Spira Mirabilis

   
   
   

Il senso della vita Valutazione 4 stelle su cinque

di Zarar


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venerdì 23 settembre 2016

Siete disposti a lasciarvi avvolgere in una spirale di immagini e suoni che tornano incessantemente su loro stessi, in una sollecitazione continua a vedere e sentire con tutta l’intensità possibile il reale, il reale concretissimo, naturale, oggettuale, la vita che pulsa con tutta la ricchezza, l’espressività, l’infinita varietà delle sue manifestazioni? E uomini e donne che sono nel film nella misura in cui il senso della loro vita e l’impegno della loro intelligenza e della loro ricerca sta nel quotidiano impegno ad entrare profondamente in sintonia con la materia e la vita biologica? Coloro che – come suggerisce l’indiano Cheyenne - sperano di arrivare alla fine della loro vita avendo fatto abbastanza per essere dimenticati, piuttosto che per essere ricordati, non eroi, ma esseri che hanno scelto di vivere liberamente e pacificamente in consonanza con il loro intorno, la terra, l’aria, l’acqua, il fuoco, l’etere: i musicisti che partendo da un pezzo di metallo creano con le loro mani pezzo per pezzo, curva per curva, saldatura per saldatura, un inedito strumento musicale di suoni ed echi particolari che sanno di infinito; i tecnici di una perenne Opera del Duomo di Milano, affaticati a ripulire e levigare pazientemente le statue danneggiate dal tempo e dagli elementi; i nativi americani Cheyenne che rioccupano la terra e riaccendono i falò laddove i loro antenati sono stati sterminati; il solitario scienziato giapponese che osserva e studia e si perde nella meraviglia della piccola medusa che si riproduce indefinitamente e che sa anche giocare cantando con la sua scoperta… Perché l’intuizione che sta alla base di questo bel film sta nel primo racconto dell’Aleph di Borges, “L’immortale”: l’inquieta intelligenza dell’uomo è attratta dall’immortalità; il giorno in cui la raggiungesse, come il protagonista de “L’immortale”, scoprirebbe che essa è immobile fredda indifferenza a tutto, negazione di quel senso della precarietà e finitezza del nostro essere che rende la vita preziosa come viaggio, ricerca, penetrazione delle cose, lavoro con le cose. I registi usano tutte le potenzialità del mezzo, una scelta quasi sempre originale delle inquadrature, un esasperato affascinante uso del piano sequenza, un sapiente montaggio spiraliforme per dare il senso della bellezza in sé perfetta di questa ricerca. Bravissimi.

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