alex62
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martedì 18 ottobre 2016
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virtuale o reale?
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Emma Roberts l'abbiamo vista crescere, si può dire, ed approdare ai 25 anni, in questo film “nervoso”. Nipote della superblasonata (e omonima) Julia, farà parlare ancora di sé a lungo. Appartiene a quella nutrita schiera di attrici nate sul palcoscenico, per così dire. Ovviamente la sua immagine è legata a film per ragazzini e genitori accompagnatori, ma neppure pellicole poi da buttare. Torna alla mente il divertente Wild Child, con la compianta Natasha Richardson, figlia nientemeno che di Vanessa Redgrave e sposa di Liam Neeson, tragicamente scomparsa per un assurdo e banale incidente su di una pista da sci, nel 2009.
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Emma Roberts l'abbiamo vista crescere, si può dire, ed approdare ai 25 anni, in questo film “nervoso”. Nipote della superblasonata (e omonima) Julia, farà parlare ancora di sé a lungo. Appartiene a quella nutrita schiera di attrici nate sul palcoscenico, per così dire. Ovviamente la sua immagine è legata a film per ragazzini e genitori accompagnatori, ma neppure pellicole poi da buttare. Torna alla mente il divertente Wild Child, con la compianta Natasha Richardson, figlia nientemeno che di Vanessa Redgrave e sposa di Liam Neeson, tragicamente scomparsa per un assurdo e banale incidente su di una pista da sci, nel 2009. Wild Child seguì di poco il delizioso Nancy Drew, ribadisco che si tratta di film per ragazzi. Poi abbiamo reincontrato Emma in 4.3.2.1. ed anche lì, grazie al suo strabismo di Venere (nelle sue espressioni più intense il suo volto ricorda molto la Venere di Botticelli), e ad un discreto (ma non molto variegato) bagaglio espressivo, ha conquistato un piccolo angolo di tenerezza nel cuore dei cinespettatori. La sua andatura un po' sbilenca e rigida, controbilanciata da una solida scuola pluriennale di danza classica (cosa che la fa apparire aggraziata anche nelle movenze più assurde), la sua voce ormai matura e argentina, il suo fisico minuto e fragile l'avvicinano molto a Veronica Lake, nei pochissimi anni di perfezione di questa stupenda e conturbante attrice. Mi torna in mente la sequenza con gli autentici numeri di magia della canzone Hocus Pocus (Now You see it) in This gun for hire, la stessa magia la riviviamo nella breve sequenza in cui, per una sfida, Emma si sottopone ad un tatuaggio improvvisato e inframezza la sua canzone con i gridolini per il dolore provocato dagli aghi del tatuatore. La magia, mutantis mutandis, di Veronica Lake in quei fugaci inizi degli anni '40, prima che l'alcool l'annegasse nell'oblio. Emma Roberts è il fantasmino di Veronica Lake!
In fondo il cinema è solo luce proiettata su di uno schermo argentato: una modesta magia!
Il titolo del film appena ricordato ci porta a parlare del meno famoso fratello di James Franco (ormai una star mondiale), Dave Franco (appunto). Reso celebre, quest'ultimo da “Now You see me…”, film manco a dirlo proprio sulla prestidigitazione che lo ha reso famoso al grande pubblico. Stupendo ragazzo, discreto attore, in splendida coppia con la Roberts.
Nerve parla proprio di “magia”, di quell'arte particolare che tanto piace ai più giovani di ogni generazione, particolarmente di queste ultime, orbate della speranza in un futuro che si prospetta sempre più nefasto e quindi anelanti al rifugio in voli di fantasia di cui INTERNET è sovrana.
