Ho ritenuto eccessive, per motivi che elencherò in seguito, le critiche ricevute dall’adattamento cinematografico dell’omonimo gioco Ubisoft Assassin’s Creed del regista Justin Kurzel (Macbeth) che per me merita, nel complesso, un voto ben al di sopra della sufficienza. La sceneggiatura di Micheal Lesslie (Macbeth) e Adam Cooper (The Divergent Series: Allegiant; Exodus - Dei e Re) si dimostra un abito ben cucito addosso agli interpreti. Nulla di eclatante certo, ma ben adattata al contesto e con battute, se non di altissimo impatto, quantomeno non banali (una dote apprezzabile al giorno d’oggi). Lacune e buchi ci sono eccome nella trama (al momento giustificabili nella speranza che vengano colmati nel sequel) ma la storia, in toto, scorre agevolmente. Alla fotografia Adam Arkapaw (Macbeth) riesce bene a far addentrare lo spettatore nella Spagna di fine ‘400, tramite atmosfere polverose e giallognole. Musiche di Jed Kurzel (Son of a Gun; The Babadook; Macbeth; il prossimo Alien: Covenant), fratello del regista, che non ci regala nulla di indimenticabile o di cui annotare qualcosa (male!). Michael Fassbender, se ci fosse ancora bisogno di farlo sapere (ma ribadiamolo), è un signor attore! Nulla da aggiungere. Ho trovato un po’ inespressiva Marion Cotillard, sicuramente complice un doppiaggio in italiano veramente orrendo. Jeremy Irons si destreggia con classe e nei panni del templare altolocato.
Callum Lynch (Michael Fassbender) sta per essere condannato a morte per l’omicidio di un pappone. La sua morte è però una messa in scena orchestrata da quelli della Fondazione Abstergo che fanno trasferire segretamente Callum nella loro struttura in Spagna, a Madrid. La loro intenzione è servirsi di lui per rivivere i ricordi di un suo antenato (Aguilar de Nerha), morto 500 anni prima, appartenente alla setta degli Assassini, e riuscire a scoprire dove è stata nascosta la cosiddetta ‘Mela dell’Eden’, un aggeggio meccanico consegnato all’umanità da un’antica civiltà che dà il potere, a chi lo usa, di tenere sotto controllo la violenza insita negli uomini. I Templari bramano da secoli tale manufatto e con la Abstergo al loro servizio sentono che il desiderio può presto avverarsi. Callum potrà rivivere e mostrare i suddetti ricordi venendo collegato a una macchina, l’Animus. La Dr.ssa Sophia Rikkin (Marion Cotillard), figlia del CEO della Abstergo Alan Rikkin (Jeremy Irons), è a capo del progetto e starà a lei dover convincere e poi guidare Callum, con l’utilizzo dell’Animus, alla ricerca della Mela nella Spagna dell’Inquisizione di fine 1400.
Qualsiasi sarebbe stata la forma finale del prodotto, Assassins’ Creed di Justin Kurzel avrebbe comunque, ne sono certo, scontentato parecchi. E’ già difficile riuscire ad accontentare un vasto pubblico, figuriamoci due tipi di pubblico: videogiocatori e non. Purtroppo sono ancora molti quelli che non riescono a capire che le trasposizioni di videogiochi in film, o, più comunemente, di libri in film, possono essere fedeli, nel migliore dei casi, in minima parte all’opera di origine. Perché? Perché cinema, libri e videogiochi viaggiano su diverse lunghezze d’onda, si basano su modi e schemi totalmente diversi di intrattenere il lettore - videogiocatore - spettatore. Non a caso per ogni prodotto il fruitore prende un nome DIVERSO. In definitiva, quando arrivi in sala devi essere più open minded che puoi, valutare soltanto il film per ciò che è e magari riuscire ad apprezzare, ma con superficialità e senza pretese, eventuali collegamenti con il libro/videogioco da cui si è presa l’ispirazione. Io, la pellicola di Kurzel, l’ho trovata coraggiosa! Si, coraggiosa. Perché a ben vedere, Kurzel & company, sono giovani (in pratica il blocco di Macbeth ha lavorato a questo film) e con voglia di sperimentare ed è evidente che vogliano farlo in meglio. Le buone intenzioni si percepiscono dall’inizio del film. Per quanto si può (ahimè non si può) si cerca di accontentare anche i videogiocatori accaniti con tante sequenze legate al gioco targato Ubisoft verso cui è stato dimostrato enorme rispetto e fedeltà nelle atmosfere, nelle scene