laurence316
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mercoledì 5 luglio 2017
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capolavoro poetico sul teso rapporto uomo-natura
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Primo lungometraggio di de Wit (premio Oscar per il corto Father and Daughter), La tartaruga rossa unisce due dei mondi più fertili per quando riguarda l’animazione: quello giapponese e quello francese.
Co-prodotta dal mitico Studio Ghibli, questa piccola, grande gemma d’animazione riesce, per mezzo della totale assenza di dialoghi, a farsi portatrice di un messaggio universale e metaforico comprensibile a chiunque ad ogni latitudine. E’ un’emozionante favola che parla dell’eterno confronto impari tra l’uomo e una natura talvolta benevola, amorosa, accogliente, talvolta impassibile, instabile, terribile, implacabile.
Se all’inizio può ricordare Robinson Crusoe, se ne discosta nettamente ben presto e procede per la sua strada, facendo passare, sottilmente, sottovoce, un’importante messaggio di rispetto per la natura e per gli esseri che la popolano, uomo compreso.
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Primo lungometraggio di de Wit (premio Oscar per il corto Father and Daughter), La tartaruga rossa unisce due dei mondi più fertili per quando riguarda l’animazione: quello giapponese e quello francese.
Co-prodotta dal mitico Studio Ghibli, questa piccola, grande gemma d’animazione riesce, per mezzo della totale assenza di dialoghi, a farsi portatrice di un messaggio universale e metaforico comprensibile a chiunque ad ogni latitudine. E’ un’emozionante favola che parla dell’eterno confronto impari tra l’uomo e una natura talvolta benevola, amorosa, accogliente, talvolta impassibile, instabile, terribile, implacabile.
Se all’inizio può ricordare Robinson Crusoe, se ne discosta nettamente ben presto e procede per la sua strada, facendo passare, sottilmente, sottovoce, un’importante messaggio di rispetto per la natura e per gli esseri che la popolano, uomo compreso.
Nonostante l’assenza dei dialoghi, l’opera di de Wit non annoia neppure per un secondo, perché bastano i gesti, le espressioni dei personaggi, i suoni della natura, gli alti e i bassi della colonna sonora a trasmettere tutto ciò che è necessario: emozione e coinvolgimento non sono mai negati. E oltre al realismo, anche i territori del fantastico non rimangono inesplorati (magnifica la scena in cui il protagonista sogna di fuggire grazie ad un ponte immaginario sospeso sull’acqua).
Il regista lascia libera interpretazione allo spettatore riguardo ai fatti narrati, semplici, forse persino banali, eppure importanti, profondi e significativi. Percorso da una sottile vena di malinconia e nostalgia per il tempo passato, La tartaruga rossa è un film delicato, poetico, intenso ed appassionante, splendidamente disegnato, animato e diretto, con un tratto leggero, raffinato e minuzioso: un trionfo di animazione tradizionale (sono in minima parte manipolata in digitale).
Assolutamente imperdibile, viene però distribuito nelle sale in Italia per soli tre giorni, tra l’altro non festivi (sorte toccata anche a tanti altri capolavori targati Ghibli), e ciò non ne facilita di certo la diffusione. Da recuperare, comunque, in home-video. Candidato all’Oscar per il miglior film d’animazione, gli viene scandalosamente preferito il disneyano Zootropolis (in una competizione, è ben ricordarlo, in cui era presente per altro anche l’ottimo La mia vita da Zucchina): un’ulteriore prova della miopia dei soci dell’Academy (che negli anni precedenti hanno negato il premio anche a film del calibro de La storia della principessa splendente, Si alza il vento, L’illusionista, Coraline, La sposa cadavere e Appuntamento a Belleville).
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eugenio
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lunedì 13 febbraio 2017
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uomo e natura
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La solitudine può condurre l’uomo ad azioni ribelli, al coraggio della scelta, al bisogno della partenza, alla pazzia.
Un uomo naufraga su un’isola deserta dopo una tempesta. Sotto lo sguardo attento e curioso di piccoli granchi, cerca in tutti i modi di fuggire con una zattera costruita sfruttando il legno della foresta ma viene sempre fermato da una tartaruga rossa che ne distrugge una, due, tre volte l’imbarcazione del naufrago senza tuttavia mai piegarne lo spirito .
Subisce la sconfitta l’uomo, subisce lo scontro con l’immane mammifero, percepisce la natura e la sua immensa forza, titanicamente cerca di ergersi a baluardo della potenza della razionalità ma viene sopraffatto e sconfitto dalla dirompenza della natura.
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La solitudine può condurre l’uomo ad azioni ribelli, al coraggio della scelta, al bisogno della partenza, alla pazzia.