In mondi paralleli popolati di Avatar, di personaggi fantasmatici che sono solo somiglianti alle persone reali che vi si rifugiano, questo film ci porta a parlare di un fenomeno allarmante del nostro tempo: i giovani sono sempre meno avvezzi a confrontarsi con la vita reale, cruda e dura (proprio tutto al contrario dell'epoca di Veronica Lake, quando trionfava il cinema Noir e i buoni andavano a caccia di cattivi! Ma in fondo: chi era davvero buono?!) per rifugiarsi in una imitazione migliorata e sublimata, dove poter essere chi si vuole essere.
Il gioco, come la sceneggiatura scattante e velocissima descrive molto bene, si fa subito pericoloso. E quale miglior vittima predestinata di una ragazza timida e tutt'altro che scaltra, che ha bisogno della macchina fotografica come mediatrice di una realtà che fa fatica ad incontrare senza diaframmi. Il gioco della vita ci propone la scelta fra PLAYER e WATCHER: vuoi entrare nel grande Gioco o vuoi solo restare lì a guardare?!? Vee (Emma) è rimasta sempre in disparte, mentre la sua migliore amica (all'opposto di lei) Sidney, si lanciava nell'azzardo, senza rete…e a volte…senza slip! Ma ora il Liceo sta finendo e Vee desidererebbe cambiare: vorrebbe anche lei un po' di adrenalina nelle sue giornate, NON vissute sempre all'ombra della madre iperprotettiva-che non può proprio fare a meno di lei- (una Juliette Lewis irriconoscibile e da dimenticare) e accanto all'amico nerd, Tommy (il bravissimo, Miles Heizer), che la protegge da ogni possibile colpo di testa (che infatti non arriva mai).
Vee coglie al volo, incredibilmente, l'occasione di cimentarsi in una SFIDA che la porta rapidamente ad abbandonare ogni resistenza e a lanciarsi a capofitto nell'avventura.
Seguono una serie di cose da evitare accuratamente di fare e di promuovere fra i più giovani: corsa in moto ad occhi bendati; appendersi a una gru a cento metri d'altezza, sfidarsi a duello con pistole vere, etc. Ma alla fine, grazie a DIo, i partecipanti si rendono conto che è tutto finto, Facebook, Tweeter, WhatsUp, è tutta una tragica pantomima messa in scena da una comunità di “anonimi”, di ragazzi e ragazze che rischiano di non scoprire mai il proprio vero volto, che preferiscono rimanere nell'ombra catodica internettiana piuttosto che accettare la vera sfida: vivere!
Vee ora accetta finalmente la reale sfida: ce la farà a sopravvivere al grande Gioco, quello vero, al gioco della vita?!?
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andreagiostra
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domenica 2 luglio 2017
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virtual life or real life?
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Interessante, attuale, intelligente, introspettivo, difficile, disvelatore, analitico, insomma, è tutto questo il film diretto da Henry Joost e Ariel Schulman e scritto dalla brillante Jessica Sharzer che lo ha tratto dall’omonimo “young-adult techno-thriller” scritto da Jeanne Ryan e pubblicato negli U.S.A. nel 2012. Il film, uscito nelle sale italiane il 15 giugno 2017, è anche un interessante documentario che racconta, dalla prospettiva adulta dei narratori, la realtà adolescenziale dei giorni nostri, del mondo contemporaneo, del mondo di internet, dei social, degli smartphone, degli iPad, degli iPhone, dei touch screen, degli high tech, degli hacker, del mondo nel quale il libero arbitrio è quello dei follower, dei watcher passivi, dei player attivi, dei like, delle condivisioni, delle performance virali, delle peculiarità della second life che, oggi possiamo affermarlo senza possibilità di essere smentiti, ha preso prepotentemente il posto della real life.
