American Honey |
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Un film di Andrea Arnold.
Con Sasha Lane, Shia LaBeouf, McCaul Lombardi, Arielle Holmes.
continua»
Commedia drammatica,
durata 158 min.
- USA 2016.
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American Honey, la legge della giungla on the road
di Fabio Ferzetti L'Espresso
Chi si rivede: Andrea Arnold, la regista inglese di due belle storie crude di donne viste anche in Italia, "Red Road" e "Fish Tank". Setacciando i mille titoli Netflix (mai catalogo fu presentato in modo peggiore) ci si può imbattere nel suo primo lavoro girato oltreoceano, "American Honey", premio della giuria a Cannes 2016. Uno di quei film a maglie larghe che non illustrano una trama ma illuminano un mondo e un'età, se non un'epoca.
Un gruppo di giovanissimi batte il Midwest a bordo di un vecchio furgone carico di musica e di disperata allegria. Vengono da ogni angolo degli Usa. Sono tatuati, chiassosi, su di giri, disposti a tutto. Anche a vendere riviste porta a porta per conto di una coetanea sempre in short che è una vera iena e gestisce turni e strategie lucrando laute percentuali. È il capitalismo 2.0. Potere "friendly" ma assoluto. Legge della giungla travestita da gruppo vacanza. Si canta, si balla, si raccontano storie, si fa sesso. Ogni sera però i due "peggiori venditori" del giorno si battono in match spietati. Per sfogare lo stress, motivare i colleghi, fare "team building".
Siamo dentro uno dei tanti microcosmi di un paese che sforna sottoculture a getto continuo, ricreato con taglio iperrealistico grazie a lunghe ricerche sul campo. Il risultato affascina perché lo stile lirico-documentario della Arnold si intona perfettamente allo sguardo naif della protagonista rivelazione, la ventenne Sasha Lane. Una sbandata che fugge dalla sua tremenda non-famiglia in cerca d'avventura, ma è ancora pulita e carica di sogni (a infrangerli penserà il carismatico Shia LaBeouf, unico attore professionista del cast con la boss Riley Keough, di cui è il toyboy).
Magari la talentuosa Arnold, tra indugi e digressioni, sfonda qualche porta aperta. Dai film di Larry Clark o Harmony Korine ai docu di Roberto Minervini, il white trash non è certo una novità. A essere sempre originale però è lo sguardo posato su questi pronipoti sradicati e ignorantissimi dei commessi viaggiatori di tanto teatro e cinema Usa, che a forza di girare in tondo diventano quasi parte del paesaggio. Una specie di catastrofe naturale contro cui la Arnold proietta tutti i palpiti più segreti della sensibile Star. Se ne esce perplessi ma ci si ripensa a lungo. Come capita solo quando un film tocca corde profonde.
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