpire chi viola la legge. Insomma Mark Felton non è certo un Ambrosoli: il film lo presenta come una figura contorta che non si riesce a decifrare e a dargli una connotazione precisa.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a samanta »
[ - ] lascia un commento a samanta »
|
|
d'accordo? |
|
michelecamero
|
venerdì 13 aprile 2018
|
l' fbi è veramente più importante di tutto?
|
|
|
|
Mark Felt è stato il numero 2 dell’FBI, il vice del monumentale Hoover direttore della stessa ininterrottamente per 48 anni. Hoover muore improvvisamente a poco più di 200 giorni dalle elezioni presidenziali che vedranno la rielezione di Nixon. Non verrà premiato con quella successione che appariva scontata ai più, venendogli preferito un esterno. Felt tuttavia, uomo rigoroso e determinato, ha il mito dell’FBI argine della libertà, della democrazia, dell’unità e dell’uguahlianaza negli USA, agenzia indipendente persino rispetto al Presidente. Scoppia il caso Watergate per il quale le responsabilità e le complicità di Nixon si fanno ogni giorno più evidenti, ma dalla Casa Bianca si vuole mettere il bavaglio alle indagini federali.
[+]
Mark Felt è stato il numero 2 dell’FBI, il vice del monumentale Hoover direttore della stessa ininterrottamente per 48 anni. Hoover muore improvvisamente a poco più di 200 giorni dalle elezioni presidenziali che vedranno la rielezione di Nixon. Non verrà premiato con quella successione che appariva scontata ai più, venendogli preferito un esterno. Felt tuttavia, uomo rigoroso e determinato, ha il mito dell’FBI argine della libertà, della democrazia, dell’unità e dell’uguahlianaza negli USA, agenzia indipendente persino rispetto al Presidente. Scoppia il caso Watergate per il quale le responsabilità e le complicità di Nixon si fanno ogni giorno più evidenti, ma dalla Casa Bianca si vuole mettere il bavaglio alle indagini federali. Felt inflessibile custode della fedeltà incondizionata alla FBI, intesa come fedeltà a quei valori cui accennavo prima, intuisce che è in atto una pericolosa inversione di tendenza alle tradizionali vie democratiche con una invasione della politica non per tutelare l’interesse o la segretezza nazionale, ma per il proprio interesse personale. Reagisce come mai avrebbe pensato lui stesso e diventa la famosa “GOLA PROFONDA” del caso Watergate, segreto che svelerà finalmente solo nel 2005. Quando si commenta questo genere di film d’oltre Oceano, c’è il rischio di ripetersi per come gli americani sanno farli bene, liberandosi dal falso pudore di non mettere in piazza le proprie debolezze. Quest’anno l’avevano già fatto con The Post, altro film in fondo collegato a questo e prima ancora col più famoso Tutti gli uomini del Presidente. E’ evidente come la Holliwood democratica, ma soprattutto anti Tramp, lanci, attraverso queste pellicole, messaggi di non condivisione all’attuale Presidenza degli Stati Uniti, sembrando quasi di voler mettere in guardia tutti, sia gli americani, sia il Presidente stesso. Tornando alla pellicola che si avvale di un ottimo Liam Neeson nei panni dell’ integerrimo Felt, appare con una impostazione più teatrale che cinematografica, ricca come è di interni, dialoghi e con pochi esterni e azioni controllate senza che tuttavia risulti noiosa, anzi, si fa seguire con crescente interesse. Accanto al ruolo pubblico c’è poi una parte dedicata al dramma familiare di Felt che non ha più notizie della figlia amatissima finalmente rintracciata in una comune ( negli USA è anche il momento del Vietnam e delle contestazioni interne portate avanti con marce, proteste, attentati) dove va a riprenderla trovandovi un nipotino cui si lega immediatamente. Il film è da vedere, resta però il dubbio: a chi la propria fedeltà? Allo Stato persona? Allo Stato apparato? Allo Stato comunità? Alla missione del proprio lavoro? A se stessi? Proviamo a rispondere, io però, mi sfilo.
michelecamero
[-]
|
|
[+] lascia un commento a michelecamero »
[ - ] lascia un commento a michelecamero »
|
|
d'accordo? |
|
belliteam
|
sabato 11 aprile 2020
|
il watergate di landesman
|
|
|
|
Liam Neeson e' Felt (titolo originale, poi modificato non si sa' bene perche in the silent man) il protagonista di questa grande pellicola che ci porta nel watergate, una delle storie piu' controverse della politica americana, con Nixon presidente.