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Interessante, attuale, intelligente, introspettivo, difficile, disvelatore, analitico, insomma, è tutto questo il film diretto da Henry Joost e Ariel Schulman e scritto dalla brillante Jessica Sharzer che lo ha tratto dall’omonimo “young-adult techno-thriller” scritto da Jeanne Ryan e pubblicato negli U.S.A. nel 2012. Il film, uscito nelle sale italiane il 15 giugno 2017, è anche un interessante documentario che racconta, dalla prospettiva adulta dei narratori, la realtà adolescenziale dei giorni nostri, del mondo contemporaneo, del mondo di internet, dei social, degli smartphone, degli iPad, degli iPhone, dei touch screen, degli high tech, degli hacker, del mondo nel quale il libero arbitrio è quello dei follower, dei watcher passivi, dei player attivi, dei like, delle condivisioni, delle performance virali, delle peculiarità della second life che, oggi possiamo affermarlo senza possibilità di essere smentiti, ha preso prepotentemente il posto della real life. È evidente che bisogna rassegnarsi e cavalcare l’onda dell’evoluzione dell’essere umano del ventunesimo secolo per non essere travolti ridicolamente. Evoluzione dove la tecnologia e la comunicazione internautica e social è straordinariamente dominante rispetto a quella scritta su carta stampata e a quella verbale del secolo scorso, divenuto “linguaggio morto” come lo furono il latino e il greco nel ‘900. Se non si vuole rimanere emarginati, esclusi, nostalgici, ultimi di un passato oramai sepolto, allora occorre che si acquisiscano in fretta le competenze e le abilità per essere uomini e donne al passo coi tempi e vivere la dimensione social che ci impone il mondo di oggi per non cadere rovinosamente nel fosso degli analfabeti del secolo che stiamo vivendo. Come avviene nel film, come avviene alla bravissima Vee (Emma Roberts) protagonista della narrazione, come avviene per tutti gli adolescenti di oggi e del nostro racconto, come avviene per le donne e gli uomini che sono stati risucchiati, dopo una debole resistenza, all’interno di un mondo nuovo e attuale qual è quello virtual e social che fa dire a mia nonna prossima ai novant’anni. «Talè sti fotografie chi su belli. U’ viri com’era giovani e bedda? Mettili su WhatsApp, accussì li talianu tutti i to’ cucini e i to’ zii» … inesorabile evoluzione dell’Homo Technologicus.
“Nerve” di Henry Joost e Ariel Schulman è un riadattamento del best seller dal quale è tratta la sceneggiatura, e narra di due giovani adulti, Vee (Emma Roberts) e Ian (Dave Franco), che decidono di sperimentare la dimensione di un virtual-game quale Nerve che li trascinerà in avventure, in situazioni, in vicende che sono di tutti i giovani e gli adolescenti di oggi. Non è importante la storia in sé, quando le dinamiche e le relazioni che spaziano e si muovono tra dimensioni reali e virtuali, vere e finzionali, percettive ed emozionali, immaginate e immedesimate … insomma, com’è oggi vivere nel XXI secolo.
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samanta
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giovedì 6 luglio 2017
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l'abbandono della realtà
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Nerve (il nome deriva da un gioco clandestino on-line) è un film USA del 2016 che è uscito in questi giorni in Italia e che avuto un successo di pubblico e di incassi (finora 83 milioni di $). E' un film a mio avviso assai complesso per la quantità di temi affrontati. Innanzitutto il problema della reltà virtuale che sostituisce la realtà oggettiva, ciò può causare evidentemente non solo disturbi psichici ma una disaffezione per il mondo reale che viene sostituito da un mondo virtuale che sicuramente non può soddisfare pienamente l'uomo. Il gioco virtuale è un esempio, basti pensare che Blue Whale ha causato nel mondo (anche in Italia) circa 130 suicidi tra i giovani e numerosi tentativi di suicidio.
