ruger357mgm
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domenica 8 ottobre 2017
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napoli, oro e diamanti
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Raramente succede di poter incontrare in un film tante, belle, citazioni, contaminazioni, suggestioni. In primo luogo la forma: un mix non scontato di musical,sceneggiata e action movie col sigillo inconfondibile del Manetti. Morelli non più Coliandro e non ancora Ciro l'immortale di Gomorra, Serena Rossi, una Jennifer Beals più formosa e mediterranea, con la zazzera alla Aretha prima maniera e la voce che viaggia da sola, anche senza Jake ed Elwood a fare il controcanto, Raiz, uomo d'onore, carogna quanto basta e faccia da galera vera,senza trucco e senza inganno, come il suo perfetto vernacolo,Buccirosso: un Peppino in minore, ma con che classe, la Gerini che dopo molti personaggi riduttivi torna a oscurare la Jessica che lo faceva strano con una donna Maria a metà tra Donna Imma Savastano e la pescivendola Donna Sofia 'a smargiassa, non Circe ma Circissima.
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Raramente succede di poter incontrare in un film tante, belle, citazioni, contaminazioni, suggestioni. In primo luogo la forma: un mix non scontato di musical,sceneggiata e action movie col sigillo inconfondibile del Manetti. Morelli non più Coliandro e non ancora Ciro l'immortale di Gomorra, Serena Rossi, una Jennifer Beals più formosa e mediterranea, con la zazzera alla Aretha prima maniera e la voce che viaggia da sola, anche senza Jake ed Elwood a fare il controcanto, Raiz, uomo d'onore, carogna quanto basta e faccia da galera vera,senza trucco e senza inganno, come il suo perfetto vernacolo,Buccirosso: un Peppino in minore, ma con che classe, la Gerini che dopo molti personaggi riduttivi torna a oscurare la Jessica che lo faceva strano con una donna Maria a metà tra Donna Imma Savastano e la pescivendola Donna Sofia 'a smargiassa, non Circe ma Circissima.In poche parole un inno alla Napoli, anche brutta, con l'impagabile quadro sui turisti di Scampia, ed alla sua voglia di lieto fine. Suggerimenti astuti quelli dei Manetti, che passano dalle scenggiate italo americane di Mario Merola, all'Operazione San Gennaro. La pozione polisucco che i due cineasti romani mettono nel paiolo ( quello di Amelia of course) ci porta dalle parti dei poliziotteschi anni 70, mixati con i musicarelli del decennio precedente e con i film di Nino d'Angelo, con un pizzico di ironia arboriana ( non avrebbe stonato neanche o' coro d'o film del Pap'occhio), ma senza debordare, lasciando che gli ingredienti, sorretti da una sceneggiatura scaltra, si amalgamino tra loro indirizzando solo il, pregevole, lavoro della scenografia e delle luci. Un prodotto originale, che non è affatto obbligatorio stroncare e che ci rende noto che, pistolotti psicanalitici e disperazioni degeneranti in regressione a parte ( cioè quelle cifre che caratterizzano certo cinema italiano"impegnato" visto a Venezia che fa contenti i critici ma non fa una lira al box office), la via maestra del cinema italiano è quella della commedia, anche con spunti amari, quale la riflessione finale, mentre i protagonisti fuggono dalla città, sul fatto che il mondo per quanto bello "non è Napoli" e che, con maschere convincenti e capaci, come quelle messe in campo dai Manetti , i quali giustamente si concedono un cameo nella tranche newyorkese, il riscatto, della cinematografia nazionale come dei protagonisti, è a portata di mano.P.S.: come sempre colonna sonora superba.Eccellente.
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ninopellino
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domenica 8 ottobre 2017
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musical sulla malavita napoletana
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La più grande virtù che si deve attribuire ai fratelli Manetti è la loro straordinaria originalità e incisività che ancora una volta riesconosono a regalarci grazie alla loro nuova opera cinematografica intitolata "Ammore e malavita". Dopo l'interessantissimo e riuscito film "Song' e Napule", i Manetti proseguono il loro percorso narrativo, descrivendoci la drammatica realtà della malavita napoletana con il loro inconfondibile stile (ormai il loro genere è da ritenersi perfettamente collaudato) che unisce un aspetto squisitamente umoristico e comico nella recitazione a situazioni che ci evidenziano la realtà drammatica della camorra.
