Rogue One: A Star Wars Story

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Un film di Gareth Edwards. Con Felicity Jones, Diego Luna, Ben Mendelsohn, Mads Mikkelsen, Riz Ahmed.
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Titolo originale Rogue One: A Star Wars Story. Fantascienza, Ratings: Kids+13, durata 133 min. - USA 2016. - Walt Disney uscita giovedì 15 dicembre 2016. MYMONETRO Rogue One: A Star Wars Story * * * - - valutazione media: 3,29 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Un aggancio riuscito Valutazione 3 stelle su cinque

di Fabal


Feedback: 14766 | altri commenti e recensioni di Fabal
lunedì 2 gennaio 2017

L’anno scorso la visione di Episodio VII mi aveva profondamente deluso, se non irritato. Un reboot spacciato per sequel, che ricalcava la trama, gli snodi narrativi, i personaggi e persino i dialoghi del primo storico Guerre Stellari del 1977. Un film che pretendeva l’autonomia viaggiando però sul ricalco, proponendo una trama pressoché identica e un cattivo nuovamente mascherato che intrinsecamente si prestava al paragone con Darth Vader (che poi sarebbe suo nonno) e ne usciva goffo. Con un’esplorazione del mistero della Forza quasi assente, per nulla sacrale e per giunta condita da scambi di battute elementari. Nuovi e vecchi personaggi si incontravano scaldando però i cuori dei fan: la riapparizione di Han Solo è stata la più intensa e significativa, ma è stato tolto di mezzo con un colpo di scena di dubbio gusto, una morte alla Game of Thrones.
 
Alla maggior parte però, Il risveglio della Forza è piaciuto per via un innegabile pregio. Visivamente faceva rivedere gli ambienti, i mezzi, l’atmosfera della trilogia classica, senza quell’evanescenza sbrilluccicante degli Episodi I, II, III. La critica che ha incensato questa svolta “neoclassica” esaltando il film di Abrams è stata ipocrita, perché dieci anni prima aveva salutato con favore il peggior episodio di Star Wars di sempre: La vendetta dei Sith. Con un giudizio partorito forse più dalla gratitudine che dalla qualità del prodotto, l’ultimo episodio firmato Lucas è stato definito come il migliore della nuova trilogia e il modo degno di chiudere la più grande epopea del cinema.
Personalmente non sono affatto d’accordo e ritengo invece gli Episodi I e II dei film buoni, decisamente migliori del terzo e comunque perfettamente autonomi, quasi anarchici e irriverenti nel porsi di fronte alla prima trilogia. Belli o brutti che fossero, e non sempre ben recitati.
Ormai la critica non stronca più i film high budget, quelli che devono incassare: non lo fa quasi mai con la gragnola seriale di capitoli marveliani, non lo fa coi blockbusters fracassoni in generale, non vedo perché dovrebbe farlo con Star Wars e con un film costato 250 milioni di dollari.
Ma veniamo a Rogue One che, a differenza de Il risveglio della Forza non è un sequel ma un prequel. E ha il vantaggio di avere la traccia narrativa già nota fin dai titoli di testa del primo Star Wars.
 
Oro colato per i fan: finalmente capiremo cosa sono questi piani della Morte Nera per cui Darth Vader tanto si affanna e come i ribelli li hanno conquistati. La sceneggiatura deve quindi essere solida e coerente, e non si può giocare sul reboot perché il film deve esattamente ricoprire il ruolo di casella mancante. Ma per farlo non basta la trama ma anche la FEDELTA’ VISIVA alla trilogia classica, che però era già stata riesplorata con successo lo scorso anno.
E’ insomma un film dalle potenzialità enormi, con la strada spianata e la possibilità di fare fan service a gogò utilizzando l’agognata arma dei cameo.
 