Un uomo naufraga su un’isola deserta dopo una tempesta. Sotto lo sguardo attento e curioso di piccoli granchi, cerca in tutti i modi di fuggire con una zattera costruita sfruttando il legno della foresta ma viene sempre fermato da una tartaruga rossa che ne distrugge una, due, tre volte l’imbarcazione del naufrago senza tuttavia mai piegarne lo spirito .
Subisce la sconfitta l’uomo, subisce lo scontro con l’immane mammifero, percepisce la natura e la sua immensa forza, titanicamente cerca di ergersi a baluardo della potenza della razionalità ma viene sopraffatto e sconfitto dalla dirompenza della natura.
E quando infine l'uomo ha il sopravvento sulla tartaruga, spiaggiata nel primo terzo del film, ecco che dal guscio spezzato del mammifero, si apre il volto di una ragazza misteriosa, l’Eva primordiale. Come Adamo nel Paradiso Terrestre, il nostro naufrago si adatterà alla sua nuova vita immergendosi nella rinascita con il suo alter ego femminile, che gli donerà un figlio.
Sarà solo l’inizio di una nuova vita, orchestrata dai tempi dell’amore della Natura (con la N maiuscola) benigna e matrigna al tempo stesso, capace di avvicinare l’uomo alla sua dolcezza e di respingerlo amaramente nel silenzio della morte.
Poesia e dramma nel colore del mare, nel profumo della sabbia bagnata. Vita nei colori, vita benedetta di nascita, amore, lotta, solitudine, caduta, rimpianto, sopravvivenza e infine rinascita, il binomio imprescindibile di uno scontro metafisico anima l’ora e venti di puri suoni (senza dialoghi) de La tartaruga rossa, ultimo puro esercizio di design dello Studio Ghibli (di Miyazaki).
Non è la Walt Disney, non è la DreamWorks. Non ci sono effetti speciali in questo piccolo capolavoro d’animazione, non ci sono famosi attori a doppiare duetti di protagoniste afflitte da qualche trauma, non ci sono luci inebrianti e colori sgargianti in stile occidentale dove tutto si muove ed è dinamico a discapito di un messaggio di fondo frivolo e scontato. No, La tartaruga rossa è lo studio Ghibli costantemente alla ricerca di dettagli poetici e non estetici che vanno a toccare le corde dell'anima in gocce di bellezza che arrivano fino al cuore e fanno emozionare, gioire, commuovere.
Dirige il semplice gioiello di animazione l'olandese Michael Dudok de Wit (vincitore dell’Oscar nel 2001 per il miglior cortometraggio animato, Father and Daughter, Padre e figlia) che con la partecipazione di Isao Takahata e Hayao Miyazaki in acquerelli e carboncino, realizza un racconto contemplativo sulla bellezza della Natura e in particolare sulla (in)capacità dell’essere umano di riuscire a preservarla.
La malinconia e i suoni in tutti i sensi, dallo scroscio della pioggia torrenziale, al temporale, dal rumore delle foglie al soffio del vento, scorrono lenti in un luogo avulso dal tempo, quella dell’isola per definizione, in cui la tradizione realistica giapponese rende il film d’animazione un documentario, preciso e ineluttabile del grande rapporto esistente tra uomo e natura, tra piccolezza e panteismo.
In una fiaba che ricorda il cinema francese, in particolare il tratto di Hergè, La tartaruga rossa mette a contatto lo spettatore con la magia dei sensi, con l’aria, l’acqua, la luce, che pur con un didascalismo di fondo legato all’enfatizzato significato finale, è capace di comunicare concetti universali, impreziositi da uno stile grafico di alto livello, interamente manuale, e dialogare con un mondo, la natura, da cui ci sentiamo attratti e grati ma che per converso, cerchiamo di dominare, assoggettandola ai nostri biechi fini di sopravvivenza, senza comprendere ancora una volta, che solo la necessità di un’unione con lei potrà salvarci.
Vincitore della sezione Un certain regard al Festival del Cinema di Cannes e candidato agli Oscar come miglior film d’animazione, La tartaruga rossa uscirà nelle sale per (ahimè) soli tre giorni, dal 27 al 29 marzo.
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lunedì 20 marzo 2017
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poesia e natura nella parabola di una vita
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Primo lungometraggio animato dell’olandese Michaël Dudok de Wit, ultima coproduzione della Ghibli di Hayao Miyazaki, La Tartaruga Rossa è una piccola opera d’arte, dove protagonisti sono le immagini, i suoni, il tempo. La storia di un naufrago che non può lasciare l’isola che gli ha offerto la salvezza, non è una storia di solitudine e sopravvivenza, ma la rappresentazione poetica e naturalistica della parabola di una vita. Un film senza parole, delle quali non si sente neppure per un attimo la mancanza, che esprime malinconia, amore, paura, speranza, attraverso i suoni dell’ambiente e dell’uomo, e le musiche essenziali di Laurent Perez.