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Nerve (il nome deriva da un gioco clandestino on-line) è un film USA del 2016 che è uscito in questi giorni in Italia e che avuto un successo di pubblico e di incassi (finora 83 milioni di $). E' un film a mio avviso assai complesso per la quantità di temi affrontati. Innanzitutto il problema della reltà virtuale che sostituisce la realtà oggettiva, ciò può causare evidentemente non solo disturbi psichici ma una disaffezione per il mondo reale che viene sostituito da un mondo virtuale che sicuramente non può soddisfare pienamente l'uomo. Il gioco virtuale è un esempio, basti pensare che Blue Whale ha causato nel mondo (anche in Italia) circa 130 suicidi tra i giovani e numerosi tentativi di suicidio. Lo stesso Pokemon che è un gioco legale ha causato effetti negativi (oltre 700 casi epilessia in Giappone) per non parlare degli incidenti provocati da Pokemon go a causa di persone che giocano per strada inseguendo una figura immaginaria. Parlando di giochi pericolosi si deve affrontare il tema dell'Internet nero cioè quello con cui non puoi connetterti normalmente e che secondo il film assorbe il 90% di Internet. Anche se la cifra è discutibile in questo Internet c'é di tutto puoi comprare armi (in un recente attto di terrorismo le armi erano erano state comprate in internet) sesso proibito (pedofilia in primis) giochi più o meno pericolosi. Di qui il tema del controllo se gli hacker possono influire elezioni o bloccare di colpo centinaia di imprese, se il cellulare di primi ministri o di presidenti sono sotto controllo, significa che ciascuno di noi è controllabile e non ha più segreti. Nel film questi temi sono affrontati, vediamo la trama (SPOILER) : Vee (Emma Roberts) è una ragazza intelligente ma un pò timida e soffocata dalla madre, ha una grande amica Sidney (Emily Meade) che all'opposto è disinibita e partecipa per guadagnare soldi a un gioco denominato Nerve e che incita Vee a partecipare, la ragazza accetta e incontra nel primo gioco Ian apparentemente casualmente ma che in realtà è un giocatore che partecipa al gioco ed è costretto da chi dirige Nerve a invogliare i novellini a proseguire nel gioco. Vee è trascinata in questo vortice di gioco in gioco ed ha successo, però c'é una svolta tragica con un duello vero nel finale. Non rivelo tutti i vari episodi, però devo riferire che il finale è positivo con l'annullamento tramite un hacker del gioco che in realtà costuitiva una truffa criminale. Vee può andare al College che desiderava e si mette con Ian (Dave Franco) che in realtà si chiama Sam. I registi sono Henry Joost e Ariel Schulman una coppia specializzata in film dell'orrore (Viral, Paranormal 3 e 4, Catfish), la regia è abbastanza buona il ritmo sostenuto, ma gradevole come la musica, il finale del film appare però un un pò troppo semplicistico. l'interpretazione degli attori, quasi tutti giovani è più che altro volenterosa, Emma Roberts ha comunque da crescere per assomigliare alla zia Julia.
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gianleo67
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lunedì 19 giugno 2017
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venus tag 46
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Umiliata e offesa dalla più spigliata e disinibita amica Sydney, la liceale Venus decide di partecipare ad un internet social game chiamato Nerve, dove si può pagare per vedere o essere pagati per giocare, accettando e superando le prove di coraggio che di volta in volta la community propone ad i suoi sfidanti e che devono essere filmate e postate in rete in una diretta live streaming. La prima prova è quella di baciare uno sconosciuto in un bar, ed è qui che la ragazza fa la conoscenza di Sam, un altro partecipante al gioco che la condurrà lungo una escalation di sfide acrobatiche sempre più avventate e rischiose. Estetica da videoclip e romantic dramedy che ripropone il vicino orizzonte distopico dell'arena virtuale aggiornata ad una generazione digitale di decerebrati del Blu Whale, questo ennesimo capitolo delle prodezze di liceali newyorkesi alle prese con rituali e insicurezze dell'età di passaggio è solo un pretesto furbetto per una banale contaminazione tra reale e virtuale che finge di riflettere sulle trappole della rete e le sue dinamiche impersonali: circolo vizioso che si autoalimenta grazie all'accesso indiscriminato ai dati sensibili e ad una deregulation selvaggia dove prevalgono il cyberbullismo e la legge del branco.