Insomma, Rogue One ha tutte le carte in regola per far emozionare i fan storici ed uscire dal cinema con quel senso di nostalgico appagamento che io stesso non vivevo da un bel po’.
Anche se il film parte piuttosto male con una prima parte legnosa, la seconda metà difficilmente può lasciare insoddisfatti. Preso di per sé il film non è un capolavoro e non so fino a che punto possa essere un buon punto di partenza per chi non sia avvezzo alla trilogia classica o almeno ad Una nuova speranza.  Ma chi la conosce bene non potrà restare indifferente almeno alle perfette soluzioni visive che Rogue Oneè in grado di offrire, sia con la riproposizione degli elementi classici ma lustrati a nuovo da una splendida fotografia (pianeti, mezzi, costumi e armi) sia con i volti di alcuni personaggi interamente ricostruiti in CGI che faranno letteralmente strabuzzare gli occhi.
L’atmosfera è quella giusta, in cui lo spettatore può sentirsi a casa in tranquillità, senza il solito di ricatto morale di aprirsi al nuovo demonizzando la sua nostalgia. No, ora la nostalgia si può vivere con la massima serenità, senza che i cameo prevalgano sui nuovi personaggi che comunque raccontano la loro nuova storia.
Cosa che, però, non sempre fanno bene, generando anzi dei veri e propri momenti di stanca e inducendo lo spettatore a non meravigliarsi dell’adesso MA A SPERARE NEL DOPO, CONVINTO CHE IL MEGLIO DEBBA ANCORA ARRIVARE. Magari con qualche ingresso clamoroso o qualche scena che lo proietti istantaneamente ad Una nuova speranza. E infatti le sequenze migliori sono tutte nella seconda parte.
Insomma, l’impressione è sempre la stessa: che ancora una volta un film di Star Wars tanto più sia bello quanto più faccia RIVIVERE, più che vivere. Quanto più rimandi. Che non possa mai sottrarsi al  compito della citazione perenne, che non possa veramente appassionare le nuove generazioni se non di riflesso, e che, in buona sostanza, Darth Vader abbia sempre “troppo” in più rispetto a Jyn, Rey, Ren, Finn, Cassian e questi nomi tutti uguali.
Altro difetto dei nuovi è il loro tratto eccessivamente romanzato e poco ironico. Dialoghi lunghi e melensi coinvolgono spesso la bella Felicity Jones che chiude molte sequenze con frasi ad effetto di una snervante banalità morale, abusando del termine “speranza” quanto basta e per giunta facendolo con tutti i personaggi che incontra. Ma veniamo all’analisi del film più dettagliata, partendo dalla sceneggiatura.
 
 
 
SCENEGGIATURA: 7
 
Rogue One parte decisamente in sordina. Ci bombarda di sequenze brevi, cambiando cinque pianeti nei primi dieci minuti ma giocando subito a carte scoperte: vedere la base ribelle su Yavin come la ricordavamo, con quello stesso piglio artigianale, oltre alle facce note che la popolano, è un ottimo biglietto da visita. Purtroppo, però, la prima parte è farraginosa, lenta, confusa. Troppi personaggi ci vengono presentati e tutti dalla dubbia utilità. I dialoghi cominciano a puzzare di retorica e l’unico mordente consiste nelle ripetute scene di guerra, nell’estenuante ricerca dell’ingegner Galen Erso.
La seconda parte invece, migliora. Dal secondo rendez-vous su Yavin fino all’assalto di Scarif l’azione finalmente si concentra nel punto focale e i nodi vengono al pettine. Superfluo ricordare lo schieramento della flotta ribelle ne Il ritorno dello Jedi, ma anche qui tutto è fatto davvero bene, piloti compresi. Alcuni dei quali, ricostruiti in CGI, sono gli stessi dello storico assalto alla Morte Nera.
Da qui alla fine il film scorre efficace, sicuro di sé, perché l’inizio di Una nuova Speranza è sempre più vicino cronologicamente e la strada è spianata. Molto bello il recupero dei piani, emozionante la battaglia terrestre sull’isola di Scarif, ottimo il balzo di ritmo nel finale. Gli intermezzi strappalacrime non svaniscono ma sono ora più tollerabili.
La sceneggiatura dunque funziona. Più per l’idea di fondo che per i tempi, non sempre scanditi in modo brillante. Chris Weitz non è un veterano di fantascienza, Gilroy invece è lo sceneggiatore dell’epopea di Bourne ma anche del brillantissimo State of Play.
Nell’idea di fondo c’è invece il soggetto di Gary Whitta (confesso di non sapere chi sia) ma anche di John Knoll, non uno qualunque.
 
 
 
Che è inoltre il produttore esecutivo di Rogue One, e questa non può che essere una garanzia. E’ un premio Oscar agli effetti speciali, guadagnato per l’innegabile qualità visiva della saga di Pirati dei Caraibi, ma è anche un veterano di Star Wars. Già, perché fu supervisore agli effetti visivi anche ai tanto bistrattati episodi I,II e III. Non ne Il risveglio della Forza.
 
 
 
PERSONAGGI: 5
 
 
Ai nuovi personaggi manca sostanzialmente l’ironia.
Anziché mascherare i loro tormenti negli scambi di battute sdrammatizzanti (sapete perfettamente cosa intendo, ma giova ripeterlo:
Leia: “Ti amo!”
Han Solo: “Lo so”) fanno dei pipponi tremendi sulla speranza, sulla missione esistenziale di resistere all’Impero. Nessuno che abbia il coraggio di dire che lo fa per soldi, rivolgendosi con fordiana irriverenza a un capo della Ribellione. No, per carità. Sono tutti eroi di grandi principi, avventurieri senza sorriso che se pure cedono al cinismo lo fanno per un fine superiore.
Non parliamo dell’ologramma ciarliero con cui Galen Erso redime la sua anima ricordando a sua figlia quanto grande sia l’amore di un padre. Bla bla bla.
E molto spesso un tema sonoro invasivo accompagna questa prolissità emotiva, amplificando il tono romanzato di questo nuovo Star Wars.
 