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La più grande virtù che si deve attribuire ai fratelli Manetti è la loro straordinaria originalità e incisività che ancora una volta riesconosono a regalarci grazie alla loro nuova opera cinematografica intitolata "Ammore e malavita". Dopo l'interessantissimo e riuscito film "Song' e Napule", i Manetti proseguono il loro percorso narrativo, descrivendoci la drammatica realtà della malavita napoletana con il loro inconfondibile stile (ormai il loro genere è da ritenersi perfettamente collaudato) che unisce un aspetto squisitamente umoristico e comico nella recitazione a situazioni che ci evidenziano la realtà drammatica della camorra. Rispetto alla precedente pellicola, i registi implementano in misura ancora maggiore l'aspetto della colonna sonora, a tal punto da ritenere questo film un vero musical. Le canzoni interpretate dai personaggi della storia accompagnano spesso situazioni legate ad un mondo criminale, nel quale si erge il principio della fedeltà alla "famiglia" e chi trasgredisce tale codice di condotta, inevitabilmente ne subirà le conseguenze. Difatti questo film si caratterizza anche e soprattutto da scene di violenza e di omicidi, dove a farne le spese sono solo i "pesci piccoli", mentre i capi se ne stanno comodamente al sicuro a dare ordini. Tutto di questo film brilla di opera riuscita. Innanzitutto l'ottima recitazione di tutti gli attori, dall'esperienza veterana dei vari Carlo Buccirosso e Claudia Gerini alle nuove leve come Giampaolo Morelli e Serena Rossi, per non parlare delle riuscite incursioni nel mondo artistico dell'intepretazione di cantanti campani come Raiz e Franco Ricciardi che riescono ad imprimere ai loro ripettivi personaggi la giusta dose di cattiveria e crudeltà. La trama, poi, è esaustiva e convincente ed è tutta da seguire, dall'inizio alla fine, trasmettendo allo spettatore sensazioni spesso contrastanti tra loro, dalla risata all'amarezza di vedere situazioni correlate ad una piaga sociale che purtroppo molto difficile potrà essere estirpata del tutto. Infine il consiglio che do è quello di vedere questa pellicola almeno 2 volte per poter capire appieno il senso dei dialoghi (e non solo perchè si recita in dialetto) e del messaggio dei testi delle canzoni. E' il caso ad esempio della spassosa scena iniziale che ci mostra il funerale di un boss e della divertentissima canzone che ci recita Carlo Buccirosso, presunto boss morto all'interno della bara che viene trasportata per strada dai suoi scagnozzi. Per me il film merita come minimo qualche premio alla prossima rassegna dei David di Donatello. Forse miglior film italiano? Lo spero.
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robertalamonica
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domenica 15 ottobre 2017
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l'ammore 'o vero
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Perché andare a vedere 'Ammore e Malavita'?
Perché è un musical italiano.
Perché ha una sceneggiatura coerente
Perché è girato bene
Perché è esagerato
Perché la Donna Maria della Gerini ci fa dimenticare la Jessica di Verdone
Perché luci e ombre, gioia e dolore, amore e morte sono la cifra del film
Perché Serena Rossi che canta 'What a feelin' è imperdibile
Perché la saturazione dei colori riempie di energia positiva
Perché è una dichiarazione a Napoli
Perché è pieno di rimandi cinematografici e artistici significativi.
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Perché andare a vedere 'Ammore e Malavita'?
Perché è un musical italiano.