Peter Landesman si trova perfettamente a suo agio a dirigere film di spionaggio, inchieste, avendo diversi film gia' alle spalle con queste tematiche, ma The Silent Man ne e' il miglior esempio. Un gran film con frasi che rimangono impresse: "nessuno puo' fermare la forza di un'inchiesta dell'FBI, nemmeno la stessa FBI", "la casa bianca non ha alcuna autorita' sull'FBI e non ha nulla da suggerire" quest'ultima detta in una telefonata con il procuratore statunitense della white house.
[+]
Liam Neeson e' Felt (titolo originale, poi modificato non si sa' bene perche in the silent man) il protagonista di questa grande pellicola che ci porta nel watergate, una delle storie piu' controverse della politica americana, con Nixon presidente.
Peter Landesman si trova perfettamente a suo agio a dirigere film di spionaggio, inchieste, avendo diversi film gia' alle spalle con queste tematiche, ma The Silent Man ne e' il miglior esempio. Un gran film con frasi che rimangono impresse: "nessuno puo' fermare la forza di un'inchiesta dell'FBI, nemmeno la stessa FBI", "la casa bianca non ha alcuna autorita' sull'FBI e non ha nulla da suggerire" quest'ultima detta in una telefonata con il procuratore statunitense della white house. Al regista interessa mettere in primo piano la figura di Felt e i rapporti tra CIA FBI e casa bianca, vero centro nevralgico del film che consiglio a chi appassionato e incuriosito a capirne di piu' su queste vicende storiche
[-]
|
|
[+] lascia un commento a belliteam »
[ - ] lascia un commento a belliteam »
|
|
d'accordo? |
|
felicity
|
giovedì 29 dicembre 2022
|
scrittura degna di una fiction italiana
|
|
|
|
The Silent Man è un film per le scuole, categoria odiosa che antepone il messaggio al cinema, cioè il contenuto alla forma. Un film che pretende di insegnare ma non sa far bene nemmeno quello tanto è farraginoso, e che ha deposto le armi quando si parla di intrattenere.
Anche la parte sentimentale, quella in cui dovremmo capire come si debba essere sentito Mark Felt, quando gli sia pesato fare quello che ha fatto e quanto tutto ciò sì sia riverberato nella sua vita privata, è così risibile da far effettivamente sorridere per ingenuità.
In The Post, Steven Spielberg ha raccontato di sentimenti e difficoltà tutto sommato simili, benché appartenenti ad una diversa storia.
[+]
The Silent Man è un film per le scuole, categoria odiosa che antepone il messaggio al cinema, cioè il contenuto alla forma. Un film che pretende di insegnare ma non sa far bene nemmeno quello tanto è farraginoso, e che ha deposto le armi quando si parla di intrattenere.
Anche la parte sentimentale, quella in cui dovremmo capire come si debba essere sentito Mark Felt, quando gli sia pesato fare quello che ha fatto e quanto tutto ciò sì sia riverberato nella sua vita privata, è così risibile da far effettivamente sorridere per ingenuità.
In The Post, Steven Spielberg ha raccontato di sentimenti e difficoltà tutto sommato simili, benché appartenenti ad una diversa storia. Lì c’era un incrocio di fatti e difficoltà umane dietro storia diventata cronaca che trovavano finalmente voce con il film.
Qui invece la storia, che si comprende a fatica, è ridicolizzata da una scrittura degna di una fiction italiana.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a felicity »
[ - ] lascia un commento a felicity »
|
|
d'accordo? |
|
carloalberto
|
giovedì 19 aprile 2018
|
il potere è grigio
|
|
|
|
Peter Landesman, scrittore e giornalista investigativo americano, si confronta nuovamente con il tema del potere nel suo Paese, dopo i primi due film-inchiesta, Zona d'ombra del 2015 e Parkland, con il quale ha esordito alla regia nel 2013, per esplorare da una prospettiva diversa l’affare Watergate, già portato sugli schermi a quattro anni dai fatti, da Alan Pakula, con Tutti gli uomini del Presidente, nel lontano 1976. Il punto di vista è quello di un alto funzionario dell’FBI, Mark Felt, divenuto l’informatore dei giornalisti che fecero scoppiare lo scandalo, costringendo Nixon alle dimissioni, per difendere l'autonomia dell'FBI dalle ingerenze presidenziali.