Ma ormai il mood è quello dell’entusiasmo e ora si perdona tutto, innescando il solito spiacevole criterio dei due pesi e due misure. Lo fa Lucas ne L’attacco dei Cloni, celebrando una scialba storia d’amore con il tema Across the stars, e viene massacrato dalla critica e dal pubblico. Con Gareth Edwards si passa sopra. Meno male che non lo ha fatto J.J. Abrams altrimenti la critica avrebbe elogiato il piglio innovativo “di un universo che acquisisce finalmente una dimensione umana laddove l’aridità emotiva di Lucas l’aveva prosciugato con le sue stesse mani”. Ok, fine della polemica.
Anche se Felicity Jones è più bella e più inquadrata come attrice, a me la strafottenza velenosa e sarcastica di Carrie Fisher manca da morire. Ma questo fa parte della mia personale preferenza nel concetto di attore, e forse di sceneggiature più anarchiche che una volta consentivano agli interpreti la licenza della disinvoltura.
 
Lo pseudo-monaco shaolin con la sua guardia del corpo diventano indispensabili (oppure l’ex pilota imperiale con le movenze di Pippo), quando abbassare il tasso di serietà è d’obbligo, perché troppo alto nei protagonisti, soprattutto nel musone Diego Luna. Personalmente, l’unico personaggio a cui mi sono davvero affezionato è il droide convertito K-2SO, che è quello più irriverente, simpatico e che sa rendersi utile. Più spazio avrebbe meritato l’interessante Saw Guerrera, interpretato da un attore importante come Forest Whitaker che insieme a Mikkelsen tiene alto il livello del cast. Purtroppo entrambi sono davvero marginali e coinvolti nei già citati siparietti strappalacrime. Peccato.
Sui cameo non mi esprimo, perché rischio di sembrare troppo nostalgico. Ma se qualcuno ha il coraggio di affermare che l’entrata di Vader non emozioni venti volte di più di tutte le Jyn, i Kylo Ren, i Cassian messi insieme… Beh, per me non è onesto con se stesso.
 
COLONNA SONORA: 6
 
Giacchino è allievo di Williams, e si vede. La colonna sonora ha il grosso merito di essere autonoma, sebbene un tantino invasiva nei momenti drammatici. I temi classici non prevalgono su quelli inediti ma compaiono coi tempi giusti, accompagnando bene le immagini e suscitando piacevoli emozioni.
 
 
FOTOGRAFIA: 10
 
Di meno non si può davvero dare. L’integrazione tra gli effetti speciali e la fedeltà agli scenari classici è perfetta. Le scocche dei caccia ribelli mantengono il piglio artigianale dei modellini ma non stonano con le piroette digitali a suon di laser chiassosi. I costumi sono perfetti, il make up dei personaggi anche. Anche tutti gli interni, delle astronavi, della Morte Nera, della base ribelle sono riprodotti in maniera eccellente e a tratti lo spettatore matura davvero l’impressione che Una nuova speranza non sia che la seconda parte di questo film, tanto riuscita è la continuità visiva. Anche gli ambienti nuovi sono interessanti: l’installazione su Eadu, il complesso acquatico di Scarif.
 
 
EMOZIONE: 7
 
Dal cinema si esce emozionati, soprattutto se siete fan di vecchia data. E’ un’emozione, però, che sa di revival.
Come già detto, l’equivoco di fondo è il valore intrinseco di Rogue One: entusiasma perché fa rivivere, brilla non di luce propria ma riflessa. LA SUA LUCE E’ IN REALTÀ LA NUOVA LUCE CON CUI INQUADRA IL VECCHIO GUERRE STELLARI, che probabilmente mai più vedremo con gli stessi occhi. Tutto benissimo, e personalmente non ho alcun problema ad ammettere questa rendita perenne.
A differenza de Il risveglio della Forza, però, questa rendita è ora palese, dichiarata. Non si pretende di fare un film nuovo facendo poi uscire un reboot ruffiano. Si fa un film di complemento dichiarato con un’idea già tracciata, con un ruolo e una dimensione ben precisi. Rogue One trova la sua dignità di film solido non perché si sgancia ma perché si aggancia senza giri di parole, e lo fa molto bene.
Certo, manca la Forza. Mancano gli Jedi e quel senso di profondità sacrale che aleggia intorno a Yoda o Obi Wan. E non si subisce il fascino del Lato Oscuro, ma forse è giusto così. Non è corretto che gli Skywalker e nipoti rubino sempre la scena agli altri. Qui si parla dei ribelli e della loro vittoria finora sottovalutata.
 
 
CONCLUSIONI
 
Rogue One è un must per i fan.
E’ un film che si merita un bel 7 perché meraviglia, soprattutto visivamente. A tratti è lento, noioso e romanzato, ma la presenza massiccia di elementi di revival risolleva il mordente. E’ una perfetta introduzione a Una nuova speranza.

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