Perché ha una sceneggiatura coerente
Perché è girato bene
Perché è esagerato
Perché la Donna Maria della Gerini ci fa dimenticare la Jessica di Verdone
Perché luci e ombre, gioia e dolore, amore e morte sono la cifra del film
Perché Serena Rossi che canta 'What a feelin' è imperdibile
Perché la saturazione dei colori riempie di energia positiva
Perché è una dichiarazione a Napoli
Perché è pieno di rimandi cinematografici e artistici significativi.
E soprattutto perché... la gita dei turisti americani a Scampia vale il prezzo del biglietto.
Due ore di tempo ben spese.
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carloalberto
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martedì 10 ottobre 2017
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sprazzi di genialità in un mare di noia.
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La parte musicale è innovativa e piacevolmente sorprendente, come la riscrittura con testo napoletano della colonna sonora di Flashdance e relativo balletto dei degenti in ospedale, il tour degli americani nella zona di Scampia e la scena iniziale, geniale, del morto che canta dalla bara, interpretato da un fantastico Buccirosso, che avrebbe, a dire il vero, meritato qualche battuta in più. Purtroppo la genialità termina dove iniziano le banalità dei dialoghi, costruiti con un linguaggio televisivo, e le noiose sequenze da soap opera. Rimane la sensazione che è stata sprecata un’occasione unica nel suo genere per fare un film, non soltanto insolito e a tratti provocatorio, ma che riscattasse la Napoli di serie B, quella della musica popolare neo melodica e della cartolina con il golfo azzurro e i contrabbandieri “buoni”.
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vanessa zarastro
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giovedì 19 ottobre 2017
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ammore e napule
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Una mia amica - spesso partner di cinema - che ha visto Ammore e malavita prima di me, mi aveva detto che all’uscita tutti discutevano su quanti minuti si sarebbe potuto tagliare e molti sostenevano persino una ventina di minuti. In effetti, un’accelerata sulla vendetta di Ciro e sui vari balletti del finale, avrebbero sicuramento giovato.
Per il resto il film è notevole, divertente, ben recitato (Claudia Gerini è fantastica in Donna Maria) e ben cantato (non proprio tutti però hanno una bella voce) specialmente dalla splendida Serena Rossi nella parte di Fatima, vecchia fidanzatina di Ciro adolescente a Torre Annunziata.
La storia è la messa in scena della morte (finta) del boss malavitoso Don Vincenzo Strozzalone (Carlo Buccirosso) detto “il re del pesce”, e di tutta una serie di equivoci che finiscono poi per scatenare una guerra interna tra “chi ha tradito chi”, con i soliti stereotipi dei gangsters fedelissimi che danno la parola (Rosario interpretato da Raiz), o di quelli che se ne fregano, o ancora di quelli che ingannano.
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Una mia amica - spesso partner di cinema - che ha visto Ammore e malavita prima di me, mi aveva detto che all’uscita tutti discutevano su quanti minuti si sarebbe potuto tagliare e molti sostenevano persino una ventina di minuti. In effetti, un’accelerata sulla vendetta di Ciro e sui vari balletti del finale, avrebbero sicuramento giovato.
Per il resto il film è notevole, divertente, ben recitato (Claudia Gerini è fantastica in Donna Maria) e ben cantato (non proprio tutti però hanno una bella voce) specialmente dalla splendida Serena Rossi nella parte di Fatima, vecchia fidanzatina di Ciro adolescente a Torre Annunziata.
La storia è la messa in scena della morte (finta) del boss malavitoso Don Vincenzo Strozzalone (Carlo Buccirosso) detto “il re del pesce”, e di tutta una serie di equivoci che finiscono poi per scatenare una guerra interna tra “chi ha tradito chi”, con i soliti stereotipi dei gangsters fedelissimi che danno la parola (Rosario interpretato da Raiz), o di quelli che se ne fregano, o ancora di quelli che ingannano. Nonostante ciò, o forse proprio per questo, Ammore e malavita fa ridere. Lo stereotipo dà il vantaggio di conoscere già in anticipo cosa possa succedere e si è in attesa fino a quando ciò avviene e diventa divertente. Alcune trovate nuove sono geniali, come ad esempio Donna Maria che passa tutto il tempo a vedere film in DVD, infatti li sa a memoria, ha sempre una serie di idee ispirate da questi e conosce la realtà filtrata dal cinema. Anche alcune battute - come quella di Ciro (Giampaolo Morelli) che afferma: «…è comm’a pummarola n’goppa ai spaghetti a vongole: non vale un cazzo» - sono destinate a essere prese in prestito in molti casi.