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Umiliata e offesa dalla più spigliata e disinibita amica Sydney, la liceale Venus decide di partecipare ad un internet social game chiamato Nerve, dove si può pagare per vedere o essere pagati per giocare, accettando e superando le prove di coraggio che di volta in volta la community propone ad i suoi sfidanti e che devono essere filmate e postate in rete in una diretta live streaming. La prima prova è quella di baciare uno sconosciuto in un bar, ed è qui che la ragazza fa la conoscenza di Sam, un altro partecipante al gioco che la condurrà lungo una escalation di sfide acrobatiche sempre più avventate e rischiose. Estetica da videoclip e romantic dramedy che ripropone il vicino orizzonte distopico dell'arena virtuale aggiornata ad una generazione digitale di decerebrati del Blu Whale, questo ennesimo capitolo delle prodezze di liceali newyorkesi alle prese con rituali e insicurezze dell'età di passaggio è solo un pretesto furbetto per una banale contaminazione tra reale e virtuale che finge di riflettere sulle trappole della rete e le sue dinamiche impersonali: circolo vizioso che si autoalimenta grazie all'accesso indiscriminato ai dati sensibili e ad una deregulation selvaggia dove prevalgono il cyberbullismo e la legge del branco. Sulle drammatiche ricadute della virtualità e sul dualismo implicito nella sovraesposizione digitale certo aveva detto di più e meglio la struttura corale di prove d'autore come Men, Women & Children e Disconnect, pure quelle alle prese con la consueta rassegna delle trappole di un'alienazione sociale in grado di disgregare famiglie, boicottare relazioni sentimentali, portare alla bancarotta e traviare una irreprensibile etica professionale; insomma il solito repertorio che spazia dal sexting al gaming on line, dal phishing al trolling, dallo stalking allo sfruttamento della prostituzione. Qui il contesto si fa meno serio e più ludico, agitando confusamente il sottotesto thrilling di una indefinita e impersonale volontà coercitiva che attrae con le facili lusinghe della notorietà e del denaro per poi irretire i malcapitati in una trappola senza uscita di rappresaglie trasversali (la famiglia minacciata) e lo spettacolo adrenalinico di prove sempre più rischiose, contando sull'omertà degli spettatori, l'anonimato di una rete di botnet e la indubbia stupidità delle sue vittime. Al netto delle schermaglie sentimentali e della coppia da copertina dei soliti parenti d'arte (come Rubin e Reitman di prima, ma dalla parte opposta della mdp e soprattutto con molti meno meriti) impegnati in una folle corsa alla Speed ma senza l'autobus, questo teen movie ammiccante e furbetto si risolve nella mappa virtuale di una New York notturna e ipercromatica dove fanno capolino i nomi-slash-nick delle pedine impazzite di un folle gioco reale che banalizza ignominiosamente motivazioni, mandanti ed esecutori materiali: non c'è un soggetto esterno che ci guadagna , il popolo della rete sembra autogovernarsi e gli autori dei fatti criminosi sono solo gli stessi partecipanti alla gara. Troppe incongruenze e pretestuosità per un film che vorrebbe teorizzare la perniciosa autoreferenzialità delle communities internet e declinare le pericolose derive del sogno americano al tempo della civiltà dell'immagine: l'anonima minaccia di una teoria del complotto (per ischerzo neh!) che rifugge la logica e qualsiasi controllo di legalità che ne manco il The Game di un irriconoscibile David Fincher (poliziotti inebetiti compresi) aveva saputo portare agli stessi livelli di involontario senso del ridicolo. Finale con i soliti nerd che disinnescano la miccia di server ed happy end di rito tra una folla di invasati nell'arena ed una pistola caricata a salve. Soundtrack di hit orecchiabili e discreto cast di giovani attori impiegati nei soliti stereotipi dei figli di un'America che paga in bitcoin.
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