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Primo lungometraggio animato dell’olandese Michaël Dudok de Wit, ultima coproduzione della Ghibli di Hayao Miyazaki, La Tartaruga Rossa è una piccola opera d’arte, dove protagonisti sono le immagini, i suoni, il tempo. La storia di un naufrago che non può lasciare l’isola che gli ha offerto la salvezza, non è una storia di solitudine e sopravvivenza, ma la rappresentazione poetica e naturalistica della parabola di una vita. Un film senza parole, delle quali non si sente neppure per un attimo la mancanza, che esprime malinconia, amore, paura, speranza, attraverso i suoni dell’ambiente e dell’uomo, e le musiche essenziali di Laurent Perez. Una forza visiva sorprendente, che nella base artigianale dei carboncini e gli acquerelli unisce delicatezza e realismo. I momenti onirici, le esplorazioni della natura, gli elementi e i pensieri hanno una consistenza tangibile, sensoriale, che rende ogni quadro parte di una narrazione semplice, come ogni racconto di vita, impossibile da comprendere completamente, messaggio singolare per ogni spettatore.
La Tartaruga Rossa esprime qualcosa che potrebbe essere riassunto in poche righe, e lascia che quelle frasi e parole respirino in immagini che sfiorano la densità del tempo. Il racconto, virtualmente infinito, nella fusione riuscita dei personaggi e degli ambienti, crea e rappresenta un unico essere. Cosa che di certo non significa la scoperta di una perfetta armonia, la certezza delle proprie scelte o l’assenza del dolore, perché non è di questo che siamo fatti, ma regala, nei propri conflitti, errori e paure, la speranza di una possibile ricerca.
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jackpug
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martedì 11 aprile 2017
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misterioso e interessante film animato
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Si tratta di una pellicola che, secondo il mio parere, merita davvero di essere vista.
Il film è toccante, emotivamente molto coinvolgente e interessante anche per quanto riguarda lo sviluppo narrativo della storia.
Ciò che rende questo film poetico trovo sia soprattutto l’animazione : i disegni sono ben curati, ho trovato splendida la rappresentazione dell’isola e degli animali (adorabili i granchietti!) e la relazione tra i vari colori che comunque appaiono delicati.
I personaggi ci appaiono stilizzati ma mostrano un’espressività unica anche nella loro semplicità, senza neppure dire una parola.
Parlando della trama : si tratta del ciclo della vita.
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Si tratta di una pellicola che, secondo il mio parere, merita davvero di essere vista.
Il film è toccante, emotivamente molto coinvolgente e interessante anche per quanto riguarda lo sviluppo narrativo della storia.
Ciò che rende questo film poetico trovo sia soprattutto l’animazione : i disegni sono ben curati, ho trovato splendida la rappresentazione dell’isola e degli animali (adorabili i granchietti!) e la relazione tra i vari colori che comunque appaiono delicati.
I personaggi ci appaiono stilizzati ma mostrano un’espressività unica anche nella loro semplicità, senza neppure dire una parola.
Parlando della trama : si tratta del ciclo della vita. L’incontro tra un uomo e una donna, la nascita di un bambino dalla loro unione, le catastrofi naturali (i problemi della vita e le difficoltà), la voglia di ricominciare, la decisione del figlio di scoprire il mondo e la vecchiaia dei genitori.
Stupenda la figura di questa misteriosa e affascinante tartaruga rossa, vera protagonista del film, che si rivelerà essere in seguito la donna stessa.
Il film non ha nessun dialogo ma è la musica a fare da voce ai pensieri dei personaggi e alle situazioni della storia.
Alla base di tutto c’è il rapporto tra l’uomo e la natura.
In alcuni passaggi mi sono anche un poco commosso dati il realismo e la delicatezza del film. Bellissimo.
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lunedì 27 marzo 2017
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piccola aggiunta
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Cara Marzia, ho appena visto La Tartaruga rossa. Voglio ringraziarti per questa bellissima recensione che coglie ogni aspetto della narrazione, ogni metafora e ogni messaggio. Riesci, con le tue parole a sviscerare la poesia e a renderla comprensibile a tutti, scrivi quello che avevamo intuito ma forse faticavamo a spiegare a parole. Voglio solo fare una piccola aggiunta sulla parte finale della tua recensione. Quando parli dell'esigenza di istituire un sistema sociale. Io credo che qui ci sia qualcosa di più. Credo che il rapporto fra la tartaruga e l'uomo sia inizialmente contraddittorio. C'è una reciproca curiosità, così come c'è un reciproco timore. E nel momento in cui l'uomo si comporta da uomo: antropocentrico (in contrapposizione, dici bene, con l'animismo giapponese), vendicativo, violento senza un vero scopo, ecco l'errore! Troppo tardi tornare sui propri passi.