Ciò che mi piace di questo film è il suo coraggioso eclettismo in senso positivo, cioè di “tendenza a ispirarsi a diverse fonti culturali operando una scelta degli elementi ritenuti migliori”, come recita lo Zanichelli.
I Manetti Bros., con il loro musical/sceneggiata napoletana, fanno un omaggio alle donne che sono più geniali e più furbe dei loro uomini anche se sono boss camorristi. Ma il vero omaggio de fratelli i registi è a Napoli la città amata nel bene e nel male. Nel film le vele di Scampia sono oggetto di visite turistiche (un simpatico business), e poi mostrano Pozzuoli, Posillipo e lo storico rione Sanità dove nacque Antonio de Curtis, in arte Totò, il principe nobile nel cuore e nell’anima. Il rione è stato anche immortalato da Eduardo De Filippo che vi ha ambientato la commedia Il Sindaco del Rione Sanità, dove lui stesso impersona il boss del quartiere che muore per difendere la verità. Inoltre è sempre lì che Vittorio de Sica ha girato sia L’Oro di Napoli del 1954, sia uno degli episodi di Ieri oggi e domani del 1963. A proposito della scelta del genere così scrive Lorenzo Rossi in cineforum.it: «I brani musicali esplorano generi e stili differenti, sono funzionali alla trama e anzi, raggiungono la perfezione proprio quando si sostituiscono all’azione. Raccontando non solo gli stati d’animo e i sentimenti dei personaggi, ma anche i risvolti narrativi».
Presentato quest’anno alla Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia, Ammore e malavita ha ottenuto il premio Pasinetti per il miglior film e miglior cast e una menzione speciale al Premio Soundtrack Stars per le musiche di Pivio e Aldo De Scalzi, bravissimi nel mescolare la musica tradizionale napoletana con il R&B e il pop-rock.
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fabio
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giovedì 28 gennaio 2021
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gomorra, pulcinella e...
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Nonostante i limiti e le imperfezioni, o forse proprio grazie a loro, ecco apparire nel panorama troppo spesso convenzionale del cinema italiano quest'opera nuova.
Verace e diretta, si appropria sfacciatamente di tutto ciò che le serve.
La musica innanzitutto; dal riadattamento di un brano cult ("What a Feelin", usato in una delle scene più iconiche del film), a Pino Daniele, passando per i neomelodici e l'elettronica fusion; tante canzoni che permettono di esprimere tutta la gamma dei sentimenti umani in modo ineguagliabile.
Le immagini e i dialoghi al confronto risultano meno potenti ed il film a tratti risulta un po' lento; tuttavia il gruppo di attori da veramente tutto ed il risultato li premia.
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Nonostante i limiti e le imperfezioni, o forse proprio grazie a loro, ecco apparire nel panorama troppo spesso convenzionale del cinema italiano quest'opera nuova.
Verace e diretta, si appropria sfacciatamente di tutto ciò che le serve.
La musica innanzitutto; dal riadattamento di un brano cult ("What a Feelin", usato in una delle scene più iconiche del film), a Pino Daniele, passando per i neomelodici e l'elettronica fusion; tante canzoni che permettono di esprimere tutta la gamma dei sentimenti umani in modo ineguagliabile.
Le immagini e i dialoghi al confronto risultano meno potenti ed il film a tratti risulta un po' lento; tuttavia il gruppo di attori da veramente tutto ed il risultato li premia. Bravi tutti.
Con ironia ed un pizzico di genialità "Ammore e malavita" rompe la monotonia di una storia, Gomorra & c., raccontata mille volte per dichiarare ancora il suo amore per Napoli; e Napoli è la sua gente.
