giulio n.
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giovedì 15 settembre 2016
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dark night - una buona idea realizzata male
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Dark Night racconta i giorni che precedono la stage avvenuta tra il 19 e il 20 luglio 2012 nella cittadina di Aurora in Colorado, dove il ventiquattrenne James Holmes uccise con un'arma da fuoco12 persone durante la proiezione del film Il cavaliere oscuro – Il ritorno (The Dark knight Rises). Il regista del film Tim Suttun racconta questa storia tramite le vite di cinque personaggi che vivono nella stessa cittadina, ognuno con i suoi problemi, disagi e turbamenti. Una ragazza che rifiuta il suo aspetto fisico, un ragazzo depresso amante di giochi sparatutto (che sembra aver commesso qualche azione illegale), un soldato tornato a casa dalla famiglia dopo la guerra, un gruppo di skater e un ragazzo inquieto amante di armi.
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Dark Night racconta i giorni che precedono la stage avvenuta tra il 19 e il 20 luglio 2012 nella cittadina di Aurora in Colorado, dove il ventiquattrenne James Holmes uccise con un'arma da fuoco12 persone durante la proiezione del film Il cavaliere oscuro – Il ritorno (The Dark knight Rises). Il regista del film Tim Suttun racconta questa storia tramite le vite di cinque personaggi che vivono nella stessa cittadina, ognuno con i suoi problemi, disagi e turbamenti. Una ragazza che rifiuta il suo aspetto fisico, un ragazzo depresso amante di giochi sparatutto (che sembra aver commesso qualche azione illegale), un soldato tornato a casa dalla famiglia dopo la guerra, un gruppo di skater e un ragazzo inquieto amante di armi. Nel film le vite dei personaggi, eccetto nel tragico epilogo, non si incrociano mai. Il regista decide di non mostrare la strage limitandosi solamente ad accennarla e a farla presagire.
L'idea e la struttura del racconto sono interessanti ma il film manca di forza narrativa. Il dialogo è ridotto al minimo e i campi vuoti che il regista continuamente ostenta non riescono a comunicare quel senso di abbandono e di disagio che esso voleva inscenare. Le ripetute inquadrature di lampioni, le riprese dall'alto della cittadina, il parcheggio e i luoghi collegati alla strage riescono a comunicare ben poco. Credo si possa individuare il film Elephant (2003) di Gus Van Sant come il lungometraggio a cui Sutton si sia ispirato per la realizzazione di Dark Night, sia come tematica sia come impostazione narrativa. Infatti anche nel film di Van Sant vi è un racconto basata su cinque storie di ragazzi, ciascuno con le proprie incertezze e difficoltà. Il film di Sutton però, a differenza di quello del connazionale, non riesce a creare tensione e non riesce a raccontare la sofferenza e il disagio giovanile nella società statunitense, una nazione dove sono sempre più frequenti stragi compiute da giovani a causa della facile reperibilità di armi da fuoco (come ben spiega il documentario di Michael Moore Bowling a Columbine girato nel 2002). Penso che Dark Night nasca con buoni propositi ma il risultato sia alquanto pessimo.
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hanami
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sabato 16 febbraio 2019
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sperimentazione e noia
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Film disturbante e va bene, perchè voleva esserlo, ma anche noiosissimo. Secondo me l'eccessiva sperimentazione toglie il piacere della visione e rimane solo esercizio cinamatografico.
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gabrjack
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mercoledì 20 maggio 2020
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cosa succede prima di una strage? nulla!
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Il ragazzo imbraccia un fucile, attraversa il giardino e si incammina tra le case. Cambio scena. Una ragazza tranquillamente seduta sta facendo lezione di chitarra, dalla finestra alle sue spalle appare la canna di un fucile puntata sulla sua schiena. Lei non se ne accorge neppure la ragazzina che le sta accanto si rende conto di cosa sta succedendo. Si rimane col fiato sospeso, un colpo a bruciapelo...forse, invece la canna si abbassa e si ritrae. Le 2 ragazze continuano a suonare. Non è successo nulla. Ecco il nulla che lascia presagire la tragedia. Una giornata trascorsa a truccarsi a fare selfie o al videogioco o con lo skate. C'è chi pulisce accuratamente i suoi tre fucili, con lo sguardo indifferente di chi ha ormai già visto tutto e non lo tocca neppure l'affetto della figlioletta che porta in braccio.
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Il ragazzo imbraccia un fucile, attraversa il giardino e si incammina tra le case. Cambio scena. Una ragazza tranquillamente seduta sta facendo lezione di chitarra, dalla finestra alle sue spalle appare la canna di un fucile puntata sulla sua schiena. Lei non se ne accorge neppure la ragazzina che le sta accanto si rende conto di cosa sta succedendo. Si rimane col fiato sospeso, un colpo a bruciapelo...forse, invece la canna si abbassa e si ritrae. Le 2 ragazze continuano a suonare. Non è successo nulla. Ecco il nulla che lascia presagire la tragedia. Una giornata trascorsa a truccarsi a fare selfie o al videogioco o con lo skate. C'è chi pulisce accuratamente i suoi tre fucili, con lo sguardo indifferente di chi ha ormai già visto tutto e non lo tocca neppure l'affetto della figlioletta che porta in braccio. Chi si colora i capelli di arancione(come quelli del vero killer di Aurora) e con l'amico gira e gira con lo skate. Una vita monotona noiosa nella profonda provincia americana dove non accade nulla. Ma sotto l'apparenza cova il disagio l'alienazione. Rabbia e frustrazione. Lei lo ha lasciato e i suoi occhi azzurri si tingono di odio. Qualcosa deve succedere. Lo vediamo varcare con il suo carico di morte la porta di servizio del cinema dove centinaia di ragazzi stanno guardando un film. Sembra sorridere, il sorriso di chi finalmente ha trovato la soluzione: uccidere!
Il film è noioso? Dipende con che occhi lo si guarda, se si è a conoscenza del contesto da cui è tratto, ogni scena ha un suo significato, il ritmo le immagini la colonna sonora.
Tutto è al servizio di una tensione sotterranea per certi versi difficile da sostenere perchè repressa mai esplosiva e pure alla fine dove dovremmo assistere al dramma alla carneficina il regista ce lo risparmia. Opportunamente. Non è il sangue che fa paura ma quello che avviene prima. Nella testa del killer.
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