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Cara Marzia, ho appena visto La Tartaruga rossa. Voglio ringraziarti per questa bellissima recensione che coglie ogni aspetto della narrazione, ogni metafora e ogni messaggio. Riesci, con le tue parole a sviscerare la poesia e a renderla comprensibile a tutti, scrivi quello che avevamo intuito ma forse faticavamo a spiegare a parole. Voglio solo fare una piccola aggiunta sulla parte finale della tua recensione. Quando parli dell'esigenza di istituire un sistema sociale. Io credo che qui ci sia qualcosa di più. Credo che il rapporto fra la tartaruga e l'uomo sia inizialmente contraddittorio. C'è una reciproca curiosità, così come c'è un reciproco timore. E nel momento in cui l'uomo si comporta da uomo: antropocentrico (in contrapposizione, dici bene, con l'animismo giapponese), vendicativo, violento senza un vero scopo, ecco l'errore! Troppo tardi tornare sui propri passi. Ma proviamo a calarci in una specie di sogno o di allucinazione in cui l'uomo tratta o riesce a vedere l'animale come suo pari. Ecco che in questo momento parte uno scopo di vita. Perché questo scopo è l'avere trovato una compagna sua simile con cui condividere e da cui imparare. Nell'istante in cui l'uomo vede la natura come sua pari, ecco che non è più solo. Credo che ci sia anche questo. La tartaruga (o la natura) insegna all'uomo come vivere, gli dà la forza per vivere, di andare avanti, fino alla fine.
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setegeco1960
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mercoledì 25 marzo 2020
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delicato
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Filma poetico. Le sole immagini sono poesia, non serve il parlato. Il naufrago tenta di lasciare l'isola, inutilmente perchè una tartaruga distrugge ripetutamente la sua zattera. Ma quando la tartaruga sale dal mare per deporre le uova, il naufrago, frustrato. La uccide. La tartaruga si trasforma in una splendida donna, che condividerà con il naufrago gli anni a venire. Nascerà un figlio che una volta adulto, lascerà l'isola per fare il suo percorso di vita. Alla morte del naufrago, la donna ritornerà al suo stato di tartaruga. Perchè la tartaruga non vuole che il naufrago lasci l'isola? Forse per proteggerlo, perchè andrebbe incontro alla morte. La tartaruga fa un secondo dono al naufrago, trasformandosi in una compagna per la sua vita, dando così un senso alla sua esistenza.
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stefano capasso
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giovedì 1 aprile 2021
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l''amore antidoto all''ineluttabilità della vita
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Un uomo naufraga durante una tempesta e finisce per ritrovarsi in una piccola isola disabitata dove l’unica compagnia sono gli animali e i pericoli nascosti. La sua idea di lasciare l’isola con una zattera di fortuna si scontra più volte con una entità sconosciuta che puntualmente, appena lasciata l’isola, fa rovesciare e affondare l’imbarcazione di fortuna. Quando l’uomo scopre che si tratta di una tartaruga rossa va su tutte le furie, ma proprio quell’evento darà un senso alla sua vita.
Michael Dudok de Wit, in collaborazione con lo Studio Ghibli, realizza un film d’animazione commovente e dai tanti significati, che induce a profonde riflessioni sul senso della vita.
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Un uomo naufraga durante una tempesta e finisce per ritrovarsi in una piccola isola disabitata dove l’unica compagnia sono gli animali e i pericoli nascosti. La sua idea di lasciare l’isola con una zattera di fortuna si scontra più volte con una entità sconosciuta che puntualmente, appena lasciata l’isola, fa rovesciare e affondare l’imbarcazione di fortuna. Quando l’uomo scopre che si tratta di una tartaruga rossa va su tutte le furie, ma proprio quell’evento darà un senso alla sua vita.
Michael Dudok de Wit, in collaborazione con lo Studio Ghibli, realizza un film d’animazione commovente e dai tanti significati, che induce a profonde riflessioni sul senso della vita. Grazie ad una colonna sonora appropriata e alla totale assenza di dialoghi, il film crea sin dal principio un particolare mood malinconico che alterna momenti di sorpresa, gioia e tristezza. È una riflessione sull’ineluttabilità della vita, di passaggi inevitabili che ogni essere umano si trova davanti nella sua esistenza, alcuni felici, altri no. Il senso di tutto quello che accade non è facilmente percepibile durante il momento stesso, ma solo al termine di una traiettoria che è circolare, si finisce come si era cominciato. Così accade ai protagonisti della storia che dopo aver condiviso una parte di esistenza torna allo stato, solitario, di partenza. È una riflessione sulla finitudine, sulla fragilità delle esistenze che inevitabilmente portano momenti dolorosi, e che proprio per questo trovano il senso più grande nella pienezza dell’amore, nella condivisione e nella reciprocità: questo è il miglior modo possibile di utilizzare ilr il tempo che ci è concesso.
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