Tuttavia, a differenza di "Gomorra" non credo di trovarmi davanti ad un nuovo filone.
Questo film è un'eccezione: la realtà è ben altra.
Una città da sempre in crisi sociale ed economica ha poco da ridere e tanto da riflettere.
Ma non si può caricare troppo peso sulle spalle di chi ha inteso fare un film diverso.
Va bene così.
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carloalberto
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martedì 10 ottobre 2017
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sprazzi di genialità in un mare di noia.
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La parte musicale è innovativa e piacevolmente sorprendente, come la riscrittura con testo napoletano della colonna sonora di Flashdance e relativo balletto dei degenti in ospedale, il tour degli americani nella zona di Scampia e la scena iniziale, geniale, del morto che canta dalla bara, interpretato da un fantastico Buccirosso, che avrebbe, a dire il vero, meritato qualche battuta in più. Purtroppo la genialità termina dove iniziano le banalità dei dialoghi, costruiti con un linguaggio televisivo, e le noiose sequenze da soap opera. Rimane la sensazione che è stata sprecata un’occasione unica nel suo genere per fare un film, non soltanto insolito e a tratti provocatorio, ma che riscattasse la Napoli di serie B, quella della musica popolare neo melodica e della cartolina con il golfo azzurro e i contrabbandieri “buoni”.
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maramaldo
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domenica 15 ottobre 2017
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canta che ti passa, napoli.
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Magari fosse vero. Ben accetto, comuque, il tentativo dei Manetti di rendere meno fosco il quadro. Per un paio d'ore ci hanno fatto dimenticare che esiste un universo che ha ispirato la serie infinita delle "gomorreidi", senza che ne sortisse un effetto di rilievo sul piano della moralità pubblica e su quello della sensibilità individuale. Al punto da convincere i detentori del copyright a portare oltre oceano la loro lezione severa. Ammore e Malavita non restituisce il sorriso ad un'umanità un tempo orgogliosa della propria gioia di vivere. In compenso, ci consola con una trovata scacciapensieri e liberatoria espressa in bella e suggestiva musica.
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Magari fosse vero. Ben accetto, comuque, il tentativo dei Manetti di rendere meno fosco il quadro. Per un paio d'ore ci hanno fatto dimenticare che esiste un universo che ha ispirato la serie infinita delle "gomorreidi", senza che ne sortisse un effetto di rilievo sul piano della moralità pubblica e su quello della sensibilità individuale. Al punto da convincere i detentori del copyright a portare oltre oceano la loro lezione severa. Ammore e Malavita non restituisce il sorriso ad un'umanità un tempo orgogliosa della propria gioia di vivere. In compenso, ci consola con una trovata scacciapensieri e liberatoria espressa in bella e suggestiva musica. Ma non è un film con canzoni di cui c'è una vecchia scuola. Gli autori si cimentano in un poco battuto autentico musical seguendone le regole e ad un tempo scansando l'effetto parodia sicchè lo spettatore si lascia coinvolgere volentieri in qualcosa che ritiene - e lo è - uno scherzo.
Fin da principio. Ossia dal prologo riassuntivo fatto dentro la bara dal falso Strozzolone. La cosa ha funzionato al punto tale che non si vede l'ora che automatiche istoriate, mitragliette e kalashnikov tacciano, e si ascolti qualche motivo giocoso e distensivo.
Successo, dovuto anche ad un cast duttile e affiatato, bravo. Primeggia Claudia Gerini. Piace sempre per una dote che le attira simpatia divertita. Stavolta è "attrice". Dà vita ad un personaggio che non dimentichi. Il sarcasmo che vi è dentro è espresso con il gusto di un umorismo tipicamente femminile, squisito quanto raro. Nello stesso tempo costruisce e dirige la storia aggiungendovi messaggi o significati per chi ha voglia di trovarne. Donna Maria è Napoli, un luogo dell'anima in cui il vissuto si nutre di finzione, e crimini e miserie si prestano alla teatralità e alla fiction.