d‘azione e nel girato ambientato tra presente e passato. Citazioni infinite tratte dal gioco inserite in un contesto invece estraneo a esso, la Spagna dell’Inquisizione. Il regista ha voluto quindi dare un tocco di originalità ad un prodotto che fin dall’idea di volerlo portare sul grande schermo ha rischiato di diventare un lavoro detestabile. E invece no! Ho trovato coinvolgente la prima sincronizzazione di Callum in un Animus che, inevitabilmente, non poteva essere, nella resa cinematografica, un apparecchio che costringe alla staticità il protagonista. E’ invece un braccio meccanico dinamico, grazie al quale Fassbender fluttua nell’aria come un’aquila e nei ricordi del suo antenato Aguilar creando quell’effetto , voluto, di fusione tra le due epoche che avviene non solo nella stanza dell’Animus, ma soprattutto nella testa di Cal. I ricordi non si discostano dalla modalità di gioco Ubisoft. Ognuno di essi è una missione da compiere in contesti e situazioni che, seppur estranei al gioco, lo ricordano da vicino, fin nei dettagli: l’assassino, ripreso di spalle, che sposta con la mano le persone tra la folla, i balzi con la lama celata dall’alto verso l’obiettivo principale, l’utilizzo di armi non proprie, le corse sui tetti. Insomma, per me, ci siamo. Apprezzabile anche il fatto che i protagonisti spagnoli del 1400 parlino in lingua originale. Non me l’aspettavo e, sinceramente, credevo che ciò avrebbe penalizzato la pellicola a lungo andare. Invece no. Aguilar e compagni non parlano molto, lasciano che le mani e le lame parlino per loro. Come nel gioco, dunque, la storia principale è quella che si svolge nel presente. La realtà passata viene soltanto sfruttata per scopi precisi da raggiungere nel mondo attuale. Quindi non abbiamo bisogno di conoscere a fondo la storia di Aguilar. Non credo la Abstergo cercasse il gossip nella vita dell’assassino spagnolo. Come detto sopra, i buchi nella trama ci sono e sono evidenti (non si può e non si deve negare) sia ai videogiocatori, ma soprattutto a chi è a digiuno di Assassin’s Creed alcune cose non hanno molto senso. Parecchie questioni non vengono spiegate e ce le troviamo spiattellate lì come se si sapesse di cosa si stia parlando. Tutto questo sarebbe inaccettabile se non si sapesse che ci sarà almeno un sequel a cui si deve, per forza, affidare la speranza che tutti i tasselli vadano messi al loro posto. E si tratta di tasselli importanti tra l’altro. Io ci spero soprattutto perché Ubisoft e Kurzel hanno lavorato praticamente insieme a questa realizzazione e non voglio credere che alcune questioni fondamentali saranno evitate: 1- “Coloro che vennero prima”; 2- la Mela non è l’unico oggetto ’sacro/magico’ esistente; 3- la secolare rivalità tra Assassini e Templari e i suoi motivi. Dal sequel, a questo punto, ci si aspetta davvero tantissimo e forse anche di più rispetto a questo esordio che ha fatto storcere il naso a molti. Il secondo episodio ci dirà se Assassin’s Creed è un prodotto cinematografo da buttare via e di cui dobbiamo dimenticarci in fretta. Alcuni sono stati un po’ troppo precipitosi nel bocciarlo già da ora. Avrei voluto assegnare tre stelle e mezzo al film ma la mezza stella non è concessa a me, povero mortale del pubblico. Ho preferito arrotondare per eccesso sia per la speranza di cui parlavo sopra sia perché credo che questo sia, al momento, pur con tutte le critiche negative, la migliore trasposizione da consolle a film. Scene d’azione e di lotta in spazi affollati e/o stretti veramente ben realizzate. La macchina da presa sembra a momenti dover scansare parecchi colpi pur di riprendere da vicino i combattimenti. Ah e vogliamo sapere di più su Callum, dai. Da Aguilar non si può pretendere nulla di più di ciò che ci ha mostrato. Quanto sono belle poi le riprese della camera che segue l’aquila e i suoi voli panoramici ogni volta che ci addentriamo nel ricordo? Io rispondo: “Spettacolare!”. Da segnalare un Fassbender pienamente a suo agio nei panni di Callum Lynch e una Cotillard invece abbastanza apatica a livello espressivo.
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