[+]
Peter Landesman, scrittore e giornalista investigativo americano, si confronta nuovamente con il tema del potere nel suo Paese, dopo i primi due film-inchiesta, Zona d'ombra del 2015 e Parkland, con il quale ha esordito alla regia nel 2013, per esplorare da una prospettiva diversa l’affare Watergate, già portato sugli schermi a quattro anni dai fatti, da Alan Pakula, con Tutti gli uomini del Presidente, nel lontano 1976. Il punto di vista è quello di un alto funzionario dell’FBI, Mark Felt, divenuto l’informatore dei giornalisti che fecero scoppiare lo scandalo, costringendo Nixon alle dimissioni, per difendere l'autonomia dell'FBI dalle ingerenze presidenziali. Il film si ricollega, almeno cronologicamente, al recente bellissimo The Post nelle cui scene finali s’inquadra l’edificio del Watergate hotel. Gli esterni girati di notte o in giornate plumbee e l’utilizzo costante di colori dai toni smorti per i costumi e perfino per la tappezzeria e gli arredi degli uffici contribuiscono a rendere le atmosfere cupe, con il grigio che predomina su tutto, trasmettendo un senso di claustrofobica monotonia che rispecchia lo stato d’animo di Mark Felt, interpretato da un Liam Neeson in un ruolo insolito, più introspettivo e drammatico, rispetto ai personaggi d’azione cui ci aveva abituato negli ultimi film, ma non estraneo alle capacità attoriali del protagonista di Schindler's List. Il film, forse per la sua natura fondamentalmente documentaristica, non riesce a coinvolgere emotivamente, rimanendone, tuttavia, la visione interessante per una conoscenza, seppur superficiale, delle lotte interne all’establishment americano degli anni settanta del secolo scorso.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a carloalberto »
[ - ] lascia un commento a carloalberto »
|
|
d'accordo? |
|
l''imbecille
|
domenica 30 settembre 2018
|
piatto come non mai
|
|
|
|
Decisamente un film pessimo, piatto come non mai, senza nessuna "sporgenza" che possa attirare l'attenzione dello spettatore. Un'ora e mezza di soli dialoghi, sempre gli stessi e nessuno di questi degno di rilievo. Anonimo, persino nei costumi e nella fotografia. Quel povero Liam che durante tutto il film va in giro sempre con un banale vestito nero con sempre la stessa cravatta. Così anche la fotografia. E che dire della scenografia? Ancora peggio: sempre dentro uno pseudo ufficio o dentro un'anonima auto, il tutto terribilmente ripetitivo e privo di un minimo richiamo. Forse se ne sono accorti anche gli artefici quando, all'ultimo minuto ci hanno aggiunto le scene dell'incontro di Liam e la moglie con la figlia in uno altrettanto anonimo prato sperduto di una non meglio identificata campagna.
[+]
Decisamente un film pessimo, piatto come non mai, senza nessuna "sporgenza" che possa attirare l'attenzione dello spettatore. Un'ora e mezza di soli dialoghi, sempre gli stessi e nessuno di questi degno di rilievo. Anonimo, persino nei costumi e nella fotografia. Quel povero Liam che durante tutto il film va in giro sempre con un banale vestito nero con sempre la stessa cravatta. Così anche la fotografia. E che dire della scenografia? Ancora peggio: sempre dentro uno pseudo ufficio o dentro un'anonima auto, il tutto terribilmente ripetitivo e privo di un minimo richiamo. Forse se ne sono accorti anche gli artefici quando, all'ultimo minuto ci hanno aggiunto le scene dell'incontro di Liam e la moglie con la figlia in uno altrettanto anonimo prato sperduto di una non meglio identificata campagna. A che pro?? Forse solo per dare un po' di colore ad un film tombale, senza nessun colore in tutti i sensi. Da 1 a 5 io gli darei sotto zero.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a l''imbecille »
[ - ] lascia un commento a l''imbecille »
|
|
d'accordo? |
|
|