Napule è anche Fatima, Serena Rossi fattasi ricciutella. Mediterranea, appunto, solare. Sentimentale e spietata. Anema e core ma pure fegato e cervello. Sceneggiante astuta e sfrontata.
I degni comprimari, presi da una frequentata galleria di ritratti: delinquenti depressi, teppisti maldestri e sbruffoni, spettrali scugnizzi mai cresciuti. Si distingue Ciro. Qualcuno deve aver spiegato a Giampaolo Morelli che un buon attore non muove muscolo facciale. C'è riuscito. Terminator imperturbabile, maschera impassibile. Persino nel gioioso finale, quando sull'aereo, assieme ai colomboni scampati dal pericolo, tutti cantano ( e in cuor nostro anche noi in sala) lui, Ciro, accenna solo un acido ghignetto. Divertente lo stesso. San Gennaro protegga ( e preservi casti e incontaminati) i fratelli Manetti e tutti 'e guaglioni 'e malavita, compagnia cantando.
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feliciar
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lunedì 16 ottobre 2017
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ammore, risate, pallottole
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vede nel film il "" doppio"" ( Fatima/ Ciro) "" ammore"" e "" malavita"", il tema, forse, dev'essere la contaminazione7 la mescolanza.
Napoli è contaminazione: lo dice la sua storia, l'intreccio di dominazioni, le testimonianze greco-romane, barocche, neo-classiche, a volte, offese.
E, difatti, il film è specchio fedele della città.
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vede nel film il "" doppio"" ( Fatima/ Ciro) "" ammore"" e "" malavita"", il tema, forse, dev'essere la contaminazione7 la mescolanza.
Napoli è contaminazione: lo dice la sua storia, l'intreccio di dominazioni, le testimonianze greco-romane, barocche, neo-classiche, a volte, offese.
E, difatti, il film è specchio fedele della città.
E' vero: la commedia musicale l'hanno inventata gli americani ( come dimenticare "" Anna prendi il fucile""?) che hanno portato il musical a teatro, facendo la fortuna di Broadway ma, due romani ( innamorati di Napoli) l'hanno tradotta in salsa mediterranea, impastandola con la sceneggiata e, olé, il gioco è fatto.
Ma, questa è un'altra cosa: qui c'è il Mediterraneo, il musical partenopeo, la sceneggiata rielaborata, c'è la Bollywood nostrana, la musica neo- melodica, il sound partenopeo ( da Senese a Nelson) e due interpreti archetipi dell'amore ritrovato ( Fatima/Ciro).
E, allora, tutto (o, meglio, niente) quadra.
Perchè il film è un un continuo mescolare vicende: quartieri bellissimi e un golfo incantevole, infestato di contrabbandieri e camorristi; sylos industriali su cui si spara e si muore, anzichè lavorare e produrre; una lady camorra senza la brutta espressione delle donne di malavita ma, cinefila e appassionata del suo uomo, Don Vince'...., semplicemente, fantastico nella parte del finto morto e del paziente col sedere bucherellato dai proiettili.
Qui ci sono vicende che si aprono e si chiudono velocemente, con leggerezza, il dolore non è strazio o vergogna, è naturale: Ciro, orfano lacerato è, oggi, un Killer feroce, esperto in Kung fu e arti marziali ma, non fa paura. Quando si infila in un guaio, la sua bella, innamorata da sempre, come ogni napoletana che si rispetti, ad un certo punto, dice "" ora, si fa a modo mio"".
E, così, la storia cambia e non fa nulla se si è messa di mezzo la camorra di ultima generazione, che sta in America, ha dimenticato le armi ma, non i legami di sangue e, pure da New York, riprende la pistola. Perchè, a New York, studiano e fanno i master, anche, le figlie dei contrabbandieri napoletani, coi parenti camorristi.
Nella mescolanza, ci azzecca pure l'avvocato imbroglione, che parla solo latino con la bella lady camorra, passeggiando sotto lo splendido colonnato di Piazza del Plebiscito.
Verrebbe quasi da dire "" Miseria e Nobiltà"" ma, Napoli quest'è, un ordine/disordine dalle mille facce, che si scompone e si ricompone.
E, altro potemmo dire, perchè il paesaggio è fascinoso assai: dalla Baia di Trentaremi, agli scogli de "" Le Rocce Rosse"" , lido bellissimo, sulla collina di Posillipo; nè i personaggi son macchiette, perchè la sceneggiata è superata senza rimpianti e il prodotto è nuovo di zecca, una new entry della cinematografia.
E penserei tutto il bene possibile se ne venisse fuori un musical per il teatro, perchè la materia c'è e non resta che rielaborala.
Complimenti ai Manetti Brothers.
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feliciar
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lunedì 16 ottobre 2017
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risate e pallottole
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Se Napoli è contaminazione (testimonianze greco-romane, barocche, neo-classiche, a volte, offese) Ammore e malavita è specchio della città.
Se la commedia musicale l'hanno inventata gli americani ("" Anna prendi il fucile"") che l’ hanno portata a Broadway, due romani ( innamorati di Napoli) l'hanno tradotta in salsa mediterranea, impastandola con la sceneggiata e il gioco è fatto; qui c'è il Mediterraneo, il musical partenopeo, la sceneggiata, c'è una Bollywood nostrana, i neo- melodici, il sound partenopeo ( Senese, Nelson) e due interpreti archetipi dell'amore ritrovato ( Fatima/Ciro).
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Se Napoli è contaminazione (testimonianze greco-romane, barocche, neo-classiche, a volte, offese) Ammore e malavita è specchio della città.
Se la commedia musicale l'hanno inventata gli americani ("" Anna prendi il fucile"") che l’ hanno portata a Broadway, due romani ( innamorati di Napoli) l'hanno tradotta in salsa mediterranea, impastandola con la sceneggiata e il gioco è fatto; qui c'è il Mediterraneo, il musical partenopeo, la sceneggiata, c'è una Bollywood nostrana, i neo- melodici, il sound partenopeo ( Senese, Nelson) e due interpreti archetipi dell'amore ritrovato ( Fatima/Ciro).
E, allora, tutto (o, niente) quadra. Perchè il film è mescolanza: quartieri bellissimi e un golfo incantevole, infestato di contrabbandieri e camorristi; sylos industriali su cui si spara anzichè produrre; una lady camorra senza la faccia delle donne di malavita, cinefila e appassionata del suo uomo, Don Vince'...., fantastico nella parte del finto morto e del paziente col sedere bucherellato dai proiettili.
Qui le vicende si aprono e si chiudono con leggerezza, il dolore non è strazio, è naturale: Ciro, orfano lacerato è, oggi, un Killer feroce, esperto in Kung fu e arti marziali ma, non fa paura. Quando si infila in un guaio, la sua bella, innamorata, ad un certo punto, dice "" ora, si fa a modo mio"".
E, così, la storia cambia e non fa nulla se si è messa di mezzo la camorra di ultima generazione, che sta in America, ha dimenticato le armi ma, non il sangue e, pure da New York, riprende la pistola. Perchè, a New York fanno i master, anche, le figlie dei contrabbandieri napoletani, parenti di camorristi. Nella mescolanza, ci azzecca pure l'avvocato imbroglione, che parla latino con lady camorra, passeggiando sotto il colonnato a Piazza del Plebiscito.
Verrebbe da dire "" Miseria e Nobiltà"" ma, Napoli quest'è, ordine/disordine dalle mille facce, che si scompone e ricompone.
E, anche il paesaggio è fascinoso: dalla Baia di Trentaremi, a "" Le Rocce Rosse"" , lido bellissimo, a Posillipo; nè i personaggi son macchiette, perchè la sceneggiata è superata senza rimpianti e il prodotto è nuovo di zecca, una new entry della cinematografia.
E perché non farne un musical teatrale? la materia c'è e va rielaborata e W i Manetti Brothers.
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